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Il sentiero dei nidi di ragno
Italo Calvino
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Il sentiero dei nidi di ragno
Italo Calvino
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La storia di Pin, bambino sbandato, passato come per caso dai giochi violenti dell'infanzia alla dura realtà della guerra partigiana. Il primo romanzo di Italo Calvino.
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LiteratureSous-sujet
Historical LiteratureI
Per arrivare fino in fondo al vicolo, i raggi del sole devono scendere diritti rasente le pareti fredde, tenute discoste a forza dâarcate che traversano la striscia di cielo azzurro carico.
Scendono diritti, i raggi del sole, giĂč per le finestre messe qua e lĂ in disordine sui muri, e cespi di basilico e di origano piantati dentro pentole ai davanzali, e sottovesti stese appese a corde; fin giĂč al selciato, fatto a gradini e a ciottoli, con una cunetta in mezzo per lâorina dei muli.
Basta un grido di Pin, un grido per incominciare una canzone, a naso allâaria sulla soglia della bottega, o un grido cacciato prima che la mano di Pietromagro il ciabattino gli sia scesa tra capo e collo per picchiarlo, perchĂ© dai davanzali nasca unâeco di richiami e dâinsulti.
â Pin! GiĂ a questâora cominci ad angosciarci! Cantacene un poâ una, Pin! Pin, meschinetto, cosa ti fanno? Pin, muso di macacco! Ti si seccasse la voce in gola, una volta! Tu e quel rubagalline del tuo padrone! Tu e quel materasso di tua sorella!
Ma giĂ Pin Ăš in mezzo al carrugio, con le mani nelle tasche della giacca troppo da uomo per lui, che li guarda in faccia uno per uno senza ridere: â Diâ Celestino, staâ un poâ zitto, bel vestito nuovo che hai. E diâ, quel furto di stoffa ai Moli Nuovi, poi, non si sa ancora chi sia stato? Beâ, che câentra. Ciao Carolina, meno male quella volta. SĂŹ, quella volta meno male tuo marito che non ha guardato sotto il letto. Anche tu, PascĂ , mâhan detto che Ăš successo proprio al tuo paese. SĂŹ, che Garibaldi ci ha portato il sapone e i tuoi paesani se lo son mangiato. Mangiasapone, PascĂ , mondoboia, lo sapete quanto costa il sapone?
Pin ha una voce rauca da bambino vecchio: dice ogni battuta a bassa voce, serio, poi tuttâa un tratto sbotta in una risata in i che sembra un fischio e le lentiggini rosse e nere gli si affollano intorno agli occhi come un volo di vespe.
A canzonare Pin câĂš sempre da rimettere: conosce tutti i fatti del carrugio e non si sa mai cosa va a tirar fuori. Mattina e sera sotto le finestre a sgolarsi in canzoni e in gridi, mentre nella bottega di Pietromagro la montagna di scarpe sfondate tra poco seppellisce il deschetto e trabocca in istrada.
â Pin! Macacco! Muso brutto! â gli grida qualche donna. â Mi risuolassi quelle ciabatte invece di starci ad angosciare tutto il giorno! Ă un mese che le avete lĂŹ nel mucchio. Lo dirĂČ un poâ io al tuo padrone, quando lo metteranno fuori!
Pietromagro passa metĂ dellâanno in prigione, perchĂ© Ăš nato disgraziato e quando câĂš un furto nei dintorni finiscono sempre per mettere dentro lui. Torna e vede la montagna di scarpe sfondate e la bottega aperta senza dentro nessuno. Allora si siede al deschetto, piglia una scarpa, la gira, la rigira, la ributta nel mucchio; poi si prende la faccia pelosa tra le mani ossute, e sacramenta. Pin arriva fischiando e ancora non sa niente: ed ecco che si trova davanti Pietromagro con quelle mani giĂ alte nellâaria e quelle pupille incorniciate di giallo e quella faccia nera di barba corta come pelo di cane. Grida, ma Pietromagro lâha acciuffato e non lo molla; quando Ăš stanco di picchiarlo lo lascia in bottega e sâinfila allâosteria. Per quel giorno nessuno lo rivede.
La sera, ogni due giorni, dalla sorella di Pin viene il marinaio tedesco. Pin lo aspetta nel carrugio ogni volta mentre sale, per chiedergli una sigaretta; i primi tempi era generoso e ne regalava anche tre, quattro per volta. Prendere in giro il marinaio tedesco Ăš facile perchĂ© lui non capisce e guarda con quella faccia quagliata, senza contorno, rasa fin sulle tempie. Poi, quando se nâĂš andato, gli si possono fare gli sberleffi dietro, sicuri che non si volta; Ăš ridicolo visto di dietro, con quei due nastri neri che gli scendono dal berretto marinaio fino al sedere lasciato scoperto dal giubbetto corto, un sedere carnoso, da donna, con una grossa pistola tedesca poggiata sopra.
â Ruffiano... Ruffiano... â dice la gente a Pin dalle finestre, sottovoce perchĂ© con quei tipi Ăš meglio non scherzare.
â Cornuti... Cornuti... â risponde Pin facendo loro il verso e ingozzandosi di fumo gola e naso, fumo ancora aspro e ruvido contro la sua gola di bambino, ma di cui bisogna ingozzarsi fino a farsi lagrimare gli occhi e tossire con rabbia, non si sa bene il perchĂ©. Poi, con la sigaretta in bocca, andare allâosteria e dire: â Mondoboia, chi mi paga un bicchiere gli dico una cosa che poi mi dice grazie.
Allâosteria ci sono sempre gli stessi, tuttâil giorno, da anni, a gomiti sui tavoli e menti sui pugni che guardano le mosche sullâincerato e lâombra viola in fondo ai bicchieri.
â Che câĂš, â dice MiscĂšl il Francese. â Tua sorella ha ribassato i prezzi?
Gli altri ridono e picchiano pugni sullo zinco: â Te la sei presa questa volta, Pin, la risposta!
Pin Ăš lĂŹ che lo guarda di sotto in su attraverso la frangia di capelli spinosi che gli mangia la fronte.
â Mondoboia, proprio come pensavo io. Guardate un poco, pensa sempre a mia sorella. Vi dico, non smette mai di pensarci: sâĂš innamorato. Di mia sorella sâĂš innamorato, che coraggio...
Gli altri ridono a gola spiegata e lo scappellottano e gli versano un bicchiere. Il vino non piace a Pin: Ăš aspro contro la gola e arriccia la pelle e mette addosso una smania di ridere, gridare ed essere cattivi. Pure lo beve, tracanna bicchieri tutto dâun fiato come inghiotte fumo, come alla notte spia con schifo la sorella sul letto insieme a uomini nudi, e il vederla Ăš come una carezza ruvida, sotto la pelle, un gusto aspro, come tutte le cose degli uomini; fumo, vino, donne.
â Canta, Pin, â gli dicono. Pin canta bene, serio, impettito, con quella voce di bambino rauco. Canta Le quattro stagioni.
Ma quando penso allâavvenirdella mia libertĂ perdutavorrei baciarla e poi morirmentre lei dorme... allâinsaputa...
Gli uomini ascoltano in silenzio, a occhi bassi come fosse un inno di chiesa. Tutti sono stati in prigione: chi non Ăš stato mai in prigione non Ăš un uomo. E la vecchia canzone da galeotti Ăš piena di quello sconforto che viene nelle ossa alla sera, in prigione, quando i secondini passano a battere le grate con una spranga di ferro, e a poco a poco tutti i litigi, le imprecazioni si quetano, e rimane solo una voce che canta quella canzone, come ora Pin, e nessuno gli grida di smettere.
Amo la notte ascoltaril grido della sentinella.Amo la luna al suo passarquando illumina la mia cella.
Pin proprio in prigione non Ăš mai stato: quella volta che volevano portarlo ai discoli, Ăš scappato. Ogni tanto lo acchiappano le guardie municipali, per qualche scorribanda per le tettoie del mercato della verdura, ma lui fa impazzire tutto il corpo di guardia dagli strilli e dai pianti finchĂ© non lo liberano. Ma nella guardina dei vigili un poâ câĂš stato rinchiuso, e sa cosa vuol dire, e perciĂČ canta bene, con sentimento.
Pin sa tutte quelle vecchie canzoni che gli uomini dellâosteria gli hanno insegnato, canzoni che raccontano fatti di sangue; quella che fa: Torna Caserio... e quella di Peppino che uccide il tenente. Poi, a un tratto, quando tutti sono tristi e guardano nel viola dei bicchieri e scatarrano, Pin fa una piroetta in mezzo al fumo dellâosteria, e intona a squarciagola:
â E le toccai i capelli â e lei disse non son quelli â vai piĂč giĂč che son piĂč belli, â amor se mi vuoi bene â piĂč giĂč devi toccar.
Allora gli uomini dĂ nno pugni sullo zinco e la serva mette in salvo i bicchieri, e gridano «hiuĂč» e battono il tempo con le mani. E le donne che sono nellâosteria, vecchie ubriacone con la faccia rossa, come la Bersagliera, ballonzolano accennando un passo di danza. E Pin, col sangue alla testa, e una rabbia che gli fa stringere i denti, si sgola nella canzonaccia fino a lasciarci lâanima:
â E le toccai il nasino â e lei disse brutto cretino â vai piĂč giĂč che câĂš un giardino.
E tutti gli altri, battendo il tempo con le mani alla vecchia Bersagliera che ballonzola, fanno il coro:
â Amor se mi vuoi bene â piĂč giĂč devi toccar.
Quel giorno il marinaio tedesco veniva su di cattivo umore. Amburgo, il suo paese, era mangiato dalle bombe ogni giorno, e lui aspettava notizie ogni giorno di sua moglie, dei suoi bambini. Aveva un temperamento affettivo, il tedesco, un temperamento da meridionale trapiantato in un uomo del mare del Nord. Sâera riempito la casa di figlioli, e adesso, spinto lontano dalla guerra, cercava di smaltire la sua carica di calore umano affezionandosi a prostitute dei paesi occupati.
â Niente sigarette avere, â dice a Pin che gli Ăš venuto incontro a dargli il gutentag. Pin comincia a smicciarlo di traverso.
â Ben, camerata, da queste parti anche questâoggi, Ăš la nostalgia, eh?
Ora Ăš il tedesco a smicciare Pin; non capisce.
â Vieni da trovare mia sorella, per caso? â fa Pin, con noncuranza.
E il tedesco: â Sorella non in casa?
â Ma come, non lo sai? â Pin ha una faccia falsa che sembra allevato dai preti. â Non lo sai che lâhanno portata allâospedale, poveretta! Malattia brutta, ma pare che adesso la curino, se presa in tempo. Certo che lei ce lâaveva giĂ da un poâ... In ospedale, ci pensi, poveretta!
La faccia del tedesco sembra latte quagliato: balbetta e suda: â O-spe-da-le? Ma-la-ttia? â Da una finestra dellâammezzato sâaffaccia il busto dâuna giovane con la faccia equina e i capelli da negra.
â Non dargli retta, Frick, non dargli retta a quel senza vergogna, â grida. â Questa poi me la paghi, muso di macacco, manca poco e mi rovini! Vieni su, Frick, non dargli retta che scherzava, il diavolo che se lo porti!
Pin le fa uno sberleffo. â Te la sei presa una sudata fredda, camerata! â fa al tedesco e scantona per un vicolo.
A volte il fare uno scherzo cattivo lascia un gusto amaro, e Pin si trova solo a girare nei vicoli, con tutti che gli gridano improperi e lo cacciano via. Si avrebbe voglia dâandare con una banda di compagni, allora, compagni cui spiegare il posto dove fanno il nido i ragni, o con cui fare battaglie con le canne, nel fossato. Ma i ragazzi non vogliono bene a Pin: Ăš lâamico dei grandi, Pin, sa dire ai grandi cose che li fanno ridere e arrabbiare, non come loro che non capiscono nulla quando i grandi parlano. Pin alle volte vorrebbe mettersi coi ragazzi della sua etĂ , chiedere che lo lascino giocare a testa e pila, e che gli spieghino la via per un sotterraneo che arriva fino in piazza Mercato. Ma i ragazzi lo lasciano a parte, e a un certo punto si mettono a picchiarlo; perchĂ© Pin ha due braccine smilze smilze ed Ăš il piĂč debole di tutti. Da Pin vanno alle volte a chiedere spiegazioni su cose che succedono tra le donne e gli uomini; ma Pin comincia a canzonarli gridando per il carrugio e le madri richiamano i ragazzi: â Costanzo! Giacomino! Quante volte te lâho detto che non devi andare con quel ragazzo cosĂŹ maleducato!
Le madri hanno ragione: Pin non sa che raccontare storie dâuomini e donne nei letti e di uomini ammazzati o messi in prigione, storie insegnategli dai grandi, specie di fiabe che i grandi si raccontano tra loro e che pure sarebbe bello stare a sentire se Pin non le intercalasse di canzonature e di cose che non si capiscono da indovinare.
E a Pin non resta che rifugiarsi nel mondo dei grandi, dei grandi che pure gli voltano la schiena, dei grandi che pure sono incomprensibili e distanti per lui come per gli altri ragazzi, ma che sono piĂč facili da prend...