La conoscenza umanistica ha mantenuto inalterate le medesime caratteristiche per secoli. Una cultura fondata sulla stampa, sulla pagina, sulla prosa lineare, sullâapparato bibliografico. Una cultura che prevedeva un autore e dei formati statici (il saggio, il libro). E sebbene il «contenitore» potesse variare â a livello materiale o estetico â, gli autori del «contenuto» non avevano voce in capitolo in merito al suo design. Salvo rare eccezioni, la ricerca umanistica ha applicato approcci e metodi omogenei. Ma gli artefatti digitali â ovvero creati per mezzo di strumenti digitali, talvolta fruiti in spazi digitali â presentano caratteristiche peculiari a livello di composizione, autorialitĂ , significato, circolazione, lettura, visualizzazione, navigazione, interattivitĂ ed espressivitĂ rispetto agli artefatti creati per il mondo della stampa.
I media digitali non sono piĂč «evoluti» dei libri stampati, e i libri non sono «obsoleti». Ma la proliferazione dei mezzi di comunicazione e lâestrema varietĂ dei processi di mediazione e ri-mediazione nellâambito della produzione culturale richiedono grande attenzione. Gli umanisti devono applicare alla cultura digitale la medesima analisi rigorosa sviluppata e affinata per la cultura della stampa. Unâanalisi capace di illuminare gli aspetti mediali, sociali, culturali ed economici dei «testi» in esame. Nello specifico, Ăš fondamentale comprendere la natura peculiare e il potenziale della cultura digitale e, al tempo stesso, ripensare la funzione e il ruolo del sapere, la nozione stessa di cultura e di «pubblico» nel mondo dellâinformazione globale. Gli umanisti devono, inoltre, progettare, produrre, criticare e, non meno importante, modificare creativamente gli ambienti e le tecnologie che rendono possibile questa ricerca. Una ricerca guidata non solo dallâinteresse o dalla passione, ma dal desiderio di comprendere chi siamo, dove siamo e cosa significa tutto ciĂČ.
Obiettivo di questo capitolo Ăš fornire una possibile mappa dei metodi innovativi e dei diversi «modelli di conoscenza» in via di sviluppo nellâambito dellâUmanistica Digitale. Il nostro intento non Ăš tanto proporre un elenco esaustivo o definitivo quanto fornire unâintroduzione concettuale e teorica a pratiche in via di sviluppo nellâambito della ricerca accademica. La nostra indagine prende avvio da una riflessione sullâimpatto della tecnologia sullâanalisi testuale. Ci chiederemo: come cambia lo studio degli elementi costitutivi di un testo e delle sue varianti nellâera elettronica? A nostro avviso, il digitale ha reso possibile nuove modalitĂ di critica e di curatela che si fondano sul concetto di testualitĂ fluida e «aumentata». Questa fluiditĂ permette agli umanisti digitali di confrontarsi con una vasta gamma di dati, sia per quanto concerne la gestione delle informazioni, sia per quanto riguarda la modellizzazione dei risultati. Lâalternarsi degli approcci ravvicinati e a distanza, macro e micro, di superficie e profonditĂ si impone come norma. In questo capitolo ci soffermeremo sul ruolo svolto dalla visualizzazione nel contesto dellâUmanistica Digitale prima di passare a generi e metodi correlati, quali lâindagine situata, la mappatura spessa, gli archivi animati, i documentari di database, gli studi di piattaforma e altri studi in via di sviluppo quali lâanalitica culturale, il data mining e lâumanistica ludica. Questi studi si collocano a loro volta allâinterno di una matrice tecnologica che richiede, anzi esige, la manipolazione e il remix dei contenuti. Concluderemo questo capitolo esaminando la prospettiva utopica secondo cui una conoscenza massicciamente condivisa grazie alla rete potrĂ dare vita a uno stato di «cultura ubiqua», a forme di partecipazione pubblica, di interconnessione e interazione significative.
Stiamo vivendo un momento particolarmente emozionante per le discipline umanistiche. Non solo perchĂ© Ăš emerso un sapere radicalmente differente rispetto al passato, ma anche perchĂ© questo sapere Ăš sperimentabile in nuovi contesti; Ăš prodotto in forma collaborativa, attraverso pratiche che coinvolgono comunitĂ che prima dâora non avevano contribuito alla ricerca accademica
Come si evince dallâindice sottostante, questo capitolo Ăš suddiviso in una serie di sezioni che riflettono altrettante aree di sperimentazione in via di sviluppo. Il successivo Possibili scenari fornisce esempi concreti e applicazioni di generi e metodi, che illustrano le caratteristiche essenziali dellâUmanistica Digitale.
â Curatela critica ampliata
â Edizioni aumentate e testualitĂ fluida
â Scala: la legge dei grandi numeri
â Distante/ravvicinato, macro/micro, superficie/profonditĂ
â Analitica culturale, aggregazione e data mining
â Visualizzazione e design dellâinformazione
â Indagine situata e mappatura spessa
â Archivio animato
â Produzione di conoscenza distribuita e accesso performativo
â Umanistica ludica
â Codice, software e studi di piattaforma
â Documentari di database
â Contenuti modificabili e cultura del remix
â Infrastrutture pervasive
â Pratica accademica ubiqua.
Curatela critica ampliata
raccolte digitali edizioni critiche multimediali pubblicazioni ampliate sperimentali e spaziali mix fisico e digitale argomentazioni basate su oggetti
Il collezionismo e la curatela caratterizzano da sempre la cultura umanistica. Nella letteratura antica, lâelenco, la catalogazione e lâinventario erano considerati strumenti fondamentali della comunicazione poetica. Ad esempio, gli inventari ricorrono con sorprendente frequenza nei testi di Esiodo, Eschilo, Sofocle ed Euripide; le 120 tavole dei Pinakes dellâepigrammista Callimaco sono un catalogo ragionato di tutti gli autori e di tutte le opere contenute nellâimmensa Biblioteca di Alessandria; le Argonautiche di Apollonio Rodio si aprono con una dettagliata descrizione degli Argonauti. Lâenorme proliferazione di cataloghi tipica dellâepica omerica attesta che il genere letterario della catalogazione puĂČ tradursi in brillanti descrizioni. In questo senso, essa non va confusa con la lista della spesa, con la sua scheletrica organizzazione, ma nemmeno con un esaustivo inventario con esplicite intenzioni didattiche. Si tratta, piuttosto, di una composizione che si sviluppa lungo la linea di confine tra la raffigurazione verbale e quella visiva con lâobiettivo di ottenere compattezza e concisione informativa. Poema in un poema, condensato di nomi, azioni, cose, il catalogo Ăš unâarte mnemonica, ma anche strumento di compressione di dati. In altre parole, nella composizione poetica, katalĂ©gein svolge la medesima funzione dellâalgoritmo di compressione ma anche di decodifica da parte del pubblico, ventisei secoli prima che il termine «digitale» venisse usato per indicare il codice binario (0 e 1).
Il collezionismo e la curatela sono espressioni della cultura umanistica di straordinaria persistenza. Le incontriamo nellâantichitĂ remota come nelle prime corti medievali, nelle accademie di epoca barocca come nelle universitĂ del diciannovesimo secolo. Entrate in crisi nella ventesimo secolo, oggi hanno riacquistato la piena centralitĂ grazie allâUmanistica Digitale.
Lâaccumulazione e la conservazione del sapere erano di primaria importanza allâinterno delle culture classiche, pre-moderne e della prima EtĂ moderna. Le opere in circolazione erano poche e frammenti di esse godevano di unâimportanza a priori, per cui venivano automaticamente conservati, trasmessi e riutilizzati indipendentemente dal fatto che venissero o meno integrati in una struttura coesa o in un sistema di credenze. Lâabbondanza e la copiatura (dei documenti) erano considerati aspetti intrinsecamente positivi in queste circostanze, e il collezionismo era funzionale alla raccolta, alla conservazione e allâaccesso alle informazioni. Con la diffusione della stampa e la nascita delle moderne istituzioni della memoria (orientate alla raccolta e alla conservazione sistematica) si afferma un nuovo regime caratterizzato dalla proliferazione di dati storici e di materiali culturali. Questa trasformazione sollecita una ridefinizione dello stato e del valore delle informazioni, che perdono il loro statuto di «bene a priori». Le informazioni diventano allora un supporto alla produzione della conoscenza. In altri termini, diventano la pre-condizione, ma non la sostanza, della conoscenza.
Si afferma, in questa fase, la necessitĂ di valutare criticamente il rapporto fra originale e copia, lâautorialitĂ di un determinato artefatto o di un gruppo di artefatti, la progettualitĂ di unâimpresa. Questi criteri si affiancano e presto soppiantano lâaccumulo indiscriminato delle informazioni. Seguendo il modello che si era affermato nelle corti della prima etĂ moderna, caratterizzato da committenti e collezionisti, sul finire del diciannovesimo secolo emergono nuove figure professionali, equipaggiate di un arsenale di strumenti tecnici, scientifici e analitici, alle quali viene affidato il compito di tutelare le testimonianze del passato: archivisti, curatori di musei, catalogatori e bibliotecari. Queste figure si affiancano a quelle degli studiosi professionisti, sebbene la distinzione tra le due categorie non fosse mai assoluta, come conferma il ruolo degli studi di attribuzione nella storia dellâarte e delle edizioni critiche nellâambito degli studi letterari. Ciononostante, assistiamo allâemergere di due mondi istituzionali paralleli, due mondi che la rivoluzione digitale sta finalmente mettendo in comunicazione diretta alla luce di nuove circostanze.
Questo collegamento prevede molteplici configurazioni: raccolta/collezione digitale e curatela da parte di un singolo studioso allâinterno e allâesterno di archivi digitali esistenti come nuova pratica accademica; modalitĂ multimediali di argomentazione basate su oggetti anzichĂ© discorsi; unione di media digitali audiovisivi con oggetti fisici in spazi espositivi esperienziali; pubblicazione aumentata dei risultati di ricerca supportata dai documenti dâarchivio e da altre informazioni; collaborazioni su larga scala che si traducono in unâopera scientifica strutturata in termini geo-spaziali; edizioni critiche di artefatti mediali che circondano un artefatto primario attraverso elementi multimediali anzichĂ© esclusivamente testuali. Tutto ciĂČ Ăš, inoltre, alimentato dalla spinta a una ricerca innovativa, dalla gamma notevolmente ampliata di materiali culturali prodotti e collezionati da specifiche istituzioni (archivi, musei, laboratori), ma anche da individui e aziende; dalla maggiore accessibilitĂ a queste collezioni da parte di specialisti e non specialisti grazie alla loro diffusione via internet; infine, dalla crisi della stampa accademica, nonchĂ© dalle nuove tecnologie editoriali (o post-editoriali) che rendono possibile la realizzazione di progetti e di modelli che operano su scale impensabili sotto il regime della stampa (vedi Scenario 2, Scenario 3 e Scenario 5).
Si dice che la Biblioteca di Alessandria dâEgitto avesse archiviato circa mezzo milione di rotoli di pergamene, quantificabili in decine di migliaia di opere. A venti secoli di distanza, Google Books ha scansionato circa 14 milioni degli oltre 130 milioni di libri presenti nelle librerie fisiche di tutto il mondo. Questo significa che uno studioso contemporaneo puĂČ accedere facilmente a circa 500 volte lâintero corpus del sapere disponibile nel mondo antico senza dover nemmeno consultare un secondo archivio letterario o vagare per i corridoi di una grande biblioteca di ricerca. Questa cifra cresce esponenzialmente se volgiamo la nostra attenzione in unâaltra direzione, ignorando, per un momento, il concetto di «libro» e di «opera»: consideriamo cioĂš categorie come artefatti stampati, lettere, registrazioni sonore, dipinti, fotografie, oggetti, telegrammi, pagine web, messaggi di posta elettronica, blog, tweet.
La rilevanza e la portata di queste «collezioni» â per tacere della crescente produzione di raccolte di documenti multimediali â superano di gran lunga le capacitĂ di gestione delle tradizionali istituzioni della memoria. La situazione si complica ulteriormente se consideriamo le esigenze di conservazione scientifica: in tale ambito, le istituzioni hanno incontrato enormi difficoltĂ a gestire le informazioni prodotte nellâera analogica. La situazione potrebbe peggiorare. Nonostante gli sforzi eroici per contenerla, la mole di materiali spesso inaccessibili, conservati in scantinati o archiviati fuori sede, Ăš destinata a esplodere in un ambiente nel quale il sovraccarico di informazioni rappresenta la norma. E ciononostante la necessitĂ di esaminare vasti insiemi di dati, di separare le informazioni preziose dalla spazzatura, Ăš considerata un pre-requisito. Pratica essenzialmente scolastica, la curatela critica oggi deve fare i conti con un mondo editoriale e post-editoriale in espansione.
Nel linguaggio comune, il termine curatela si riferisce alla supervisione e allâorganizzazione di artefatti fisici archiviati o presentati a un pubblico. Le origini del termine sono tuttavia teologiche. Curatela deriva da curato, un presbitero a cui era assegnato il compito di assistere â curare, appunto â le anime dei morti. Il termine curatela Ăš tornato in auge in tempi recenti, fino a esplodere in ogni settore della cultura. Ha persino conquistato la sfera aziendale. Articoli dai titoli evocativi â Viviamo nellâera della curatela, PerchĂ© auto-definirsi «curatore» Ăš una mossa vincente â dominano i blog e le newsletter aziendali. La popolaritĂ del termine curatela Ăš riconducibile alla necessitĂ di amministrare in modo intelligente enormi quantitĂ di dati, poichĂ© il proliferare di informazioni, artefatti e oggetti non Ăš piĂč sufficiente a garantirne la qualitĂ . Curare significa filtrare, organizzare, lavorare e, in ultima analisi, «prendersi cura di» una storia creata a partire da unâinfinita gamma di possibili racconti, reperti e voci. Nellâambito umanistico-digitale, la curatela indica un ampio ventaglio di pratiche di organizzazione e rappresentazione delle risorse culturali collettive, miranti a creare valore, impatto e qualitĂ .
Edizioni aumentate e testualitĂ fluida
marcatura strutturata
elaborazione del linguaggio naturale struttura relazionale
analisi testuale varianti e versioni mutabilitĂ
Per svariati secoli, le edizioni critiche â versioni accurate, affidabili di un testo, accompagnate da commenti, note e informazioni contestuali â hanno svolto un ruolo centrale allâinterno delle discipline umanistiche. Originariamente concepite per la Bibbia ebraica e per il Nuovo Testamento, le prime edizioni critiche ambivano a soppiantare ogni precedente versione, facendo leva sulla propria autorevolezza. Lâaffermazione di questo nuovo genere e la maturazione dellâanalisi testuale hanno messo in risalto le instabilitĂ e le incertezze insite nel processo di redazione, offrendo ampio spazio per il commento e lâannotazione, il confronto delle varianti testuali, la stemmatica,1 gli studi di paternitĂ , la redazione, la trascrizione e lâattivitĂ di traduzione.
Il digitale permette di aggregare molteplici versioni di una singola opera al fine di monitorarne lâevoluzione, prendendo atto delle varianti esistenti e visualizzando lâintera matrice comparativa. Lâinsieme degli strumenti necessari per il trasferimento di testi in ambito digitale Ăš particolarmente adatto per tale pratica editoriale. Lâuso di approcci strutturati e di etichette (tag) per lâidentificazione di persone, temi, luoghi o caratteristiche testuali fornisce un possibile approccio per massimizzare lâindagine intellettuale di documenti e visualizzare queste interpretazioni. Grazie al miglioramento e allâampliamento della marcatura (il processo di codifica utilizzato nelle trascrizioni), molte sfumature di analisi testuale sono diventate parte integrante del set di elementi interpretativi. Oggi non possiamo semplicemente identificare e riconoscere un elemento testuale, ma siamo anche in grado di stabilire la sua relazione con altri elementi o entitĂ (parte di, derivato da, cugino di, versione di, e cosĂŹ via). In un contesto digitale, le stesse procedure ora possono essere estese ad altre tipologie di materiali culturali, come registrazioni audio, video e film (vedi Scenario 2).
La testualitĂ fluida si riferisce alla mutevolezza dei testi caratterizzati da differenti versioni e varianti, laddove queste siano prodotte attraverso modifiche autoriali, redazione, trascrizione, traduzione o processi a stampa. Certo, non va dimenticato che i testi sono sempre stati relativamente fluidi e modulari. Ma lâavvento dellâelaboratore di testi (word processor) ha reso ancora piĂč significativa questa dimensione della testualitĂ . Gli scrittori hanno mostrato grande entusiasmo per la possibilitĂ di tagliare e incollare intere porzioni di testi senza dover necessariamente riscriverle. Lâidea di trasformare unâopera modificandone formato e caratteri tipografici con pochi clic e comandi della tastiera ha stimolato immaginazione e creativitĂ . Alla sua prima manifestazione, lâipertesto era un concetto nuovo e intrigante, caratterizzato da un linguaggio innovativo composto dai nodi, collegamenti e sentieri biforcanti, una matrice in grado di generare narrazione dinamiche che, nonostante lâorigine cartacea, hanno assunto unâaura di novitĂ nel momento in cui sono state riconfigurate per i nuovi media.
Una maggiore fluiditĂ consente la manipolazione e la lavorazione automatica di elementi testuali che sono stati introdotti attraverso lâelaborazione del linguaggio naturale (detta anche NLP, dallâinglese Natural Language Processing) e di altri strumenti per lâanalisi testuale. Cambiamenti globali, ricerche, sostituzioni, elenchi, riordini â queste e altre attivitĂ possono essere svolte attraverso comandi che trattano un testo come un oggetto sul quale Ăš possibile eseguire operazioni alternative rispetto a quelle della lettura convenzionale. Nel suo stato piĂč fluido, un file di testo puĂČ essere utilizzato per generare un risultato non verbale. Una stringa ASCII o un testo digitato possono essere convertiti in forma sonora o visuale, stampati in tre dimensioni, trasformati in disegno, in modello o in unâaltra possibile risorsa da reinvestire per un nuovo progetto in un medium differente da quello del linguaggio verbale. I testi sono continuamente manipolati, riproposti e rielaborati per differenti canali e diversi tipi di pubblico.
Alla fluiditĂ dei testi si accompagna una corrispondente variabilitĂ in termini di identitĂ autoriale. Un secondo effetto riguarda la moltiplicazione degli autori: solitamente, un testo digitale richiede unâattivitĂ collettiva e collaborativa. Lavorare con i media digitali spesso comporta un ordito e una trama compositi la cui «testualità » c...