1. La pubblicitĂ sociale.
Una ricognizione semiotica
Paradossalmente parlare di pubblicitĂ sociale in una prospettiva semiotica non è semplice. Certo è possibile individuare i soggetti che ne definiscono il funzionamento (committenti, agenzie di pubblicitĂ , destinatari), analizzare lâinsieme delle tematiche sulle quali si misura questo ambito della comunicazione, tentare la via (difficile) della ricostruzione storica del fenomeno, elaborare una mappa delle sue forme testuali. Tuttavia i tentativi di classificare questa modalitĂ della comunicazione sono oggetto di una discussione continua, di un dibattito aperto. Ancora piĂš complesso, come si vedrĂ , è il tema cruciale intorno al quale necessariamente ruota una riflessione approfondita sulle strategie discorsive della pubblicitĂ sociale: lâefficacia.
Certamente le forme del discorso sociale a vocazione promozionale condividono con la pubblicitĂ commerciale alcune logiche della significazione.
In particolare la pubblicitĂ sociale è un genere discorsivo articolato in una serie di attivitĂ mediali molteplici che impiegano formati analoghi a quelli impegati nellâambito della pubblicitĂ commerciali (le dimensioni di unâaffissione, la durata di uno spot radiofonico o audiovisivo, lo spazio di un magazine o di un quotidiano riservato agli annunci promozionali) allo scopo di mobilitare il destinatario nei confronti di tematiche di interesse collettivo. PiĂš precisamente, gli obiettivi che caratterizzano la pianificazione e la realizzazione delle campagne sociali consistono nel sollecitare interesse e consapevolezza nei confronti di tematiche drammatiche, nellâincentivare o scoraggiare atteggiamenti e/o condotte relativi a tali ambiti e, infine, nel sostenere le attivitĂ di fund raising essenziali per garantire il funzionamento delle organizzazioni e dei soggetti impegnati nella ricerca di una soluzione.
Se da un lato il funzionamento del linguaggio pubblicitario è comune, dallâaltro la pubblicitĂ sociale possiede tuttavia una vera e propria autonomia sul piano della significazione, una natura sanzionatoria che la distingue dalle forme del discorso commerciale perchĂŠ mira innanzitutto a promuovere non un prodotto ma un valore, e in secondo luogo a trasformare in modo duraturo la consapevolezza di una condotta sbagliata, dannosa o rischiosa in uno stile di vita corretto. La natura pragmatica si sposa dunque con la retorica del linguaggio pubblicitario dando vita a una forma di comunicazione alla ricerca costante di un equilibrio tra informazione e provocazione. In uno scenario della comunicazione caratterizzato da una competizione sempre piĂš serrata tra i soggetti promotori di campagne sociali, risulta sempre piĂš complesso dare forma in modo efficace a problemi di difficile soluzione, sensibilizzare in modo originale uno spettatore assuefatto alla seduzione del linguaggio pubblicitario declinato in tutte le sue modalitĂ espressive.
Si tratta dunque di andare oltre lo stereotipo che identifica la pubblicitĂ sociale con un tipo di messaggio banale, âbuonistaâ, di scarsa efficacia, lontano dalla spregiudicatezza e dai virtuosismi creativi della pubblicitĂ commerciale. Come si vedrĂ questa è una visione decisamente riduttiva: nella realtĂ la pubblicitĂ sociale giĂ da tempo non va piĂš a traino della pubblicitĂ tout court ma sperimenta nuove strategie, tattiche e tecniche, i suoi protagonisti accettano nei casi migliori di misurarsi in maniera intelligente con tabĂš e stereotipi.
Sangue a fiumi durante un matrimonio orientale, scatole craniche aperte e cervelli tagliuzzati con una lametta, feti esposti in cabine telefoniche. Non sono clamorose anticipazioni della sceneggiature di Kill Bill Volume 3. Sono solo scene tratte da alcune delle piĂš recenti campagne internazionali di comunicazione sociale. Per la cronaca, campagne rispettivamente contro lo sterminio degli squali in occasione dei matrimoni cinesi, contro lâuso di cocaina tra i giovani, e a favore del reparto neonatale di un ospedale neozelandese (Caprara, Fontanot 2005, p. 279).
Il marketing ha da tempo elaborato una riflessione estremamente articolata sulle difficoltĂ e sugli obiettivi strategici della pubblicitĂ sociale, sulle trasformazioni che la segnano in una prospettiva di mercato globale del fundraising. Affrontare questo campo di indagine in una chiave sociosemiotica significa anche capitalizzare la lezione fondamentale sviluppata da Kotler e Andreasen relativamente al marketing per le organizzazioni non profit (1975), analizzando il modo in cui una serie di fattori economici, psicologici e sociali incide sullâorganizzazione interna dei testi, sulla circolazione sociale di una campagna, sulla capacitĂ di sollecitare una reazione nel destinatario.
In questo senso è importante fissare alcuni punti che consentiranno progressivamente di mettere a fuoco potenzialitĂ e criticitĂ della pubblicitĂ sociale nelle sue forme piĂš innovative, senza perdere di vista le esigenze, gli obiettivi e i risultati attesi che, a monte e a valle, fanno da cerniera allâelaborazione di precise strategie di comunicazione. Nella prospettiva da cui muove questo lavoro, la pubblicitĂ sociale è dunque una forma di discorso la cui vocazione consiste nel trasformare dei limiti, delle criticitĂ in punti di forza. I principali fattori da prendere in considerazione sono i seguenti.
Nonostante si tratti di un settore in rapida ascesa, in cui gli investimenti sono in aumento su scala internazionale, spesso, soprattutto nel caso in cui il committente non appartenga alla sfera pubblica, i budget a disposizione sono piuttosto limitati. A fronte di risorse non adeguate, lâobiettivo che la campagna si prefigge di perseguire risulta decisamente ostico: si tratta infatti di convincere il destinatario a modificare un atteggiamento o addirittura a trasformare radicalmente la consapevolezza dellâurgenza di un problema sociale in una condotta ritenuta opportuna.
La pubblicitĂ sociale è unâattivitĂ decisiva per la sopravvivenza del terzo settore e delle organizzazioni non profit impegnate in una competizione per il reperimento dei fondi e per il consolidamento della propria identitĂ visiva (Floch 1995) che si gioca non solo su scala locale ma su un terreno internazionale.
Rispetto alle tradizionali forme testuali della pubblicitĂ commerciale, la comunicazione sociale non gode di una visibilitĂ massiccia e prolungata nel tempo, la sua diffusione spesso è affidata alla capacitĂ di fare presa sullâagenda setting dei mezzi di informazione, in particolare nasce dallâattitudine a innescare un fruttuoso passaparola nei media digitali e nelle piattaforme dei social network.
Per le agenzie pubblicitarie il social advertising non solo è unâattivitĂ importante sotto il profilo economico ma è anche una palestra per la sperimentazione di strategie e tattiche promozionali estendibili allâambito commerciale.
Si tratta di fattori che incidono in modo decisivo sul funzionamento del social advertising, e in particolare delle forme piĂš innovative del cosiddetto social guerrilla in cui il confezionamento dei testi, la scelta del formato, la pianificazione della sua diffusione si accompagnano a un prerequisito essenziale: la capacitĂ di leggere le logiche dei media, di coglierne le dinamiche, di saper sfruttare, come testimoniano le migliori campagne di comunicazione sociale, risorse limitate e spazi ridotti per provocare disturbo, suscitare interesse e attenzione.
Come si vedrĂ , si tratta di un passaggio decisivo che consiste, nei casi piĂš rilevanti sotto il profilo semiotico e pragmatico (diffusione sociale del messaggio, supporto al processo di fundraising, incremento della visibilitĂ del soggetto dellâenunciazione), nella messa a punto di un fare di tipo strategico, articolato in un insieme di tattiche e di tecniche, una pianificazione dellâazione comunicativa spesso fondata sulle logiche dellâintertestualitĂ , dellâinterdiscorsivitĂ , dellâintermedialitĂ .
La pubblicitĂ sociale si presta dunque ad essere indagata in una chiave sociosemiotica perchĂŠ si tratta di una pratica discorsiva che trova il proprio fondamento e la propria funzione, nel dare forma nei testi a dinamiche sociali complesse, temi delicati a forte rischio di usura che vengono ignorati o al contrario sovra rappresentati nel dibattito politico, mirando a trasformare le relazioni che legano soggetti diversi: istituzioni, ONG, mondo imprenditoriale, associazionismo, cittadinanza. Come afferma Eric Landowski (1999, p. 8)
Al di lĂ o al di qua delle scelte relative alla superficie lessicale e stilistica, e anche indipendentemente dai valori che vengono veicolati, si tratterĂ in primo luogo per noi di rendere conto del discorso dal punto di vista della sua capacitĂ di âagireâ e di âfar agireâ modellando e, piĂš spesso, modificando le relazioni fra gli agenti che esso coinvolge a titolo di interlocutori linguistici.
Lâobiettivo principale di questo lavoro è dunque studiare il modo in cui prende forma nei testi il passaggio dal dibattito al discorso, dallâarena pubblica della discussione sui temi di rilevanza sociale, con i suoi soggetti e strategie, ai testi mediali il cui scopo è rappresentare in modo efficace il repertorio delle tematiche di interesse collettivo che presentano un alto livello di criticitĂ . Secondo questa prospettiva, dunque, nel libro la parola testo verrĂ impiegata con riferimento a costrutti di tipo culturale, dotati di una certa complessitĂ e stratificazione, le cui singole componenti sono poste in relazione secondo i principi della coerenza e della coesione.
Le forme testuali, con riferimento allâambito composito dei media, sono articolate in funzione di generi, linguaggi, formati e in nessun caso possono essere considerate come dei semplici contenitori per raccogliere e veicolare messaggi, come semplici ârecipientiâ di processi della comunicazione piĂš o meno eterogenei e complessi. Piuttosto, con riferimento al vasto ambito della pubblicitĂ sociale, la nozione di testo verrĂ intesa come un modello utile a dare conto delle logiche interne alla dimensione socioculturale. In questo senso, come verrĂ mostrato con riferimento a un ampio corpus di campagne sociali declinate in funzione di tematiche diverse, le cosiddette forme non convenzionali del social advertising sono il risultato (soggetto a una continua rinegoziazione) di una serie di trasformazioni di ampia portata che vanno ben oltre il piano di manifestazione di un testo (lo slogan, la rappresentazione figurativa della causa sociale o degli attori che in essa sono coinvolti) e che sollecitano una riflessione sullâinsieme di relazioni che intercorrono tra il genere mediale della pubblicitĂ e le logiche di funzionamento di ambiti molto distanti dalla sfera commerciale (politica, terzo settore, non profitâŚ)
Per una semiotica che fonda la propria credibilitĂ teorica e lâefficacia dei propri strumenti di metodo sullâanalisi dei testi e non sulle dichiarazioni dei protagonisti della comunicazione, diventa cruciale la riflessione non solo sulla forma di rappresentazione dei temi (ambiente, salute, tutela dei diritti fondamentaliâŚ), ma soprattutto sui simulacri dei soggetti coinvolti nella âfilieraâ della pubblicitĂ sociale. In particolare, si tratterĂ di analizzare in modo dettagliato le diverse strategie tramite le quali i soggetti del discorso sociale prendono forma allâinterno del testo, tanto con riferimento alle figure dellâenunciatore (le modalitĂ con le quali le istituzioni, le organizzazioni non governative, lâassociazionismo si mettono in scena nel racconto rivendicando la legittimitĂ e lâurgenza del proprio intervento), quanto alle figure dellâenunciatario (il profilo del destinatario ideale della campagna rappresentato nel testo).
Lâefficacia di questo genere di discorso non si fonda banalmente sulla dichiarazione delle buone intenzioni che guidano lâoperato di un soggetto impegnato nel sociale ma sulla competenza nella costruzione di un testo al tempo stesso credibile sul versante della circolazione delle informazioni, (dimensione del sapere) e coinvolgente sul piano patemico, vale a dire in grado di fare presa sulla sensibilitĂ del destinatario.
A un primo sguardo la pubblicitĂ sociale sembra un discorso condannato a un fallimento annunciato, il luogo testuale in cui si cerca di dare forma in modo efficace allâutopia del cambiamento sociale. Allo stesso modo è innegabile che la complessa macchina pubblicitaria sia lo strumento ideale per dare voce a una pratica che è per natura connotativa ed è costretta a una dialettica costante con lâinsieme dei segni in assoluto piĂš rigido e resistente alle variazioni: quello degli stereotipi.
Una dimensione che svolge un ruolo fondamentale nel funzionamento di questo genere di azioni comunicative è costituita dunque dallâenunciazione, vale a dire dal processo che consente non solo a un soggetto di produrre concretamente un testo a partire dalle potenzialitĂ espressive predisposte allâinterno di un sistema linguistico, ma soprattutto di inscrivere al suo interno dei delegati di parola e dei simulacri che ne orientano il funzionamento, posizionando il destinatario empirico e tentando di sollecitarne la reazione (Manetti 1998; 2008).
Secondo questa prospettiva, lâefficacia dei testi nasce dunque innanzitutto a partire dalla costruzione di un contratto di tipo enunciazionale, vale a dire una relazione tra i soggetti del processo di comunicazione sociale che si realizza, in forma mediata, allâinterno delle diverse forme testuali. Ad esempio, restando nellâambito delle campagne sociali proposte dalle istituzioni pubbliche, è possibile elaborare (Grandi 2001) una classificazione che tiene conto del livello di complicitĂ o, viceversa, di distanza che si stabilisce tra i simulacri del soggetto dellâenunciazione e dellâenunciatario. La âvoceâ delle istituzioni pubbliche si dispiega dunque allâinterno di uno scenario articolato di strategie dellâenunciazione che secondo Grandi si articola in alcune macro categorie:
â strategia di persuasione secondo il volere basata sulla distanza pedagogica
â strategia di persuasione secondo il potere basata sulla complicitĂ
â strategia di persuasione secondo il volere basata sulla complicitĂ
â strategia di persuasione secondo il potere basata sulla distanza pedagogica
â strategia di convincimento secondo il sapere basata sulla distanza non pedagogica.
Come è evidente, lâefficacia di una campagna di social advertising è costruita dunque a partire da una serie di mosse enunciative, dalla capacitĂ dellâemittente di fare presa sul pubblico, stabilendo un âdialogoâ che emerge in primo luogo allâinterno al testo. Se nella pubblicitĂ commerciale il livello dellâenunciazione riveste un ruolo essenziale nella messa a punto dellâuniverso di valori connotativi legati al brand e nella costruzione del rapporto di fiducia con il consumatore, nellâambito della pubblicitĂ sociale è un prerequisito indispensabile senza il quale verrebbe meno la vocazione stessa degli attori in esso coinvolti: promuovere un reale cambiamento sociale a partire dalla mediatizzazione di temi, valori, pratiche.
In questo senso, come si vedrĂ nel dettaglio a proposito delle forme di social guerrilla, i margini di sperimentazione e di innovazione sul piano del linguaggio si configurano innanzitutto come il prodotto di precise st...