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Ventitré anni: mezzo secolo
1999
Mi ricordo che avevo ventâanni
e studiavo la lingua di Dante
alla Scuola di Luca Serianni
ImprovvĂŹso Ăš una prĂŹma persĂČna
Ma nĂ© il tĂšmpo verbĂ le nĂ© il mĂČdo
PotrĂ nno mai dĂŹre se suĂČna
RivĂČluzionĂ rio lâapprĂČdo.
Ora che sâintravedono quei pochi
Versi sparsi (i ricordi e dintorni
Vissuti); adesso che ormai di quei fuochi
Inadeguati e spersi so i contorni:
«Se dovessi finire qui i giochi:
Oggi Ú quello che sono di quei giorni».
Io, sembra evidente, dĂ il confine:
La fine Ăš qui lâinizio del racconto.
Ma come ricordare le mattine
In piena estate? Lâeterno confronto:
Lucido di premesse cristalline,
La luce delle bozze: e poi il tramonto
Enorme e rosso, Ponte Milvio e il Fiume:
Nel tratto di passaggio tra le pagine
(Onde calme di lĂ dal ponte â e spume):
VeritĂ che non esiste in unâindagine
Eccentricamente raccolta in volume.
CosĂŹ dicevamo, di questo libro strano
E composito; che adesso mi ritrova
Nuovamente alle prese col Giordano
TrĂ dito dagli anni, messo alla prova
Ora che il tempo vicino Ăš lontano.
CosĂŹ: un incontro con Enzo Lavagnini:
In un ufficio. In marzo, a Ciampino.
Nel parlarci di ricordi vicini
(Quindi memorie; e un mito cittadino):
«Un libro su Pier Paolo Pasolini»
(Alunni alle medie; e la CittĂ -Giardino).
Nel senso di raccogliere le voci
nel tempo degli alunni del Poeta
(Tagliamento e Tevere aglâincroci)
Approdato a Roma nellâinquieto
Dominio degli Anni Cinquanta
Universali: via Tagliere, il Pigneto;
E poi Torpignattara; e lâAcqua Santa.
«Povero come un gatto del Colosseo»,
Attratto e autoritratto dalla vita;
(Se ogni popolo visto al suo apogeo
Si premurasse della sua gita infinita
Avrebbe spazio non solo in poesia
Sarebbe amore impuro: e centro al mondo;
Un infinito di «giallognola foschia»
Lucente: e triste: nel suo cuore profondo).
La luce che ora filtra da quei mesi
In cui vivevo in un futuro condiviso
Tra milioni di universi plausibili, e accesi,
Adesso si rivela in un sorriso.
La luce di chi Ăš ciĂČ che non sa.
Io non volevo raccogliere soltanto
Alcune testimonianze; o lâAldiqua
Solitario degli alunni. Il canto
Oltranzista della memoria spicciola,
La cura bellissima e monogama (lâincanto
Osceno della riscrittura di ogni vita, da piccola).
Io â e scelleratamente lo rimarco â
Lottavo per capire il mio Novecento
Povero e verde, arrivato allo sbarco
Occidentale del primo sentimento
Provato da ragazzo. La Letteratura
O il Cinema come unico viatico;
La linea dâombra del passato per natura
Oscura a scacco di un universo statico.
Nel libro poi volevo i miei maestri
E i compagni di strada: tuttâinsieme.
Ho voluto fondere i ritmi campestri
A quelli cittadini. ChâĂš poi il mio seme
Sintetico â e fa ridere, se scrivo lâaggettivo â
E il mio sogno di quando sono sveglio.
Nascere col cuore nel cuore verde vivo
Tra Toscana Umbria e Roma. Il meglio
In me cui mâappiglio â se sogno, Ăš chiaro â
Mentre mi guardo con gli occhi di allora
E penso alla minimum che câera (il faro
Notturno negli arrembaggi romani: ancora
Tutto da scrivere, o quasi â come ora). E io,
Ovviamente, alla scoperta di me stesso.
Veramente: i venticinquâanni in cui ti senti Dio
E poi invecchiando ti ci senti adesso.
Resta da capire che vuol dire. Si parla solo
(Ovviamente) di quando ti capisci
Mentre scrivi soltanto. E non sei solo.
Anzi. Ritrovi i mondi che ti suggerisci.
In quella fine di mill...