Da zero a tre anni
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Da zero a tre anni

Piero Angela

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Da zero a tre anni

Piero Angela

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Nei primi tre anni di vita si gioca una partita cruciale: il cervello del neonato entra in contatto con l'ambiente e assorbe come una spugna tutto quello che avviene intorno a lui: immagini, suoni, voci, colori, parole. È attraverso queste graduali esperienze che si costruiscono la sua psiche e la sua personalità. Alla nascita un bambino è un "miliardario" della mente e davanti a lui si apre una gamma pressoché infinita di opportunità: ma in mancanza di stimoli adeguati il cervello può perdere le sue grandi potenzialità di sviluppo. Questo libro, scritto in modo chiaro e divulgativo, spiega cosa avviene nella mente umana durante la prima infanzia e illustra ai genitori come siano importanti le mosse che essi giocano sullo scacchiere della vita dei propri figli.

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Informations

Éditeur
Mondadori
Année
2010
ISBN
9788852010194
I

Prima della nascita

Vostro figlio ha tre miliardi di anni

Da dove viene vostro figlio? Da molto lontano: alla nascita infatti egli ha già tre miliardi di anni.
Solitamente si pensa che la vita cominci con il concepimento, cioè con la congiunzione dello spermatozoo e dell’ovulo; ma in realtà queste due cellule «germinali» erano già vive prima di unirsi insieme, avevano già avuto una vita propria, una serie di esperienze, una «famiglia» cellulare.
Ognuna era il risultato di una cellula precedente, che a sua volta era figlia di un’altra cellula altrettanto viva, e così via all’indietro, fino a risalire alle origini della vita sulla Terra, origini che si calcola rimontino appunto a oltre tre miliardi di anni fa.
In altre parole la vita non è qualcosa che si accende come una scintilla ogni qualvolta si concepisce un figlio; è invece il risultato di una lunga corsa a staffetta: viene trasmessa come la fiaccola olimpica, da un tedoforo all’altro, fino a raggiungere il grande braciere nello stadio.
Sul monte Olimpo la fiamma aveva preso origine dai raggi solari: è proprio quanto è accaduto con la vita, che è nata dall’energia solare, all’inizio di questa corsa a staffetta biologica.
Il discorso su vostro figlio deve iniziare necessariamente qui, altrimenti si rischia di non capire la vera natura di molti fenomeni. Purtroppo gran parte della nostra educazione ci porta di solito a leggere il libro della vita aprendolo all’ultimo capitolo, mentre bisogna risalire fino alla prima pagina per comprendere il senso di tutto il discorso. È l’errore, del resto, degli storici che cercano di interpretare la storia dell’uomo cominciando dalla sua nascita (nascita che, peraltro, non è mai avvenuta, perché vi è sempre stata, in natura, una trasformazione graduale).
La vera storia dell’uomo (e di vostro figlio) è cominciata con l’apparizione delle prime molecole capaci di replicarsi nel «brodo» primordiale ed è continuata con i «tedofori» rettili e mammiferi: ignorare i meccanismi e le leggi dell’evoluzione (che continuano a essere alla base del comportamento umano) è come voler interpretare il funzionamento di un’automobile senza aver mai aperto il cofano del motore.
Diciamo subito, per sgombrare il terreno da equivoci, che la «fiamma» della vita non contiene alcuna «forza vitale». È semplicemente una struttura. Una struttura molecolare che si è modellata grazie al caso e agli agenti che intervenivano su di essa, in particolare l’energia solare.
Per capire da dove hanno origine gli istinti e l’intelligenza del bambino sarà quindi bene rifare, molto rapidamente, la storia di questa corsa a staffetta, cominciando ancora prima delle origini della vita sulla Terra, risalendo alle origini del cosmo: vi è infatti un filo conduttore molto evidente che lega tutti questi avvenimenti, e permette di comprendere come si è passati dalle esplosioni cosmiche iniziali al neonato.
Cercherò qui di condensare in poche pagine ricerche estremamente complesse.

Dalla nuvola cosmica al neonato

L’energia iniziale, che continua a far muovere tutto ciò che avviene intorno a noi (e anche dentro di noi), sembra risalire a dodici-quindici miliardi di anni fa. Oltre quella data le nostre conoscenze attuali non ci consentono di spingerci. A quell’epoca, si ritiene, esisteva una massa d’energia superdensa, con temperature dell’ordine di miliardi di gradi, che esplose, provocando la formazione di una grande nube di idrogeno. All’interno della nube cominciarono a formarsi condensazioni di atomi che si scontravano violentemente a livello di elettroni e di protoni, dando luogo alla formazione di atomi di elio.
Presero origine in questo modo le prime condensazioni di tipo stellare. In questi crogiuoli, per successiva fusione, si formarono tutti gli altri elementi chimici.
Dall’idrogeno (1 elettrone) all’elio (2 elettroni) al carbonio (4 elettroni) e via via a tutti gli altri elementi, vi fu un progressivo «montaggio» a livello cosmico, con la formazione di soli, pianeti, galassie, corpi celesti di ogni tipo che ancora oggi si trovano in fasi «evolutive» diverse, e che continuano a volar via nello spazio a velocità vertiginosa dopo l’esplosione iniziale, il cosiddetto «Big Bang».
L’energia che si trova oggi nel Sole, che ci scalda e ci illumina ogni giorno, che fa crescere le piante con le quali ci cibiamo (direttamente, o indirettamente attraverso gli animali), quest’energia risale sempre all’esplosione iniziale di dodici-quindici miliardi d’anni fa, che come una gigantesca tempesta elettromagnetica continua ancora ad agire in tutto il cosmo e in ogni atomo.
Quando la Terra si formò, circa 4 miliardi e mezzo di anni fa, l’atmosfera primitiva terrestre fu sottoposta a un bombardamento di energia solare (calore, radiazioni, particelle) che, attraverso una serie di reazioni chimiche (ripetibili in laboratorio), diedero origine a quantità sterminate di molecole organiche di varia complessità.
Nel «brodo» iniziale (di dimensioni oceaniche) cominciarono a quel punto a svilupparsi in maggior numero le molecole capaci di «stampare» copie di se stesse (appaiandosi spontaneamente con materiali forniti dall’ambiente circostante). E qui apparve il meccanismo che doveva costituire la chiave di tutta l’evoluzione successiva: la replicazione errata.
Infatti la replicazione di una molecola poteva dar origine a errori, ad agganci sbagliati, o a mutazioni dovute all’azione di agenti esterni (sostanze chimiche, radiazioni). Questi «errori» creavano così molecole sempre nuove e diverse: se per caso uno di questi «difetti» di fabbricazione risultava più efficace per sfruttare l’ambiente circostante e replicarsi più facilmente, la molecola «difettosa» veniva allora a trovarsi in una situazione di vantaggio.
Cominciava così la selezione (intuita da Darwin nel XIX secolo) che attraverso un’interminabile serie di «errori», premiati o puniti dall’ambiente, faceva sì che le strutture più adatte si affermassero e si replicassero, trasformandosi poi piano piano in ciò che noi intendiamo di solito con vita, cioè strutture estremamente efficaci, in grado di rispondere alle richieste e agli stimoli ambientali, e in grado anche di immagazzinare energia come un accumulatore.
Questa progressiva lotteria biologica ha portato dalle prime molecole alle forme precellulari, ai micro-organismi, agli esseri pluricellulari e infine all’uomo.

L’evoluzione: un montaggio sempre più efficiente

Tutto ciò significa, in definitiva, che gli atomi che compongono la materia vivente e la materia non-vivente sono gli stessi. La differenza consiste nella loro «disposizione», nel modo in cui si uniscono insieme a costituire le molecole, e nel modo in cui le molecole si legano tra loro.
Di atomi ne esistono in tutto un centinaio di tipi diversi: in pratica quelli più diffusi in natura sono soltanto qualche decina (ossigeno, idrogeno, carbonio, azoto, fosforo, ferro, calcio ecc.). Partendo da questi «elementi» semplici si può teoricamente «montare» qualunque cosa: bulloni, viti, o un’automobile che funzioni. Analogamente si possono montare aminoacidi, proteine, o un uomo che funzioni.
Sono in corso prove sperimentali per dimostrare come questo montaggio che ha portato alla vita sia avvenuto spontaneamente sulla Terra, sotto l’azione dell’energia solare.
In laboratorio si è a buon punto nel replicare questa scala della vita partendo da simulazioni di atmosfere primitive (metano, vapore acqueo, idrogeno e ammoniaca). Con un «accendisigari» biologico si sta ottenendo il montaggio spontaneo di un virus, che è già «vita» nella sua definizione più semplice: cioè una grande molecola (composta di proteina e acido nucleico) in grado di replicarsi.
Naturalmente tutto il cammino della vita, nella storia del nostro pianeta, si è svolto per gradi, lentamente. Però man mano che si saliva la scala della complessità molecolare vi è stata un’accelerazione crescente: infatti se i primi passi erano statisticamente i più difficili da compiere, in seguito il gioco delle mutazioni avveniva su una trama molto più ricca, e quindi capace di più grandi e rapide diversificazioni.
È come quando si gioca a canasta: è difficile «aprire», ma quando si ha un gran mazzo di carte in mano le combinazioni possibili diventano sempre più ricche.
L’evoluzione della vita sulla Terra è stata in pratica un continuo aumento della complessità delle strutture, della loro sensibilità agli stimoli e dell’efficienza nell’utilizzare energia. Tutto ciò consentiva di sopravvivere meglio e di replicarsi meglio.
La struttura più efficace, che sin dall’inizio si è affermata, è quella degli acidi nucleici (RNA, DNA), capaci di realizzare in modo assai semplice la duplicazione (replicando la struttura, lineare per l’RNA, a doppia elica per il DNA). Il DNA è l’elemento costitutivo dei cromosomi, e si trova nel nucleo di ognuna delle cellule: è in pratica una lunghissima molecola filamentosa che nella cellula umana comprende circa un milione di segmenti (geni) o, se preferite, un miliardo di segmentini (nucleotidi). Lungo questo filamento si è accumulata, attraverso agganci, errori o mutazioni, una struttura molecolare sempre più complessa. Le mutazioni favorevoli all’ambiente sono state conservate, quelle sfavorevoli eliminate.
Ecco quindi che ogni bambino (come ogni organismo vivente) possiede alla nascita un suo «albero genealogico» biochimico che è stato costruito pezzo per pezzo nel corso di miliardi di anni, e rappresenta il risultato della graduale trasformazione delle forme più adatte a sopravvivere. Il «migliore», in natura, è infatti colui che sa riprodursi meglio e sa assicurare meglio la sopravvivenza della propria discendenza. (E ciò mostra, sia detto per inciso, dove affonda le sue radici la sessualità.)
Questo passaggio dalla nuvola cosmica al neonato, pur senza entrare nei dettagli, ci consente, in definitiva, di trarre un certo numero di conclusioni.
  1. La struttura «vitale» di ogni individuo è in realtà una catena di molecole, disposte in un certo modo, capaci di reagire chimicamente con l’ambiente, sotto l’azione dell’energia solare.
  2. Questa catena conserva le tracce di tutti i passaggi precedenti, raccolti nel corso dell’evoluzione, che oggi ancora sono presenti e necessari al mantenimento e alla replicazione della struttura: sono quelli che noi chiamiamo istinti.
  3. Ogni individuo ha un suo diverso «numero di matricola», quindi una diversa personalità biologica. È insomma differente da tutti gli altri. Reagisce in modo personale all’ambiente (così come una sostanza chimica reagisce in modo diverso a seconda della sua formula) anche se, in pratica, i membri di una stessa specie «reagiscono» in modo assai simile a uno stesso stimolo, poiché le loro «formule» sono analoghe.
La ricerca scientifica, insomma, ci mostra oggi chiaramente che l’essere umano (come qualsiasi altro organismo «vivente») non contiene alcuna «forza vitale», ma soltanto un filamento di molecole (diverso in ogni individuo) che reagisce ai cambiamenti ambientali, così come una rotaia può reagire al calore allungandosi. La sterminata complessità delle strutture «agganciate» nel corso dell’evoluzione ha pian piano creato (e tramandato per sdoppiamento) macchine chimiche sempre più perfezionate, capaci di muoversi grazie al «carburante solare», e capaci anche di accumulare energia autonoma (immagazzinata nelle cellule). La «forza» che fa muovere gli organismi, però, è sempre d’origine esterna: senza questa energia (che trae indirettamente origine dall’esplosione cosmica iniziale) tutto il ribollire di molecole si spegnerebbe.
Questo schema, sia pure assai semplificato, mostra chiaramente quale sia il ruolo rispettivo dell’eredità e dell’ambiente, e quale importanza abbiano le variazioni ambientali, che «suonano» sulla tastiera genetica, modulando le risposte.

La nascita del cervello

Naturalmente possiamo chiederci come si concretizzano, come si «rivestono» queste strutture molecolari, perché infatti ciò che noi vediamo in un neonato sono degli occhi, una testa, delle braccia, e non una struttura molecolare.
Come avviene questo passaggio? E poi, come mai la specie umana possiede un cervello così sviluppato, capace di prestazioni così complesse? E cosa vi è di innato nell’uomo?
Per capire meglio certi meccanismi (complessi) dell’essere umano è bene prima osservare i meccanismi (più semplici, ma basati sulle stesse leggi) degli organismi unicellulari.
Per esempio, se osserviamo una cellula che si sdoppia per dare origine a due cellule, è facile intuire che queste due cellule disporranno di tutte le capacità della prima: sapranno contrarsi allo stesso modo, saranno in grado di assorbire certe sostanze dall’ambiente (cioè di nutrirsi), sapranno trasformare queste sostanze in «carburante» e potranno venire «uccise» con lo stesso prodotto chimico.
Per un neonato le cose vanno allo stesso modo. Però nell’essere umano (ciò vale del resto per tutti gli animali, anche i più elementari) le cellule, moltiplicandosi, non si sparpagliano, ma restano unite insieme, come se fossero trattenute in un involucro; questo fa sì che ogni cellula (attraverso un complesso meccanismo di «induzioni») si «specializzi» in un lavoro: a seconda del punto in cui si trova, diventerà cellula delle ossa, della pelle, del cervello o della vescica.
Avviene, nelle colonie cellulari, ciò che accade in una popolazione: a seconda del punto in cui si trova, un individuo finisce per diventare agricoltore, avvocato, pescatore o montanaro.
Il nascituro, nel corso dei nove mesi di gravidanza, procede dunque a questa moltiplicazione e specializzazione delle sue cellule. Egli attraversa varie fasi, che qualcuno considera anche come una specie di «ricapitolazione» della vita sulla Terra. L’ovulo fecondato, infatti, inizialmente non ha bisogno di ossigeno (le prime forme di vita nacquero appunto in un’atmosfera priva di ossigeno); poi, affondando le sue radici nella placenta, diventa un organismo pluricellulare con uno schema elementare di circolazione sanguigna; poi attraversa la fase del pesce (con l’abbozzo persino delle branchie) e infine quella del mammifero.
Quando nasce, l’uomo è un mammifero dal cervello sproporzionatamente sviluppato.
Ma perché un numero così alto di cellule (dieci miliardi) si specializza in funzioni cerebrali? La risposta, ancora una volta, è da cercare nella storia della vita.
Come certi animali hanno sviluppato nel corso dell’evoluzione taluni organi o caratteristiche idonee alla sopravvivenza (il leone la forza, l’antilope la velocità, il camaleonte il mimetismo, l’uccello le ali), analogamente nell’uomo, per selezione, si sono rafforzate le strutture cerebrali, che costituivano un valido strumento di sopravvivenza. Il cervello, infatti, è un organo che non s...

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