La lingua degli Ittiti
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La lingua degli Ittiti

Rita Francia, Valerio Pisaniello

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  1. 240 pagine
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La lingua degli Ittiti

Rita Francia, Valerio Pisaniello

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L'ittita è la lingua indoeuropea di più antica documentazione, parlata in Anatolia nel II millennio a.C. (16501180 a.C. circa), registrata su tavolette d'argilla in scrittura cuneiforme e impiegata per redigere testi di svariata tipologia. Questo volume dopo un'introduzione sulla scoperta degli Ittiti e sugli aspetti grafici e fonetici della lingua, ne fornisce una descrizione chiara e completa della struttura grammaticale. Segue un'ampia crestomazia che presenta una serie di testi diversi e offre un saggio della ricchezza della letteratura ittita. Questa, ancora poco nota al vasto pubblico, merita di essere conosciuta per la sua incredibile varietà: dai testi mitologici (i cui richiami sono evidenti nella mitologia greca) a quelli giuridici, storici, religiosi e mantici. Il volume si completa con una lista dei segni cuneiformi ittiti e un glossario ittitaitaliano.

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Informazioni

Editore
Hoepli
Anno
2020
ISBN
9788836000647
Grammatica
4Il nome e l’aggettivo
4.1Parole variabili e parole invariabili
In ittita, come in molte altre lingue, si riconoscono due gruppi o “classi” di parole: quelle variabili e quelle invariabili. Alla prima classe si ascrivono tutte quelle parole che possono cambiare la loro forma, (nomi, aggettivi, pronomi, verbi), mentre alla seconda, tutte quelle che restano immutate (avverbi, congiunzioni, preposizioni, interiezioni, negazioni).
Dato che i nomi, gli aggettivi e i pronomi cambiano la loro forma all’interno di uno schema detto declinazione, mentre i verbi operano i cambiamenti morfologici all’interno della coniugazione, tali parole variabili possono essere più specificamente definite parole declinate e parole coniugate. Per le parti invariabili del discorso parleremo invece di parole indeclinate.
In questo capitolo ci occuperemo di due classi di parole declinate, i nomi e gli aggettivi, mentre ai pronomi, ai verbi e alle parole invariabili saranno dedicati i capitoli successivi.
4.2La formazione delle parole
Prima di passare alla trattazione del nome e dell’aggettivo, però, è importante fare alcune considerazioni di carattere generale sul processo di formazione delle parole.
Ogni parola ittita è costituita da una parte per lo più invariabile, detta radice, che porta il significato di base. A questa radice spesso si uniscono degli affissi, cioè degli elementi aggiuntivi che possono precederla (prefissi), seguirla (suffissi), o anche trovarsi all’interno di essa (infissi). L’unione della radice con uno o più affissi prende il nome di tema.
A seconda del tipo di morfemi coinvolti nel processo di formazione delle parole, queste possono essere classificate come:
parole primitive: comprendono tutte quelle parole formate dalla semplice radice, a cui si legano direttamente le desinenze nominali o verbali (talora per mezzo di una vocale tematica).
parole derivate: si tratta di quelle parole formate attraverso l’aggiunta di un affisso o per mezzo del raddoppiamento della radice. L’ittita non conosce prefissi o infissi per la formazione dei nomi, ma solo suffissi. I pochissimi prefissi e infissi di cui la lingua dispone intervengono esclusivamente nella formazione dei verbi.
parole composte: sono quelle costituite dall’unione di due o più parole.
4.3La formazione dei nomi e degli aggettivi
I tre meccanismi di formazione delle parole illustrati nel paragrafo precedente riguardano, ovviamente, anche la formazione dei nomi e degli aggettivi ittiti:
esempi di nomi primitivi sono watar ‘acqua’, ešhar ‘sangue’, paltana- ‘spalla’, nata- ‘canna’, ecc. Aggettivi primitivi sono, per esempio, arawa- ‘libero’, nēwa- ‘nuovo’, marša- ‘falso’, kappi- ‘piccolo’, ecc.
Nomi e aggettivi derivati con l’aggiunta di un suffisso sono molto numerosi e la classe dei suffissi è estremamente produttiva. A titolo esemplificativo, ne presentiamo alcuni molto frequenti: i nomi astratti si formano generalmente con i suffissi -ātar- e -eššar- (per es. idalawātar ‘cattiveria’ < idalu- ‘cattivo’; hanneššar ‘giudizio’ < hanna- ‘giudicare’); i nomina actionis impiegano spesso, tra gli altri, i suffissi -ul- e -ai- (per es. waštul- ‘peccato’ < wašta- ‘peccare’; lengai- ‘giuramento’ < lenk- ‘legare’); i nomina agentis possono formarsi con suffissi come -tara-, -(a)t(t)alla-, -šepa-/-zipa- (per es. weštara- ‘pastore’ < wešiya- ‘pascolare’; aršanatalla- ‘invidioso’ < aršaniya- ‘invidiare’; daganzipa- ‘genio della terra’). Bisogna inoltre menzionare l’esistenza di un suffisso -šara-, poco produttivo, che serve a derivare sostantivi di genere comune con referenti femminili (si trattava, in origine, di un antico nome per ‘donna’), per es. išhaššara- ‘signora’ < išha- ‘signore’; haššušara- ‘r...

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