
- 192 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
La cultura orizzontale
Informazioni su questo libro
Si legge in modo diverso dal passato, ci si informa in maniera più complessa di come lo si faceva solo pochi anni fa. E sono soprattutto i giovani ad avere abitudini di consumo culturale e mediale assai lontane da quelle dei loro genitori. Ma cos'è questo nuovo che sta prendendo il posto del vecchio? E che effetti la rete sta producendo sulla trasmissione, sulla produzione e sul concetto stesso di cultura?
Domande frequenti
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Informazioni
1.
In che mondo siamo?
Più di quattro miliardi! Stiamo parlando degli utenti di Internet1, quantificati nel 2019 in 4,39 miliardi e con un ritmo di crescita di oltre un milione di nuovi utenti ogni giorno. In termini percentuali vogliono dire il 57% degli abitanti del pianeta, di cui l’86% dei cittadini europei (con una punta massima del 95% nei paesi nordici e una punta minima dell’80% nei paesi dell’Est), il 78% nelle Americhe (ma il 95% nel Nord America), il 71% in Medio Oriente, il 52% in Asia e nell’area del Pacifico, il 36% nel continente africano (ma qui l’80% della popolazione dispone di una connessione alla rete mobile e in molti paesi il numero di utenti si raddoppia o triplica di anno in anno). Si prevede che entro il 2025 gli utenti diventeranno sette miliardi, quasi la totalità della popolazione. Mediamente gli esseri umani trascorrono su Internet 6 ore e 42 minuti al giorno, di cui circa la metà tramite connessione mobile.
I social media sono usati dal 45% dell’umanità (il numero degli utilizzatori è raddoppiato nell’ultimo quinquennio) e assorbono mediamente due ore al giorno del nostro tempo; la punta massima di utenti si registra in Nord America ed Estremo Oriente, col 70%. La connessione mobile fa registrare percentuali elevatissime: raggiunge ormai i due terzi della popolazione (oltre 5 miliardi di persone, ma gli account sono circa 9 miliardi) e veicola più della metà del traffico a livello mondiale (dieci anni fa non raggiungeva l’1%).
Più di un miliardo il numero di siti presenti sul web; i più visitati sono, nell’ordine, Google, YouTube e Facebook; Facebook e WhatsApp sono i sistemi di messaggeria più diffusi (quest’ultimo figura al primo posto in 133 paesi e conta un miliardo e mezzo di utenti). Esteso su oltre il 90% della superficie del pianeta, Facebook ha superato i due miliardi di utenti mensili, nel 96% dei casi viene usato da mobile ed è maggiormente diffuso nella fascia d’età 25-34; Instagram è a un miliardo di utenti (in gran parte di età compresa fra i 18 e i 34 anni) e fa registrare il più elevato ritmo di incremento; seguono due social cinesi: Qzone e Weibo, un ibrido fra Facebook e Twitter, che si aggirano entrambi intorno ai 500 milioni di utenti. Infine, fra i 200 e i 350 milioni di utenti si collocano Twitter (usato per due terzi dai maschi), Google+, Snapchat e Pinterest. Il più diffuso social network professionale, LinkedIn, ha triplicato in un anno i suoi utenti, che superano ora i 300 milioni.
Il 75% degli utenti di Internet e il 37% della popolazione di età superiore ai 15 anni effettua acquisti in rete (per un valore di circa 1,8 trilioni di dollari e con un ritmo di incremento annuo del 14%), e in Indonesia, Cina e Thailandia più del 70% di queste transazioni avviene via smartphone; più della metà delle ricerche di un prodotto da acquistare parte dal sito di Amazon, il cui fatturato supera i 230 miliardi di dollari.
Anche gli ‘oggetti’ e le attività culturali più tradizionali e non commerciali sono migrate rapidamente e in misura consistente verso la rete. Senza considerare il materiale digitale nativo e limitandoci solo a ciò che dall’universo analogico si sta trasferendo verso quello digitale, l’offerta è in progressiva crescita. A partire dal 2005 Google Books ha approssimativamente digitalizzato e reso disponibili online 30 milioni di volumi full-text, in 400 lingue diverse e provenienti da oltre 100 paesi (non si dispone di dati più precisi e aggiornati, perché dal 2015 non vengono più fornite informazioni sullo stato d’avanzamento del progetto); Internet Archive dichiara la disponibilità di 15 milioni di ‘books and texts’, con in più 550.000 libri che non sono nel pubblico dominio, ma che possono essere presi gratuitamente in prestito digitale; Europeana offre 51 milioni di item, di cui il 43% etichettati come non meglio specificati ‘testi’; la Digital Public Library of America ha accumulato un patrimonio di 30 milioni di item; il progetto Gutenberg ha digitalizzato in formato testo 57.000 libri; la nuova start-up Perlego, destinata agli studenti universitari, ha stipulato accordi con 1.400 case editrici e ha offerto al momento del lancio oltre 200.000 pubblicazioni manualistiche da leggere in streaming. La didattica universitaria ha incrementato notevolmente la sua presenza in rete e milioni di studenti di tutti i paesi del mondo seguono i MOOC (Massive Open Online Courses), tra cui i 2.700 corsi prodotti da oltre 250 università partner della piattaforma Coursera.
Ovviamente l’elenco potrebbe continuare se considerassimo la grande quantità di progetti di conversione al digitale avviati in tutto il mondo. Oltre ai libri, attraverso Internet Archive, ma non solo, la rete mette a disposizione 4 milioni e mezzo di documenti video, 4,7 milioni di documenti sonori, 3 milioni di immagini. Sul versante musicale, la sola Spotify offre decine di milioni di brani a oltre 70 milioni di abbonati.
Dunque? In che mondo siamo? I dati che abbiamo appena riferito ci dicono che le pratiche di rete hanno strutturato un nuovo ecosistema che pervade tutti gli ambiti delle nostre attività . Detto in altri termini, la rete è diventata l’infrastruttura su cui poggia tutto ciò che facciamo2. Da tempo ha smesso di essere semplicemente uno strumento a nostra disposizione che possiamo decidere di utilizzare o di ignorare. Da quando la rete è entrata nelle nostre tasche attraverso gli smartphone e accede a noi anche se non siamo noi ad accedere deliberatamente a essa, da quando cioè abbiamo la connessione in mobilità , si è rivoluzionato il rapporto tra noi e il tempo, tra noi e lo spazio. Il wireless è nell’aria che respiriamo e attraverso i social network anche gli aspetti più intimi della nostra quotidianità si sono trasferiti sulla rete. Internet non è solo un mezzo di comunicazione che è andato ad aggiungersi o a sostituire ciò che c’era prima: è un ‘sistema’ nuovo che ha modificato radicalmente le coordinate del contesto in cui operiamo.
È avvenuto ciò che McLuhan aveva previsto oltre mezzo secolo fa, nel 19673: interpretando gli effetti che le applicazioni tecnologiche nel campo della comunicazione avrebbero prodotto sulla società e sugli individui, il sociologo canadese aveva intuito che the next medium avrebbe compreso la televisione come contenuto, ma non come ambiente (stava parlando di YouTube?), avrebbe reso obsolete le organizzazioni bibliotecarie (si riferiva ai tag e agli algoritmi di Google?), avrebbe beneficiato del talento enciclopedico di tutti noi (aveva previsto la nascita di Wikipedia e di tutto il volontariato collaborativo che la rete riesce a mobilitare?), avrebbe generato una nuova economia. In definitiva, aveva preconizzato che il nuovo medium sarebbe stato un mezzo globale di comunicazione e di ricerca, quello che poi è diventato Internet. E proprio in questi ultimi anni stiamo toccando con mano l’effetto di ‘sconfinamento’ prodotto dalla transmedialità . Eravamo abituati alla multimedialità : un contesto all’interno del quale operavano diversi mezzi di comunicazione, integrati tra loro, nel quale erano i media a occupare il centro della scena rispetto ai contenuti veicolati da ciascuno di essi. Ogni mezzo conservava, infatti, la propria specificità . Ora al centro della scena ci sono i contenuti, le diverse piattaforme sono retrocesse a veicoli di diffusione.
Per capire di cosa stiamo parlando, basti pensare a quello che è accaduto al cinema, assorbito all’interno dei servizi video digitali, di piattaforme come Netflix, Infinity, Now Tv, TIMvision, per fare solo qualche esempio. Per non dire dell’impatto che avranno Prime Video di Amazon e soprattutto Facebook Watch, la piattaforma su cui guardare in streaming video e programmi direttamente attraverso il social network più diffuso al mondo. Ovviamente le ricadute sono quantitative, in termini di utenza, ma anche qualitative, per il minore scarto generazionale: nel 2017, nella fascia d’età 14-29 anni, gli utenti dei servizi video digitali erano il 20,6% e quelli della fascia 30-44 anni arrivavano al 15%; l’anno successivo, seppure la fascia 14-29 fosse sempre in testa (29,1%), gli adulti le erano a ridosso con il 26,6%4.
1 I dati di seguito riportati e quelli citati più avanti sono tratti da Global Digital 2019, indagine condotta da We Are Social, https://wearesocial.com/it/blog/2019/01/digital-in-2019. Si veda anche https://www.alexa.com.
2 Fondamentale, a questo scopo, il concetto di ‘città intelligente’ o smart city, in cui si realizza una interazione di tipo nuovo fra gli esseri umani e l’ambiente costruito e, in pratica, il modo di intendere e di vivere le città : saranno disponibili svariati servizi riguardanti la gestione intelligente della mobilità e dell’illuminazione, dell’approvvigionamento energetico, del controllo dell’inquinamento, fino alla domotica e ad altre forme di controllo degli edifici. Pionieristiche, in questo campo, le intuizioni di Carlo Ratti, architetto italiano docente al MIT di Boston, dove dirige il Senseable City Lab. Una sintesi della sua visione del modo di prevedere e progettare il futuro delle metropoli è in Carlo Ratti [con Matthew Claudel], La città di domani. Come le reti stanno cambiando il futuro urbano, Einaudi, Torino 2017.
3 «The next medium, whatever it is – it may be the extension of consciousness – will include television as its content, not as its environment, and will transform television into an art form. A computer as a research and communication instrument could enhance retrieval, obsolesce mass library organization, retrieve the individual’s encyclopedic function and flip it into a private line to speedily tailored data of a saleable kind». Marshall McLuhan, Technology and Environment, in «Arts Canada», 205, febbraio 1967, pp. 5-6.
4 Fonte: Censis, 15° Rapporto sulla comunicazione. I media digitali e la fine dello star system, FrancoAngeli, Milano 2018.
2.
La cultura cambia funzione
Ma cos’è questo nuovo che sta prendendo il posto del vecchio? E che effetti sta producendo sulla trasmissione, sulla produzione e sul concetto stesso di cultura? Di certo la tripartizione proposta trent’anni fa da Guido Martinotti1 non funziona più. Non esistono più nell’organizzazione sociale del sapere tre diversi ‘mondi’ nettamente separati: quello del sapere ‘organizzato’ o ‘colto’, collegato alle strutture scientifiche ufficiali, sistematico, prodotto negli ambienti accademici da soggetti (studiosi, esperti, praticanti) che hanno il compito istituzionale di produrlo, conservarlo, tramandarlo; quello del sapere ‘organizzativo’ o ‘burocratico’, che comprende le conoscenze accumulate nel corso della propria attività dalle grandi organizzazioni formali, come le amministrazioni pubbliche e le imprese, le cui finalità non accademiche ma eminentemente pratiche lo facevano identificare con i saperi e le pratiche profess...
Indice dei contenuti
- Premessa
- 1. In che mondo siamo?
- 2. La cultura cambia funzione
- 3. Un ecosistema globale e territorializzato
- 4. I fili, il tessuto
- 5 . Il paradigma della cultura orizzontale
- 6. La generazione delle reti
- 7. Una nuova civiltà ?
- 8. La parola scritta, i libri, la lettura
- 9. La mutazione digitale
- 10. La cultura del fare
- 11. I giovani e l’informazione
- 12. Porte diverse: come cambia l’accesso
- 13. Intrattenimento e partecipazione culturale
- 14. La musica
- 15. Le televisioni
- 16. La radio
- 17. Il cinema
- 18. I videogiochi
- 19. I festival
- Considerazioni conclusive
- Gli autori