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Assassinio a Venezia
Agatha Christie, Chiara Libero
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Assassinio a Venezia
Agatha Christie, Chiara Libero
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A Woodleigh Common i ragazzi stanno festeggiando Halloween quando viene fatta una scoperta agghiacciante: la tredicenne Joyce Ăš stata assassinata. La giallista Ariadne Oliver, presente al party, si precipita dall'amico Poirot e lo convince a interessarsi del caso: Joyce, infatti, poco prima della morte, si era vantata di aver assistito a un omicidio, ma nessuno le aveva creduto. Possibile che invece la ragazza, conosciuta per essere un gran bugiarda, avesse detto la veritĂ ? E che il colpevole abbia deciso di chiuderle la bocca per sempre?
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Letteratura poliziesca e gialli1
Quel pomeriggio, Ariadne Oliver era andata con Judith Butler, unâamica della quale era ospite, ad aiutare nei preparativi di una festa che avrebbe avuto luogo la sera stessa.
Quando le due signore arrivarono, la sala era un centro di attivitĂ frenetica. Donne efficienti e dinamiche andavano e venivano, spostando sedie, tavolini, vasi di fiori, e trasportando grandi quantitĂ di zucche gialle che disponevano in punti strategici.
Quella era una festa di Halloween riservata a ragazzi tra i dieci e i diciassette anni.
La signora Oliver si mise in disparte, si appoggiĂČ a una parete e prese in mano una grossa zucca gialla, osservandola con aria pensosa.
«Lâultima volta che ne ho viste Ăš stato lâanno scorso, negli Stati Uniti» disse, scostando i capelli grigi dalla fronte sporgente. «Ce nâerano unâinfinitĂ , sparse in tutta la casa. Non ne avevo mai viste tante. Per essere sincera» aggiunse «non so distinguere una Cucurbita pepo da una Cucurbita ovifera. Questa che cosâĂš?»
«Scusami, cara» disse la signora Butler, che lâaveva urtata, passando.
Ariadne Oliver si appiattĂŹ contro la parete.
«Colpa mia. Non faccio che starvi tra i piedi. Sai, era straordinario vedere in giro tante zucche verdi e gialle. Ce nâerano dovunque, nelle case e nei negozi, tutte scavate in modo da infilarvi dentro candele e lumini. Uno spettacolo molto suggestivo. Ma negli Stati Uniti non si celebrava la festa di Halloween. No, era il Giorno del Ringraziamento. Io ho sempre associato le zucche con Halloween che ricorre a fine ottobre. Il Giorno del Ringraziamento viene dopo, no? Non Ăš in novembre, la terza settimana di novembre? Comunque, qui Halloween ricorre sempre il 31 ottobre, vero? Prima viene Halloween e poi⊠poi che cosa? Il Giorno dei morti? A Parigi lo si celebra andando nei cimiteri a mettere fiori sulle tombe. Ma non Ăš una ricorrenza triste. Al cimitero portano anche i bambini e loro si divertono. Prima si va ai mercati dei fiori e si comprano tanti splendidi fiori. Te lâassicuro, i fiori piĂč belli li trovi in quei mercati di Parigi.»
Molte donne indaffarate urtavano la signora Oliver, di tanto in tanto, ma nessuno la stava ad ascoltare. Erano troppo occupate con i preparativi della festa.
A parte un paio di efficienti zitelle, le altre erano quasi tutte madri. Due ragazzi di sedici e diciassette anni collaboravano, salendo su sedie e scalette per appendere decorazioni a base di zucche e di palloncini colorati. Diverse ragazzine attorno agli undici anni si gingillavano in gruppo, chiacchierando e ridendo.
«E dopo il Giorno dei morti e i cimiteri, viene Ognissanti» continuĂČ Ariadne Oliver, sistemando la propria mole sul bracciolo di un divano. «à cosĂŹ, vero?»
Nessuno le rispose. La signora Drake, una bella donna di mezza etĂ che aveva organizzato il ricevimento, fece una dichiarazione.
«Ho deciso di non chiamare questo party âfesta di Halloweenâ, anche se in realtĂ lo Ăš. Lo chiamerĂČ âfesta dellâUndici PiĂčâ, per definire un certo gruppo dâetĂ . LâetĂ in cui si Ăš lasciata la scuola elementare per iniziare altri studi.»
«Ma non Ăš una definizione esatta, Rowena» protestĂČ la signorina Whittaker, sistemandosi il pince-nez sul naso. Era una maestra, inflessibile in fatto di precisione. «Lâundici piĂč Ăš un esame che abbiamo abolito da tempo.»
La signora Oliver si alzĂČ dal divano con aria contrita. «Temo di non essermi resa per niente utile» dichiarĂČ. «Sono rimasta seduta, dicendo tante sciocchezze sulle zuccheâŠÂ»
âE riposandomi i piediâ pensĂČ con una leggera punta di rimorso, ma senza sentirsi abbastanza in colpa per accusarsi pubblicamente.
«Che cosa posso fare adesso?» domandĂČ. E subito aggiunse: «Che belle mele!».
Qualcuno aveva appena portato nella stanza un cesto di mele. La signora Oliver aveva un debole per quei frutti.
«Che belle mele rosse!» esclamĂČ.
«Non sono molto buone» disse Rowena Drake. «Ma sono decorative e adatte a un gioco che consiste nel tentare di afferrarle con i denti mentre galleggiano in un secchio pieno dâacqua. Ti dispiace portarle nella biblioteca, Beatrice? Quando si fa questo gioco, si rovescia sempre molta acqua, ma la moquette della biblioteca Ăš vecchia e puĂČ sopportare un poâ di allagamento. Oh, grazie, Joyce.»
Joyce, una robusta tredicenne, sollevĂČ il cesto delle mele. Due rotolarono fuori e si fermarono, come arrestate da una bacchetta magica, ai piedi della signora Oliver.
«Le mele vi piacciono, eh?» disse Joyce. «Ho letto da qualche parte che ne andate pazza, o forse vi ho sentito raccontarlo alla televisione. Voi siete quella che scrive storie di assassini, vero?»
«SÏ» rispose la signora Oliver.
«Allora dovremmo farvi fare qualcosa collegato alla vostra specialità . Mettere in scena un omicidio alla festa di stasera e sfidare gli invitati a risolverlo.»
«No, grazie» rispose la signora Oliver. «Mai piĂč.»
«Che significa âmai piĂčâ?»
«Ecco, lâho giĂ fatto una volta e non Ăš stato un successo» spiegĂČ lei.
«Ma avete scritto una quantità di libri» insistette Joyce. «Libri che vi hanno fruttato un mucchio di soldi, vero?»
«In un certo senso» rispose Ariadne Oliver, mentre il suo pensiero volava allâimposta sul reddito.
«E il vostro detective Ú finlandese.»
La signora Oliver lo confermĂČ. Un ragazzino dallâaria sciocca â non ancora arrivato allâetĂ dellâUndici PiĂč, pensĂČ la signora Oliver â la guardĂČ severamente. «PerchĂ© lâavete fatto finlandese?» domandĂČ.
«Me lo sono chiesta spesso anchâio» rispose lei in tutta sinceritĂ .
La signora Hargreaves, la moglie dellâorganista, entrĂČ nella sala un poâ affannata, reggendo un grosso secchio di plastica verde.
«Che ne dite di usare questo per il gioco delle mele?» chiese. «Mi sembra abbastanza allegro.»
«Va meglio un secchio di metallo zincato» dichiarĂČ la signorina Lee, lâaddetta al dispensario del medico. «Questo si rovescia troppo facilmente. Dove si farĂ il gioco, signora Drake?»
«Nella biblioteca, dato che comunque si sparge sempre una quantitĂ dâacqua. La moquette Ăš vecchia e non ne soffrirĂ .»
«Benissimo. Porteremo tutto di lĂ . Qui câĂš un altro cestello di mele, Rowena.»
«Lasciate che vi aiuti» disse la signora Oliver.
Raccolse le due mele ai suoi piedi. Quasi senza accorgersene, ne addentĂČ una e incominciĂČ a masticarla rumorosamente. La signora Drake le tolse di mano con fermezza la seconda mela e la rimise nel cestello.
Poi la conversazione divenne animata.
«E dove faremo il gioco dellâuva passita?»
«Nella biblioteca, direi. Ă la stanza piĂč buia.»
«No, lo faremo in sala da pranzo.»
«Allora bisognerà mettere qualcosa sul tavolo.»
«CâĂš una tovaglia di panno verde per coprirlo, e sopra una tela cerata.»
«E gli specchi? Vedremo davvero i nostri mariti negli specchi?»
La signora Oliver, togliendosi furtivamente le scarpe e continuando a masticare la sua mela, tornĂČ a sedersi sul divano e prese a osservare con aria critica la piccola folla radunata nella stanza. âSe dovessi scrivere un romanzo e metterci dentro tutte queste persone, come lo farei?â si chiese con spirito professionale. âIn complesso sono brave donne direi, ma chissĂ âŠâ
In un certo senso, pensĂČ, era affascinante non sapere niente di loro. Abitavano tutte a Woodleigh Common e qualcuna le suscitava una vaga eco nella memoria per via di quello che le aveva raccontato Judith. La signorina Johnson, per esempio, aveva qualcosa a che fare con la chiesa, ma non era la sorella del parroco. Oh no, era la sorella dellâorganista, sicuro. Rowena Drake dettava un poâ legge a Woodleigh Common. E quella donna che aveva portato il secchio? Un secchio di plastica. Orribile. Alla signora Oliver non erano mai piaciute le cose di plastica.
E poi i ragazzi. Finora non erano che dei nomi per lei. Câera Nan e câera Beatrice, e poi Cathie, Diana e Joyce. Si dava delle arie, quella Joyce, e faceva molte domande. âNon mi Ăš simpaticaâ pensĂČ la signora Oliver. Unâaltra ragazza si chiamava Ann, era alta e anche lei si dava delle arie. E câerano due ragazzi, che sembravano avere appena adottato una pettinatura da adulti, con risultati piuttosto infelici.
EntrĂČ un bambino, piccolo e timido.
«La mamma manda questi specchi, vuol sapere se vanno bene» disse con una vocetta un poâ ansante.
La signora Drake glieli tolse di mano. «Ti ringrazio tanto, Eddy.»
«Sono dei comuni specchi a mano» osservĂČ la ragazza che si chiamava Ann. «Riusciremo davvero a vedervi dentro il viso del nostro futuro marito?»
«Qualcuna vi riuscirà e qualcuna no» le rispose Judith.
«Voi avete visto il viso di vostro marito in uno specchio quando siete andata a una festa⊠a questo tipo di festa, voglio dire?»
«Ma no che non lâha visto!» esclamĂČ Joyce.
«PuĂČ darsi di sĂŹ, invece» protestĂČ Beatrice. «à una cosa che si chiama percezione extrasensoriale» aggiunse con tono di superioritĂ , ovviamente compiaciuta di saper conversare usando espressioni alla moda.
«Ho letto uno dei vostri romanzi» disse Ann alla signora Oliver. «La morte del pesce dâoro. Mi Ăš piaciuto molto» aggiunse gentilmente.
«A me no» intervenne Joyce. «Non câera dentro abbastanza sangue. A me piacciono i delitti in cui scorrono fiumi di sangue.»
«Un poâ macabro, non credi?» disse la signora Oliver.
«SÏ, ma eccitante.»
«Non proprio» mormorĂČ Ariadne Oliver.
«Una volta, io ho visto commettere un assassinio» annunciĂČ Joyce.
«Non dire sciocchezze» protestĂČ la signora Whittaker, la maestra.
«Non sono sciocchezze, Ú vero.»
«Hai proprio visto commettere un omicidio?» domandĂČ Cathie, guardando Joyce con occhi sgranati.
«Ma no che non lâha visto» intervenne la signora Drake. «Non dire assurditĂ , Joyce.»
«Invece sÏ» replicĂČ...