Istruzioni per diventare fascisti
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Istruzioni per diventare fascisti

Michela Murgia

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  1. 104 pages
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Istruzioni per diventare fascisti

Michela Murgia

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«Essere democratici è una fatica immane. Significa fare i conti con la complessità, fornire al maggior numero di persone possibile gli strumenti per decodificare e interpretare il presente, garantire spazi e modalità di partecipazione a chiunque voglia servirsene per migliorare lo stare insieme. Inoltre non a tutti interessa essere democratici. A dire il vero, se guardiamo all'Italia di oggi, sembra che non interessi piú a nessuno, tanto meno alla politica. Allora perché continuiamo a perdere tempo con la democrazia quando possiamo prendere una scorciatoia piú rapida e sicura? Il fascismo non è un sistema collaudato che garantisce una migliore gestione dello Stato, meno costosa, piú veloce ed efficiente?» Dando prova di un'incredibile capacità dialettica, Michela Murgia usa sapientemente la provocazione, il paradosso e l'ironia per invitarci ad alzare la guardia contro i pesanti relitti del passato che inquinano il presente. E ci mette davanti a uno specchio, costringendoci a guardare negli occhi la parte piú nera che alberga in ciascuno di noi.

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Informations

Voce di popolo

Non tutti i populismi sono fascismi, ma ogni fascismo è prima di tutto un populismo, perché – anche se non nasce mai dalle classi popolari – il fascismo le racconta come a esse piace essere raccontate: forti nelle intenzioni, fragili solo per le circostanze, matrici di autenticità nazionale e vere protagoniste sociali.
Esaltare le qualità popolari è il primo passaggio per alimentare un genuino sentimento fascista nelle masse. Tutto ciò che viene dal popolo è sano e verace e anche quando si presenta in forma un po’ scomposta va abbracciato e sostenuto come espressione dello spirito nazionale. Il fascismo deve però mantenere sempre chiara la differenza tra essere populista ed essere semplicemente popolare. Laddove nel populismo tutti guardano al capo, la popolarità democratica lascia che tutti si guardino l’un l’altro, perdendo di vista l’orizzonte. Popolare è la democrazia, perché sviluppa nelle classi dirigenti il senso di appartenenza al popolo e nel popolo l’illusione di poter prendere il posto della sua classe dirigente, come se il padre e i figli in una famiglia fossero intercambiabili. Questo atteggiamento di reciprocità acceca, perché chi ti vede paritario non ti rispetta. Posando il naso sulla tela di un capolavoro mai se ne coglierà l’armonia generale, mai si sarà in grado di raccontare cosa si è veramente visto. Il populismo è il contrario della popolarità, perché mantiene sempre la giusta distanza tra i bisogni della massa cittadina e la forza di chi può soddisfarli. Chi è popolare si riconosce nel popolo, ma chi è populista può fare di piú: offrire al popolo qualcuno in cui riconoscersi.
Essere populisti da fascisti non è difficile: è come corteggiare una ragazza bruttina che sa di esserlo perché per anni gli altri ragazzi l’hanno snobbata, ma che non vede l’ora che arrivi il tipo che le dice che sono stati loro gli stupidi a non capire la sua bellezza. Quel ragazzo, se azzecca la cosa da dire, se la porterà a letto tutte le volte che vuole e lei sarà sempre molto felice di andarci. L’avevate notato che nemmeno la fica è democratica? Non ce n’è per tutti, ma solo per chi sa prendersela. Per cui, se volete essere fascisti, siate prima di tutto seduttori: guardatevi intorno e cercate la bruttina sociale. È pieno.
Considerate per esempio le persone che per vari motivi non hanno studiato. Con il feticcio democratico della scuola pubblica e dell’istruzione obbligatoria è passata la convinzione che tutti dovessero studiare anche se magari non volevano, perché studiare era nobile in sé. Il risultato è che quelli a cui di studiare non andava e hanno smesso appena potevano farlo sono stati per anni oggetto di sberleffo. Rivolgetevi a loro, ai poco scolarizzati che dalla mattina alla sera si sentono dare dell’analfabeta funzionale da chiunque abbia studiato un solo giorno piú di loro. Ditegli che non è vero che studiare serve, che quella che conta è l’università della vita, che i laureati non sono migliori di nessuno (e che sono a spasso col loro inutile pezzo di carta in tasca) e non dimenticate di dire che una mano incallita dal lavoro è piú onorevole di un culo reso quadrato dalla sedia degli studi. Chi non sa potrà finalmente smettere di vergognarsi della sua ignoranza e cominciare a disprezzare chi ha studiato e l’ha guardato dall’alto in basso per decenni.
Essere populisti, proprio perché è come corteggiare la bruttina del liceo, funziona soprattutto con le donne. Le femministe hanno detto loro che vengono trattate come se fossero inferiori agli uomini e dovrebbero per questo ribellarsi alla condizione di sudditanza? Fate in modo che non la vedano come una condizione di sudditanza! Evocate le loro nonne e chiamatele matriarche. Ricordate loro i profumi d’infanzia, quando una donna in casa a girare il sugo restava sempre. Richiamate la saggezza della semplicità popolare, delle cose fatte in casa a mano, delle madri che hanno retto questo paese con il dono del loro amore. Dite loro che stirare le camicie e occuparsi dei figli e dei vecchi malati non solo non le rende inferiori, ma anzi le rende uniche, dotate della genialità femminile di cui un uomo non sarà mai capace.
Annunciate provvedimenti di governo a favore di queste attività, per esempio sgravi fiscali per chi sta a casa a occuparsi degli anziani e incentivi alla maternità per chi decide di fare figli. Raccontate alle donne che sono migliori ed esse, pur di continuare a sentirsi speciali, faranno e rifaranno quello che non volevano piú fare persino quando si troveranno davanti alla possibilità di scegliere diversamente: se hanno studiato stireranno, se hanno un lavoro lo lasceranno per accudire i bimbi, se si sognavano emancipate si sposeranno. Se il suo uomo trova il modo di farla sentire speciale, nessuna donna avvertirà mai il bisogno di essere uguale.
La categoria della specialità è populista per eccellenza: ogni volta che siete in presenza di una fragilità, chiamatela specialità, promettete di proteggerla e chi ne è detentore smetterà di chiedervi di cambiare la sua situazione. Andate al Nord? Lodatene la produttività e il rigore, evocate le piccole imprese aziendali che hanno fatto grande il made in Italy, contrapponete questa intraprendenza al Sud parassita e indolente e promettete di abbassare le tasse. Andate al Sud? Evocate il sacrificio dei loro nonni emigrati, esaltate la veracità dei modi, la capacità di arrangiarsi, l’ospitalità contrapposta alla freddezza settentrionale e promettete condoni e grandi opere. I siciliani? Tutta gente speciale. I campani? Specialissimi. I sardi? Unici nel Mediterraneo. I lombardi? Come loro nessuno mai.
Per ciascuna di queste specialità c’è una promessa che il fascista ha il dovere di fare. I democratici – intossicati dal loro incubo di uguaglianza – farebbero a tutti la stessa, ma il fascista sa che è meglio che siano tutte diverse, perché ogni gruppo sociale deve immaginarsi unico agli occhi del capo. Alcune affermazioni potranno sembrare contraddittorie – tipo che al Sud potrebbero sentire che al Nord dite di loro che sono indolenti –, ma questo non è rilevante né in politica né in seduzione. Nessuna donna, tranne la strega di Biancaneve, vuol essere la piú bella: a tutte basta essere desiderate quando tocca a loro.
La capacità del capo di sintetizzare in sé ciascuna di queste identità e farle sentire rappresentate passa anche per il suo modo di apparire, che deve essere sempre populista. Quando incontra chi non arriva alla fine del mese, il capo indosserà jeans, felpe, tute, cose semplici e poco costose. Con il padre di famiglia è ideale che appaia invece in maniche di camicia, dignitoso ma disinvolto, lasciando intuire la tempra di chi si è fatto da sé anche sotto i vezzi della formalità. Con i potenti e i professionisti la cravatta ci sarà, ma i modi resteranno freschi, giovanili, pronti a rompere i protocolli, perché l’energia fascista è una forza impaziente e rispetta le regole solo finché non può cambiarle.
Quando il fascismo sarà già maturo anche i vestiti lasceranno il tempo che trovano e allora sarà il corpo stesso del capo a raccontare il paese, magari attraverso qualche impresa che richieda forza, resistenza e controllo, come fare a nuoto un lungo braccio di mare, immergersi in acque gelide, avere una vita sessuale gioiosamente movimentata e ostentata o correre con costanza per chilometri e chilometri. L’apice del populismo è mostrarsi in déshabillé nell’intimità della famiglia, magari durante le vacanze, riconducendo la forza nel quadro dell’affidabilità.
Il vero nucleo del populismo, quello che gli consente di essere culla del fascismo, è però il tema universale del denaro. In democrazia il possesso di quantità diverse di denaro da parte dei cittadini crea moltissimi problemi, perché si scontra con il principio di equità (che azzera il merito) e quello altrettanto assurdo della contribuzione proporzionale (come se guadagnare di piú fosse una colpa da espiare). Poiché rispettare queste due condizioni nella pratica non è mai possibile, sia il ricco che il povero in democrazia saranno infelici, perché uno si sentirà perseguitato dalle tasse e l’altro dimenticato nei servizi. Per il populista fascista per fortuna questa differenza non esiste: si può essere popolari solo con le classi popolari, ma si può essere populisti con tutti, perché la paura di perdere quello che si ha – che sia poco o moltissimo non fa differenza – è la stessa per ciascuno. Per questa ragione, che si rapporti ai poveri oppure ai ricchi, il fascista populista deve sempre dire «noi», accomunandosi alla condizione dei suoi interlocutori e agendo secondo proporzione.
Se ci si sta rivolgendo alla povera gente che non arriva alla fine del mese ha poco senso mettersi a proporre grandi riforme strutturali: le urgenze non sopportano i tempi lunghi e nemmeno quelli medi. Il buon democratico, tra una seduta di pilates in palestra e un corso di cucina vegana, a questo punto citerebbe la parabola di Mao dove si dice che è meglio insegnare a un uomo a pescare che regalargli un pesce. È un’interessante storiella, ma per insegnare a qualcuno a pescare, cioè dargli gli strumenti per emanciparsi, ci vogliono anni: nel tempo in cui lo impara sarà già morto di fame e giustamente il popolo vuole mangiare adesso. Per dargli direttamente il pesce cinque minuti sono piú che sufficienti e per questo promettere un aiuto concreto e istantaneo alle persone in difficoltà è un dovere del fascismo. Tutti i provvedimenti che agiscono economicamente nell’immediato sono preziosi e consigliabili. Ci vuol poco: basterà un po’ di denaro al mese in piú nelle buste paga o l’abbattimento di una tassa odiata e sarà subito chiaro che quello che ci sta a cuore sono le esigenze reali della povera gente. Nessuna riforma potrà mai competere con 80 euro in busta paga e nessuna legge rivoluzionaria sarà mai gradita quanto la cancellazione della tassa sulla casa. Fatti di questo tipo, oltre a dare effettivamente un beneficio immediato a chi ne gode, rafforzano l’idea del capo che si prende cura dei deboli e contribuiscono a costruire un popolo sempre piú affidato alla sua diligenza da buon padre di famiglia.
Il populismo adeguato alla classe media è differente. Anche se questa categoria di cittadini alla fine del mese ci arriva con agio e magari mette anche qualcosa da parte per le emergenze, resta consapevole che scendere i gradini della scala sociale è un attimo e basta nulla per ritrovarsi da un giorno all’altro senza piú risorse. Per fortuna la piccola borghesia è facile da accontentare, in quanto ha sogni piccini quanto lei. È sensibile al tema degli investimenti perché può permetterseli e il suo preferito è il mattone. Tutti i provvedimenti che consentono l’a...

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