1. CONTADINI E TRASFORMAZIONI SOCIALI:
UNA QUESTIONE CONTROVERSA
Quando ha affrontato la questione contadina, la sinistra radicale è apparsa profondamente divisa e lo è ancora, sebbene all’interno del dibattito politico e scientifico dei nuovi movimenti sociali e nella stessa realtà socio-economica vi siano chiare indicazioni che questa grande divisione si stia progressivamente riducendo. E se ciò può apparire troppo ottimistico, possiamo comunque asserire che la divisione più che essere sanata stia diventando progressivamente meno rilevante (elemento questo che può rappresentare la via per risolvere controversie, anche politiche). In ogni caso, le controversie iniziali si stanno dissolvendo poiché siamo testimoni del fatto che, in molte parti del mondo, le nuove tendenze di sviluppo, senza dubbio, superano i limiti dei dibattiti precedenti.
Storicamente, le principali controversie ebbero due portavoce, Lenin e Chayanov che, durante i primi decenni del xx secolo, si confrontarono attraverso dure polemiche che riflettevano differenti interessi e punti di vista rimasti a lungo latenti nella società russa e che emersero drasticamente nel periodo successivo alla rivoluzione del 1917. All’epoca la Russia era, in sostanza, un paese agricolo. L’industria costituiva appena una piccola parte dell’economia nazionale. I contadini erano abbondantemente più numerosi dei lavoratori industriali e, sebbene le imprese agricole capitaliste stessero emergendo (e il loro ruolo fosse al centro di un animato dibattito), i contadini rappresentavano l’ampia maggioranza degli abitanti rurali. Le comunità contadine rappresentavano il contesto regolatore della vita quotidiana della maggioranza dei russi. Lenin (e più in generale i bolscevichi) e Chayanov (che rappresentava, in certo modo, i narodniki ) interpretarono questa realtà in forme diverse, assumendo posizioni dissimili riguardo al ruolo dei differenti gruppi sociali (in particolare la classe contadina); tutto ciò generò feroci controversie sul futuro della società russa.
Originariamente, la grande divisione si focalizzava su diverse questioni fortemente interrelate. Le più importanti riguardavano, in primo luogo, la definizione del posizionamento di classe dei contadini, una questione che chiaramente aveva a che fare con elementi pratici come la natura delle coalizioni e il ruolo che i differenti strati della popolazione avrebbero potuto giocare nei processi rivoluzionari. In secondo luogo, vi era un ampio dibattito sulla stabilità dei modelli (o “modi”) di produzione contadina (si veda anche Bernstein 2009). Si sarebbero inevitabilmente disintegrati o sarebbe stata possibile la loro riproduzione nel corso del tempo? Oppure: ci sarebbero stati processi alterni ma combinati di scomparsa e ricostituzione? In terzo luogo, gli attori impegnati nella transizione verso il socialismo dovevano guardare alle agricolture contadine come qualcosa da mantenere o da trasformare? I modi di produzione contadini erano un’alternativa promettente per produrre cibo e contribuire in modo significativo e considerevole allo sviluppo della società nel suo complesso? O c’erano altre forme di produzione alla lunga migliori, come le grandi cooperative statali (siano esse kolkhozes, ovvero le comuni del popolo, o altro)? La classe contadina rappresentava un ostacolo alla trasformazione, in quanto avrebbe lottato per bloccare la transizione verso queste forme considerate migliori e più efficienti? O, viceversa, può divenire la principale protagonista delle trasformazioni necessarie nelle campagne?
Oggi, agli inizi del xxi secolo, molte di queste questioni possono apparire terribilmente datate, in particolare quando vengono collegate esclusivamente all’esperienza russa del periodo successivo al 1917. Tuttavia, dobbiamo considerare che:
a. la disputa non era affatto limitata alla Russia. I principali pensatori dell’epoca considerarono, e cercarono di integrare nelle loro analisi, differenti esperienze di altri luoghi: America, Germania (in particolare Prussia), Svizzera, Cecoslovacchia, Italia e Paesi Bassi. Allo stesso modo, il dibattito si diffuse rapidamente su scala globale, da oriente a occidente e da nord a sud. Ovunque venne conquistato il potere, o avvennero importanti cambiamenti di regime, la questione che veniva posta era se il socialismo (o in generale, una società migliore) dovesse essere costruito dando un ruolo prominente ai contadini nel più generale processo di sviluppo rurale. Tale questione emerse con insistenza, in particolare in quelle regioni laddove i contadini rappresentarono l’avanguardia delle lotte rivoluzionarie, dal Messico fino alla Cina, a Cuba e al Vietnam (Wolf 1969). In questi paesi il dibattito confluiva spesso verso un’altra importante questione: come doveva essere organizzata la riforma agraria? Era qualcosa di più che una domanda teorica. Si trattava, infatti, di problematiche stringenti nel Messico degli anni Trenta così come nell’Italia dell’immediato dopoguerra, quando fu disegnata e parzialmente attuata la riforma agraria. Nel 1974 diviene una questione centrale in Portogallo e poco dopo in Angola, Mozambico e Guinea-Bissau; a Cuba dopo la rivoluzione castrista e, una volta ancora, agli inizi del secondo decennio del Duemila; in Cina durante la seconda metà degli Anni Quaranta e poi, nuovamente, dal 1978 in poi. Lo stesso dibattito emerse in Vietnam nel 1...