IV.
Un tempo per seminare,
un tempo per raccogliere
Penso che il movimento abbia creato Martin,
piuttosto che Martin abbia creato il movimento.
E non Ăš un discredito per lui.
Ella Baker
Il 1° febbraio del 1960 quattro studenti neri della facoltĂ di Agraria dellâUniversitĂ di Greensboro, in North Carolina, entrarono nella caffetteria della popolare catena Woolworth e si sedettero in attesa del cameriere. Come previsto e ben pianificato, questi non arrivĂČ per raccogliere lâordine ma per intimare loro di andarsene perchĂ© in quel locale non si servivano clienti di colore. Di fronte a quella intimazione âi quattroâ, come poi vennero apostrofati â Joseph McNeil, Franklin McCain, Ezell Blair e David Richmond â, restarono fermi e impassibili sui loro sgabelli, disobbedendo agli ordini dei gestori del locale prima e dei poliziotti dopo. Se ne andarono solo allâora di chiusura. Il giorno dopo la storia si ripetĂ© ma con un gruppo piĂč ampio di dimostranti e con una protesta che si estese ad altri esercizi; e cosĂŹ il giorno dopo ancora, fino al 5 febbraio. Nel linguaggio di oggi questa forma di mobilitazione divenne âviraleâ al punto che si calcola che in quei mesi circa 70.000 studenti si mobilitarono in diversi sit-in; 3600 dimostranti furono arrestati in quella che «Time» definĂŹ «una protesta nonviolenta come negli USA non si era mai vista». King espresse il suo sostegno a questa mobilitazione, che perĂČ, pur ispirandosi ai metodi nonviolenti e alla âscuola di Montgomeryâ, prescindeva dalla strategia pianificata dalla SCLC e dal suo leader e, soprattutto, nasceva spontanea e indipendente. Il mentore di questa giovanissima generazione di attivisti non fu il reverendo King ma il suo collega James Lawson, Jim per i suoi interlocutori piĂč diretti. Lo accompagnava il carisma dellâobiettore di coscienza e del missionario che aveva vissuto in prima persona lâereditĂ spirituale e politica del movimento gandhiano. Rientrato in Tennessee nel 1956, tre anni dopo aveva dato vita al Nashville Student Movement, che praticĂČ una forma di protesta del tutto analoga a quella di Greensboro. Il valore aggiunto dellâesperienza acquisita in India consentĂŹ a Lawson di animare veri e propri seminari di formazione alla tecnica nonviolenta i cui partecipanti, oltre a ricevere una formazione teorica, imparavano a âresistereâ psicologicamente e fisicamente alla violenza esercitata contro di loro. Lo conferma il dettagliato codice di comportamento preparato da Lawson e distribuito ai manifestanti:
Non reagite fisicamente o verbalmente se aggrediti.
Non ridete ad alta voce.
Non attaccate discorso col personale [di polizia, N.d.A.].
Non alzatevi finché non ricevete istruzioni dal leader.
Non bloccate gli ingressi al negozio o alle corsie.
Mostratevi sempre cordiali o cortesi.
Sedete eretti e sempre faccia al banco.
Riferite ogni episodio significativo al vostro leader.
Riferite tutte le informazioni al vostro leader.
Ricordate gli insegnamenti di GesĂč Cristo, Mohandas K. Gandhi e Martin Luther King.
Ricordate lâamore e la nonviolenza.
Dio vi benedica tutti.
Da questi laboratori e grazie alla spinta organizzativa dellâinstancabile Ella Baker che operava per conto della SCLC, nel 1960 nacque lo Student Nonviolent Coordinating Committee (SNCC, generalmente pronunciato âSnikâ), il quale in breve reclutĂČ altri personaggi che avrebbero assunto un ruolo di primo piano nel movimento per i diritti civili negli anni successivi; tra gli altri James Bevel, come vedremo ispiratore del raduno di Washington del 1963 e delle marce tra Selma e Montgomery nel 1965, e poi, dopo la morte di King, schieratosi con la destra reaganiana e distrutto da una poco edificante vicenda giudiziaria in seguito allâaccusa di incesto; C.T. Vivian, che di lĂŹ a poco avrebbe organizzato i freedom buses sui quali bianchi e neri, viaggiando insieme, sfidavano le autoritĂ locali che, contro ogni norma, continuavano a difendere la segregazione nei trasporti; Stokely Carmichael, che da posizioni integrazioniste e nonviolente in breve sposĂČ lâideologia del nazionalismo nero, diventando uno dei leader del Black Panther Party; Diane Nash, una delle poche donne che riuscirono a entrare nella ristretta leadership molto maschile del movimento e della SCLC in particolare, intellettuale e attivista i cui meriti non sono ancora del tutto stati riconosciuti; John Lewis, allâinizio di una brillante carriera politica che lo avrebbe portato ad essere una delle personalitĂ di spicco del Partito democratico; Marion Barry, poi controverso sindaco di Washington, finito sotto i riflettori per il consumo di droghe e per altri reati di ordine fiscale.
Queste rapidissime note biografiche sono sufficienti a dare la misura della eterogeneitĂ del gruppo e a spiegare perchĂ©, dopo una brillante partenza, lo SNCC scoppiĂČ sotto il peso delle sue contraddizioni interne.
Movimentismo e separatismo
I primi mesi del 1960 furono intensi e produttivi, ma politicamente molto complicati. La SCLC sosteneva le proteste, che perĂČ si avviavano in autonomia e secondo uno schema tipicamente âmovimentistaâ, incoraggiato dalla Baker ma avversato dalla âvecchia guardiaâ della SCLC. King e Lawson si posero in una posizione intermedia, evitando di porre il cappello della SCLC su unâiniziativa che era nata in autonomia e mettendo in campo energie nuove. Questo atteggiamento prudente si riflesse nel fatto che al raduno SNCC convocato a Raleigh (North Carolina), presso la Shaw University il 15 aprile, il relatore di punta fosse Lawson e non King, che pure era in cittĂ . King si tenne qualche passo indietro, ma non rinunciĂČ ad esprimere pieno sostegno pubblico a un movimento che giudicava «espressione dellâanelito del nuovo nero alla libertĂ e alla dignitĂ umana [...]. Una generazione di giovani â plaudiva â Ăš emersa da decenni di oscuritĂ per affrontare a mani nude il potere dello Stato; ha abbandonato le sue paure, ha sperimentato la solenne dignitĂ di una lotta per la propria liberazione». Con i pochi mezzi a disposizione â un budget di 800 dollari â la Baker organizzĂČ la conferenza in ogni dettaglio, cercando di bilanciare esigenze diverse, prima tra tutte quella di strutturare un evento politico nel rispetto delle sensibilitĂ e delle intenzioni degli studenti che «non erano pagine bianche» sulle quali lei o King avrebbero potuto o dovuto imporre un marchio.
Nonostante lâabile regia e il passo indietro di King, le polemiche esplosero comunque a seguito dellâintervento di Lawson che, inaspettatamente, ebbe toni molto critici nei confronti delle componenti âmoderateâ del movimento. «Questo movimento non Ăš solo contro la segregazione. Ă contro i neri alla zio Tom, contro la fiducia eccessiva che la NAACP ripone nei tribunali e contro la futile tecnica della classe media di mandare lettere ai centri di potere». Ridicolizzando «la via mediana dellâadattamento al male sociale», invocĂČ la strada di una «rivoluzione nonviolenta».
La critica al moderatismo della NAACP suscitĂČ un terremoto e mise seriamente a rischio la strategia di King, tesa a evitare la contrapposizione frontale con la piĂč antica e â almeno al Sud â organizzata associazione afroamericana. Roy Wilkins, segretario esecutivo della NAACP, arrivĂČ a scrivergli una lettera di fuoco nella quale si dichiarava «disorientato e grandemente angosciato» dallâ«immotivato attacco» subito da parte di uno degli uomini di punta della SCLC.
Infuriato contro King anche un altro esponente dellâestablishment afroamericano, il pastore e congressman Adam Clayton Powell, una delle icone piĂč celebrate della Black Harlem di quegli anni. Powell fu infastidito dal progetto di alcuni esponenti della SCLC di organizzare delle manifestazioni in occasione delle imminenti conventions repubblicana e democratica per attirare lâattenzione dei partecipanti e degli osservatori sul tema del diritto di voto ai neri. Il parlamentare nero non gradiva una mobilitazione promossa da altri soggetti che avrebbe messo in ombra la sua personale azione politica e il suo ruolo allâinterno del Partito democratico. Le critiche a King furono frontali e violente, sino allâaccusa â invero non originale â di essere condizionato da «interessi socialisti» e di essere manipolato da una persona «come» Stanley Levison che, nel linguaggio rude di certa politica, significava un ebreo e un comunista. King provĂČ a moderare i toni della polemica, ma lo spregiudicato Clayton Powell arrivĂČ a minacciarlo che, se non avesse licenziato Bayard Rustin e cancellato ogni dimostrazione alla convention democratica, era pronto a spiattellare in pubblico quella che lui riteneva una relazione omosessuale tra i due: il leader della SCLC e il suo impiegato notoriamente gay. Tra le accuse a King questa appare la meno plausibile, eppure produsse almeno uno degli effetti auspicati da Clayton Powell: le âforzateâ dimissioni di Rustin accolte da King che, forse troppo frettolosamente, inten...