La canzone dell'eterno rimpianto
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La canzone dell'eterno rimpianto

  1. 530 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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La canzone dell'eterno rimpianto

Informazioni su questo libro

Nella Shanghai cosmopolita e brillante dell'immediato dopoguerra, la sedicenne Wang Qiyao intende approfittare delle possibilità offerte da un concorso di bellezza. Non vince, ma riesce comunque a conquistare una certa notorietà perché rappresenta un tipo di fascino «quotidiano»: quello, elegante ma non vistoso, che si incontra per strada tutti i giorni e che meglio incarna lo spirito della città. Scoperta da un fotografo che l'ama non ricambiato, diventa l'amante del potente Direttore Li. Ma la Cina si trova in un momento storico di grandi mutamenti e quando Li muore in un incidente aereo, Wang Qiyao deve lasciare l'ovattata atmosfera della residenza Alice, dove, assai rispettate, vivono le mantenute, i «fiori della società»; possiede solo una scatola di legno intarsiato che contiene alcuni lingotti d'oro avuti in regalo dall'amante.
Wang Qiyao è costretta a reinventarsi un'esistenza all'ombra dei grandi sommovimenti politici; si mantiene facendo l'infermiera e riunisce attorno a sé una piccola cerchia di amici con i quali passa il tempo a cucinare, a giocare a majiang e a chiacchierare davanti a una stufa. Dalla fugace relazione con uno degli ospiti nasce una figlia, Weiwei. La sua è un'esistenza fatta di dettagli e di piccoli piaceri intimamente legata a quella di Shanghai, la città cinese più aperta e occidentale.
Dopo la morte di Mao, con l'inaugurazione della politica delle riforme, a poco a poco torna a emergere la vecchia metropoli: la moda, le vetrine, lo stile, i neon, i ristoranti, le feste, i balli. E Wang Qiyao, che per molti versi è l'emblema di quel passato, dopo quarant'anni torna a essere un punto di riferimento anche per le nuove generazioni. Proprio nel momento in cui la sua vita privata e più in generale quella di Shanghai e della Cina sembrano «normalizzarsi», va però incontro a un destino drammatico che disattende le aspettative della nuova corsa allo sviluppo e alla ricchezza, dei devastanti cambiamenti tutt'ora in atto nella società cinese. *** «Questo romanzo ci fa capire perché Wang Anyi è fra le più acclamate scrittrici cinesi».
«New York Times Book Review» «Un libro splendido».
«Libération»

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2011
Print ISBN
9788806190651
eBook ISBN
9788858405017
Parte seconda

Capitolo primo

1. WUQIAO
Wuqiao è il luogo ideale dove rifugiarsi per sfuggire al caos. Le gardenie che fioriscono a giugno riempiono l’aria con il loro profumo, simile a una nebbia. L’acqua vi scorre ininterrotta, si ramifica in mille canali, dividendosi per poi riunirsi nuovamente, passando sotto le grondaie delle abitazioni. Le tegole nere sui tetti sono disposte in modo molto ordinato, quasi fossero dipinte. Anche i ponti gettati sui canali sono tracciati allo stesso modo. A sud del fiume Yangzi, i piccoli villaggi come questo sono numerosissimi, e offrono tutti un’atmosfera del passato. Una volta finito il periodo di caos e aver goduto a sufficienza del passato, però, ci si riorganizza e si riparte alla conquista del mondo. Questi paesi sono acquarelli a due unici colori: il bianco, il colore senza colore, e il nero, il colore che li raggruppa tutti. Sono remoti ma onnicomprensivi, avvolgono al loro interno tutte le cose, dànno loro un nome; oppure mettono loro fine, concedendo una pausa. Sono un po’ buddhisti, parlano di vuoto e di purezza, che vengono tracciati però con tratti molto sottili, secondo le regole della pittura occidentale. Tratti che coincidono con le scene della piú fondamentale quotidianità: legna da ardere, riso, olio, sale, mangiare e vestire. Il vuoto e la purezza perciò si basano sulla realtà, sono gravati dai dettagli della vita d’ogni giorno. Vi regna un ozio creato dal duro lavoro. Per coloro che vanno alla deriva nella confusione delle città, che sono feriti nell’animo, costituiscono senza dubbio una cura e un luogo dove riprendersi. Sono posti dove l’anima può circolare, la coscienza può rinascere dal caos e l’ignoranza pervenire alla conoscenza. Gli abitanti sono dei saggi, senza grandi dolori e senza grandi gioie, senza risentimenti né odii, vivono seguendo i cicli naturali, applicando la regola del fare senza fare. Questi luoghi sono libri di filosofia non scritti, aperti all’interpretazione di chi viene da fuori. Al mattino, la luce dell’alba inonda Wuqiao da ogni lato come una pioggia; i vapori si aggiungono allo scenario scompigliando i raggi del sole. La rugiada sugli alberi e le foglie evapora e si libra in aria. La luce e il vapore fanno emergere Wuqiao per contrasto, la nebbia l’avvolge, simile a una musica che si leva.
I ponti qui abbondano e sono pieni di significati. Rimandano ai concetti buddhisti di raggiungimento dell’altra riva e di passaggio, incarnano la virtú delle terre ricche d’acqua a sud dello Yangzi, rappresentano l’anima del luogo. Wuqiao è un luogo morale. L’acqua scorre giorno dopo giorno sotto i suoi ponti, la corrente porta via quella torbida e la sostituisce con quella limpida; anche le nuvole scorrono nel cielo giorno dopo giorno, portando il vento e la pioggia. Sotto i ponti arcuati passano le barche; sopra le persone. Le ampie grondaie delle abitazioni offrono riparo contro la pioggia e il sole. Il riso che si mangia a Wuqiao viene brillato grano per grano, mondato e lavato nei cestini. La legna da ardere che si usa a Wuqiao è tutta tagliata in piccoli ceppi, asciugata e bruciata fino in fondo. Quella che non si riduce in cenere viene utilizzata come carbone per scaldarsi durante l’inverno. Sulle strade lastricate si imprimono orme di piedi nudi, sulle rive risuona ovunque il rumore del bastone con cui si batte il bucato. Il tempo vi scorre goccia a goccia, distilla meticoloso, senza pigrizia, senza sprechi, senza avidità. Si spende quel che si guadagna e si mette da parte qualcosa per gli eredi. Le strade, i ponti, le case, gli otri per le verdure in salamoia, le giare per il vino interrate, sono stati fatti risparmiando ogni giorno, generazione dopo generazione. I vapori che si levano da Wuqiao sono una testimonianza di questa vita frugale, si alzano tutti insieme, spargendo il profumo del riso e delle verdure essiccate, e quello del vino di riso. Cosí è quando si raccoglie ciò che si semina, una bella scena di felicità umana. Il canto del gallo che annuncia il mattino è un’altra prova della semplice vita di Wuqiao, un gallo dà il via e gli altri lo seguono in coro, un altro giorno che porterà i frutti del duro lavoro è cominciato. Tutto ciò testimonia un senso di eternità, non importa che l’acqua scorra per migliaia di chilometri, che i costumi del mondo mutino, qui nulla cambia, come la verità dell’uomo e del tempo. Wuqiao è impregnato del sapore delle origini. Tutta la prosperità, le immagini rutilanti del mondo esterno sono nate e si sono diffuse a partire da qui; quando subiscono cadute, se fanno passi indietro, tornano a rifugiarsi qui, la culla di tutto, la dimora della virtú. Si può dire che sia il nucleo dell’universo infinito: quand’anche tutto venisse distrutto, Wuqiao non lo sarà, perché è l’essenza del tempo, il principio di tutte le cose. È la clessidra che lo misura; la sabbia, che vi scorre all’interno come un sottile filo di fumo, è la forma visibile del trascorrere del tempo, e contiene anche il senso profondo dell’altra riva e del passaggio.
Posti come Wuqiao esistono perché creati dall’acqua. A sud dello Yangzi i fiumi sono come i rami degli alberi: dànno vita a un numero infinito di ramificazioni, di foglie, di nervature, e il punto in cui si incrociano, e che delimitano, si chiama per l’appunto Wuqiao. Non un’isola nel grande mare, le isole sono separate dal mondo, non ci sono collegamenti, mentre questo è un paradiso in terra. Il mare è una vasta distesa senza rive, un corpo caotico, mentre i corsi d’acqua indicano all’uomo il cammino. Il mare è senza speranza, un destino che sovrasta. I corsi d’acqua invece sono una via di uscita dalla disperazione e offrono una verità manifesta contro la fatalità, cosí facilmente accessibili agli uomini. Rispetto a un’isola, un paese d’acqua come Wuqiao è piú comprensibile, piú chiaro, piú comune, piú indifferente, e per questo piú reale. È una religione che può essere utile alla nostra vita, una felicità che presta attenzione alle cose piú minute della realtà quotidiana, lontane dal lusso. Una felicità che non ha bisogno di essere enfatizzata da canti, balli e orchestre, ma cresce spontanea dalla vita di tutti i giorni. Grazie ai corsi d’acqua che separano e fanno da guida, Wuqiao si situa a metà strada fra il mondo mortale e il nirvana, partecipa delle due nature. Un miracolo concepito per controllare la vanità del mondo, per alleviarne la disperazione. Agisce da intermediario per tenere l’umanità in equilibrio. Un tale miracolo si può produrre una o due volte nella nostra vita e ci aiuta a ritrovare l’armonia. L’aspetto che mostra è tranquillo, ma possiede una grande forza interiore, simile all’abbaiare dei cani e al chiocciare delle galline, ai campi di zucche e di fagioli che si nascondono dietro una cortina di nebbia. Come comprende l’animo umano un posto come Wuqiao! Scioglie i nodi interiori, giustifica l’azione quanto l’inazione, fortuna e sfortuna ottengono una spiegazione. In fondo tutto questo si riassume in una parola: vivere.
Gli stranieri che arrivano a Wuqiao sono gravati dall’ansia. Feriti nell’animo e depressi hanno perso il controllo di sé. Quando arrivano non conoscono neppure il nome del luogo e lo chiamano nel modo sbagliato. Ai loro occhi è una campagna selvaggia dove il cibo e i rapporti tra uomini e donne non hanno ricevuto alcuna civilizzazione. O si chiudono dentro casa o passeggiano per le strade con un’aria di superiorità. Che siano arroganti o depressi si comportano in modo impulsivo e superficiale. Deve passare un certo tempo perché si accorgano che Wuqiao non è un luogo cosí semplice, e quando se ne accorgono è troppo tardi perché provino riconoscenza. I primi giorni, Wuqiao tollera il loro stato d’animo instabile e ansioso. Loro credono che sia un segno dell’ottusità del luogo, mentre è autentica magnanimità, i grandi uomini non biasimano gli uomini da poco. Gli stranieri sono una scena abituale a Wuqiao, in qualunque stagione ce n’è sempre qualcuno che passeggia per strada. Nel mondo esterno infuria la lotta, i vinti si rifugiano in posti come Wuqiao. Gli abitanti non se ne sorprendono né si spaventano, sembra loro una cosa del tutto naturale. Hanno l’aria di non capire la situazione mentre in realtà la capiscono benissimo. Gli stranieri indossano abiti sontuosi, belli come la luce del tramonto all’orizzonte, ma il cuore che batte sotto quegli abiti ha soltanto una scintilla di luce che sarà presto risucchiata dal crepuscolo e sostituita dall’oscurità. Raggiungono Wuqiao in barca con la sensazione di arrivare ai confini del mondo, un mondo che odiano e amano, che non possono conquistare ma di cui non possono fare a meno, in uno stato d’animo estremamente penoso. Gli occhi velati dall’amarezza della separazione, non sanno cosa li attenda alla fine del viaggio, dopo aver seguito tutte le anse dei corsi d’acqua.
Wuqiao è la madre di nostra madre, poiché ci separa un grado di parentela, la vediamo come una sconosciuta. Infatti il sangue si è mischiato con quello di nostro padre, il nostro aspetto è diverso, siamo piú estranei di uno straniero. Eppure in realtà siamo tutti originari di Wuqiao, i suoi ponti sono quelli della nonna materna. Questo è il motivo per cui attira continuamente gli stranieri, che finiscono sempre per trovarlo dopo varie giravolte. Ciascuno ha il suo Wuqiao. È la generazione piú vicina dei nostri antenati, facilmente accessibile alla gente comune come noi. Non è il vessillo imponente e severo che sventola alto il giorno della Festa dei morti, ma piuttosto il riso che viene ridotto in farina, successivamente impastata con le erbe che la tingono di verde per farne i dolci tipici della festa che, senza clamore, vogliono augurare cibo sufficiente e vestiti caldi. È un parente che parla poco ma fa molto. Il suo richiamo è nel profumo della carne affumicata per Capodanno, negli scaldini per le mani e per i piedi, nelle radici di loto, nel riso piantato, nelle reti gettate per pescare. E il richiamo dei richiami si trova nelle barche che passano sotto i ponti e negli argini che si devono superare camminando. È un richiamo che si diffonde dentro e fuori di noi, che non si può respingere, né evitare. Si trova nelle piccole brocche dove viene scaldato a bagnomaria il vino di Shaoxing, nelle castagne d’acqua che cuociono a fuoco lento, nelle gardenie che sbocciano a giugno, nel profumo dei fiori di cassia a ottobre. Tutto questo avvolge lo straniero, lo circonda finché finisce per trovare familiare anche quello che non lo è.
Nella regione a sud del fiume Yangzi, dove i canali formano una rete intricata, posti come Wuqiao sono disseminati ovunque, per calcolarli tutti bisognerebbe salire oltre le nuvole. Simili ai nidi sugli alberi, dànno asilo a persone spaventate, che vanno e vengono come il flusso incessante delle maree. I loro andirivieni dànno conto dell’agitazione e del disordine del mondo esterno e della gente che ci vive. Wuqiao è un buon posto per curarsi e guarire. Gli stranieri però, una volta guariti dalle ferite, dimenticano il dolore. È colpa della filosofia del posto, che non va a fondo delle cose ma lascia sempre un margine di libertà, non prende decisioni arbitrarie ma ricorre sempre allo scambio di idee. Le malattie di chi viene da fuori non guariscono mai completamente, attaccano gli organi vitali e i rimedi possono soltanto curare i sintomi, non le cause profonde. Ma, a parte ciò, Wuqiao offre comunque riposo e consolazione. Ogni anno, barche con le coperture nere portano un numero incalcolabile di cuori afflitti che spargono lacrime amare nella loro scia. Nei giorni di pioggia, in cui la nebbia avvolge tutto, Wuqiao si avvicina a poco a poco: prima di tutto i rami sottili dei salici piangenti che formano tende oscillanti di perle. Quindi si passa sotto i ponti, simili a porte d’ingresso. Superate le tende dei salici, si vedono le case lungo le rive, i gradini di pietra che finiscono in acqua sono coperti di morbido muschio. Le finestre che dànno sui canali sono aperte, ne escono i bastoni di bambú sui quali è appeso ad asciugare un bucato variopinto e cestini a forma di castagne d’acqua col coperchio. I portici che costeggiano i canali sono sostenuti da grandi colonne centenarie anch’esse ricoperte di muschio. Sotto i portici si susseguono negozi di ogni genere, le osterie hanno appesa un’insegna verticale con il menú, e anche questa è centenaria. Passando può capitare di incrociare una o due grandi barche nuziali, ornate di nastri di seta multicolori e con caratteri augurali applicati sui bordi. I bauli nuziali sono accatastati sull’imbarcazione e la sposa versa lacrime di gioia. Sulle rive, brillano i fiori gialli di colza, le verdi piantine di riso e le farfalle bianche. E, alla fine, si arriva a Wuqiao.
2. LA NONNA MATERNA
Wuqiao era il paese natale della nonna materna di Wang Qiyao. La nonna prese in affitto una barca, la mattina lasciarono Suzhou e il pomeriggio arrivarono a Wuqiao. Wang Qiyao sedeva sotto la copertura fatta di stuoie con le mani infilate nelle maniche, indossava una giacca di lana di cammello blu, una sciarpa di cachemire le avvolgeva la testa. La nonna le stava di fronte, teneva fra le mani uno scaldino di rame e fumava. Era stata una bella donna da giovane, ricevendo l’ammirazione della città di Suzhou. Quando la barca nuziale l’aveva portata a Suzhou, il suo arrivo era rimasto memorabile. Aveva percorso lo stesso canale che stavano seguendo in quel momento, era il giorno della Festa dei morti e cadeva una pioggerella insistente, tutto era avvolto dalla nebbia, anche il suo cuore. Erano passate decine di anni da allora, e lei aveva capito molte cose e compreso il cuore degli uomini. Guardando Wang Qiyao seduta di fronte a lei, sembrava vedere come sarebbe stata fra quarant’anni. Pensava che quella figliola non aveva cominciato bene, e se si sbaglia l’inizio è poi difficile rimettere le cose in sesto. Se aveva cominciato male, la ragione risiedeva nel fatto che era troppo bella. Era uno degli svantaggi della bellezza. La bellezza è ingannatrice, non verso gli altri, ma verso se stessi. Se una ignora di essere bella è meglio, dopo alcuni anni sfiorirà passando inosservata. Ma a Shanghai tutto congiura per farti sapere che sei bella, per paura che tu possa ignorarlo. Quindi, non solo inganni te stessa, ma tutti ti ingannano, facendoti credere rose e fiori, e a un’unione durevole senza separazioni. Ti aiutano a sognare, la coscienza del mondo reale sparisce e non riesci a svegliarti dal sogno. Wang Qiyao avrebbe potuto sognare per qualche anno ancora. La nonna se ne doleva, il suo sogno si era infranto troppo presto, non ne aveva avuto abbastanza, ma quando se ne ha abbastanza? Al punto in cui era, poteva solo ripartire da lí. Non era necessariamente un male essersi risvegliata dal sogno prima del tempo, era ancora giovane e poteva ricominciare. Sarebbe stato un inizio diverso, non paragonabile al primo, ormai aveva acquisito esperienza e questa le aveva lasciato delle ferite. Si ha un bel parlare di fare piazza pulita e ricominciare, in realtà non resta che continuare.
Il battelliere era di Kunshan e cantava alcune arie del suo paese che, in quella circostanza, aumentavano la malinconia. Il sole pallido non emanava alcun tepore e anche questo accresceva la malinconia. Lo scaldino della nonna era l’unica fonte di calore in tanta desolazione, ma il fumo che ne usciva causava il mal di testa. La nonna pensava che Wang Qiyao ci avrebbe messo tempo a riprendersi, era come se dal cielo fosse caduta sulla terra, e prima di tornare in sé avrebbe passato un periodo di stordimento. La nonna non era mai andata a Shanghai, ne aveva solo sentito parlare, ma le era stato sufficiente. Era un mondo di confusione, che cercava in tutti i modi di attirare chi non sapeva resistere alle tentazioni e non era in grado di fermarsi in tempo. Il cuore di quella figliola era già stato tentato e, anche se adesso appariva come morta, passata la pena, finito il dolore, avrebbe risollevato la testa. Per questo Shanghai era pericolosa, e in questo consisteva il suo peccato. Quando le cose andavano bene doveva essere splendida, un vero paradiso in terra, dove un anno ne valeva venti. La nonna non riusciva a immaginare quel «bene», poiché la scena piú straordinaria che avesse mai visto era la fioritura delle magnolie e delle gardenie, paragonabile a un mare di neve profumata! Il rosso dei fiori di balsamina ricordava la vita mortale in mezzo a quella distesa di gelida purezza. Conosceva il proverbio secondo il quale «Chi ha conosciuto il vasto mondo difficilmente si riabitua alle cose di tutti i giorni». Sarebbe stata dura per Wang Qiyao, e il periodo piú difficile non era tanto l’attuale, sarebbe venuto in seguito, ogni passo sarebbe stato piú difficile del precedente.
Il fumo dello scaldino, unito a quello della sigaretta e alle arie che cantava il battelliere, stordiva e faceva venire sonno. La nonna immaginava le diverse strade che si aprivano a Wang Qiyao. Come ultima risorsa avrebbe potuto farsi monaca buddhista, reprimendo il cuore con la forza; almeno la sua esistenza sarebbe stata tranquilla e senza sbalzi. Ma la rassegnazione non era propria di Wang Qiyao, e neppure della nonna. In realtà, lei capiva meglio della nipote le gioie della vita. La comprensione che ne aveva Wang Qiyao era incompleta, da una parte cercava la felicità, dall’altra si accontentava del piacere che davano i bei vestiti e i cibi raffinati. La nonna invece le comprendeva interamente. Apprezzava la bellezza femminile, che superava quella di qualunque fiore, e, a volte, guardandosi nello specchio pensava di aver avuto fortuna a reincarnarsi in una donna. Ammirava anche la calma delle donne che, a differenza degli uomini, non si lanciavano nel mondo battendo la grancassa, con le armi in pugno per ingaggiare battaglie mortali. Gli uomini portavano sulle spalle un peso troppo grande, dovevano occuparsi della famiglia e del lavoro e, se non ci riuscivano, la famiglia si sfasciava e il lavoro andava a gambe all’aria. Erano come dei funamboli che camminano su una corda tesa, una cosa difficile e pericolosa. Le donne, che non avevano queste responsabilità, si sentivano leggere, e si limitavano a condividere nel bene e nel male la sorte degli uomini. La nonna amava il fatto che le donne dessero vita ai figli, il dolore e la sofferenza duravano un attimo, ma la carne e il sangue che nascevano erano intimi al loro cuore. Cosa potevano capirne gli uomini? Guardando Wang Qiyao, pensava che non aveva ancora goduto dei veri piaceri dell’esser donna! Piaceri all’apparenza comuni, ma che, a ben guardare, costituivano la vera felicità. Per apprezzarli ci voleva un cuore semplice, mentre la nipote aveva perso la semplicità, e un cuore sviato può conoscere solo una felicità sviata.
Alcuni uccelli acquatici seguivano la barca, mandavano grida stridule e poi volavano via. La nonna chiese a Wang Qiyao se sentiva freddo, lei scosse la testa; le chiese se aveva fame, lei scosse di nuovo la testa. La nonna sapeva che in quella fase era appena un po’ piú viva di una marionetta. La sua anima se n’era andata chissà dove e chissà quando sarebbe tornata. Il suo ritorno, poi, sarebbe stato triste, avrebbe trovato la gente e i luoghi cambiati; dove si sarebbe posata? In quel mentre, la barca accostò a un piccolo villaggio senza nome, la nonna chiese al battelliere di scendere a riva per comprare del vino da scaldare sui carboni, quindi restando a bordo della barca comprò uova cotte nel tè e formaggio di soia secco per accompagnare il vino. Versò mezzo bicchiere anche a Wang Qiyao, se non voleva berlo almeno le avrebbe scaldato le mani. Poi le indicò il piccolo villaggio, che somigliava in tutto a un Wuqiao in miniatura. La nipote vide solo le pietre dell’imbarcadero e il muschio spesso sul quale l’acqua batteva senza posa.
Osservando il viso della nonna attraverso la nebbia, Wang Qiyao la trovava molto invecchiata, ed estranea; nonostante cercasse di sentirla vicina, non ci riusciva. La «vecchiaia» è terribile, pensava, ti incalza senza darti la possibilità di sfuggirle. Percorrendo le mille giravolte dei canali, con l’animo gravato dall’infelicità, l’unica cosa cui riusciva a pensare era la vecchiaia. Il cielo era vecchio, l’acqua era vecchia, anche il muschio sulle pietre era vecchio; l’età del battelliere di Kunshan era indefinibile, era un fossile. Il suo cuore era precipitato nell’abisso del tempo, una voragine senza fondo, priva di appigli. Lo scaldino della nonna era centenario, come i ricami sulle sue scarpe. Beveva vino vecchio, le uova al tè e il formaggio di soia avevano bollito in un brodo secolare. La loro barca aveva percorso migliaia di miglia, quel carretto consumato migliaia di miglia, simili a inespugnabili fortezze di ferro edificate dal tempo. Gli uccelli d’acqua cantavano la stessa melodia da centinaia di anni, la terra era da millenni seminata in primavera per avere il raccolto in autunno. Cosa vuol dire «vecchio come il mondo»? Significa appunto questo. Un pensiero che crea angoscia nel profondo del cuore, pochi sono coloro che non la provano. Evoca la brevità della vita, che brucia solo un attimo e poi si spegne, come le lucciole. Qui il tempo si misura in secoli, gli uomini si susseguono in generazioni che si diffondono come le uova depositate dai pesci. «A bordo di questa barca, ci si sente come un ospite di passaggio in una vita che alla fine non dura che qualche istante. La barca è molto vecchia, ha cominciato a navigare dalla creazione del mondo e porta esclusivamente questo genere di passeggeri. Anche Wuqiao, di cui parla la nonna, è un luogo vecchio, esisteva prima che la nonna nascesse, quanti anni potrà avere?» pensava.
I ponti scorrevano uno dopo l’altro sopra la barca, quasi si fosse varcata una serie di porte. Dietro c’era un luogo antico come il mondo nel quale si veniva rinchiusi. Se il suo cuore non fosse stato insensibile, Wang Qiyao avrebbe pianto, di pena e di commozione. Quel giorno i contorni di Wuqiao erano color piombo, le foglie erano cadute e rivelavano i rami sottili, onde ugualmente sottili scorrevano sulla superficie dell’acqua. Il muschio sembrava dipinto da migliaia di anni secondo la tecnica del puntinismo. Sui tramezzi in legno delle case, venature nuove si mischiavano caoticamente alle vecchie, intrecciandosi da migliaia di anni. Il fumo e il rumore dei bastoni usati per battere il bucato erano un segno di quella remota antichità, ma con il passare del tempo non vi si prestava piú attenzione. Il motivo a pesci e fiori di loto stampato secondo i metodi tradizionali sui grembiuli e i fazzoletti delle lavandaie spiccava contro il grigio piombo del luogo, e benché esistesse da migliaia di anni aveva una freschezza indistruttibile, si adattava a qualunque epoca come un fossile vivente. Era una di quelle cose che, una volta attraversato il tunnel del tempo, vivono eternamente nel presente. Portate dalla corrente del tempo, la maggior parte delle cose affonda, ma altre no. Sono immortali. Rendono il mondo ancora piú vecchio, simile alla fornace millenaria dove si crea la pillola dell’immortalità.
Un numero infinito di ponti conduceva al cuore di questo vecchio mondo. Il fumo si faceva sempre piú denso e i colpi dei bastoni per battere il bucato piú intensi, come a dare il benvenuto. La nonna aveva negli occhi una luce piú viva; spenta la sigaretta, indicava fuori della barca per informare Wang Qiyao su cosa fossero i vari luoghi che passavano, ma lei era come se non sentisse. Chissà dove era andato il suo cuore, si era disperso in tutte le direzioni. Il giorno in cui i vari pezzi si sarebbero riuniti, ne sarebbe inevitabilmente mancato qualcuno. Il battelliere smise di cantare e chiese alla nonna indicazioni sulla strada da seguire. La barca percorreva le anse del canale come se stesse tornando a casa. Poi la nonna annunciò che erano arrivati, la barca gettò l’ancora producendo un clangore metallico e oscillò qualche istante prima di stabilizzarsi a fianco della banchina. La nonna fece uscire Wang Qiyao da sotto la copertura, fuori c’era un bel sole che la costrinse a socchiudere gli occhi. La nonna salí sulla banchina aiutata dal battelliere, con lo scaldino fra le mani si fermò un attimo per raccontare a Wang Qiyao l’animazione che aveva regnato il giorno della sua partenza per le nozze a Suzhou: le finestre che davano sul canale erano tutte aperte e ovunque c’era gente affacciata; sulla barca erano stati caricati prima i bauli e le casse e poi il palanchino. Le gardenie erano in fiore, bianche come la neve, solo lei era vestita di rosso da capo a piedi; le foglie sugli alberi erano verdi, l’acqua azzurra, solo lei era tutta rossa; le tegole delle abitazioni erano nere, i pilastri che reggevano i ponti erano neri, ancora una volta solo lei era rossa. Il rosso non era stato che un attimo in quel mondo immutabile, ne aveva valorizzato l’antichità; nella catena delle rinascite, dell’eterno ritorno, aveva contribuito nel suo piccolo a quell’immortalità, come a colorarla.
3. A ER
Wang Qiyao abitava a casa del prozio materno. L’uomo possedeva un negozio di prodotti ricavati dalla soia rinomato per il suo tofu secco, che veniva consegnato ogni giorno dal garzone della fabbrica. Il padrone aveva due figli: il maggiore era già sposato e padre di famiglia, il secondo studiava a Kunshan e pensava di sostenere in seguito l’esame di ammissione alla facoltà di Magistero di Shanghai o Nanchino, ma dopo le vacanze estive aveva abbandonato il progetto per via della situazione caotica del momento. A Er, che significa appunto secondogenito, si vestiva seguendo lo stile moderno del passato: portava gli occhiali, la riga in mezzo e attorno al collo aveva una sciarpa di cammello sulla divisa da studente. Le ragazze di Wuqiao non le degnava di uno sguardo, non frequentava neppure i ragazzi, passava il tempo da solo chiuso in casa a studiare. Talvolta il padre lo mandava a prendere il tofu e lui mostrava un’espressione risenti...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Parte prima
  5. Parte seconda
  6. Parte terza