Il libro del Cortegiano
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Il libro del Cortegiano

  1. 560 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il libro del Cortegiano

Informazioni su questo libro

Pubblicato a ridosso del sacco di Roma, nel 1528, pochi mesi prima della morte del suo autore, e accompagnato subito da un immenso successo, Il libro del Cortegiano è un testo dalla complessa e affascinante architettura retorica, nella quale si riflettono i grandi modelli classici. Considerato per molto tempo la grammatica della società di corte, è soprattutto una prova letteraria che affonda le proprie radici nei problemi di un'epoca percorsa da cruciali dilemmi e lacerazioni. Un trattato che affronta i temi caldi di un momento di grandi cambiamenti: la crisi italiana nel contesto europeo, la dubbia moralità degli uomini di governo, l'assenza di un principe italiano, la centralità della Roma pontificia, l'emergere di nuove istituzioni monarchiche.
L'introduzione e il commento di Walter Barberis lo riportano alla sua filigrana politica ed esistenziale, fornendo al lettore le chiavi per comprenderlo e apprezzarlo nella dimensione piú peculiare e innovativa.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2017
Print ISBN
9788806234720
eBook ISBN
9788858425725

Il Secondo Libro del Cortegiano
del conte Baldesar Castiglione
a messer Alfonso Ariosto

I.

Non senza maraviglia ho piú volte considerato onde nasca un errore, il quale, perciò che universalmente ne’ vecchi si vede, creder si po che ad essi sia proprio e naturale; e questo è che quasi tutti laudano i tempi passati e biasmano i presenti1, vituperando le azioni e i modi nostri e tutto quello che essi nella lor gioventú non facevano; affermando ancor ogni bon costume e bona maniera di vivere, ogni virtú, in somma ogni cosa, andar sempre di mal in peggio. E veramente par cosa molto aliena dalla ragione e degna di maraviglia che la età matura, la qual con la lunga esperienzia suol far nel resto il giudicio degli omini piú perfetto, in questo lo corrompa tanto, che non si avveggano che, se ’l mondo sempre andasse peggiorando e che i padri fossero generalmente migliori che i figlioli, molto prima che ora saremmo giunti a quest’ultimo grado di male, che peggiorar non po. E pur vedemo che non solamente ai dí nostri, ma ancor nei tempi passati, fu sempre questo vicio peculiar di quella età; il che per le scritture de molti autori antichissimi chiaro si comprende e massimamente dei comici2, i quali piú che gli altri esprimeno la imagine della vita umana. La causa adunque di questa falsa opinione nei vecchi estimo io per me ch’ella sia perché gli anni fuggendo se ne portan seco molte commodità3, e tra l’altre levano dal sangue gran parte degli spiriti vitali4; onde la complession5 si muta e divengono debili gli organi, per i quali l’anima opera le sue virtú6. Però dei7 cori nostri in quel tempo, come allo autunno le foglie degli alberi8, caggiono i suavi fiori di contento9 e nel loco dei sereni e chiari pensieri entra la nubilosa e turbida tristizia, di mille calamità10 compagnata, di modo che non solamente il corpo, ma l’animo ancora è infermo; né dei passati piaceri riserva11 altro che una tenace memoria e la imagine di quel caro tempo della tenera età, nella quale quando ci ritrovamo, ci pare che sempre il cielo e la terra ed ogni cosa faccia festa e rida intorno agli occhi nostri, e nel pensiero come in un delizioso e vago giardino fiorisca la dolce primavera d’allegrezza. Onde forse saria utile, quando già nella fredda stagione12 comincia il sole della nostra vita, spogliandoci de quei piaceri, andarsene verso l’occaso13, perdere insieme con essi ancor la loro memoria e trovare, come disse Temistocle14, un’arte che a scordar insegnasse15; perché tanto sono fallaci i sensi del corpo nostro, che spesso ingannano ancora il giudicio della mente. Però parmi che i vecchi siano alla condizion di quelli16, che partendosi dal porto tengon gli occhi in terra e par loro che la nave stia ferma e la riva si parta, e pur è il contrario; ché il porto, e medesimamente il tempo ed i piaceri, restano nel suo stato, e noi con la nave della mortalità fuggendo n’andiamo l’un dopo l’altro per quel procelloso mare che ogni cosa assorbe e devora, né mai piú ripigliar terra ci è concesso, anzi, sempre da contrari venti combattuti17, al fine in qualche scoglio la nave rompemo. Per esser adunque l’animo senile subietto disproporzionato18 a molti piaceri, gustar non gli po; e come ai febrecitanti, quando dai vapori corrotti19 hanno il palato guasto, paiono tutti i vini amarissimi, benché preciosi e delicati siano, cosí ai vecchi per la loro indisposizione, alla qual però non manca il desiderio, paiono i piaceri insipidi e freddi e molto differenti da quelli che già provati aver si ricordano, benché i piaceri in sé siano li medesimi; però sentendosene privi, si dolgono e biasmano il tempo presente come malo, non discernendo che quella mutazione da sé e non dal tempo procede20; e, per contrario, recandosi a memoria i passati piaceri, si arrecano ancor21 il tempo nel quale avuti gli hanno, e però lo laudano come bono perché pare che seco porti odore22 di quello che in esso sentiamo quando era presente; perché in effetto gli animi nostri hanno in odio tutte le cose che state sono compagne de’ nostri dispiaceri ed amano quelle che state sono compagne dei piaceri. Onde accade che ad uno amante è carissimo talor vedere una finestra, benché chiusa, perché alcuna volta quivi arà avuto grazia di contemplare la sua donna; medesimamente vedere uno anello, una lettera, un giardino o altro loco o qualsivoglia cosa, che gli paia esser stata consapevol testimonio de’ suoi piaceri; e per lo contrario, spesso una camera ornatissima e bella sarà noiosa a chi dentro vi sia stato prigione o patito vi abbia qualche altro dispiacere. Ed ho già io conosciuto alcuni, che mai non beveriano in un vaso simile a quello, nel quale già avessero, essendo infermi, preso bevanda medicinale; perché, cosí come quella finestra, o l’anello o la lettera, all’uno rappresenta la dolce memoria che tanto gli diletta, per parergli che quella già fosse una parte de’ suoi piaceri, cosí all’altro la camera o ’l vaso par che insieme con la memoria rapporti23 la infirmità o la prigionia. Questa medesima cagion credo che mova i vecchi a laudare il passato tempo e biasmar il presente.

II.

Però come del resto, cosí parlano ancor delle corti1, affermando quelle di che essi hanno memoria esser state molto piú eccellenti e piene di omini singulari, che non son quelle che oggidí veggiamo; e súbito che occorrono tai ragionamenti2, cominciano ad estollere3 con infinite laudi i cortegiani del duca Filippo4, o vero del duca Borso5; e narrano i detti di Nicolò Piccinino6; e ricordano che in quei tempi non si saria trovato, se non rarissime volte, che si fosse fatto un omicidio7; e che non erano combattimenti, non insidie, non inganni, ma una certa bontà fidele ed amorevole tra tutti, una sicurtà leale; e che nelle corti allor regnavano tanti boni costumi, tanta onestà, che i cortegiani tutti erano come religiosi; e guai a quello che avesse d...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Baldassar Castiglione. Gli ultimi bagliori dell’Umanesimo di Walter Barberis
  4. Cronologia dei tempi e della vita di Baldassar Castiglione
  5. Note al testo
  6. Ringraziamenti
  7. Il libro del Cortegiano
  8. Al reverendo ed illustre Signor don Michel de Silva vescovo di Viseo
  9. Libro primo
  10. Libro secondo
  11. Libro terzo
  12. Libro quarto
  13. Indice dei nomi
  14. Il libro
  15. L’autore
  16. Dello stesso autore
  17. Copyright