La Federal Reserve e la crisi finanziaria. Quattro lezioni
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Ben S. Bernanke, Adele Oliveri

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La Federal Reserve e la crisi finanziaria. Quattro lezioni

Ben S. Bernanke, Adele Oliveri

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Come funziona una banca centrale? A quali princìpi orienta la sua politica monetaria? Come sceglie se privilegiare il contenimento dell'inflazione o la piena occupazione? Che cosa può fare durante una crisi finanziaria, e come può stimolare l'economia in tempi di recessione? Dal 2006 al 2014 Ben Bernanke è stato presidente della Federal Reserve, la banca centrale statunitense: nessuno meglio di lui può rispondere a queste domande, decisive per comprendere le sfide economiche del nostro tempo. Le lezioni qui raccolte abbracciano teoria e storia, e ricostruiscono con rara capacità di sintesi e chiarezza le vicende della Fed, fondata nel 1914: dagli errori durante la Grande depressione alla Grande moderazione sotto la ventennale presidenza Greenspan, passando per il «divorzio» dal dipartimento del Tesoro nel secondo dopoguerra e per l'inflazione degli anni settanta, sedata dall'allora governatore Volcker. Bernanke approfondisce poi le origini e i meccanismi della crisi finanziaria scoppiata nel 2008, rivela i retroscena degli interventi che hanno salvato il sistema bancario dal collasso ed esamina gli sforzi messi in atto per rilanciare la crescita degli Stati Uniti. Al centro dell'analisi, la funzione di prestatore di ultima istanza che nel 2008 la Fed ha esercitato – tra mille discussioni – per arginare il panico e salvare gli istituti too big to fail, ma anche le meno convenzionali politiche espansive, come l'acquisto di titoli su larga scala: il quantitative easing che ha accompagnato la pur timida ripresa statunitense. Una ripresa impossibile, ribadisce Bernanke, senza una regolamentazione finanziaria efficace e politiche fiscali coerenti, obiettivi che le banche centrali non possono certo perseguire da sole. Lucida testimonianza diretta e agile manuale di economia politica, La Federal Reserve e la crisi finanziaria sarà un punto di riferimento insostituibile per chi in futuro studierà la storia di questi anni incerti e turbolenti. I contemporanei, oltre a comprendere meglio come gli Stati Uniti siano riusciti a risalire la china, potranno leggere in filigrana le differenze con un'eurozona tuttora afflitta dalla crisi.

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Information

Publisher
Il Saggiatore
Year
2014
ISBN
9788865763902

1. Origini e missione della Federal Reserve
Nel corso di questi quattro seminari parlerò della Federal Reserve e della crisi finanziaria. Il mio pensiero su questo argomento è influenzato dalla mia esperienza di storico dell’economia. Nell’analizzare gli eventi degli ultimi anni, ritengo sia utile inquadrarli nel contesto più generale dell’attività svolta nei secoli dalle banche centrali. Pertanto, anche se in questi seminari mi concentrerò soprattutto sulla crisi finanziaria e sulla reazione della Fed, volgerò lo sguardo all’indietro per considerare il quadro storico di riferimento. Parlando della Federal Reserve, descriverò l’origine e la missione delle banche centrali in generale. Quando esamineremo le crisi finanziarie del passato, e in particolare la Grande depressione, vedremo come tale missione abbia influenzato le azioni e le decisioni della Fed.
In questo primo seminario non mi soffermerò sulla crisi odierna; illustrerò invece la natura delle banche centrali, il loro ruolo e gli esordi della Federal Reserve negli Stati Uniti, e spiegherò anche come quest’ultima ha affrontato la sua prima sfida veramente impegnativa, la Grande depressione degli anni trenta. Nel secondo seminario riprenderò l’analisi storica a partire da questo punto: esaminerò gli sviluppi dell’attività delle banche centrali e della Federal Reserve dopo la Seconda guerra mondiale, parlando di lotta all’inflazione, Grande moderazione e altri eventi che si sono susseguiti dopo il 1945. Parte di quel seminario, però, sarà dedicata anche all’analisi degli antefatti e di alcuni fattori scatenanti della crisi del 2008-2009. Nel terzo seminario mi occuperò di eventi più recenti: parlerò della fase acuta della crisi finanziaria, delle sue cause e delle sue implicazioni, e in particolare dell’azione di contrasto svolta dalla Federal Reserve e da altre autorità politiche. Infine, l’ultimo seminario verterà sulle conseguenze della crisi: analizzerò la recessione che ne è seguita, le misure adottate dalla Fed (anche sul fronte della politica monetaria) e la reazione più generale delle autorità, sfociata nella riforma della regolamentazione finanziaria. Per concludere, cercherò di prevedere come questa esperienza potrebbe modificare l’operato delle banche centrali e della Federal Reserve oggi e in futuro.
*
Per iniziare, vediamo che cos’è una banca centrale. Chi di voi ha studiato economia sa che una banca centrale non è un istituto bancario come tutti gli altri, bensì un ente pubblico che costituisce il pilastro centrale del sistema finanziario e monetario di un paese. Le banche centrali sono istituzioni molto importanti: hanno guidato lo sviluppo dei sistemi finanziari e monetari moderni e svolgono un ruolo di primo piano nella politica economica. Negli anni sono stati adottati diversi assetti istituzionali, ma oggi quasi tutti i paesi hanno una propria banca centrale: oltre alla Federal Reserve negli Stati Uniti, ci sono la Banca del Giappone, la Banca del Canada e così via. Fanno eccezione le unioni monetarie, nelle quali diversi paesi condividono una stessa banca centrale. L’esempio di gran lunga più importante è quello della Banca centrale europea, l’istituzione preposta alla gestione della politica monetaria dei diciotto paesi che hanno adottato l’euro quale moneta comune. Ma anche nell’eurozona tutti gli stati membri hanno una propria banca centrale, che fa parte del sistema generale dell’euro. Oggi le banche centrali sono presenti ovunque: persino le nazioni più piccole ne hanno una.
Che cosa fanno le banche centrali? Qual è la loro missione? Per comodità, si possono evidenziare due aspetti generali dell’azione svolta da questi istituti. Il primo è perseguire la stabilità macroeconomica, ossia una crescita regolare dell’economia, evitando ampie fluttuazioni – recessioni eccetera – e mantenendo un’inflazione moderata e stabile. Questa è la funzione economica di una banca centrale. L’altra funzione, su cui ci soffermeremo a lungo durante questi seminari, è promuovere la stabilità finanziaria. Le banche centrali si sforzano di assicurare il corretto funzionamento del sistema finanziario; in particolare, puntano a scongiurare le crisi e le ondate di panico, o quantomeno a mitigarne gli effetti.
Quali sono gli strumenti utilizzati dalle autorità monetarie per conseguire questi due obiettivi generali? Per semplificare, possiamo individuarne essenzialmente due. Per quanto concerne la stabilità economica, lo strumento principale è la politica monetaria. In tempi normali, per esempio, la Fed può ridurre o innalzare i tassi d’interesse a breve termine, acquistando e vendendo titoli attraverso operazioni di mercato aperto. Di solito, se la crescita economica è troppo modesta o l’inflazione scende a livelli troppo bassi, la Fed può stimolare l’economia riducendo i tassi d’interesse; il calo dei tassi si ripercuote a sua volta su molti altri tassi d’interesse del sistema economico, incoraggiando l’acquisto di abitazioni, l’avvio di cantieri edili, gli investimenti delle imprese e così via. La diminuzione dei tassi d’interesse alimenta la domanda aggregata, la spesa e gli investimenti, dando impulso alla crescita. Per contro, se l’economia tende a surriscaldarsi o l’inflazione raggiunge livelli preoccupanti, la banca centrale procede di solito a innalzare i tassi d’interesse. L’aumento del tasso overnight applicato sui prestiti erogati dalla Fed agli istituti bancari, chiamato tasso sui federal funds, spinge al rialzo i tassi d’interesse nell’intero sistema economico. Ciò contribuisce a raffreddare l’economia, poiché accresce il costo dell’indebitamento finalizzato all’acquisto di abitazioni e automobili o all’investimento in beni strumentali, riducendo le pressioni su un’economia surriscaldata. La politica monetaria è lo strumento fondamentale che da decenni le banche centrali usano per mantenere l’economia su una traiettoria più o meno regolare in termini di crescita e di inflazione.
Meno noto è lo strumento a cui le autorità monetarie fanno ricorso per contrastare un’ondata di panico o una crisi finanziaria: l’erogazione di liquidità. Per ovviare ai problemi di stabilità finanziaria, le banche centrali possono concedere prestiti a breve scadenza alle istituzioni finanziarie. Come avrò modo di spiegare, l’erogazione di credito a breve termine in una fase di panico o di crisi può contribuire a placare i mercati, a stabilizzare le istituzioni in difficoltà e a mitigare o porre fine a una crisi finanziaria. Questa funzione va sotto il nome di «prestatore di ultima istanza»: se i mercati finanziari sono attraversati da una grave turbolenza e le istituzioni finanziarie non hanno accesso ad altre fonti di finanziamento, la banca centrale può erogare prestiti d’emergenza, immettendo liquidità nell’economia e contribuendo in tal modo a stabilizzare il sistema.
La maggior parte delle banche centrali (compresa la Fed) dispone anche di un terzo strumento: la regolamentazione e la vigilanza finanziaria. Di solito le banche centrali si occupano di supervisionare il sistema bancario, di valutare il grado di rischio insito nei portafogli degli istituti di credito e di assicurarsi che le banche adottino prassi operative efficaci, garantendo così la stabilità del sistema finanziario. Quanto più si riesce a mantenere il sistema finanziario in condizioni solide e l’assunzione di rischi entro limiti ragionevoli, tanto più si riducono le probabilità di una crisi finanziaria. L’attività di regolamentazione e vigilanza, però, non è una prerogativa esclusiva delle banche centrali. Negli Stati Uniti, per esempio, esistono diverse agenzie, come la Federal Deposit Insurance Corporation (Fdic) e l’Office of the Comptroller of the Currency (Occ), che affiancano la Fed nella supervisione del sistema finanziario. Poiché tale ruolo non viene svolto unicamente dalle banche centrali, per il momento lo terrò in disparte e mi concentrerò sui due strumenti principali: la politica monetaria e l’attività di prestatore di ultima istanza.
Quali sono le origini delle banche centrali? A volte non ci si rende conto che queste istituzioni non sono una novità. Esistono da molto tempo. La Svezia si dotò di una banca centrale nel 1668, quasi 350 anni fa; la Banca d’Inghilterra fu fondata nel 1694,* e per molti decenni, se non secoli, è stata la banca centrale più importante e influente del mondo; la Banca di Francia vide la luce nel 1800. Pertanto, l’attività delle banche centrali, nei suoi aspetti teorici e pratici, è un fenomeno di vecchia data, di cui gli economisti e altri studiosi si occupano da parecchio tempo.
Prima di proseguire, occorre che mi soffermi brevemente sul concetto di panico finanziario. Di solito un’ondata di panico viene innescata da una perdita di fiducia nei confronti di un’istituzione finanziaria. La cosa migliore è spiegare questo fenomeno con un semplice esempio. Chi di voi ha visto La vita è meravigliosa, il film di Frank Capra, sa che uno dei problemi che affligge George Bailey, il banchiere interpretato da James Stewart, è la minaccia di una corsa agli sportelli della sua cooperativa di credito edilizio. Per capire cos’è una corsa agli sportelli, immaginiamo la situazione in cui si trovavano i banchieri prima che esistessero l’assicurazione dei depositi e la Fdic. Consideriamo per semplicità una normale banca commerciale, come quelle che si trovano in tutti i quartieri. Questa banca concede prestiti alle imprese e ai consumatori, finanziandosi attraverso la raccolta di depositi a vista dal pubblico. Tali depositi hanno una caratteristica importante: i depositanti possono effettuare prelievi in qualsiasi momento per far fronte alle normali spese quotidiane.
Immaginate adesso cosa accadrebbe se, per qualche ragione, si diffondesse la notizia che la banca ha subìto perdite su alcuni prestiti inesigibili. Un depositante, venendo a conoscenza della situazione, direbbe fra sé e sé: «Non so se questa notizia sia vera, ma una cosa è certa: se non ritiro il mio denaro prima che lo facciano tutti gli altri, potrei ritrovarmi a mani vuote». Che cosa farebbe, allora? Andrebbe in banca dicendo: «Non sono sicuro che la notizia sia vera ma, sapendo che gli altri clienti presto o tardi chiuderanno i loro depositi, voglio fare lo stesso anch’io». Così tutti i depositanti si affretterebbero a prelevare i propri fondi.
Il problema è che le banche non hanno mai riserve liquide pari all’ammontare dei depositi, ma impiegano una parte del denaro raccolto per erogare prestiti. Quindi, l’unico modo in cui la banca può rimborsare tutti i depositanti, dopo aver dato fondo alle magre riserve di cui dispone, è attraverso la vendita o la cessione dei propri crediti. Ma vendere un prestito commerciale è molto difficile; questa operazione richiede tempo e di solito i crediti vanno venduti a sconto. Prima ancora di riuscire in questo intento, una banca si ritrova assaltata dai depositanti che chiedono la restituzione del proprio denaro. Il panico, quindi, può essere una profezia che si autoavvera, provocando il dissesto della banca; l’istituto di credito è costretto a vendere a sconto le proprie attività finanziarie e, in definitiva, molti depositanti potrebbero subire delle perdite, come accaduto durante la Grande depressione.
Le ondate di panico possono assumere dimensioni preoccupanti. Se un istituto bancario si trova in difficoltà, altri depositanti potrebbero iniziare a temere per la solidità della propria banca. In tal modo, la corsa agli sportelli di una banca può trasformarsi in un fenomeno diffuso o sfociare in un panico bancario generalizzato. A volte, prima dell’istituzione della Fdic, le banche reagivano al panico o a una corsa agli sportelli rifiutandosi di rimborsare i depositanti: chiudevano i battenti e lasciavano i clienti fuori dalla porta. Dunque, un’altra conseguenza negativa del panico bancario era l’impossibilità di accedere ai depositi, il che metteva in difficoltà coloro che dovevano pagare i dipendenti o fare la spesa. Le ondate di panico provocavano il fallimento di molti istituti bancari e spesso si propagavano ad altri settori dell’economia; non di rado, per esempio, erano accompagnate da un crollo dei mercati azionari. Come si può immaginare, tutti questi eventi avevano ripercussioni deleterie sul sistema economico.
Può verificarsi un episodio di panico ogni volta che si è in presenza di un’istituzione finanziaria con attività illiquide a lunga scadenza – che cioè non possono essere vendute facilmente – finanziate mediante passività a breve termine, come i depositi a vista. In una situazione del genere i depositanti possono sempre dire: «Un momento: non voglio lasciare i miei soldi qui; ora li ritiro tutti», creando gravi problemi per l’istituzione.
In che modo la Fed potrebbe aiutare un banchiere come George Bailey? Ricordiamoci che le banche centrali fungono da prestatori di ultima istanza. Immaginiamo che Bailey si trovi costretto a rimborsare i propri depositanti: ha in attivo molti prestiti di buona qualità, ma non è in grado di liquidarli su due piedi ed è assillato dai clienti che chiedono la restituzione immediata del loro denaro. In un simile frangente Bailey potrebbe chiamare la sede locale della Federal Reserve e dire: «Ho un portafoglio di prestiti esigibili che posso impegnare come collaterale; fatemi un prestito a fronte di questa garanzia». Bailey potrebbe quindi prendere il denaro dalla banca centrale e rimborsare i depositanti; se fosse realmente solvibile (cioè se i prestiti che ha erogato fossero realmente di buona qualità), la corsa agli sportelli si arresterebbe e il panico avrebbe termine. Quindi, offrendo prestiti a breve scadenza a fronte di un collaterale (le attività illiquide dell’istituzione finanziaria), le banche centrali possono immettere liquidità nel sistema, permettere agli istituti bancari di rimborsare i depositanti e altri creditori a breve termine, riportare la calma e porre fine al panico.
La Banca d’Inghilterra comprese fin da subito l’importanza di questa funzione. Un contributo determinante allo sviluppo teorico dell’attività bancaria venne da un giornalista di nome Walter Bagehot, che si occupò a lungo delle politiche delle banche centrali. Bagehot sosteneva che, in caso di panico, le banche centrali dovrebbero erogare liberamente credito a chiunque ne faccia richiesta, purché sia in grado di offrire un collaterale. Le autorità monetarie hanno bisogno di garanzie per essere certe di recuperare i prestiti concessi, e dunque il collaterale deve essere di buona qualità, oppure scontato. Inoltre, le banche centrali devono applicare un tasso penalizzante affinché nessuno approfitti della liquidità a basso costo; così si rivolgerà alle autorità monetarie solo chi ha realmente bisogno di fondi, e dunque è disposto a pagare un tasso d’interesse più elevato. Applicando la regola di Bagehot, una banca centrale può fermare il panico. Una banca o un’altra istituzione finanziaria che subisca un’emorragia di fondi a causa dei prelievi effettuati dai depositanti, o dei rimborsi richiesti da altri creditori a breve termine, si rivolge alla banca centrale. La banca centrale le fornisce liquidità a fronte di collaterale; l’istituzione può così onorare i propri debiti, e la situazione si calma. Senza quella fonte di liquidità, senza la funzione di prestatore di ultima istanza, molte istituzioni sarebbero costrette a chiudere, rischiando il fallimento. La liquidazione forzata delle loro attività provocherebbe ulteriore instabilità nel sistema, perché a loro volta altre banche vedrebbero diminuire il valore dei propri attivi. E così, attraverso la diffusione dei timori, le notizie incontrollate e la svalutazione delle attività, il panico potrebbe propagarsi all’intero sistema bancario. Una banca centrale deve quindi intervenire con molta determinazione, fornendo liquidità a breve termine per evitare il crollo del sistema o quantomeno gravi tensioni al suo interno.
Parliamo ora in maniera più specifica degli Stati Uniti e della Federal Reserve. La Fed fu fondata nel 1914 per volontà del Congresso e del presidente Woodrow Wilson, motivati in questa decisione dalle apprensioni per la stabilità del quadro macroeconomico e del sistema finanziario. Fino agli inizi del Novecento negli Stati Uniti non esisteva una banca centrale; di conseguenza, tutte le azioni volte a promuovere la stabilità finanziaria che non potevano essere condotte dal Tesoro dovevano essere intraprese privatamente. In quegli anni si fecero interessanti tentativi di creare istituzioni private che fungessero da prestatore di ultima istanza. Una di queste era la New York Clearing House, un organismo privato costituito essenzialmente dalle banche commerciali della città di New York. Questa Clearing House, come indica il nome stesso, era in principio una stanza di compensazione: un luogo dove le banche si riunivano al termine della giornata per saldare i rispettivi assegni. Col passare del tempo, però, le stanze di compensazione iniziarono a svolgere alcune delle funzioni di una banca centrale. Per esempio, se un istituto bancario si trovava sotto pressione, altre banche aderenti alla stanza di compensazione potevano fornirgli i fondi necessari per rimborsare i depositanti. In tal senso, quindi, queste associazioni bancarie erogavano prestiti di ultima istanza. A volte le stanze di compensazione decidevano di comune accordo di s...

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