
- 1,289 pagine
- Italian
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La Gerusalemme liberata
Informazioni su questo libro
Ideale rappresentante dell'autunno del Rinascimento, la Gerusalemme liberata divenne ben presto uno tra i libri più letti e amati in tutta Europa. Tasso seppe descrivere con il suo poema un mondo umano e narrativo chiaroscurale, ricco di una tensione mai completamente risolta tra etica e desiderio, tra doveri nei confronti di una giustizia superiore e umanissimi cedimenti alle debolezze. Nel contrasto allargato alle grandi forze del Cielo e dell'Inferno, la Liberata comunica un profondo senso di crisi attraverso tutto il racconto, lasciando sempre al lettore un indefinibile sentimento di incertezza. Franco Tomasi nella sua introduzione analizza l'orizzonte ideologico e la genesi del poema. Il ricco commento scioglie ogni difficoltà testuale e mette in luce il fitto dialogo poetico con la tradizione epica e lirica di cui è tramato il poema.
Domande frequenti
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Informazioni
CANTO VENTESIMO
Già il sole avea desti i mortali a l’opre,
già diece ore del giorno eran trascorse,
quando lo stuol ch’a la gran torre è sopre
un non so che da lunge ombroso scorse,
quasi nebbia ch’a sera il mondo copre,
e ch’era il campo amico al fin s’accorse,
che tutto intorno il ciel di polve adombra
e i colli sotto e le campagne ingombra.
Alzano allor da l’alta cima i gridi
insino al ciel l’assediate genti,
con quel romor con che da i traci lidi
vanno a stormi le gru ne’ giorni algenti
e tra le nubi a più tiepidi lidi
fuggon stridendo inanzi a i freddi venti,
ch’or la giunta speranza in lor fa pronte
la mano al saettar, la lingua a l’onte.
Ben s’avisaro i Franchi onde de l’ire
l’impeto novo e ’l minacciar procede,
e miran d’alta parte; ed apparire
il poderoso campo indi si vede.
Subito avampa il generoso ardire
in que’ petti feroci e pugna chiede.
La gioventute altera accolta insieme:
«Da’» grida «il segno, invitto duce», e freme.
Ma nega il saggio offrir battaglia inante
a i novi albori e tien gli audaci a freno,
né pur con pugna instabile e vagante
vuol che si tentin gl’inimici almeno.
«Ben è ragion» dicea «che dopo tante
fatiche un giorno io vi ristori a pieno.»
Forse ne’ suoi nemici anco la folle
credenza di se stessi ei nudrir volle.
Si prepara ciascun, de la novella
luce aspettando cupido il ritorno.
Non fu mai l’aria sì serena e bella
come a l’uscir del memorabil giorno:
l’alba lieta rideva, e parea ch’ella
tutti i raggi del sole avesse intorno;
e ’l lume usato accrebbe, e senza velo
volse mirar l’opere grandi il cielo.
Come vide spuntar l’aureo mattino,
mena fuori Goffredo il campo instrutto.
Ma pon Raimondo intorno al palestino
tiranno e de’ fedeli il popol tutto
che dal paese di Soria vicino
a’ suoi liberator s’era condutto:
numero grande; e pur non questo solo,
ma di Guasconi ancor lascia uno stuolo.
Vassene, e tal è in vista il sommo duce
ch’altri certa vittoria indi presume.
Novo favor del Cielo in lui riluce
e ’l fa grande ed augusto oltra il costume:
gli empie d’onor la faccia e vi riduce
di giovenezza il bel purpureo lume,
e ne l’atto de gli occhi e de le membra
altro che mortal cosa egli rassembra.
Ma non lunge se ’n va che giunge a fronte
de l’attendato essercito pagano,
e prender fa, ne l’arrivar, un monte
ch’egli ha da tergo e da sinistra mano;
e l’ordinanza poi, larga di fronte,
di fianchi angusta, spiega inverso il piano,
stringe in mezzo i pedoni e rende alati
con l’ale de’ cavalli entrambi i lati.
Nel corno manco, il qual s’appressa a l’erto
de l’occupato colle e s’assecura,
pon l’un e l’altro prencipe Roberto,
dà le parti di mezzo al frate in cura.
Egli a destra s’alluoga, ove è l’aperto
e ’l periglioso più de la pianura,
ove il nemico, che di gente avanza,
di circondarlo aver potea speranza.
E qui i suoi Loteringhi e qui dispone
le meglio armate genti e le più elette,
qui tra cavalli arcieri alcun pedone
uso a pugnar tra’ cavalier framette.
Poscia d’aventurier forma un squadrone
e d’altri altronde scelti, e presso il mette;
mette loro in disparte al lato destro,
e Rinaldo ne fa duce e maestro.
Ed a lui dice: «In te, signor, riposta
la vittoria e la somma è de le cose.
Tieni tu la tua schiera alquanto ascosta
dietro a queste ali grandi e spaziose.
Quando appressa il nemico, e tu di costa
l’assali e rendi van quanto e’ propose.
Proposto avrà, se ’l mio pensier non falle,
girando a i fianchi urtarci ed a le spalle».
Quindi sovra un corsier di schiera in schiera
parea volar tra’ cavalier, tra’ fanti.
Tutto il volto scopria per la visiera:
fulminava ne gli occhi e ne’ sembianti.
Confortò il dubbio e confermò chi spera
ed a l’audace rammentò i suoi vanti
e le sue prove al forte: a chi maggiori
gli stipendi promise, a chi gli onori.
Al fin colà fermossi ove le prime
e più nobili squadre erano accolte,
e cominciò da loco assai sublime
parlare, ond’è rapito ogn’uom ch’ascolte.
Come in torrenti da l’alpestri cime
soglion giù derivar le nevi sciolte,
così correan volubili e veloci
da la sua bocca le canore voci.
«O de’ nemici di Giesù flagello,
campo mio, domator de l’Oriente,
ecco l’ultimo giorno, ecco pur quello
che già tanto bramaste omai presente.
Né senza alta cagion ch’il suo rubello
popolo or si raccolga il Ciel consente:
ogni vostro nimico ha qui congiunto
per fornir molte guerre in un sol punto.
Noi raccorrem molte vittorie in una,
né fia maggiore il rischio o la fatica.
Non sia, non sia tra voi temenza alcuna
in veder così grande oste nimica,
ché discorde fra sé mal s...
Indice dei contenuti
- Cover
- BUR Rizzoli
- Frontespizio
- Sommario
- Introduzione
- Canto Primo
- Canto Secondo
- Canto Terzo
- Canto Quarto
- Canto Quinto
- Canto Sesto
- Canto Settimo
- Canto Ottavo
- Canto Nono
- Canto Decimo
- Canto Undicesimo
- Canto Dodicesimo
- Canto Tredicesimo
- Canto Quattordicesimo
- Canto Quindicesimo
- Canto Sedicesimo
- Canto Diciassettesimo
- Canto Diciottesimo
- Canto Diciannovesimo
- Canto Ventesimo
- Bibliografia Essenziale
- Tavola Delle Abbreviazioni Bibliografiche