Il fascismo in tre capitoli
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Il fascismo in tre capitoli

Emilio Gentile

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Il fascismo in tre capitoli

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Una guida essenziale e chiara per conoscere la storia e le interpretazioni del fascismo, nella sintesi originale di uno storico di fama internazionale.

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Informations

Éditeur
Editori Laterza
Année
2011
ISBN
9788858100646

Il fenomeno fascista: interpretazioni a confronto

La questione del fascismo

Scomparso da oltre mezzo secolo, come protagonista della politica europea, il fascismo, considerato sia come movimento e regime italiano sia come fenomeno internazionale, Ăš tuttora uno dei fenomeni piĂč studiati e piĂč controversi della storia contemporanea. La questione del fascismo, cioĂš il complesso dei problemi e delle interpretazioni che questo fenomeno ha suscitato, ha ormai una lunga tradizione, iniziata quando il movimento, fondato da Benito Mussolini, conquistĂČ il potere dando vita a un nuovo tipo di regime politico a partito unico. Da allora, studi, ricerche e dibattiti sul fascismo sono continuamente aumentati, soprattutto nell’ultimo quarto del secolo scorso, e specialmente in Italia e in Germania. In questi due paesi, infatti, la memoria dell’esperienza totalitaria fa ancora gravare sul senso dell’identitĂ  nazionale, sia pure con diversa intensitĂ , il problema etico-politico della responsabilitĂ  collettiva verso un «passato che non vuol passare»1, suscitando polemiche anche fuori del campo scientifico. Ma il problema del fascismo non si limita al caso italiano o tedesco: nel periodo fra le due guerre mondiali, infatti, movimenti che si richiamavano direttamente al fascismo o al nazismo o a questi somigliavano per il nazionalismo integrale, l’antiliberalismo, l’antibolscevismo, l’organizzazione paramilitare, l’attivismo di piazza e lo stile politico, sorsero e si diffusero in molti paesi europei, rappresentando ovunque una minaccia, potenziale o effettiva, per i regimi democratici. La riflessione sulla vulnerabilitĂ  della ­democrazia parlamentare nella moderna societĂ  di massa Ăš parte integrante della questione del fascismo e ne accresce l’importanza per gli studiosi contemporanei. Come pochi fenomeni del nostro tempo, il fascismo Ăš stato studiato da storici, sociologi, politologi, filosofi e psicologi, mossi dall’esigenza comune di spiegare i motivi per i quali ebbero origine e si affermarono, in paesi giĂ  investiti dalla modernizzazione e dalla democratizzazione, movimenti come il fascismo e il nazionalsocialismo, che reclamavano il monopolio del potere politico e il controllo totale sulle masse, avvolgendo la societĂ  nelle spire di un regime totalitario che subordinava l’individuo e la collettivitĂ  al partito unico in nome di miti nazionalistici e razzistici di potenza e di espansione.
Nell’arco di oltre mezzo secolo sono state proposte numerose e contrastanti definizioni e teorie del fenomeno fascista. Ripercorrendo la storia di queste interpretazioni assistiamo a una progressiva dilatazione del fascismo, dalla sua originaria dimensione italiana ed europea verso una dimensione mondiale. Il fascismo ha finito cosĂŹ con l’assumere l’aspetto di un’entitĂ  universale e metastorica, che si sarebbe manifestata e potrebbe manifestarsi ovunque, al di lĂ  dei confini propri del “fascismo storico”, compreso nel periodo fra le due guerre mondiali. Dopo il 1945, per esempio, sono stati definiti “fascisti” il regime di Juan PerĂłn in Argentina, la repubblica presidenziale di Charles De Gaulle in Francia, i regimi a partito unico del Terzo Mondo, la dittatura dei colonnelli in Grecia, la presidenza di Richard Nixon negli Stati Uniti, i regimi militari dell’America ­latina, ma anche le democrazie borghesi e gli stessi regimi comunisti. Si Ăš parlato, infatti, di “fascismo rosso” a proposito della sinistra extraparlamentare e dei gruppi terroristi comunisti, e di involuzione “fascista” del regime comunista cinese in occasione della strage di piazza Tienanmen a Pechino (3-4 giugno 1989). Di recente Ăš stata conia­ta una nuova categoria di fascismo, quella di “fascismo medio-orientale”, per definire il regime di Saddam Hussein in Iraq. Nel linguag­gio politico corrente il termine “fascismo” Ăš universalmente adoperato in senso spregiativo come sinonimo di destra, contro-rivoluzione, reazione, conservatorismo, autoritarismo, corporativismo, nazionalismo, razzismo, imperialismo. Con un processo continuo di inflazione semantica, il concetto del fascismo Ăš stato adottato indiscriminatamente nella lotta politica, nella storiografia e nelle scienze sociali, diventando sempre piĂč generico.

Interpretazioni del fenomeno fascista

Inizialmente, negli anni Venti, il fascismo fu considerato prevalentemente un’espressione tipica della storia e del carattere degli italiani. La stessa cultura fascista, in quel periodo, insisteva sull’italianitĂ  del fascismo come rinascita della “stirpe”, iniziata con l’interventismo e la guerra. Anche in campo antifascista prevaleva, in principio, la tendenza a considerare il fascismo un fenomeno italiano, come rivolta antiproletaria e anticapitalista della piccola borghesia umanistica, impregnata di nazionalismo e di retorica romanistica2 o addirittura come «autobiografia della nazione»3, cioĂš come manifestazione e prodotto di secolari deficienze storiche e morali tipiche della societĂ  italiana, della sua classe dirigente e del popolo italiano.
La specificitĂ  italiana del fascismo era un giudizio diffuso anche nelle interpretazioni degli stranieri. Tuttavia, durante gli anni Trenta, con il proliferare in Europa di movimenti e di regimi autoritari nazionalisti, e soprattutto dopo l’avvento al potere del nazismo, il fascismo fu percepito sempre piĂč, sia dagli avversari sia dai simpatizzanti, come un fenomeno internazionale. La stessa propaganda fascista cominciĂČ a esaltare l’“universalità” del fascismo, profetizzando il prossimo avvento di un’Europa fascista o fascistizzata. La guerra civile in Spagna, l’alleanza fra Italia, Germania e Giappone nella seconda guerra mondiale, lo stesso carattere ideologico di questa guerra intesa come conflitto fra fascismo e antifascismo, rafforzarono definitivamente la convinzione che il fascismo poteva essere considerato un unico fenomeno internazionale. Questa convinzione fu il denominatore comune delle interpretazioni elaborate dai movimenti antifascisti fra gli anni Trenta e Cinquanta.
La cultura marxista e il movimento comunista furono i primi ad attribuire al fascismo, fin dagli anni Venti, una dimensione internazionale, identificandolo con la reazione della borghesia che, per far fronte all’avanzata del proletariato, si serviva di bande armate di piccoli borghesi declassati. La Terza Internazionale sancĂŹ la codificazione dell’interpretazione del fascismo come «dittatura terroristica del grande capitale». Per i marxisti, in generale, ogni societĂ  capitalistica era strutturalmente predisposta al fascismo, mentre dai comunisti era definito fascista qualsiasi movimento o regime anticomunista, compresi, in un determinato momento, i partiti socialisti e socialdemocratici (teoria del “socialfascismo”). Una parziale correzione di questa visione del rapporto fra capitalismo e fascismo Ăš stata avanzata da studiosi marxisti che hanno escluso un nesso di causalitĂ  necessaria fra capitalismo e fascismo, constatando che, in effetti, nella maggior parte dei paesi capitalisti, come gli Stati Uniti, l’Inghilterra e la Francia, senza considerare paesi minori, come il Belgio e l’Olanda, il regime democratico superĂČ gravi crisi politiche ed economiche, come quella del 1929, senza cedere alle seduzioni del fascismo, che pure vi erano presenti4. Altri studiosi dello stesso orientamento hanno parzialmente modificato la definizione del fascismo come agente del capitalismo, riconsiderando il rapporto fra regime fascista e capitalismo come un’«alleanza»5, in cui il fascismo mantiene un suo grado di autonomia, mirando a far prevalere il «primato della politica» anche nella sfera dell’economia6.
L’interpretazione marxista Ăš stata contestata dalla cultura liberale, che ha attribuito la genesi e l’affermazione del fascismo a una «malattia morale», esplosa dopo la prima guerra mondiale, ma iniziata giĂ  negli ultimi decenni dell’Ottocento con un progressivo decadimento della coscienza europea, l’imbarbarimento della societĂ  e l’irrazionalismo culturale7. L’infiacchimento della fede nella libertĂ , l’esaltazione imperialistica, il dispiegarsi della volontĂ  di potenza e della brama di potere, l’attivismo politico e il culto della violenza, sostenuti dai nuovi strumenti dell’industria e della tecnica, furono i fattori che, dopo lo sconvolgimento rivoluzionario della guerra mondiale, favorirono, secondo Gerhard Ritter, il trionfo del «volto demoniaco del potere»8, con le tirannie di nuovi superuomini che fondavano il loro dominio sulla demagogia, sul terrore e sulla «intronizzazione del pensiero mitico», come la definĂŹ Ernst Cassirer9. E come «malattia morale», affermĂČ Benedetto Croce, il fascismo era stato un «morbo contemporaneo», «sparso dappertutto nel mondo»10.
La visione del fascismo come fenomeno di patologia storica, proiettato perĂČ su una dimensione plurisecolare e «metapolitica»11, Ăš stata alla base anche delle interpretazioni di orientamento radicale democratico. Fascismo e nazismo erano visti, cioĂš, come prodotto di processi storici e sociali tipici di paesi, come l’Italia e la Germania, giunti tardi all’unificazione nazionale, conservando nelle loro strutture politiche, sociali e culturali, una tradizione di autoritarismo che risaliva indietro nei secoli e aveva radici profonde anche nel «carattere» dei due popoli, che non avevano assimilato le istituzioni e i valori della moderna coscienza liberale12. Pur accentuando la specificitĂ  delle tradizioni storiche nazionali, fino a lasciar trasparire un pregiudizio tendenzialmente razzista, questa interpretazione portava anch’essa alla teorizzazione della “universalità” del fenomeno fascista come reazione alla modernitĂ  identificata con il sistema politico ed economico delle democrazie occidentali.
Sebbene fossero opposte per categorie culturali e principi ideologici, queste interpretazioni concordavano perĂČ sostanzialmente nel risolvere il problema del fascismo con l’individuazione delle cause e delle condizioni che lo avevano generato (la reazione borghese, la malattia morale, la resistenza alla modernitĂ ), giudicando il fascismo in sĂ©, come movimento politico, un’aberrazione nel cammino della storia verso la modernitĂ , concepita come progresso della razionalitĂ  e della libertĂ . L’irrazionalismo, aspetto essenziale e importante del fascismo, finiva cosĂŹ col diventare una giustificazione per “demonizzare” il fascismo o per rappresentarlo come una “ne...

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