La rivoluzione culturale nazista
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La rivoluzione culturale nazista

  1. 272 pagine
  2. Italian
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La rivoluzione culturale nazista

Informazioni su questo libro

Lo spazio vitale, la sopravvivenza del più forte, la divisione dell'umanità in uomini e sotto-uomini, la sopraffazione come necessità di leggi naturali: questi principi sono i cardini di quella che i nazisti ritenevano una vera e propria rivoluzione culturale. Ovvero l'annientamento della storia del pensiero occidentale e la sua sostituzione con un sistema di pensiero criminale.

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Informazioni

eBook ISBN
9788858136676
Argomento
History

Parte terza.
La rifondazione normativa:
una nuova morale, un nuovo diritto

6.
Il “popolo”, principio e fine del diritto*

Popolo di “poeti e di pensatori”, popolo di filosofi, i tedeschi sono stufi delle astrazioni e stanchi degli universali: in nome dell’umanità e della civiltà sono stati combattuti, ridotti alla fame durante la Grande Guerra e il loro paese è stato smembrato a Versailles; in nome del cittadino e della giustizia il Reno è stato attaccato, l’esercito prussiano decimato, il paese sottomesso a una lunga occupazione francese, dal 1792 al 1815. Le idee astratte, generali e generose sono nefaste per la Germania. Sotto la maschera di una falsa universalità, sono al servizio di interessi più che mai particolari, quelli delle potenze occidentali (Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti), che dalla guerra dei Trent’anni al piano Young, passando per la Rivoluzione francese, si accaniscono contro questa potenza continentale, radicata, concreta che è la Germania.
Nel periodo tra le due guerre questa vulgata è esposta da numerosi giuristi, filosofi, giornalisti e storici tedeschi. L’inganno di Versailles, delle promesse non mantenute della pace, è tale che anche i più convinti sostenitori della Costituzione del 1919, della Società delle Nazioni e del «lungo cammino verso l’Ovest»1 coltivano in quegli anni una prudente discrezione.
Per i völkisch, gli etnonazionalisti che prima del 1914 infoltivano le file delle leghe pangermaniste e invocavano la colonizzazione a oltranza della Polonia, la sconfitta del 1918 e la “pace” del 1919 sono allo stesso tempo un trauma e una conferma: tutte le idee che sostenevano prima della guerra tendono a divenire una doxa, uno schema esplicativo che conferisce senso a tutti i mali che la Germania sta vivendo. Lo straniero è ostile, le sue idee sono malefiche e la Germania, potenza centrale, può e deve contare esclusivamente su sé stessa e sulle risorse del suo sangue, del suo suolo e della sua Kultur.
Questa svolta “particolaristica” o etnicistica tocca in primo luogo i valori e le norme. Nel campo della morale sono ormai innumerevoli, dopo il 1919, le pubblicazioni che spingono a cercare nel sangue e nella sostanza razziale tedesca la grammatica di una pratica “gentilistica”, che, come spiega ad esempio il grande specialista dell’eugenetica Fritz Lenz, difenda la gens e non contempli più un’illusoria e pericolosa humanitas2.
Nel campo del diritto, sono assai numerosi i giuristi che identificano l’origine e il fine delle norme giuridiche con il Volk, e solo con esso. Fuori tempo, perché dall’inizio del Novecento la Germania pare rinunciare ad ogni particolarismo: dal 1900 il Reich è dotato di un BGB3 che nei princìpi (l’individuo, l’uguaglianza formale), nelle disposizioni principali (la proprietà, il matrimonio...) e nella sua stessa forma (la codificazione) somiglia in modo impressionante al Codice civile francese4; dal luglio 1919, peraltro, la Costituzione di Weimar fa della Germania una repubblica sorella delle democrazie liberali dell’Ovest, ricordando, quanto ai poteri del suo parlamento e del presidente eletto a suffragio universale, la Francia del 1848 e la Terza Repubblica degli anni 1871-1877.
È proprio questo che i giuristi völkisch contestano, ed è il rovesciamento di questa situazione che i nazisti erigono a programma del loro “rinnovamento del diritto” (Erneuerung des Rechts).

Da dove viene il diritto?

I giuristi nazisti s’impegnano per prima cosa a confutare tutti i discorsi che spiegano l’origine del diritto in termini di fondazione razionale o di processione trascendente. Per loro il diritto non è fondato sulla ragione. Questa pericolosa illusione è promossa, dal Rinascimento in poi, dalle dottrine del diritto naturale razionale, questo giusnaturalismo moderno che pretende di erigere un’astrazione (“l’uomo” o “l’individuo”) a fondamento delle norme giuridiche. A leggere i giusnaturalisti, l’uomo sarebbe dotato per nascita, cioè per natura, di diritti inalienabili. Numero e contenuto di tali diritti possono variare (sicurezza, proprietà, ecc.), ma il principio è sempre lo stesso: per il semplice fatto di essere nati, gli uomini sono soggetti di diritto uguali e identici. La letteratura giuridica nazista denuncia incessantemente le chimere sulle quali questa dottrina si basa: l’universalismo di un “uomo” di cui, da Joseph de Maistre in poi, ci si fa beffe ricordando che lo si incrocia di rado per la strada; l’egalitarismo di diritti concessi a tutti per la sola virtù di essere nati; l’individualismo di fondo di una cultura giuridica che fa di ogni bipede un essere assolutamente rispettabile. L’idea secondo cui la nascita sarebbe fondativa di un’essenza, e questa essenza dovrebbe essere rispettata in ogni “uomo” (foss’anche un ritardato mentale o un criminale) è dal punto di vista nazista un’assurdità che suscita l’ironia più insistente5: “Uomini?”, domandano in modo martellante i documentari, gli articoli e i pamphlet dedicati sotto il Terzo Reich agli ospedali psichiatrici e ai loro pazienti.
Quanto al fondamento trascendente (la norma giuridica sarebbe l’espressione di una volontà divina), nessuno più prende in considerazione seriamente questa tesi, né perde tempo a cercare di confutarla: neanche il cattolicissimo Carl Schmitt, pensatore del decisionismo fin dagli anni Venti, incorre nel ridicolo di evocare Dio come fondamento della città degli uomini. È invece nel campo della normatività sociale, dei princìpi etici, che il cristianesimo (nelle versioni protestante e cattolica) rappresenta un nemico giudicato attivo, vivace e pericoloso: il rapporto dei cristiani con il corpo e con la natura, le norme che regolano la riproduzione ...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. Parte prima. Alienazione, acculturazione, perdizione
  3. Parte seconda. Il ritorno alle origini
  4. Parte terza. La rifondazione normativa: una nuova morale, un nuovo diritto
  5. Parte quarta Nell’occhio del nazismo
  6. Conclusione