Manuale di Storytelling
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Manuale di Storytelling

Raccontare con efficacia prodotti, marchi e identitU d'impresa

Andrea Fontana

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  1. 220 pagine
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Manuale di Storytelling

Raccontare con efficacia prodotti, marchi e identitU d'impresa

Andrea Fontana

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Che cosa fa una impresa per lanciare un prodotto nei mercati saturi? Racconta una storia. Che cosa facciamo quando andiamo a un colloquio di lavoro? Raccontiamo storie. Che cosa fanno i dipendenti nelle aziende per riconoscersi in una identità d'impresa? Si raccontano storie. La nostra vita quotidiana è costantemente avvolta da una rete narrativa che filtra le nostre percezioni, stimola i nostri pensieri, evoca le nostre emozioni, eccita i nostri sensi, determinando azioni di adesione e acquisto. Questo manuale descrive lo storytelling e mostra come imparare a utilizzarlo in modo chiaro e operativo. Presenta le ragioni e le possibili applicazioni di questo strumento per raggiungere gli obiettivi aziendali e di profitto: l affermare identità e vision d'impresa l gestire il brand e la comunicazione interna ed esterna l formare e sviluppare il personale l potenziare il design di prodotto, la pubblicità e l'esperienza del cliente. I principi teorici enunciati nel manuale vengono resi comprensibili e traducibili sul piano operativo grazie allo studio di alcune importanti realtà aziendali del mercato italiano, tra cui Vodafone, Autostrade, Costa Crociere, Zambon Group e Schneider Electric.

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Informazioni

Editore
ETAS
Anno
2013
ISBN
9788858647592
Argomento
Business
Categoria
Marketing

PARTE TERZA

APPLICAZIONI E TECNICHE
PER LO STORYTELLING

6 “FABULA IMPRESA”

Quali tecnicalità per lo storytelling nell’epoca del prosuming

Sei settimane fa ero un patetico tipo qualunque… proprio come voi. Ma chi sono adesso? Un contabile? Un giustiziere? O semplicemente uno strumento usato per uccidere suo padre? Sono tutto questo e niente di questo. Chi sono adesso? Questo non sono io! È soltanto un’esca del cazzo. Questo sono io… che riprendo il controllo… da Sloan, dalla confraternita, da Janice, dai rapporti sul fatturato, dalle tastiere ergonomiche, dalla fidanzata che mi cornifica e dai migliori amici di merda. Questo sono io che riprendo il controllo… della mia vita. E voi cosa avete fatto ultimamente?
Wesley Gibson, in Wanted. Scegli il tuo destino

6.1 INTRODUZIONE

Ormai dovremmo averlo capito. Siamo immersi in una rete narrativa inestricabile in cui la narrazione è molte dinamiche diverse messe insieme:
  • un modo in cui pensiamo (memoria autobiografica e teorie dell’homo narrans);
  • un dispositivo attraverso cui produciamo valore nel consumo (narrative prosuming);
  • un mezzo di socializzazione di conoscenze (gossip epistemico);
  • una forma di consumo quotidiana (life style e marketing esperienziale);
  • un processo di presidio del senso e delle prassi di un contesto (gatekeeping).
Nostro malgrado, abitiamo in società e all’interno di organizzazioni ad alta densità conoscitiva. Preda dell’apprendimento continuo. Ossessionate dallo scambio informativo, dalla “condivisione” esperienziale e dal consumo permanente.
Un consumo che non è solo consumo di oggetti, ma è ormai una dinamica dominante nella costruzione dell’identità. Dove la dimensione simbolica è molto più importante di quella reale (Siri, 2005, 2007). Dove non importa se lo yogurt sia muffa, importa piuttosto che regoli l’intestino e ci permetta di “fare l’amore col sapore”.
FIGURA 6.1 LE DINAMICHE DI PROSUMING SOCIALE CONTEMPORANEE
FIGURA 6.1 LE DINAMICHE DI PROSUMING SOCIALE CONTEMPORANEE
Organizzazioni, società e individui che vivono in relazioni ricorsive di prosuming reciproco (figura 6.1).
In contesti simili, ovunque esistono pubblici che ci ascoltano e che vanno intercettati, motivati, coinvolti e persuasi (sui nostri prodotti, sui nostri servizi, sui nostri progetti, sulle nostre ideevalore). E questi pubblici non vanno coinvolti secondo un approccio banalmente persuasivo, non si coinvolgono per convincerli, ma per farli partecipare come prosumer, perché in loro è incorporata parte del valore di produzione degli og get ti/servizi di consumo (Bauman, 2007a, 2007b; Addis, 2007). Non solo, ma come è stato fatto notare recentemente è l’identità stessa a diventare prodotto di consumo e il marketing un sistema di costruzione della soggettività adoperato ormai da ogni abitante del pianeta per proporsi agli altri (Bauman, 2007a, 2007b). Per questo, nel prosuming, il “come si dicono le cose” diventa importante quanto (se non di più) “quello che le cose dicono”.
Così, pubblici interni ed esterni all’impresa si aspettano storie memorabili sui servizi e sui prodotti, oltre che discorsi memorabili istituzionali interni.
Ricordiamoci però che fare storytelling non significa raccontare una storia di un’impresa (la cronologia dei fatti aziendali) ma generare una serie di discorsi che partono da certi materiali narrativi dati (i prodotti, i competitor, gli stakeholder, i business partner, il personale ecc.) che sono poi elaborati e tarati sulla memoria autobiografica dei pubblici a cui ci rivolgiamo.

6.2 USI E COSTUMI DELLO STORYTELLING

Che cosa si può fare con lo storytelling in un’impresa?
L’attuale letteratura di riferimento sulla dimensione organizzativa (Boje, 2001; Gabriel, 2000; Czarniawska, 2000; Denning, 2001; Fog, Budtz, Yakaboylu, 2005) colloca lo storytelling all’interno di un’ampia possibilità applicativa che va dall’elaborazione dei principi strategici al product design, passando per le discipline dell’education management e della comunicazione integrata. Attraverso la narrazione nell’impresa è quindi possibile:
  • condividere obiettivi specifici;
  • dare senso alle azioni della realtà organizzativa quotidiana, che altrimenti sarebbe vuota e priva di spinta motivazionale;
  • creare un’identità (istituzionale, individuale o di gruppo), che permette di riconoscersi sul lavoro e nella vita;
  • mantenere la memoria (individuale o collettiva), garantendo così una continuità dei saperi e un orientamento dei comportamenti;
  • orientare l’opinione del sociale d’impresa: le storie fanno ridere, fanno piangere, suscitano paura, generano speranza e molti altri sentimenti, attraverso l’identificazione e la proiezione;
  • costruire e presidiare una cultura, fatta di valori e atteggiamenti che poi si riverberano nei fatti quotidiani;
  • sostenere nella progettazione del futuro, che per essere realizzato deve anche essere ripetuto, ri-raccontato, “venduto,” più e più volte, sia a noi stessi che agli altri.
In questo senso le storie organizzano, ordinano, sistemano e modellano. Plasmano la vita organizzativa sia nei suoi valori che nelle sue prassi.

6.3 APPLICAZIONI PRATICHE DELLO STORYTELLING

Lo storytelling può essere applicato in tante aree o funzioni organizzative.
Schematicamente potremmo vederlo applicato in sei grandi aree (figura 6.2).
Queste sei grandi aree corrispondono poi ad attività manageriali specifiche come:
  • governance dell’identità e dell’immagine d’impresa,
  • gestione del cambiamento interno/esterno,
  • guida complessa delle relazioni istituzionali,
  • presidio e sviluppo commerciale.
Vedere l’organizzazione sotto questo punto di vista porta a ripensare i ruoli:
  • dei vertici aziendali e di chi declina le linee guida valoriali in strategic statements (che dovrebbero contenere un’alta densità epica);
  • della comunicazione interna e le sue capacità di orientare e sensibilizzare i pubblici interni (che dovrebbe suscitare un interesse favoloso);
  • del training e dello sviluppo organizzativo (che oggi più che mai ha l’esigenza di formare comportamenti e indicare atteggiamenti di lavoro ad estesa endurance eroica);
  • del brand management e della possibilità di creare una personalità di impresa narrante capace di parlare all’animo delle persone (il cosiddetto animadvertising);
  • della comunicazione esterna con l’opportunità di fidelizzare i diversi stakeholder esterni (generando un’identificazione discorsiva);
  • della creazione di prodotti (che necessitano sempre più di un nuovo ordine narrativo che sappia generare distintività di scelta. Sono ormai i consumatori che producono – raccontandoli – i propri prodotti o servizi).
Pensare all’organizzazione come a un set complesso di racconti declinati su trame differenziate, posizionate su specifiche audience porta a rivedere le attività di comunicazione interna ed esterna, formazione, envisioning, brand management, marketing, product design, che non sono più semplicemente funzioni che favoriscono il passaggio di informazioni, la divulgazione delle conoscenze, l’approfondimento tematico e istituzionale, l’apprendimento, la vendita di prodotti e servizi, ma diventano garanti delle storie che accadono all’interno di un’impresa e che vanno raccontate per generare un accesso profondo nella memoria individuale e collettiva.
FIGURA 6.2 GLI AMBITI/AREE DI APPLICAZIONE DELLO STORYTELLING
FIGURA 6.2 GLI AMBITI/AREE DI APPLICAZIONE DELLO STORYTELLING

6.4 I CANALI DELLE STORYTELLING OPERATIONS

La flessibilità dello storytelling – in qualità di disciplina e approccio – permette una sua declinazione molto ampia in una serie di strumenti diversificata a seconda degli obiettivi e delle funzioni che scelgono di usare un approccio story-driven.
Prima, però, del parlare di l’organizzazione si deve predisporre nell’ottica di parlare a, e dunque deve essere in grado di esprimersi attraverso un ampio ventaglio di codici linguistici e simbolici, sapendo anche trasgredire questi stessi codici, transitando cioè da un registro discorsivo a un altro.
Per questo l’esito finale, il prodotto concreto, di una storytelling operation è essenzialmente un “oggetto” (o serie di oggetti) fisico o virtuale che è la sintesi di un’elaborazione che può essere essenzialmente declinata su tre canali:
  • il canal...

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