Medioevo al femminile
  1. 224 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Informazioni su questo libro

Egeria la pellegrina, Baudonivia la biografa, Dhuoda la madre, Rosvita la poetessa, Trotula il medico, Eloisa l'intellettuale, Ildegarda la profetessa, Caterina la mistica: otto ritratti biografici e letterari tanto più avvincenti in quanto rappresentativi ciascuno di un diverso itinerario umano e sociale. Mai come in questo volume è stato messo in luce così chiara il molteplice, enigmatico, affascinante volto della donna medievale.

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Informazioni

Rosvita
la poetessa
di Ferruccio Bertini

Ci sono due luoghi comuni assai radicati da sfatare quando si parla di Rosvita e del suo tempo. Il primo è quello secondo cui il secolo X è uno dei periodi più oscuri della storia della civiltà europea, tale da contendere al secolo VII la palma del minimo livello culturale raggiunto in un’epoca storica.
Questo luogo comune ha contribuito a suscitare e a diffondere l’immagine di un Medioevo cupo e leggendario, nel quale innumerevoli orde barbariche, dal livello di vita ferino, attraversano, devastandole, le regioni che un tempo costituivano l’Impero romano d’Occidente e se le spartiscono in base alla legge della foresta.
Il secondo è quello per cui Rosvita è un fenomeno letterario assolutamente unico e inspiegabile, che, come tale, va indagato e analizzato. Se si eccettuano pochi ‘addetti ai lavori’, tra le persone colte è impressione diffusa che Rosvita fosse una dolce e colta suora vissuta tra le sicure mura del convento di Gandersheim, lontana dal frastuono delle armi; al riparo dai pericoli delle guerre che dilaniarono la sua epoca, ella avrebbe composto opere fortemente stilizzate e chiaroscurate, i cui protagonisti cristiani, vergini e martiri, valendosi dell’aiuto di Dio avevano sempre la meglio nei confronti dei loro oppressori e persecutori pagani.
Opere anacronistiche e utopistiche quindi le sue, stupefacenti e affascinanti proprio perché in aperto e stridente contrasto, storico e culturale, con la realtà del suo tempo.
I due luoghi comuni hanno trovato ciascuno la sua sintesi in una definizione celebre: il secolo X è noto come «il secolo di ferro»; Rosvita merita particolare attenzione perché rara avis in Saxonia est.
Queste definizioni, facili da ricordare per la loro brevità lapidaria, sono state ripetute innumerevoli volte, tanto da divenire patrimonio comune e da assumere sapore proverbiale; ma ci si è dimenticati che a proporle erano stati rispettivamente Cesare Baronio ed Enrico Bodo vissuti entrambi nel XVI secolo. Se al dotto cardinale è difficile riconoscere specifica competenza fuori del campo della storia ecclesiastica, al monaco di Chiusa è difficile riconoscerla nel campo della storia letteraria; e infatti entrambe le fortunate definizioni sono, in tutto o in parte, errate.
Di Rosvita si sa soltanto quel poco che risulta dagli scarsi accenni contenuti nelle prefazioni, nei prologhi e nelle dediche delle sue opere. Si ritiene che sia nata verso il 935 perché nella prefazione al I libro, contenente i poemetti agiografici, ella afferma che la badessa Gerberga II è più colta di lei, pur essendo più giovane (praef. I 7: aetate minor... sed scientia provectior); e Gerberga, a quanto sembra, era nata intorno al 940.
Poiché nei vv. 71-80 dei Primordia coenobii Gandeshemensis Rosvita allude alla morte di Ottone I, è chiaro che nel 973 era viva, ma per quanti anni ancora lo rimase? Forse fino intorno al 1000, ma è una pura supposizione.
Quanto al convento di Gandersheim, in cui ella visse gran parte della sua vita, era il grande monastero femminile nel quale le nobili fanciulle della real casa di Sassonia crescevano e venivano educate; era un’istituzione ricca, la cui badessa aveva mezzi sufficienti per commissionare la costruzione di edifici, o la realizzazione di opere d’arte o di preziosi manoscritti per la biblioteca. In quel convento amava soggiornare Teofano, la colta principessa bizantina che Ottone II aveva sposato nel 972, un anno prima di diventare imperatore, succedendo al padre; in esso furono certamente educate le sue due figlie, Adelaide e Matilde, nate fra il 977 e il 979, sorelle del giovane e sfortunato imperatore Ottone III (Adelaide, anzi, ne divenne addirittura badessa dal 1039 al 1043); in esso andò a morire nel 995 Enrico il Litigioso, padre di Enrico II il Santo, che succedette a Ottone III e fu l’ultimo imperatore della dinastia sassone.
All’epoca di Rosvita il tramite più autorevole tra il convento di Gandersheim e la corte di Ottone I era però certamente il fratello del re, cioè Brunone, duca di Lorena, arcivescovo di Colonia e, in seguito, cancelliere del regno. Egli conosceva il latino, il greco, la filosofia e la matematica e, secondo la poetessa, era l’uomo più colto del suo tempo (gest. Ott. 64-65); gli era stata perciò affidata l’educazione del nipote, il futuro Ottone II, ma naturalmente fino al 965, anno della sua morte, mantenne buoni rapporti anche con un’altra nipote, cioè appunto con la badessa Gerberga. Mentre Ottone I, come già Carlo Magno, cercava di imparare il latino per coonestare, anche culturalmente, il titolo che il papa Giovanni XII gli aveva conferito a Roma nel 962, ponendogli sul capo la corona del Sacro Romano Impero, Brunone, dal canto suo, s’impegnava perché a corte confluissero da ogni parte del mondo i migliori studiosi.
Egli amava molto i classici, che aveva studiato sotto la guida del grande Raterio, ma leggeva volentieri soprattutto Terenzio: ce lo ha ben documentato il suo discepolo e biografo Ruotgero, scrivendo di lui che «siccome era consapevole di essere un uomo, ritenne che nulla di umano gli fosse estraneo» (Ruotg. vita Brun. 8), dove la citazione humani nihil alienum a se putavit è un emblematico calco del celebre verso 77 dell’Heautontimorumenos terenziano. Lo stesso Ruotgero ricorda che «mentre altri crepavano dalle risate per le battute e gli atteggiamenti dei vari personaggi delle commedie e delle tragedie, egli le andava leggendo e rileggendo sempre con grande serietà (ipse semper serio lectitabat), perché era convinto che il contenuto non avesse alcun valore, mentre attribuiva la massima importanza alla disposizione delle parole».
Farsi un’idea della cultura di Rosvita in rapporto all’ambiente circostante sulla base di queste e di poche altre notizie in nostro possesso non appare compito facile, ma la prefazione al II dei tre libri in cui sono divise le sue opere, quello che contiene i sei dialoghi drammatici, ci permette di comprendere i motivi profondi del suo impegno letterario. Si tratta di un documento importantissimo, anche sul piano storico, perché ci chiarisce la situazione culturale del convento di Gandersheim e della corte ottoniana e ci consente di valutare la scarsa consistenza dei due pregiudizi citati, ovvero la presunta incultura del secolo X e la singolarità della poetessa sassone.
Scrive dunque Rosvita (praef. II 1-5; 8-9):
Vi sono molti cattolici (e di questo non possiamo assolutamente giustificarli) che per la raffinata eleganza della lingua antepongono la frivolezza dei libri pagani all’utilità delle Sacre Scritture. Ce ne sono altri poi che, pur attenendosi fedelmente alle pagine sacre e pur disprezzando altre opere di autori pagani, leggono e rileggono di frequente le creazioni poetiche di Terenzio e, mentre si godono la dolcezza della sua lingua, sono contaminati dalle scelleratezze di cui vengono a conoscenza. Perciò, mentre altri ne coltivano la lettura, io, la squillante voce di Gandersheim, non ho avuto scrupolo di imitarlo nelle mie composizioni, perché nello stesso genere di composizioni in cui venivano rappresentate oscene sconcezze di donne senza pudore venisse esaltata, in base alle modeste capacità del mio ingegno, l’encomiabile illibatezza di sante vergini cristiane.
Una cosa, però, mi costringe non di rado ad arrossire e a vergognarmi profondamente ed è il fatto che, costretta dalla natura di queste composizioni, nell’atto stesso del comporle ho immaginato mentalmente e descritto materialmente con la penna l’esecrabile dissennatezza di coloro che si abbandonano a illeciti amori e l’amara dolcezza dei loro colloquî, che al nostro orecchio non è lecito neppure ascoltare. Ma se, per vergogna, tralasciassi tutto ciò, non realizzerei il mio intento e non riuscirei ad esaltare così pienamente, in base alle mie possibilità, la gloria degli innocenti, perché quanto più le lusinghe dei folli innamorati sono atte a sedurre, tanto più alta risplende la gloria del soccorritore divino e tanto più gloriosa è la vittoria di coloro che trionfano su di esse, soprattutto quando a vincere è la debolezza di una donna e a soccombere vergognosamente è il vigore di un uomo [...].
Pertanto non nutro per me stessa un amore tanto grande che mi induca – per evitare le critiche – a smettere di celebrare – in qualunque luogo Egli me ne darà la possibilità – la virtù di Cristo, che opera nei Santi. Certo, se il mio atteggiamento devoto riesce gradito a qualcuno, ne sarò contenta; se invece, vuoi per la mia inettitudine, vuoi per la grossolanità della mia lingua piena di difetti, non riesce gradito a nessuno, tuttavia mi compiaccio ugualmente con me stessa di averlo fatto perché, mentre tento di abbellire lo scarso valore della mia fatica in altre operette frutto del mio modesto talento componendole col metro eroico, in questa, vincolandola con la struttura drammatica, evito, tenendomene lontana, le pericolose raffinatezze dei pagani.
Quando Rosvita descrive coloro che «pur attenendosi fedelmente alle pagine sacre (sacris inhaerentes paginis) [...] leggono e rileggono di frequente le creazioni poetiche di Terenzio (Terentii... fingmenta frequentius lectitant)» non può alludere che a Brunone: l’uso dello stesso verbo (lectitare) da parte del biografo e della poetessa ne è sicura conferma. Ma allora è evidente che Rosvita combatte una battaglia su due fronti: contro il commediografo antico, ma anche contro l’arcivescovo suo contemporaneo che, affascinato dall’eleganza della lingua e dello stile di Terenzio, lo leggeva e rileggeva continuamente.
Siccome però le commedie terenziane costituivano una lettura pericolosa per un cristiano, poiché contenevano «oscene sconcezze di donne senza pudore» (turpia lascivarum incesta feminarum), Rosvita si propone di sostituire tali nefandezze con l’esaltazione dell’«encomiabile illibatezza delle sante vergini cristiane» (laudabilis sacrarum castimonia virginum).
Da qui il cambiamento di genere letterario e il passaggio dagli otto poemetti agiografici in esametri o in distici del I libro ai sei dialoghi drammatici in prosa rimata del II libro. Le ripetute dichiarazioni autoapologetiche di inadeguatezza e le proteste della propria inferiorità nei confronti del modello («Certo non ho dubbi che da parte di qualcuno mi si possa rinfacciare che la pochezza di questa composizione è molto inferiore, di molto minor respiro e completamente diversa nel contenuto dal modello che intendevo imitare [...] Non sono certo così presuntuosa da osare paragonarmi neppure con gli ultimi epigoni dei classici», praef. II 6-7) non sono tuttavia manifestazioni di sincera umiltà, ma piuttosto topiche espressioni retoriche, intese a sollecitare la benevola attenzione del lettore.
Quanto al preteso e ricorrente riconoscimento dell’inferiorità femminile, esso può apparire addirittura provocatorio se la soddisfazione provata «quando a vincere è la debolezza di una donna e a soccombere vergognosamente è il vigore di un uomo» si riferisce non solo alle lotte vittoriose sostenute dalle eroine dei suoi drammi contro i loro persecutori, ma anche alla propria battaglia personale con Terenzio.
Un altro personaggio di grande apertura culturale che era certamente di casa a Gandersheim era Edvige, sorella della badessa Gerberga. Storicamente nota per aver retto con grande energia il ducato di Svevia dopo la morte del decrepito marito Burcardo, Edvige di Baviera è però celebre sop...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione di Ferruccio Bertini
  2. Egeria la pellegrina di Franco Cardini
  3. Baudonivia la biografa di Claudio Leonardi
  4. Dhuoda la madre di Franco Cardini
  5. Rosvita la poetessa di Ferruccio Bertini
  6. Trotula il Medico di Ferruccio Bertini
  7. Eloisa l’intellettuale di Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri
  8. Ildegarda la profetessa di Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri
  9. Caterina la mistica di Claudio Leonardi
  10. Immagini