Western. La realtà dietro la fiction
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Western. La realtà dietro la fiction

Giovanni Maglioni

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Western. La realtà dietro la fiction

Giovanni Maglioni

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I film western ci fanno vedere le carovane con i carri, ma non ci dicono nulla dei carri stessi, della durata del viaggio, del cibo e della vita quotidiana dei pionieri. Ci parlano del Far West, senza dirci cosa esso fosse in realtà; ci fanno vedere sceriffi e saloon, senza che possiamo saperne la storia e come essi fossero per davvero; ci fanno vedere locomotive sbuffanti e battelli a vapore, ma non ci dicono nulla di essi; ci mostrano soldati a cavallo e i loro forti, ma non ci parlano della loro vita quotidiana. Vediamo gli Indiani, generalmente mostratici come cattivi, senza quasi mai dircene i motivi. Questo elenco potrebbe continuare a lungo: cowboys, tipi di case di indiani e pionieri, corse all'oro, bordelli, assegnazione della terra ai pionieri… Se qualcuno ha curiosità al riguardo, potrà trovare delle risposte, non pedanti, in questo libro.

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Informations

Éditeur
Youcanprint
Année
2022
ISBN
9791221402452
Avvertenza. Le citazioni dei film sono riportate al fondo di ciascun capitolo, mentre le altre note sono a piè di pagina. L’elenco completo dei film è riportato al termine del testo in ordine cronologico.
Parte I
PIONIERI
il viaggio, l’arrivo e la casa

1. LE CAROVANE DEI PIONIERI

Iniziamo dalle carovane. Nei film western le carovane di carri dei pionieri sono frequentemente presenti, in quanto di per sé sono piuttosto spettacolari e per di più soggette a vari tipi di imprevisti. Spesso ci vengono presentate in relazione ad attacchi da parte degli Indiani: disposte strettamente a cerchio per una migliore difesa. I carri nei film vengono all’occorrenza rovesciati sui fianchi dai pionieri per offrire migliore protezione dal nemico costituendo una specie di utile trincea dietro cui ripararsi per far fuoco. Altre volte si vedono gli Indiani lanciare frecce incendiarie che appiccano il fuoco a tutto il carriaggio prima di lanciare l’attacco e il regista, a questo punto, deve prendere la dolorosa decisione se farli vincere o perdere. Perché non sempre vincevano i pionieri.
Noi ci siamo forse chiesti chi erano in realtà quei pionieri che avevano abbandonato tutto per mettersi in viaggio, in carovana, verso l’ignoto, lasciando il certo per l’incerto. E ci siamo chiesti quanto grandi fossero i loro carri, come erano fatti e cosa portavano. E poi ancora, percorrevano di solito piste predeterminate e tracciate, oppure andavano avanti come il cuore li portava?
Proviamo a rispondere. Sino all’ultimazione della ferrovia transcontinentale, una famiglia americana che, lasciando quanto aveva nell’Est, si metteva in cammino verso il West non apparteneva certo alle classi più misere, ma a quelle medie, in quanto il viaggio in carovana richiedeva un investimento in denaro. Non vi erano quindi - almeno per quando riguarda le prime fasi della conquista del Far West, e cioè sino alla realizzazione delle ferrovie - le carovane degli emigrati che si mettevano in marcia per abbandonare la miseria e cercare qualcosa in più della semplice sopravvivenza, in quanto non sarebbero stati in grado di effettuare l’investimento iniziale a fondo perduto.
Chi ha visto il film La conquista del West1 ricorda il padre delle due ragazze e del fratellino come ci viene presentato, con le parole sue e della moglie, all’inizio del film: egli aveva un piccolo ranch che non andava poi male ma, come spiega la moglie, il suo spirito di avventura l’aveva indotto a vendere tutto, investire il denaro ricavato nell’acquisto del carro e delle provviste e sfidare l’ignoto, e lei non aveva saputo dirgli di no.
Noi poi, guardando le carovane, siamo tentati di pensare a grandi carri che praticamente traslocavano tutti gli averi di una famiglia dal luogo dove abitava a una località sconosciuta, oggetto delle loro speranze; ma sulle piste più battute assolutamente non era così. Il carro, assai piccolo, era riempito quasi esclusivamente di cibo. Supponiamo che la carovana intendesse percorrere, impiegando i mesi di primavera ed estate (4-6 mesi erano tutti necessari), la pista più battuta e più sicura, tra le poche disponibili, dirette al Far West: l’Oregon trail, che partiva dalla riva del Missouri e terminava a Oregon City.
Secondo i più era lunga, pur contando alcune possibili varianti, circa 3.250 Km, e aveva lungo il suo percorso, quando si iniziò a percorrerla, degli empori in due forti diversi appositamente allestiti, ossia due soli negozi provvisti di beni alimentari e altro, dove si potevano trovare opportunità di rifornimento, ma dove non si era peraltro sicuri di trovare tutto ciò che occorreva, di trovarlo in quantità sufficiente, e dove tutto costava di più. Il cibo era dunque meglio averlo sul carro.
Se tutto fosse sempre andato bene, ci sarebbero voluti da 4 a 6 mesi per effettuare il percorso, con l’obiettivo molto ambizioso di percorrere, quando possibile, anche tragitti di circa 25-30 Km in un giorno. Per una famiglia tipo di 4 persone occorreva perciò caricare sul proprio carro per il viaggio come minimo indispensabile circa 600 kg di cibo per essere sufficientemente tranquilli di farcela a mangiare, anche se veramente solo poco, sino all’arrivo, senza contare almeno un capiente barile da riempire di acqua quando ce n’era, per dissetare uomini e animali anche per più giorni. Vi erano infatti tragitti più o meno lunghi da fare senza possibilità di rifornimenti di acqua.
La provvista consisteva principalmente di cibo secco, di lunga conservazione, come farina, bacon (termine che comprendeva pancetta e prodotti simili), gallette (durissime), fagioli secchi, frutta secca, riso, sale, zucchero, caffè e l’indispensabile salerato. Se si avevano delle vacche o capre al seguito si poteva mungerne il latte, da consumarsi fresco o mettere nella zangola per ricavarne il burro, e il carro con i suoi sbattimenti il burro lo faceva da solo. I fagioli, anch’essi onnipresenti nei film western, erano preziosi perché di facile conservazione e anche fonte di proteine, ma la loro cottura richiedeva un tempo piuttosto lungo, anche se preventivamente messi a mollo. Era poi immancabile il caffè, che in qualche modo appare in tutti i western, senza peraltro farci capire come venisse fatto.
Quando si erano stivati il cibo e l’acqua necessari, si era ormai non lontani al limite del peso massimo consigliato, e si potevano aggiungere solo cose indispensabili come un fucile con i relativi accessori, generalmente almeno tre ricambi di indumenti robusti di cui uno di lana, una caffettiera, un secchio, il dutch oven1 con una padella o tegame, delle candele (più sicure delle alternative lampade a olio) con fiammiferi tappati in una bottiglia perché non si inumidissero, il necessario per lavarsi e per la toeletta; e poi degli attrezzi necessari per il carro: ad esempio dei raggi di ricambio per le ruote, martello, chiodi e fil di ferro, una pala e una sega. Per ultimo una tenda dove pernottare, che sarebbe servita soprattutto all’arrivo, e il necessario per dormire, ossia indumenti e coperte. Erano consigliati materassi di piume, perché leggeri e di ingombro contenuto se opportunamente abballinati, e un telo impermeabile sul quale stenderli la notte.
Se poi i pionieri avevano l’intenzione di andare a fare gli agricoltori nel luogo dove sarebbero arrivati, e se non vi fossero città là vicine dove comprarli, avrebbero dovuto avere con loro anche un sufficiente assortimento di sementi e, magari, pure qualche gallina in una gabbia sistemata all’esterno del carro. Se intendevano invece allevare bestiame, dietro al carro erano legate delle coppie di animali che dovevano fungere da riproduttori nel futuro allevamento. Chi poteva portava anche degli animali da tiro di riserva, in quanto nel difficile e impegnativo percorso, qualcuno poteva morire o sfiancarsi.
Ci volevano parecchi mesi e soldi per i preparativi per la partenza, in alcuni casi quasi un anno: occorreva infatti reperire dei compratori per le proprietà che si lasciavano, redigere gli atti di vendita e poi, con i soldi incassati, comprare carro e provviste e, per chi voleva essere prudente, trovarsi dei sicuri compagni di viaggio per la costituzione di una carovana più o meno grande.
La singola carovana più numerosa sull’Oregon trail fu una del 1843, con circa 120 carri e più di 500 persone. Altre fonti danno numeri ancora più elevati di partecipanti.
Vi erano poi, a disposizione dei pionieri più avveduti, dei modulari di patti scritti che si suggeriva di firmare, per assicurare il rispetto, sia reciproco tra i pionieri sia delle proprietà, e la cooperazione in caso di necessità, nonché l’accettazione come leader della guida preventivamente scelta.
Si poteva anche precisare in questo documento il minimo di alimenti da portare a persona - ad esempio 200 libbre di farina - e le punizioni da infliggere a chi non rispettava le regole sottoscritte. Alcuni patti, fatti preparare appositamente e poi firmati dai partecipanti a delle carovane, sono giunti sino a noi.
Ma com’erano i carri? Essenzialmente di tre tipi, i primi due, riservati ai più danarosi, fabbricati da produttori specializzati, e il terzo “fai da te”. Per i mercanti che non avevano da attraversare le impervie montagne rocciose o altre difficoltà come ad esempio alti guadi, i più adatti erano del tipo Conestoga, perché erano i più grandi, robusti e capienti, spesso tirati da tre o più paia di buoi, animali più robusti e con meno necessità di acqua dei cavalli.
Per percorrere la difficile Oregon trail o altre piste simili, ben più adatti erano però i carri del tipo Studebacker, decisamente più piccoli, ma molto più maneggevoli. Le dimensioni si aggiravano soltanto sul metro e venti di larghezza e tre metri di lunghezza, più o meno la superficie di un nostro tavolo per quattro persone in sala da pranzo, di molto inferiori a quelle che si aspetterebbe il nostro immaginario collettivo e ci mostrano i western. Chi fosse interessato può trovare facilmente il dettaglio di tutte le dimensioni e le modalità di costruzione in rete2.
I carri di maggior pregio erano progettati per essere facilmente smontabili, e permetterne quindi velocemente le eventuali necessarie riparazioni. Le ruote erano cerchiate di ferro, e avevano altezza differenziata, per garantire una migliore guidabilità e tenuta di strada, con le anteriori più basse, così da non toccare la struttura nelle virate strette. Questo però richiedeva un lavoro di carpenteria aggiuntivo per mantenere livellato il pavimento. Il fondo del pavimento poteva essere concavo, ossia a catino soprattutto nei Conestoga, per assicurare gli oggetti più suscettibili di andare perduti nei sobbalzi, ed era calafatato al di sotto per l’attraversamento dei guadi più alti. Per chi se lo poteva permettere, era a disposizione addirittura un tipo di carri con degli ammortizzatori, però destinati alla sola panchetta di guida.
Nel terzo tipo, quello dei poveracci, che erano riusciti a mettere da parte lo stretto occorrente per intraprendere il viaggio alla meno peggio, si poteva ovviamente trovare di tutto, dal carro di fattoria usato abitualmente per il trasporto magari di paglia e fieno, a quello sgangherato su cui si poteva scommettere quanti chilometri sarebbe riuscito a percorrere prima di distruggersi. E si sarebbe pure potuto scommettere su quanto sarebbero durate le loro provviste. Immagino che coppie senza figli o persone non sposate si siano consorziate per potersi finanziare il viaggio su un solo carro. Per questo tipo di carri “fai da te” erano consigliati dei rinforzi alla struttura, a seconda delle disponibilità finanziarie a disposizione. Essenziale era la sostituzione degli assi delle ruote.
Nei film western si vedono poi quasi sempre dei magnifici tiri di cavalli che trainano i carri, ma i più preferivano i buoi2, più resistenti alla sete e meno appetiti dagli Indiani. Meglio dei cavalli più delicati e costosi, se non si fossero scelti i buoi, erano anche i muli.
Un discorso a parte è quello del carro cucina. Una carovana bene assortita che l’avesse voluto e se lo fosse potuto permettere poteva acquistare un carro cucina, attrezzato dal costruttore in modo da rendere più facile la preparazione dei pasti e lo stivaggio delle provviste da usarsi quotidianamente.
I carri erano ovviamente coperti, e se ne otteneva l’impermeabilità con uno spesso strato di tela di cotone ripiegata sulle centine, tela che a volte veniva preventivamente trattata.
Le pareti laterali erano svasate a barca, e su di esse si poteva far poggiare e fissare il telo del tetto. Per questa svasatura a barca e la copertura in tela che poteva ricordare una vela i carri erano anche chiamati le golette del deserto.
La pista dell’Oregon si era presto disseminata di oggetti caduti o abbandonati, a volte perché giudicati dai proprietari stessi troppo pesanti e ingombranti, ma era anche affiancata da tombe umane, da carcasse di animali e da carri distrutti. Nel tempo del suo massimo splendore la zona di Fort Laramie ne costituiva la discarica principale.
Ovviamente in un viaggio così lungo, effettuato in condizioni decisamente difficili, molti decessi erano causati da malattie e incidenti, e viene valutata per lo più tra il sei e il dieci per cento - ma esistono forchette ancora più ampie - la percentuale di quelli che non ce la facevano ad arrivare alla méta. I film western ce li farebbero pensare deceduti in seguito ad attacchi degli Indiani, ma questa era una causa del tutto accidentale e secondaria. Le statistiche ci dicono che, nel periodo anteriore al 1860, solo circa il 2% era vittima degli Indiani, mentre il 98% delle morti era dovuto ad altre cause. Alcune statistiche ci dicono che negli scontri vi furono più morti tra gli Indiani che tra i pionieri.
Chi mieteva più vittime in assoluto era il colera, provocato soprattutto da acqua infetta, seguito poi da altre simili malattie intestinali e da incidenti che si verificavano nei tratti più impervi e difficili del percorso: annegamenti per un guado valutato impropriamente, deragliamenti dei carri con conseguente fatale caduta, animali imbizzarriti, spari involontari, etc.
Nei primi tempi era necessario assumere una guida per effettuare il percorso ma poi, dopo qualche anno, i più avventurosi potevano fare il viaggio autonomamente, avvalendosi di una delle guide della pista appositamente scritte e pubblicate. Pare che il primo libro sulla pista dell’Oregon sia apparso nel 1846.
Il percorso via terra era in massima parte percorso a piedi dai viaggiatori, sia per ridurre lo sforzo degli animali da tiro, sia perché viaggiare sui carri era ancor più disagevole che camminare, per la natura stessa del suolo e l’assenza di sospensioni nei carri.
Quanto ora detto può provocare in noi parecchi interrogativi: perché vi era chi abbandonava il certo per l’incerto, lasciava cioè la gallina di oggi per trovare inizialmente solo un uovo domani?
Quanto tempo durarono i transiti delle carovane sulle piste dell’Oregon e nelle altre simili esistenti?
Qual era la vita iniziale dei pionieri nel West selvaggio e qual era la disponibilità di medici e altri indispensabili professionisti?
Come si diventava proprietari di terre nel luogo di arrivo?
Come nascevano e crescevano le città nel West?
Come veniva mantenuto l’ordine e amministrata la giustizia?
Cosa si può dire al riguardo degli immancabili protagonisti dei film western, come cowboys e saloons?
Quale connessione ci fu tra la guerra di secessione e la conquista del west?
Gli Indiani come si comportarono in linea generale? E i bianchi?
I film western sono sempre menzogneri, questo lo sappiamo, ma quanto? A parecchie di queste domande cercheranno di rispondere i prossimi capitoli, lasciando però parecchi punti interrogativi aperti, da completare con le vostre ricerche personali… Buon lavoro!
La mappa dell’Oregon Trail3
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1 Forno pentola olandese.
2 Ad esempio https://www.britannica.com/technology/prairie-schooner.
3 Fonte https://www.legendsofamerica.com/we-oregontrail/.

2. LA CORSA AL WEST

Lo scorso capitolo era stata centrato sulle carovane, e in particolare sui carri equipaggiati per affrontare l’Ore...

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