Reincantare il mondo. Il valore spirito contro il populismo industriale
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Reincantare il mondo. Il valore spirito contro il populismo industriale

Bernard Stiegler

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Reincantare il mondo. Il valore spirito contro il populismo industriale

Bernard Stiegler

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Reincantare il mondo incrocia coraggiosamente teorie diverse, come il processo di individuazione di Simondon, la psicanalisi freudiana, certi aspetti della fenomenologia di Husserl, la grammatologia di Derrida e le riflessioni foucaultiane sugli hypomnémata, al fine di promuovere il valore spirito e contrastare il populismo industriale – ossia la dissociazione e la captazione dell'attenzione divenute sistema. Grazie a queste coordinate, Stiegler disegna una filosofia e un pensiero che devono ritornare ad essere forti, in un certo senso più del "pensiero forte". Per l'autore di questo libro, infatti, il reincanto del mondo è la costruzione di un'alternativa all'esito più nefasto del disincanto del mondo descritto da Max Weber. Se il disincanto del mondo è l'espressione del predominio delle logiche di efficienza e produttività, e si poggia sulla convinzione che tutti i fenomeni possano essere dominati dalla ragione, abbandonando perciò ogni riferimento a elementi magici, metafisici o religiosi, per Stiegler tale disincanto si è rivelato sempre più nocivo a misura della costante e pressoché illimitata ipertrofia delle nuove tecnologie, veicolata da un capitalismo ormai palesemente tossico. Di fronte a ciò, piuttosto che opporsi al divenire tecnologico, si rende necessario «un nuovo progetto industriale che bisogna inventare e che miri a intensificare la singolarità in quanto incalcolabile, socializzando dei dati che non possano essere ridotti a oggetti di un mero calcolo economico. Si tratta di inventare l'industria del calcolo che impedisca di calcolare (sul)le esistenze – ma inventarla con gli strumenti digitali. Si tratta, in effetti, di reincantare il mondo, ossia di edificare i modi di sussistenza e di esistenza che sostengono l'altro piano, il piano delle consistenze, che è quello del canto – il canto di quelle Sirene senza le quali non c'è nulla».

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Information

Publisher
Orthotes
Year
2014
ISBN
9788897806493
Bernard Stiegler
&
Ars Industrialis
Marc Crépon, Georges Collins,
Catherine Perret, Caroline Stiegler
REINCANTARE IL MONDO
Il valore spirito contro il populismo industriale
INTRODUZIONE
CHE FARE?
Paul Valéry, presentendo la catastrofe a cui stava conducendo il nazismo, constatava fin dal 1939 un «ribasso del valore spirito». Avrebbe mai potuto immaginare in quale stato di decadimento generalizzato sarebbe caduta l’umanità, qualche decennio dopo la sua morte – là dove noi ci troviamo?
Ancora nel 1993, quando Jacques Derrida e il sottoscritto discutevamo del possibile futuro della televisione, non avremmo potuto immaginare neanche per un attimo a cosa doveva condurre, pochi anni dopo questo dialogo,1 ciò che ormai si presenta, e bisogna chiamare, televisione pulsionale – in cui la telerealtà si costituisce come caratteristica (o-)scena [ob-scène] della “pulsione scopica” che è all’origine delle diverse forme di voyeurismo e d’esibizionismo che la maggior parte dei direttori di rete, senza la minima vergogna, sollecita ormai sistematicamente.
Tra il 1939 – in cui solamente il 45% dei francesi ascoltava la radio, mentre la televisione non esisteva ancora – e il nostro inizio del XXI secolo – dove gli oggetti comunicanti rincorrono i ritmi dei cervelli disponibili,A[2] ovunque essi vadano, dal momento in cui ci si sveglia a quello in cui si va a dormire – si è imposto un capitalismo che definiamo a volte “culturale”, a volte “cognitivo”, ma che è prima di tutto la sconvolgente strutturazione di un populismo industriale che trae profitto da ogni evoluzione tecnologica per fare della coscienza, vale a dire della sede dello spirito, un semplice organo riflesso: un cervello ripiegato al rango di agglomerato di neuroni, come quelli che guidano il comportamento delle lumache. Un tale cervello, spogliato della sua coscienza,3 è ciò che può diventare un semplice valore commerciale (che non cessa per questo di impoverirsi, che vale sempre di meno – e che finirà per non valere più nulla) sul mercato dell’audience.
È tramite gli oggetti temporali audiovisivi, i quali alimentano le industrie di programmi e scorrono paralleli al tempo delle coscienze di cui sono gli oggetti – sposandole intimamente, fino a fagocitarle e a svuotare in tal modo i cervelli di ogni coscienza –, che il XX secolo verrà segnato dallo sviluppo sistematico di tecnologie di controllo (su questi tempi di cervello di cui il controllo distrugge la coscienza).
Se Walter Benjamin e Sigmund Freud, contemporanei di Paul Valéry, presentirono molto presto che con le tecnologie industriali di comunicazione cominciava una nuova storia della coscienza e del suo inconscio, elementi di quel che Valéry chiama appunto lo spirito, e fattori del suo valore, essi non videro chiaramente che così facendo si poneva al cuore stesso dell’attività industriale una nuova organizzazione del capitalismo ruotante attorno alla figura del consumatore che doveva costituire una forma molto particolare d’economia libidinale, vale a dire di canalizzazione dei desideri: erano preoccupati soprattutto per l’ascesa delle diverse forme di fascismi e totalitarismi che preparavano la rovina dell’Europa. Benjamin in particolare, parlando dell’estetizzazione totalitaria della politica, non vedeva che si metteva ugualmente in campo l’estetizzazione dell’economia attraverso le tecnologie di controllo e di fabbricazione del consumatore.
*
Qlesto episodio della storia dell’economia libidinale, cioè dell’organizzazione e della produzione del desiderio, che distruggendo la coscienza diventerebbe distruzione del desiderio, è un capitolo di quel che Max Weber ha descritto molto più ampiamente come disincanto del mondo, caratteristico del capitalismo.
Ora, durante l’estate del 2005, il Medef[4] ha radunato la sua “università” sotto questo titolo (che è anche una specie di slogan): Il reincanto del mondo. Questa formula, che non deve nulla al caso, aveva per obbiettivo quello di promuovere le tesi della direzione del Medef (che era allora in procinto di mutare) sul capitalismo cognitivo e le industrie della conoscenza (e Denis Kessler, presentando quell’università estiva, si rifece in questo senso a Tony Blair – la Gran Bretagna a quel tempo presiedeva l’Unione Europea – e a quando questi aveva proposto di ridirigere i fondi della politica agricola comunitaria verso la ricerca e lo sviluppo nel campo delle tecnologie cognitive).
Tuttavia, reincantare il mondo attraverso le tecnologie della conoscenza significa necessariamente rivisitare il ruolo dello spirito nell’organizzazione dell’economia e le cause evidentemente nefaste del ribasso del suo valore, annunciate da Valéry proprio come effetto maggiore del disincanto.
Nelle prossime pagine si vedrà come Ernest-Antoine Seillière, l’anno precedente a questa università estiva che anch’egli aveva voluto fino a prima di lasciare la direzione del Medef, nella prefazione a un’opera divenuta in seguito celebre (Les Dirigeants face au changements) manifesti dei propositi molto vicini a quelli di Denis Kessler sul capitalismo futuro, e come, sull’economia della conoscenza, egli introduca il testo in cui Patrick le Lay spiega che, in quanto produttore e venditore di tempo di cervello disponibile, egli organizzi (a un livello di decadenza che Paul Valéry non avrebbe nemmeno potuto immaginare) il ribasso del «valore spirito», ossia, precisamente, il disincanto del mondo – e, per dirlo in termini più chiari, il regno della stupidità[5] [bêtise].6
Il reincanto del mondo che il Medef si sarebbe proposto come progetto per un futuro del capitalismo nel 2005 è, in seno al mondo economico, un soprassalto del valore spirito contro il populismo industriale? O è al contrario il progetto di creare le condizioni di una produzione industriale delle conoscenze senza spirito, come si tenta ormai di produrre dei cervelli senza coscienza, imponendo con lo stesso gesto il regno della stupidità?
Ma che cos’è allora lo spirito, se delle conoscenze sono possibili senza spirito, cioè senza elevazione dello spirito, e senza crescita del suo valore? E che cos’è allora, in tale contesto, la conoscenza? E una conoscenza senza spirito è ragionevolmente possibile?
La presente opera, che prende il Medef alla lettera e che propone di reincantare il mondo con il valore spirito (favorendone la crescita) contro il populismo industriale, illustra le questioni che animano Ars Industrialis, associazione internazionale per una politica industriale delle tecnologie dello spirito.
*
Sappiamo che, nei decenni a venire, la Terra e i suoi abitanti, gli esseri umani, dovranno come non mai fare prova – individualmente e collettivamente – dell’intelligenza del mondo e del senso di responsabilità che, in linea di massima, li caratterizzano come esseri umani piuttosto che come lumache ubuesche [ubuesques].
L’umanità è posta di fronte a innumerevoli sfide che, temiamo, se non saranno affrontate porteranno gli esseri umani a trasformarsi negli esseri inumani (e non soltanto «postumani») che Alfred Jarry già vedeva comparire. E sappiamo che, di fronte a queste sfide, non c’è altra uscita possibile che la formazione e la coltivazione di una nuova coscienza umana. Recentemente Laurence Toubiana, direttrice dell’Istitut du développement durable, dichiarava che:
il cambiamento necessario è talmente profondo che si può dire inimmaginabile.7
E Robert Lyon, annunciando «l’età del meno» – meno risorse, meno margini di manovra, meno fiducia, meno speranza (se non disperazione) – scriveva dal suo canto che la comunità umana planetaria «non ne uscirà» se non saprà
mettersi dalla parte dell’essere piuttosto che dell’avere.8
In altre parole, l’umanità non sopravvivrà se non saprà oltrepassare l’età del consumo. Ecco il programma di una nuova crescita, qualitativa, contro l’idea di una decrescita, non fosse altro perché
noi non sopravvivremo se, al di là dei mari e delle sabbie, miliardi di esseri umani si affannano nella miseria, nell’indigenza e nella precarietà.
La crescita qualitativa è la crescita che non poggia sul «sempre di più» (ma di minor qualità) bensì sul «sempre meglio» – anche, cioè, per una migliore ridistribuzione, soprattutto tra Nord e Sud. Affrontare queste sfide sarà, secondo Robert Lyon, entrare nell’era di una nuova modernità.
Sappiamo di non avere scelta se vogliamo sopravvivere, dicono dunque Laurence Toubiana e Robert Lyon, con molti altri9 – malgrado il disconoscimento di lobby irresponsabili, o di politici, uomini e donne, poco scrupolosi, o la cui stessa intelligenza del mondo è limitata.10 Sappiamo che tali evoluzioni non potranno farsi pacificamente che a condizione di elevare il livello di coscienza, individuale e collettiva, e così formare una volontà politica degna di questo nome: una volontà dei popoli. Sappiamo ugualmente che una nuova guerra mondiale sarebbe ormai fatale a qualsiasi sopravvivenza di esseri umani.
Ora, sappiamo certamente che il tempo della coscienza, che è quello dell’intelligenza, della volontà e dell’azione, della lucidità e della responsabilità, è ciò che le industrie di programmi tendono sistematicamente a rimpiazzare con il tempo degli interessi indotti, dei cervelli senza coscienza e dei sistemi nervosi trasformati in sistemi riflessi, vale a dire pulsionali, con il proposito di renderli disponibili a tutte le sollecitazioni del marketing che rinforzano sistematicamente i comportamenti di cui pure sappiamo quanto siano divenuti, in breve, mortalmente tossici per gli esseri umani.
Allo stesso tempo sappiamo dunque:
1) Che un cambiamento non è possibile che a condizione di elevare il livello dell’intelligenza.
2) Che la regressione mentale, l’avvilimento morale che la accompagna, e l’anestesia dell’intelligenza e dunque della volontà che traduce l’intelligenza in atti, sono ormai ciò che governa il mondo iperindustriale – e, per una larga parte, il discorso di quelli che, aspirando a funzioni di governo, si adattano a questo stato di fatto invece di combatterlo.
Siamo dunque obbligati a concludere che bisogna cambiare radicalmente e senza indugi questo stato di fatto, per opporgli un nuovo stato di diritto: un diritto tale da impedire che si persegua «il ribasso del valore spirito» che è divenuto il principio stesso del capitalismo, e che riposa sull’incremento illimitato, cieco e suicida del consumo.
Noi, uomini di inizio XXI secolo, sappiamo di dover diventare più lucidi, più spirituali e più responsabili che mai, e sappiamo allo stesso tempo che mai l’umanità è stata così cieca, abbrutita, irresponsabile. Lo sappiamo perché constatiamo che quasi tutta la vita sociale è ormai controllata dall’industria dei tempi dei cervelli disponibili, che distrugge la coscienza individuale e collettiva.
Solo una lotta contro la stupidità imposta dal controllo dei tempi di cervello disponibile, vale a dire dal populismo industriale, costituisce la vera possibilità di «reincantare il mondo», di renderlo desiderabile11 e, attraverso questo, di restituire alla ragione il suo senso primario, di motivo per vivere (è il senso che in Aristotele riveste il logos del noûs, quel che Valéry chiama spirito): la ragione come senso dell’esistenza (e quindi come senso dell’orientamento).
*
Il reincanto del mondo che il Medef ha dato come oggetto di riflessione ai partecipanti della sua università estiva nel 2005 è evidentemente un riferimento a Max Weber e alla sua analisi del disincanto come operazione con la quale il capitalismo si impone al mondo.
Ma è anche precisamente un riferimento a ciò che Weber chiamava lo spirito del capitalismo.12 Il capitalismo, secondo Weber, innesca il processo di disincanto a partire dall’effetto di un incantesimo, in quel caso il nuovo spirito religioso all’origine del capitalismo, che va sotto i nomi di protestantesimo, riforma o luteranesimo, loro stessi derivanti per la maggior parte dalla comparsa d’una «tecno-logia» dello spirito:[13] l’industria tipografica, dando accesso ai libri per tutti (e in particolare per tutti i fedeli), è in tal modo all’origine della repubblica delle lettere e quindi della democrazia moderna e industriale.
Il disincanto, provenendo lui stesso da un reincanto (raccomandato da Lutero), è, paradossalmente, ciò che distrugge lo ...

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