Contro la vostra realtà
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Angela Nagle

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Contro la vostra realtà

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Hacker, blogger e troll sono stati salutati anni fa come gli alfieri di una nuova libertà. Niente di più sbagliato: nei luoghi oscuri del web, tra alt-right, misogini integralisti, teorici dell'anti-illuminismo e difensori della razza ariana, è nato e cresciuto il movimento che mirava a distruggere la democrazia – e che forse, oggi, ci è finalmente riuscito. spaventoso come un racconto dell'orrore eppure tremendamente reale, Contro la vostra realtà è il viaggio allucinante nelle tenebre di internet, nei "nascondigli in piena luce" dove videogame, nazifascismo, manga e violenza estrema convivono nel più feroce e disturbante grido di guerra che si sia mai sentito – quello degli abitanti del web profondo che, dopo aver sconfitto gli odiati sostenitori del politically correct, si apprestano a una nuova conquista: quella del mondo reale.

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Capitolo 1

La controrivoluzione digitale senza leader
Vale la pena tornare con la memoria al 2010 e agli anni immediatamente seguenti, quando l’utopismo tecnologico ha vissuto la sua più grande affermazione dai tempi dell’esplosione della bolla delle dot-com negli anni ’90. Questa volta esso si impose in risposta a una serie di eventi politici che interessavano tutto il mondo, dalla Primavera araba al movimento Occupy, fino ai nuovi movimenti hacker politicizzati. Anonymous, Wikileaks e le proteste di massa in Spagna e Medio Oriente, onnipresenti sui media, furono oggetto di un’enorme quantità di giudizi e analisi sul loro significato profondo. Tutti questi eventi venivano spiegati con la crescita dei social media ed erano descritti come una nuova forma di “rivoluzione digitale senza leader”. I toni altisonanti e iperbolici del momento avrebbero dovuto da soli creare scetticismo, ma quasi tutti, a sinistra, si lasciarono trasportare dall’entusiasmo provocato dalle immagini di enormi folle nelle pubbliche piazze che apparivano sui social network e, da lì, approdavano sui media tradizionali.
Libri, social media e innumerevoli articoli e blog dai toni fin troppo entusiastici festeggiarono l’arrivo dell’era a lungo profetizzata dai cyberutopisti della prima ora. Un esempio tipico dei toni utilizzati all’epoca è il libro celebrativo The Revolution Will be Digitized di Heather Brooke, nel quale l’autrice afferma che “la tecnologia sta abbattendo le tradizionali barriere sociali di status, classe, potere, ricchezza e geografia, e le sta sostituendo con un ethos di collaborazione e trasparenza”. Quando i sit-in organizzati online e senza leader iniziarono a comparire in Spagna e in tutto il mondo, Adbusters, una rivista canadese anti-consumista, pubblicò un articolo più volte condiviso a firma di Manuel Castells, intitolato “Il disgusto diventa network”. Castells sosteneva che la società in rete, su cui aveva scritto per gran parte della sua carriera, aveva assunto una nuova forma radicale. Paul Mason, un giornalista della BBC, pubblicò il libro Why It’s Kicking Off Everywhere, nel quale raccontava i rivoluzionari di piazza Tahrir, la “Twitter Revolution” iraniana e le proteste di Occupy Wall Street, fortemente sostenute da hashtag che si diffusero in tutto il mondo.
Tanto fervore, però, si spense nel giro di pochi anni. La rivoluzione egiziana si risolse persino in qualcosa di peggiore rispetto a ciò contro cui lottava, e portò al potere i Fratelli Musulmani. Gli stessi islamisti avevano guidato le proteste nelle strade, e presto emersero racconti di stupri avvenuti sulla stessa piazza che poco prima era stata simbolo di speranza. La dittatura militare tornò presto al potere. I dimostranti di Occupy Wall Street si ritrovarono letteralmente privati di ogni obiettivo e vennero cacciati a forza dal suolo pubblico dalla polizia, tenda dopo tenda. Alla fine del 2013, un movimento simile prese piede in Ucraina, con le stesse, romantiche scene di potere al popolo nella pubblica piazza. Tuttavia, questa volta, il racconto della vicenda nei termini di “network senza leader”, che già cominciava ad apparire un po’ meno convincente, venne accantonato dal momento che le proteste sfociarono presto in scontri di piazza di stampo fascista.
Durante molti degli eventi che entrarono invece nella narrazione della “rivoluzione digitale senza leader,” come Occupy Wall Street o le proteste di piazza spagnole, durante le quali a migliaia avevano occupato Puerta del Sol, la maschera di Guy Fawkes venne utilizzata come simbolo. Le origini online della maschera e le sensibilità politiche intercambiabili che possono essere ricostruite attraverso la stessa maschera, tuttavia, erano l’indizio che un tipo completamente diverso di movimento online senza leader stava per nascere.
Dopo l’elezione di Trump, tutti si mostrarono d’un tratto interessati a questo nuovo movimento di destra attivo sul web che aveva fatto breccia a colpi di meme su siti popolari come la sezione di Reddit dedicata a “The Donald” arrivando fino al mainstream della web culture, con Pepe the Frog che dominò l’immaginario comune nel periodo precedente alle elezioni statunitensi. Questo singolare miscuglio di fenomeni online ascrivibili alla destra, che includeva qualsiasi cosa da Milo Yiannopoulos a 4chan.org ai siti neonazisti, venne battezzato “alt-right” dalla stampa. In senso stretto, come puntualizzato immediatamente da un’armata di internauti pedanti, il termine alt-right veniva utilizzato dagli stessi circoli online che vi si riconoscevano solo nel senso di una nuova ondata di movimenti e sottoculture segregazionisti e nazionalisti bianchi, esemplificati da “portavoce” come Richard Spencer, che definì gli Stati Uniti uno “stato etnico bianco e un impero bianco pan-nazionale modellato grossomodo sull’impero romano”. I media appartenenti al movimento includono anche il video blogger scozzese Millennial Woes, Red Ice, siti come Radix e l’editore Counter-Currents.
Nell’orbita della alt-right, dove spesso e volentieri opposte fazioni si combattono tra loro, gravita anche una più vecchia generazione di difensori della razza bianca, che pongono più indietro nel tempo la nascita della alt-right, ma della quale la alt-right si nutre e da cui viene influenzata, come ad esempio Jared Taylor del sito American Renaissance, che si definisce “realista razziale”, e figure come Kevin B. MacDonald, editorialista dell’Occidental Observer, descritto dalla Anti-Defamation League come una delle principali voci dell’antisemitismo per gli intellettuali d’estrema destra. La alt-right si occupa, a vari livelli, di quoziente intellettivo, calo demografico e declino della civiltà europea, decadenza culturale, marxismo culturale, antiegualitarismo, islamizzazione e soprattutto, come il nome stesso suggerisce, di creare un’alternativa all’establishment conservatore di destra, che loro definiscono con sprezzo cuckservative (“conservatori cornuti e contenti”)1 per la loro debole passività cristiana e per aver offerto, metaforicamente, le loro “donne”, cioè la loro nazione e la loro razza, agli invasori stranieri non di razza bianca.
Esistono poi tendenze di destra anti-egualitaria e reazionaria più oscure, come il precedente movimento neoreazionario NRx, che conta tra le sue fila pensatori e blogger come Mencius Moldbug e Nick Land, creatori di idee influenti come quella della “Cattedrale” (Moldbug) e quella dell’“Illuminismo Oscuro” (Land). L’idea della Cattedrale ricorda da vicino la concezione dell’ideologia nella teoria marxiana, che la ritiene un sistema onnicomprensivo e una prigione del pensiero. L’Illuminismo Oscuro gioca ironicamente con il modello dell’Illuminismo, e si basa su un’idea di progresso guardata con sospetto e sul rifiuto del paradigma liberale. Tra tutti i pensatori della alt-right, Land è il più sfuggente: un tempo vicino al movimento radicale degli accelerazionisti e ancora oggi portatore di un pensiero altamente idiosincratico, non è un personaggio facile da inquadrare. Nell’ambito della destra radicale libertaria favorevole alla tecnologia, tra le preoccupazioni più comuni ci sono quelle relative ai bitcoin, al seasteading – l’idea di Peter Thiel di creare uno Stato a sé al largo della costa degli Stati Uniti – e le applicazioni del transumanesimo da parte delle élite di destra. È ovvio tuttavia che ciò che oggi definiamo alt-right non riuscirebbe mai a raggiungere il mainstream e le nuove generazioni se si esprimesse solo nella forma di lunghi trattati pubblicati su oscuri blog. È stata la cultura basata sulle immagini e sull’umorismo dell’irreverente fabbrica di meme 4chan (in seguito 8chan) che ha dato alla alt-right la sua energia giovanile, carica di voglia di trasgredire e di strategie da hacker. La maschera di Guy Fawkes usata nelle proteste del 2011 era un riferimento ad Anonymous, che proprio dallo stile anonimo e caotico di 4chan prese il nome, l’etica priva di leader e ostile alla celebrità e lo stile di networking. V per Vendetta, da cui viene la maschera, e la cosiddetta “età oscura dei fumetti” hanno influenzato la sensibilità estetica di tutta questa vasta cultura online.
Sebbene il rifiuto di inserirsi nella tradizionale divisione destra/sinistra da parte di certe aree di protesta incentrate su Internet sia stato elogiato da alcuni osservatori, la mancanza di radici di questa politica in rete priva di leader merita forse di essere esaminata oggi con occhio maggiormente critico. Nel corso degli anni, le azioni di Anonymous hanno indifferentemente colpito dalla sinistra alla destra libertaria, passando per tutto quello che c’è in mezzo, prendendo di mira chiunque, dai fan di Justin Bieber alle femministe, dai fascisti agli esperti di cybersecurity, e assumendo gli stessi toni da “smascheratori di pervertiti” per lungo tempo attribuiti con scherno ai lettori delle riviste scandalistiche.
Per comprendere le linee politiche apparentemente contraddittorie di 4chan e Anonymous e coglierne il collegamento con la alt-right, è importante ricordare che il graduale spostamento a destra nella chan culture2 avvenne inizialmente nella sezione di 4chan dedicata alla politica (/pol/), e non nella molto meno politica (per quanto sempre estrema) sezione “generica” (/b/). Nel mentre, all’apice della fama del profilo pubblico di Anonymous, tra 2010 e 2012 circa, gli “invertiti morali” tendenti a sinistra che gravitavano attorno al portale AnonOps IRC si trovarono sempre di più sotto controllo e sottoposti a uno stato di repressione. La mancanza di una componente più libertaria e di sinistra nella chan culture creò un vuoto che la destra della cultura web fu abile a riempire con i suoi meme pieni di feroce umorismo politicamente scorretto.
4chan, creato dall’allora teenager Chris Poole (noto anche con il nickname “moot”) partendo dal sito 2chan, aveva esordito come base per gli scambi tra appassionati di anime giapponesi, ma la principale influenza sullo stile che Poole dette al sito veniva da una sezione del forum Something Awful intitolata “The Anime Death Tentacle Rape Whorehouse”, inaugurata nell’ottobre 2003 e cresciuta fino a raggiungere, all’inizio del 2011, circa 750 milioni di visualizzazioni al mese. Ogni nuovo iscritto veniva definito “nuovofinocchio” (newfag), mentre gli altri erano “vecchifinocchi” (oldfags). 4chan diventò un forum al contempo enormemente creativo ed enormemente influente, noto per le beffe, i meme e le immagini che “è impossibile non vedere”. La cultura del sito non era soltanto profondamente e ferocemente misogina, ma era al tempo stesso capace di disprezzare sé stessa, ironizzando sulla nuova identità di “maschio beta” da essa stessa creata. Tra i punti di riferimento della chan culture c’erano i videogiochi di guerra e film come Fight Club e Matrix. Non era richiesto nessun tipo di registrazione né di login, ragione per la quale la maggior parte dei messaggi era di norma a firma “Anonymous”.
Questa cultura dell’anonimato creò l’ambiente adatto nel quale ciascuno era incoraggiato a esprimere i suoi pensieri più neri: la pornografia più bizzarra, battute per iniziati, gergo da nerd, immagini truculente, pensieri suicidari, omicidi e incestuosi, razzismo e misogina erano tutti tipici di questo strano esperimento virtuale, anche se, su tutto, regnavano i meme divertenti. Poole ha definito 4chan una “fabbrica di meme”, dalla quale senza dubbio ne sono usciti moltissimi che hanno avuto successo anche nel mainstream. Uno dei primi e più celebri esempi furono probabilmente i Lolcat, una serie di immagini che abbinava foto di gatti a battute umoristiche, e la pratica del rickrolling, ossia l’utilizzo di un link a un contenuto apparentemente serio e che indirizzava in realtà a un video della canzone Never Gonna Give You Up interpretata da Rick Astley. Gli utenti della pagina di base, 4chan/b/, intrapresero azioni collettive come far vincere il sondaggio online della rivista Time per il titolo di persona dell’anno 2008 a Chris Poole o l’azione di cyberbullismo collettiva di cui fu vittima nel 2010 Jessi Slaughter, una ragazzina di undici anni della quale, dopo che aveva pubblicato un video un po’ sciocco in cui parlava in stile gangsta rap, furono scoperti nome e indirizzo e che gli utenti di 4chan iniziarono a tormentare in massa e a istigare al suicidio. La situazione, prevedibilmente, non migliorò affatto quando il padre pubblicò un video in difesa della figlia sconvolta, nel quale minacciava il ricorso alla “cyberpolizia”: nel mondo emozionalmente sottosviluppato di 4chan, chiunque mostri di non conoscere la cultura web diventa oggetto di crudeltà di ogni tipo. Non tutte le azioni collettive comunque sono state tanto sinistre: ad esempio, quando un anziano pubblicò un annuncio online nel quale diceva “cerco persone per una festa di compleanno” la comunità di 4chan, commossa, fece scattare la “Operation Birthday Boy”. Ancora una volta vennero rintracciati nome, indirizzo e numero di telefono dell’uomo, che ricevette centinaia di biglietti di auguri, torte di compleanno e persino spogliarelliste.
Mattathias Schwartz, sul New York Times, ha così desctitto 4chan/b/:
I frequentatori anonimi delle altre sezioni di 4chan, dediti a viaggi, fitness e variati generi di pornografia, chiamano gli “abitanti” della sezione /b/: “/b/tards”.3 La cultura emersa nella sezione /b/ di 4chan ha pochi precedenti in quanto a depravazione, radicale ristrettezza di vedute e al tempo stesso quantità di traffico generato. Aprire /b/ dà la sensazione di leggere le scritte sui muri dei bagni del liceo o la trascrizione delle conversazioni oscene di una linea erotica o ancora un blog che non contiene post ma solo commenti e tutti scritti in un linguaggio che sei troppo vecchio per capire.
Proprio su 4chan venne usato per la prima volta il kek tipico della alt-right, che poi venne tradotto Lol nei forum del videogame multiplayer World of Warcraft, mentre Pepe the Frog, in origine un personaggio del fumetto Boy’s Club di Matt Furie, incarna il tipico umorismo da meme per iniziati del web. Kek è anche una divinità dell’antico Egitto raffigurata come un uomo dalla testa di rana, e la “Chiesa di Kek” e “sia lode a Kek” sono riferimenti a questa ironica religione.
Uno dei collegamenti tra la 4chan, spesso nichilista e ironica, e una più generale cultura dell’orbita alt-right è stata la comune opposizione al politicamente corretto, al femminismo, al multiculturalismo e simili, e alla possibilità che tali tendenze potessero sconfinare nel loro mondo privo di regole e dominato dall’anonimato e dalla tecnologia. Negli Stati Uniti, uno dei primi attacchi orchestrati e indirizzati contro una donna che rappresentava questi valori e faceva sentire la propria voce ebbe come bersaglio Kathy Sierra, una giornalista e blogger esperta di tecnologia e autrice di diversi libri, che era stata il relatore principale del South by Southwest Interactive Festival. L’attacco ebbe inizio quando Sierra si fece promotrice di un appello per la moderazione dei commenti scritti dagli utenti online, cosa che all’epoca era vista come un’azione del tutto contraria all’etica hacker volta all’assoluta libertà di Internet e che invece si è poi affermata come una vera e propria norma del web. In massa, autori di commenti sul suo blog iniziarono a molestarla e a minacciarla, dando così corso alla pratica che poi sarebbe divenuta comune di rivolgere a donne come Sierra minacce di stupro e di morte. Vennero pubblicati online il suo indirizzo di casa e dettagli personali sulla sua famiglia, accompagnati da messaggi pieni d’odio, fotomontaggi che la ritraevano con un cappio attorno al collo, un bersaglio disegnato sulla fronte o persino in immagini raccapriccianti mentre veniva soffocata con della biancheria intima femminile. Gli attacchi personali erano così estremi che spinsero Sierra a chiudere il blog e a rinunciare a qualsiasi apparizione pubblica. Quando lo scrisse sul suo blog, spiegando che era terrorizzata e temeva che i molestatori potessero passare alle vie di fatto, l’unico effetto che suscitò fu una nuova ondata di odio nei suoi confronti.
Andrew Auernheimer, noto anche con il nickname “weev”, ormai celebre hacker e troll, sembra essere stato pesantemente implicato negli attacchi contro Sierra, in particolare per aver diffuso false informazioni che rivelavano come la giornalista fosse in realtà un’ex prostituta, oggetto di maltrattamenti da parte di suo marito. Nel 2009, “weev” dichiarò di essere penetrato nel sistema informatico di Amazon e di aver riclassificato sotto la categoria “pornografia” tutti i libri sull’omosessualità. Già membro del movimento Occupy, Auernheimer posta oggi regolarmente video antisemiti e omofobi su YouTube, si è tatuato una svastica sul petto e si è autodichiarato presidente della campagna di trolling nota come Associazione dei Negri Gay d’America, pensata per disturbare famosi blog e altre attività mainstream accusate di distruggere l’autentica Internet culture. Sierra ha poi avuto modo di commentare quanto le era accaduto: “Quello che è capitato a me non è nulla in confronto a ciò che succede oggi alle donne sul web… Ero convinta che le cose fossero destinate a migliorare, ma in genere sono solo peggiorate”.
Anche se il livello di odio nei confronti delle donne sui forum e nelle sezioni dei commenti online aveva cominciato a crescere già diversi anni prima, una delle prime discussioni mainstream sulla misoginia del web si accese quando Helen Lewis intervistò sul New Statesman diverse scrittrici femministe, che rivelarono alcuni episodi delle loro vicende personali. La blogger e attivista Cath Elliot scrisse:
Anche se avessi voluto annotare il numero dei commenti offensivi che ho ricevuto online da quando nel 2007 h...

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