Il luogo era piacevole, luminoso e gaio: la luce, che proveniva attenuata da tutte le direzioni, era bianco-azzurra e tremolava leggermente. Le pareti erano bianche ed opache, e si perdevano verso l’alto in un bagliore indistinto. Anche i pilastri erano bianchi: lisci e cilindrici, si raccordavano col soffitto a vôlta appena visibile.
S., in camice bianco, stava seduto su di un alto sgabello davanti al tavolo da disegno. Era molto giovane, quasi un ragazzo, e stava tracciando sul foglio uno schema complicato, fatto di lunghe linee diagonali che si irradiavano da un punto situato in basso a sinistra, e convergevano con eleganza ordinata verso un altro punto, che per effetto di prospettiva appariva al di là del foglio, in estrema lontananza. Il foglio era giallognolo e l’inchiostro bruno: il disegno era fitto di cancellature, e di parole e frasi esplicative scarabocchiate alla svelta, come nella fretta di non farsi sfuggire un’idea. Tavolo e sgabello erano al centro del pavimento, assai lontani dalle pareti, e il pavimento era vuoto. S. lavorava intento, ma senza continuità: alternava scatti di attività intensa con pause in cui sembrava raccogliersi dietro ad un pensiero, o forse distrarsi.
Suonò lontano un campanello, ma S. non lo udí e continuò nel suo lavoro. Dopo una decina di secondi il campanello suonò di nuovo: S. levò il capo per un attimo e poi riprese a disegnare. Al terzo squillo, che fu piú insistente, S. sospirò, posò la matita, scese dallo sgabello e si avviò verso il fondo della sala: la sua figura apparve minuta rispetto ai vasti riquadri del pavimento, ed il suo passo risuonò a lungo sotto le vôlte silenziose. Percorse ampi corridoi ed entrò nella saletta di ricevimento: questa era piccola, e col soffitto talmente basso che lo si poteva toccare con la mano. Qui lo attendevano un giovane robusto, una donna bionda e bella di mezza età, ed un uomo magro dai capelli brizzolati: stavano in piedi presso il tavolo, ed il giovane reggeva per il manico una valigetta. S. si arrestò un attimo sulla soglia, come contrariato; poi si riprese, e disse: – Si seggano, prego –. Sedette, e i tre lo imitarono. S. era infastidito per aver dovuto interrompere il suo lavoro. Disse: – Che cosa desiderano? –; poi notò la valigetta che il giovane aveva posata sul tavolo, ed aggiunse deluso: – Ah, ho capito.
Il giovane non si perse in preamboli. Aperse la valigia, e disse:
– No, guardi, è meglio evitare gli equivoci fin dal principio. Noi non siamo degli assicuratori, e neppure siamo venuti fin qui per vendere: o per meglio dire, non per vendere merce. Siamo dei funzionari.
– Allora, siete voi quelli che vengono per…
– Proprio cosí, lei ha indovinato.
– E che cosa mi proponete?
– La Terra, – rispose il giovane, ammiccando cordiale: – Noi siamo specialisti della Terra, sa bene, il terzo pianeta del Sistema Solare. Un bel posto, del resto, come cercheremo di dimostrarle, se lei ce lo permetterà –. Colse una lieve esitazione nello sguardo di S., e soggiunse: – È sorpreso? Non ci aspettava?
– Sí, veramente… un certo movimento mi era parso di averlo visto, in questi ultimi tempi. Erano corse delle voci, si era visto sparire qualche collega, cosí, in silenzio, senza preavviso. Ma… ecco, non sono pronto. Non mi sento pronto: non ho fatto nessun calcolo, nessun preparativo. Sa bene come succede, quando non c’è una scadenza: si preferisce lasciar passare i giorni, e restare cosí, nel vago, senza prendere decisioni.
Il giovane intervenne con efficienza professionale:
– Ma certo, non si preoccupi. È normale, capita quasi sempre cosí: è ben difficile trovare un candidato che ci riceva con un bel sí o un bel no. Del resto lo si comprende bene: è impossibile farsi un’opinione cosí, in solitudine, senza testimonianze, senza una documentazione seria. Ma noi siamo qui appunto per questo: se vorrà prestarci ascolto per un momento… no, non le porteremo via molto tempo: anche se voialtri… via, di tempo ne avete tanto. Non come noi, che andiamo sempre di fretta, eppure non dobbiamo mai darlo a vedere, se no, che affari potremmo concludere?
Mentre parlava, il giovane frugava nella valigia: ne trasse diverse immagini della Terra, alcune di tipo scolastico, altre riprese da grande altezza, o da distanze cosmiche. Le mostrò ad S. una per una, illustrandole con tono professionale e concreto:
– Ecco qui. Come le accennavo, noi ci occupiamo della Terra, e in specie del Genere Umano. I tempi duri sono passati da un pezzo: oramai è un pianeta bene attrezzato, anzi confortevole, con scarti di temperatura che non superano i 120° C fra il massimo e il minimo assoluto, e una pressione atmosferica praticamente costante nel tempo e nello spazio. Il giorno è di 24 ore, l’anno di 365 giorni circa, c’è un grazioso satellite che provoca maree moderate ed illumina gentilmente le notti. È molto piú piccolo del Sole, ma è stato intelligentemente posizionato in modo da avere lo stesso diametro apparente di questo: si ottengono cosí delle eclissi di sole molto apprezzate dagli intenditori, ecco, ne guardi qua una, con visione completa della Corona. C’è poi un oceano d’acqua salata progettato senza economie, eccolo qui, vede? Ora glielo mostro in moto.
Nel riquadro della fotografia, che rappresentava una vasta marina di fronte ad una costa sabbiosa estesa fino all’orizzonte, le onde si misero docilmente in movimento.
– In fotografia non figura tanto, ma è uno degli spettacoli terrestri piú suggestivi. So di nostri clienti che, anche avanti con gli anni, si trattengono per ore a contemplare le onde, questo ritmo eterno, sempre uguale e sempre diverso: dicono che vale il viaggio. È peccato che noi si abbia cosí poco tempo libero, se no… Ah, dimenticavo di dirle che l’asse terrestre è inclinato sull’eclittica di un piccolo angolo, eccolo qui.
Trasse dal mucchio un’immagine schematica della Terra, con meridiani e paralleli: ad un suo comando, la Terra prese a girare lentamente.
– Con questo semplice artifizio si è ottenuta una gradevole varietà di clima su buona parte del pianeta. Infine, disponiamo di un’atmosfera assolutamente eccezionale, unica nella galassia, e non le dico quanta fatica e quanto tempo ci è costata: pensi, piú del 20 per cento d’ossigeno, una ricchezza inestimabile, e una fonte di energia che non andrà mai alla fine. Sa, si fa presto a dire petrolio qui, carbone là, idrogeno, metano. Conosco dei pianeti che ne sono pieni, di metano: pieni che versano. Ma senza ossigeno, cosa se ne fanno? Beh, basta, non sta bene sparlare dei prodotti della concorrenza. Oh, mi scusi, mi sono un po’ lasciato trascinare dall’argomento e ho dimenticato le buone creanze.
Trasse di tasca un biglietto da visita, e lo porse a S.:
– Ecco, questo sono io, mi chiamo G., e mi occupo dell’inquadramento generale; questi sono i miei assistenti, la nostra signora B., che la intratterrà sulle questioni di relazioni umane, e il collega R., che risponderà alle sue domande di natura storica e filosofica.
La signora B. sorrise e chinò il capo; il signor R. si alzò in piedi e fece un inchino compassato. Entrambi porsero ad S. il loro biglietto.
– Molto lieto, – disse S.: – Sono a vostra disposizione. Ma senza impegno, non è vero? Non vorrei che…
– Può stare tranquillo, – disse G.: – Con questo colloquio lei non contrae con noi alcun impegno, e noi, da parte nostra, cercheremo di evitare qualsiasi costrizione sulla sua scelta. Esporremo i nostri dati nel modo piú obiettivo ed esauriente. Tuttavia abbiamo il dovere di avvisarla: non ci sarà una seconda visita. Lei capisce certamente, i candidati sono tanti, e noi, a fare questo mestiere di infilare anime nei corpi, siamo molto pochi. Non è un mestiere facile, sa: dà delle grandi soddisfazioni, ma pochi riescono. Cosí, la nostra giornata è piena, e salvo rare eccezioni non possiamo visitare due volte lo stesso candidato. Lei vedrà, giudicherà, e prenderà la sua decisione in libertà piena: ci dirà sí oppure no, e ci lasceremo in ogni caso da buoni amici. Ed ora possiamo incominciare.
G. trasse dalla valigia un altro pacchetto di immagini, lo porse ad S., e continuò:
– Questo è il nostro campionario: la nostra forza è tutta qui. È materiale aggiornatissimo, di piena fiducia: pensi che lo rinnoviamo ogni sei mesi.
S. sfogliò le immagini con curiosità: erano splendide figure, dai colori smaglianti ed armoniosi. Rappresentavano in buona parte magnifici esemplari umani: donne giovani e bellissime, uomini atletici dal sorriso un po’ fatuo, che si muovevano lievemente nel riquadro, come impazienti di entrare in azione.
– Sono gli uomini, questi?
– Uomini e donne, – rispose G.: – Lei conosce la differenza, vero? È piccola ma fondamentale. …Una giovane polinesiana… un cacciatore senegalese… una impiegata di banca di Los Angeles… un pugile australiano…: vogliamo vederlo in combattimento? Ecco: guardi che scatto, che potenza: sembra una pantera. …Una giovane madre indiana…
In quel pacchetto d’immagini la giovane madre indiana ci doveva essere entrata per errore: infatti, il suo aspetto era poco gradevole. Era scheletrita dalla fame, e reggeva al seno un bimbo denutrito, dal ventre gonfio e dalle gambe come stecchi. G. ritirò prontamente l’immagine, prima che S. facesse domande, e la sostituí con quella di una studentessa danese, bionda e mirabilmente formosa. S. considerò il foglio con attenzione, e poi chiese:
– Nascono già cosí? Voglio dire: cosí bene sviluppati?
Intervenne sorridendo la signora B.:
– Eh no, c’è una crescita, evidentemente: nascono molto piú piccoli, e secondo me anche molto piú graziosi –. Si rivolse a G.: – Mi cerca una delle sequenze di crescita, per favore?
Dopo qualche attimo di ricerca (non sembrava che il contenuto della valigia fosse molto ordinato), G. cavò fuori un’immagine e la porse alla signora, che a sua volta la presentò ad S.; rappresentava un giovanotto dalla muscolatura talmente sviluppata da essere quasi mostruosa: era in piedi, nudo, con le gambe divaricate, le mani a pugno levate sopra le spalle ed i bicipiti prominenti, e sorrideva con un sorriso da belva. Ad un tratto, senza mutare posizione ma solo rimpicciolendo, il giovane si trasformò in un adolescente, poi in un ragazzo, in un bambino, in un infante, in un neonato, tutti sorridenti e tutti splendidamente nutriti. La signora B. disse dolcemente a G.:
– No, nell’altro senso, se non le spiace, e un pochino piú piano.
Nelle mani di S. si svolse regolarmente la metamorfosi inversa fino all’atleta originario, che infine salutò calorosamente S. stringendosi le mani al di sopra del capo.
– Ecco, – disse la signora B., – cosí mi sembra abbastanza chiaro. È lo stesso individuo a un mese, a un anno, a sei, a quattordici, a diciotto e a trenta.
– È interessante, – ammise S.: – Per le donne avviene lo stesso, immagino?
– Certo, – rispose la signora. – Vuole vedere la sequenza?
– No, non si disturbi: se è lo stesso, non occorre. Piuttosto, vorrei sapere come vanno le cose prima e dopo. Si continua a crescere?
– A crescere proprio, no: ma avvengono altri mutamenti che è difficile rendere in immagine. C’è un certo decadimento fisico…
Qui accadde un altro incidente: mentre la signora B. pronunciava le parole «decadimento fisico», l’immagine nelle mani di S. fu sostituita da quella di un uomo maturo e calvo, poi da quella di un uomo anziano obeso e pallido, infine da quella di un vecchio cadente. La signora ripose vivamente la foto nella valigia, e proseguí disinvolta:
– …che però è compensato da una maggior prudenza ed esperienza di vita, e spesso da una grande serenità. Ma è il «prima» che è estremamente interessante.
Si rivolse a G. e chiese:
– Abbiamo qui qualche nascita?
– No, signora: sa bene, nascite e amplessi non possiamo farne vedere –; poi continuò, rivolto ad S.: – Non che ci sia sotto nulla di meno che lecito, ma si tratta di un procedimento peculiare, di una tecnologia unica nel suo genere, e talmente ardita che in un non-nato come lei potrebbe provocare un certo turbamento, magari anche solo a livello subconscio. Mi scusi, ma sono queste le nostre istruzioni.
– …Ma possiamo mostrargli il campionario delle coppie, non è vero? – intervenne con calore la signora B.
– Certo, – riprese G.: – È entusiasmante, vedrà. Come sa, il maschio e la femmina, nel nostro caso l’uomo e la donna, sono strettamente complementari, non solo morfologicamente; perciò la condizione coniugale, o comunque di vita a due, è il presupposto basilare per la pace dello spirito. Del resto, guardi qui: è una documentazione che si spiega da sé. Guardi questa coppia… quest’altra, in barca… questi altri due: quei prismi rosei sullo sfondo sono le Dolomiti, un gran bel posto, ci sono stato in ferie l’anno passato; ma andarci da soli è scipito. Questi sono due fidanzati congolesi… non sono graziosi? Questi sono due coniugi di una certa età…
Intervenne qui la voce calda, un po’ rauca, della signora B.:
– Creda, noi di queste cose abbiamo ormai una vecchia esperienza, e le possiamo garantire che la vera grande avventura terrestre è proprio questa, trovarsi un partner di sesso diverso e vivergli insieme, almeno per qualche anno, ma se possibile per tutta la vita. Non ci rinunci, sa: e se le accadrà di nascere femmina, non trascuri di farsi fecondare appena le si presenti un’opportunità ragionevole. L’allattamento, poi (eccolo qui, guardi), crea un legame affettivo talmente dolce e profondo, talmente… come dire?… pervasivo, che è difficile descriverlo senza averlo provato.
– E… lei l...