Lusso Comune
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Lusso Comune

L'immaginario politico della Comune di Parigi

Kristin Ross, Sebastiano Taccola, Mario Pezzella

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  1. 192 pagine
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Lusso Comune

L'immaginario politico della Comune di Parigi

Kristin Ross, Sebastiano Taccola, Mario Pezzella

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Per quanto sconfitta e conclusasi in una triste tragedia, la Comune di Parigi del 1871 diede voce a un possibile che si è impresso per sempre nella ­memoria storica: è concepibile una vita senza rapporti di servitù e sfruttamento, senza il dominio esclusivo del denaro, senza Stato e senza capitale? Con tutti i limiti e le contraddizioni che hanno contribuito alla loro sconfitta, gli uomini e le donne della Comune tentarono di dissolvere le strutture burocratiche dello Stato-nazione centralizzato. Ciò che sembrava fantasma e immagine di sogno si mostrava invece come utopia concreta. La Comune realizzò una riorganizzazione della vita quotidiana, nella sua pratica sociale, molto più rilevante di qualsiasi atto di governo: in tal senso essa è l'indicazione di uno stile di vita: «Estendere la ­dimensione estetica alla vita quotidiana, come richiesto sotto la Comune dalla Federazione degli Artisti, non solo rende l'arte accessibile a tutti, ma la rende anche parte integrale di qualsiasi processo creativo. Si crea una nuova relazione sensibile con i materiali – la loro consistenza, densità, malleabilità, resistenza – e con i processi lavorativi propri di ciascuno, con le tappe necessarie per la loro realizzazione e, d'altro lato, con la nuova riproduzione delle abilità di chi vi ha partecipato» (Ross).
Il lusso comune è una riconfigurazione della vita quotidiana in cui – al di là di ogni separazione di classe – l'arte e la pratica del lavoro si fondono in una nuova unità vitale, in un gioco armonico.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788878859197
Argomento
History

1. OLTRE IL «REGIME CELLULARE DELLA NAZIONALITÀ»

1. La nostra bandiera è la bandiera della Repubblica Universale

Quando Marx scriveva che la cosa più rilevante della Comune di Parigi non erano stati tanto gli ideali che essa aveva cercato di realizzare quanto la sua «esistenza operante», egli metteva in evidenza come i partecipanti all’insurrezione non avessero predefinito alcun piano per la società a venire. La Comune, in questo senso, fu un laboratorio ricco di sperimentazioni politiche, improvvisate sul momento o messe insieme all’impronta traendole da scenari e idee precedenti, riconfigurate secondo la necessità, e alimentate dai desideri emersi nelle assemblee popolari negli anni della fine dell’Impero. L’evento e la cultura politica della Comune – un’insurrezione parigina condotta sotto la bandiera della Repubblica Universale – si sono sempre dimostrati resistenti di fronte al tentativo di integrarli senza alcuna soluzione di continuità all’interno della narrazione nazionale. Come ricordato anni più tardi da uno dei suoi partecipanti, la Comune è stata, prima di ogni cosa, «un coraggioso atto di internazionalismo»1. Sotto la Comune, Parigi non volle essere la capitale della Francia, ma un collettivo autonomo all’interno di una federazione universale di popoli. Essa non ambiva a essere uno Stato, ma piuttosto un elemento, un’unità in una federazione di comuni su scala sostanzialmente internazionale. Ciononostante, a parte l’usuale registrazione storiografica del numero e dell’importanza di alcuni suoi membri stranieri, l’innovativa natura antinazionalista della Comune è stata assai marginale nella ricostruzione della memoria di questo evento. E le tracce della maniera in cui questo tratto caratterizzante il suo immaginario politico fu elaborato e messo in pratica non sono facilmente rinvenibili nelle consuete analisi storiografiche sulla Comune, incentrate per la maggior parte sulle manovre militari e sui dibattiti e i risultati legislativi dell’Hôtel de Ville.
Per ritrovare simili tracce dobbiamo rivolgerci piuttosto a passi come questo, estratto dalle memorie di Louise Michel. Siamo nell’aprile del 1871. Michel ha appena descritto «un nero color dell’ebano e dai denti bianchi e azzurri come quelli delle belve, molto coraggioso, intelligente e buono, un vecchio zuavo pontificio convertito alla Comune»:
Una notte, non so più come, eravamo rimasti solamente noi due nella trincea davanti alla stazione: io e lo zuavo pontificio, con due fucili carichi […]. Per fortuna quella notte la stazione non fu attaccata. Mentre andavamo su e giù per la trincea, egli mi disse incontrandomi:
– Che impressione vi fa la vita che viviamo ora?
– Ma, risposi, mi fa l’effetto di vedere davanti a noi una riva, alla quale si deve approdare.
– A me, soggiunse lui, pare di leggere un libro pieno di figure.Così tutta la notte continuammo
a perlustrare la trincea, mentre il cannone dei versagliesi taceva su Clamart2.
Qui cominciamo a vedere il profilo improbabile e anomalo delle azioni della Comune; azioni che potevano mettere insieme a fare le sentinelle notturne un africano proveniente dalle schiere delle Guardie Svizzere e Louise Michel, un’ex insegnante di scuola, con i suoi vecchi godillots da militare sotto il vestito. L’esercito papale aveva combattuto dal lato francese nella guerra franco-prussiana, ma si era sciolto quando i prussiani erano entrati a Parigi; un fatto che ci aiuta sì a comprendere la presenza del soldato africano in Francia, ma che non ci spiega le ragioni della sua conversione alla causa della Comune. Ma al di là dello stupore di vedere questi due insoliti individui in un racconto e in una trincea, è degna di considerazione anche la maniera in cui li sentiamo riflettere sulla comprensione della loro stessa presenza nella realtà storica ancora in atto. Si tratta di riflessioni enigmatiche e criptiche, che però potremmo provare a interpretare così: «Stiamo percorrendo strade nuove, oppure ci limitiamo a leggere un vecchio libro i...

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