GALATEO
TRATTATO
DI MESSER GIOVANNI DELLA CASA
NEL QUALE, SOTTO LA PERSONA D’UN VECCHIO IDIOTA1 AMMAESTRANTE UN SUO GIOVANETTO, SI RAGIONA DE’ MODI CHE SI DEBBONO O TENERE O SCHIFARE NELLA COMUNE CONVERSAZIONE, COGNOMINATO2
GALATEO
OVERO DE’ COSTUMI3
[I] Conciosiacosaché4 tu incominci pur ora quel viaggio del quale io ho la maggior parte, sì come tu vedi, fornito,5 cioè questa vita mortale; amandoti io assai, come io fo; ho proposto meco medesimo di venirti mostrando quando un luogo e quando altro, dove io, come colui che gli ho sperimentati, temo che tu, caminando per essa, possi6 agevolmente o cadere o come che sia errare; accioché tu, ammaestrato da me, possi tenere la diritta via con salute dell’anima tua e con laude e onore della tua orrevole7 e nobile famiglia. E, percioché la tua tenera età non sarebbe sufficiente a ricevere più prencipali e più sottili ammaestramenti, riserbandogli a più convenevol tempo, io incomincierò da quello che per aventura potrebbe a molti parer frivolo: cioè quello che io stimo che si convenga di fare per potere, in comunicando ed in usando con le genti, essere costumato e piacevole e di bella maniera; il che nondimeno è o virtù o cosa molto a virtù8 somigliante: e, comeché9 l’esser liberale o constante o magnanimo sia per sé senza alcun fallo più laudabil cosa e maggiore che non è l’essere avenente e costumato,10 nondimeno forse che la dolcezza de’ costumi e la convenevolezza de’ modi e delle maniere e delle parole giovano non meno a’ possessori di esse che la grandezza dell’animo e la sicurezza11 altresì a’ loro possessori non fanno; percioché queste si convengono essercitare ogni dì molte volte, essendo a ciascuno necessario di usare con gli altri uomini ogni dì ed ogni dì favellare con esso loro;12 ma la giustizia, la fortezza e le altre virtù più nobili e maggiori si pongono in opera più di rado; né il largo e il magnanimo è astretto di13 operare ad ogni ora magnificamente, anzi non è chi possa ciò fare in alcun modo molto spesso; e gli animosi uomini e sicuri14 similmente rade volte sono constretti a dimostrare il valore e la virtù loro con opera. Adunque, quanto quelle di grandezza e quasi di peso vincono queste, tanto queste in numero ed in ispessezza15 avanzano quelle: e potre’ti, s’egli stesse bene di farlo, nominare di molti, i quali, essendo per altro di poca stima, sono stati e tuttavia16 sono apprezzati assai per cagion della loro piacevole e graziosa maniera solamente; dalla quale aiutati e sollevati, sono pervenuti ad altissimi gradi, lasciandosi lunghissimo spazio adietro coloro che erano dotati di quelle più nobili e più chiare virtù che io ho dette: e, come i piacevoli modi e gentili hanno forza di eccitare17 la benivolenza di coloro co’ quali noi viviamo, così per lo contrario i zotichi e rozzi incitano altrui ad odio ed a disprezzo di noi. Per la qual cosa, quantunque niuna pena abbiano ordinata le leggi alla spiacevolezza ed alla rozzezza de’ costumi sì come a quel peccato che loro è paruto leggieri,18 e certo egli non è grave, noi veggiamo nondimeno che la natura istessa ce ne castiga con aspra disciplina,19 privandoci per questa cagione del consorzio e della benivolenza degli uomini: e certo, come i peccati gravi più nuocono, così questo leggieri più noia,20 o noia almeno più spesso; e, sì come gli uomini temono le fiere salvatiche e di alcuni piccioli animali, come le zanzare sono e le mosche, niuno timore hanno e nondimeno, per la continua noia che eglino ricevono da-lloro, più spesso si ramaricano di questi che di quelle non fanno, così adiviene che il più delle persone odia altrettanto gli spiacevoli uomini ed i rincrescevoli quanto i malvagi o più. Per la qual cosa niuno può dubitare che a chiunque si dispone di vivere non per solitudini o ne’ romitorii,21 ma nelle città e tra gli uomini, non sia utilissima cosa il sapere essere ne’ suoi costumi e nelle sue maniere grazioso e piacevole: senza che22 le altre virtù hanno mestiero di più arredi, i quali mancando, esse nulla o poco adoperano;23 dove questa senza altro patrimonio è ricca e possente, sì come quella che consiste in parole e in atti solamente.
[II] Il che accioché tu più agevolmente apprenda di fare, dèi sapere che a te convien temperare1 e ordinare i tuoi modi non secondo il tuo arbitrio, ma secondo il piacer di coloro co’ quali tu usi, e a quello indirizzargli; e ciò si vuol fare mezzanamente2 percioché chi si diletta di troppo secondare il piacere altrui nella conversazione e nella usanza pare più tosto buffone o giucolare,3 o per aventura lusinghiero,4 che costumato gentiluomo; sì come, per lo contrario, chi di piacere o di dispiacere altrui non si dà alcun pensiero è zotico e scostumato e disavenente.5 Adunque, conciosiaché le nostre maniere sieno allora dilettevoli quando noi abbiamo risguardo all’altrui e non al nostro diletto, se noi investigheremo quali sono quelle cose che dilettano generalmente il più degli uomini e quali quelle che noiano, potremo agevolmente trovare quali modi siano da schifarsi nel vivere con esso loro e quali siano da eleggersi.6
Diciamo adunque che ciascuno atto, che è di noia ad alcuno de’ sensi e ciò che è contrario all’appetito,7 e oltre a-cciò quello che rappresenta8 alla imaginazione cose male da-llei gradite; e similmente ciò che lo ’ntelletto have a schifo,9 spiace e non si dee fare.
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