Il soprannaturale letterario
  1. 224 pagine
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Informazioni su questo libro

Per Orlando il soprannaturale letterario esprime la storia segreta e contrastata dei rapporti che gli uomini hanno intrattenuto con l'irrazionale e con il cosiddetto principio di realtà, racconta la resistenza opposta dagli individui alle esigenze di realtà e verità che tutte le civiltà impongono, il loro bisogno liberatorio di credere all'impossibile. L'autore propone una casistica in grado di riordinare, grazie a poche grandi categorie di riferimento, una fenomenologia letteraria che altrimenti risulterebbe magmatica e informe, e che gli consente di avvicinare, tra analogie e differenze, Omero e i racconti di fantasmi, Ariosto e le fiabe di Perrault. Il saggio bilancia con finezza esempi testuali e teoria, in una serie di appassionanti letture di alcuni grandi classici ( Gerusalemme liberata, Amleto, Don Chisciotte, Faust, Hänsel e Gretel, Il giro di vite, La metamorfosi, Il Maestro e Margherita...) sui quali, grazie a questo esercizio di critica tematica e comparata, l'autore getta nuova luce.

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Informazioni

Capitolo secondo

Una prima serie di casi in ordine cronologico

1. Un soprannaturale religioso, letterale e feudale: «Le Miracle de Théophile» di Rutebeuf.

Le Miracle de Théophile di Rutebeuf (prima metà del XIII sec. - 1280 c.) è un dramma liturgico in antico francese messo in scena tra il 1263 e il 1264. Vi si racconta il mito di san Teofilo di Adana, e di fatti che sarebbero avvenuti nell’anno 537 d.C.: della storia ci sono molte versioni, una delle quali è contenuta nella Legenda aurea di Iacopo da Varazze, composta nello stesso giro di anni di quella dell’autore francese. In essa ci viene detto che un certo Teofilo, vicedomino del vescovo di Chartres, alla morte di quest’ultimo è acclamato suo successore. Lui però rifiuta e al suo posto viene nominato un altro che subito depone Teofilo dalla sua carica. Questi allora si ribella e grazie a un mago firma col sangue un patto con il diavolo in cui si registra il suo rinnegamento della fede e il suo asservimento al nuovo padrone, cosa che già dal giorno successivo lo fa rientrare nelle grazie del vescovo e recuperare la carica. Poi però si pente e chiede l’intercessione della Vergine, che gli appare in sogno:
cyrographum quod dyabolo dederat sibi reddidit et super pectus posuit ut iam non se dyaboli servum timeret, sed per virginem se liberum factum gauderet. Quo Theophilus recepto vehementer exultans coram episcopo omnique populo quid sibi acciderit retulit et cunctis admirantibus et virginem gloriosam laudantibus ipse post triduum in pace quievit1.
Di varianti di questa vicenda, che citeremo nel corso della nostra analisi, sono autori Gautier de Coincy (1177-1236) con il suo Les Miracles de Nostre Dame in cui è contenuto il racconto di Comment Theophilus vint a penitance (vv. 1-2092), e lo spagnolo Gonzalo de Berceo (1198? - ante 1264), autore di un libro omonimo a quello di Coincy, Los Milagros de Nuestra Señora. Facendo riferimento al testo di Iacopo da Varazze, possiamo articolare la vicenda in alcuni snodi narrativi principali, che prevedono degli antefatti relativi al vescovado a cui Rutebeuf accenna soltanto, dando per scontato che qualunque spettatore li conoscesse. L’inizio del suo testo è dunque in medias res, con un monologo in cui Teofilo esprime in modo diretto e crudo tutta la sua disperazione e frustrazione nei confronti di un Dio che non sembra prendersi cura di lui:
[…] il me fet l’oreille sorde,
Qu’il n’a cure de ma falorde.
Et je li referai la moe.
Honiz soit qui de lui se loe!2.
È subito possibile notare quanta confidenza con il divino presuppone, a differenza del soprannaturale di tutte le altre epoche, questo personaggio medievale che, essendo cristiano ma scontento di Dio, non solo gli fa le smorfie ma vorrebbe litigarci e perciò si lamenta che stia troppo in alto:
Més il s’est en si haut leu mis,
Por eschiver ses anemis,
C’on n’i puet trere ne lancier.
Se or pooie a lui tancier
Et combatrë et escremir,
La char li feroie fremir
Or est lasus en son solaz […]3.
Benché dunque nel testo Dio venga presentato come inaccessibile e fuori della portata umana, questo non si verifica, come a rigore buona teologia vorrebbe, perché egli è immateriale e invisibile nella sua onnipresenza, ma semplicemente – e ben piú fisicamente – perché se ne sta «lasus», «en si haut leu» che nessuno può raggiungerlo. Nel far parlare cosí il suo personaggio il poeta si adegua a una concezione popolare e comune di Dio, è cioè del tutto in sintonia con una tradizione allora dominante.
Desideroso dunque di cercare piú conveniente protezione altrove, come si legge in una didascalia lapidaria4, Teofilo – la cui disponibilità al peggio si dà subito come illimitata (vv. 57-60, 80, 92-94) – va in cerca di Salatino, personaggio che può mediargli un incontro col diavolo. Anche i poemi narrativi di Coincy5 e Berceo ci raccontano questo incontro sottolineandone la localizzazione temporale e spaziale: esso si svolge durante la notte, in un luogo disabitato, remoto e oscuro, fuori dalla città. Siamo nel XIII secolo, ma questo tipo di localizzazione notturna potrebbe essere altrettanto adeguata per un’opera di pieno Ottocento, e di per sé costituisce l’applicazione della regola fondamentale secondo cui esistono specifici luoghi e tempi deputati alla manifestazione del soprannaturale.
Una volta che il diavolo compare sulla scena, pone subito delle condizioni vincolanti in cui ancora una volta lo spazio e la precisione e materialità delle circostanze svolgono una funzione cardine: bisogna andare da lui senza cavallo né alcuna altra compagnia (vv. 189-93), e soprattutto non pronunciare i nomi di Maria e di Gesú (vv. 196-98). Nel momento in cui avviene l’incontro vero e proprio tra lui e Teofilo, quest’ultimo, come recita la didascalia, «a trop grant paor»6, e si ferma a una certa distanza. Il diavolo allora gli dice: «Venez avant, passez grant pas»7. Ancora una volta i luoghi e la prossemica dell’incontro prodigioso sono resi in modi estremamente precisi e concreti, a testimonianza che nella letteratura del Duecento il nesso tra soprannaturale e localizzazione è forte come forse non lo sarà mai piú in seguito.
Ma a essere resi con vivida concretezza non sono solo i luoghi. Quando subito dopo (vv. 239-42) il diavolo propone a Teofilo il patto, esso è inteso nei termini esatti di un rapporto di vassallaggio: con l’espressione «devien mes hon»8 il diavolo esorta Teofilo a compiere il gesto concreto di congiungere le mani e sottomettersi a lui, in cambio di quella che si configura come una protezione feudale («je t’aiderai outre reson»)9. In Coincy Teofilo bacia i piedi al diavolo, altro gesto di vassallaggio estremamente eloquente e concreto, mentre in Berceo il diavolo è addirittura piú esplicito:
Díssoli el dïablo: «Non serié buen derecho
a bassallo ageno yo buscar tal provecho;
mas deniegue a Christo qe nos faz muy despecho,
facerli hé qe torne en todo so bienfecho […]»10.
Non solo: per tutelarsi rispetto a possibili inganni e tradimenti, il diavolo esige da Teofilo delle vere e proprie lettere di garanzia, che quest’ultimo dice di avere già pronte (vv. 249-55). Se dunque nei versi precedenti abbiamo sfiorato il dominio del diritto feudale, adesso siamo in quello piú generale che regola le transazioni commerciali tra gli individui. Se ci rifacessimo a una concezione piú recente della religione, metafisica e spiritualizzata, potremmo essere indotti a credere che un tale atto di tradimento verso Dio venga compiuto nell’intimo dell’individuo, ma in questo caso non è affatto cosí: siamo davanti a una vera e propria compravendita notarile, e la cessione dell’anima al diavolo richiede un contratto scritto dettagliato, che tuteli le parti rispetto a eventuali cavilli o inganni.
Una volta sottoscritto, il patto ha effetto immediato: dopo che il vescovo ha concesso la carica a Teofilo, quest’ultimo, manifestando il suo nuovo volto di malvagio, maltratta in ogni modo i suoi sottoposti. Qualche anno dopo, tuttavia, Teofilo si pente del patto stipulato, come veniamo a sapere dal successivo monologo di preghiera in cui ancora una volta risaltano parole come chartre, brief (carta e breve, v. 390), lettres (lettere, v. 426), che conferiscono un’ulteriore nota fattuale a tutta la vicenda: il diavolo possiede delle carte che inchiodano Teofilo al suo servizio. È il recupero effettivo di esse, non certo solo il sincero pentimento interiore del peccatore, che garantisce il perdono di Dio e la redenzione. In tutta la seconda parte dell’opera si pone perciò il problema, puramente locale e materiale, di trovare un intercessore che strappi la chartre dalle mani del demonio per liberare Teofilo. A tal fine viene richiesta l’intercessione della Vergine (vv. 428-31), che si dichiara disponibile a compiere una vera e propria operazione di recupero:
Ta chartre te ferai ravoir
Que tu baillas par nonsavoir.
Je la vois querre11.
Magnifici gli sviluppi che troviamo in Coincy e soprattutto in Berceo, dove la localizzazione materiale, cosí interessante per il nostro discorso, trionfa e si articola in localizzazioni multiple, per cui non solo la carta si trova all’Inferno e deve essere recuperata, ma essa giace anche in un angolo particolarmente nascosto: «en el infierno yaze en chico reconciello»12. E, come si trattasse di un problema della vita quotidiana, la Vergine garantisce che scenderà nell’Inferno e cercherà dappertutto la carta, quasi che il problema fosse soltanto quello di orientarsi in un luogo oscuro e immenso, per ritrovare qualcosa di molto piccolo che è stato nascosto. Le cose non vanno poi diversamente in Rutebeuf: allorché Maria si confronta con il diavolo, quest’ultimo fa a buon diritto valere, per il possesso dell’anima di Teofilo, quella stessa logica feudale che abbiamo già visto all’opera (vv. 589-94); dal momento che il diavolo ha in effetti fatto ottenere a Teofilo la sua carica, questi deve rispettare il patto che lui stesso ha proposto e sottoscritto di sua volontà. Al che la Vergine, evidentemente un poco a corto di argomenti, minaccia il diavolo con un gustosissimo «et je te foulerai la pance!»13, dopodiché il lieto fine arriva con la brevissima didascalia: «Ici aporte Nostre Dame la chartre a Théophile»14. Teofilo rilascia allora pubblica confessione dei suoi peccati e come ammenda si prepara a morire.
Questa prima analisi ci mostra prima di tutto una tendenza medievale a personalizzare i rapporti soprannaturali tra l’uomo e Dio, cosí come quelli tra l’uomo e il diavolo, e a modellarli sui rapporti sociali allora v...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Prefazione di Thomas Pavel
  4. Introduzione dei curatori
  5. Ringraziamenti
  6. Il soprannaturale letterario
  7. I. Minimi esempi in vista di un concetto
  8. II. Una prima serie di casi in ordine cronologico
  9. III. Pluralità, limiti e ragioni del soprannaturale in letteratura
  10. IV. Seconda serie di esempi in ordine tipologico
  11. Bibliografia
  12. Indice dei nomi e delle opere
  13. Il libro
  14. L’autore
  15. Dello stesso autore
  16. Copyright