Inadatti al futuro
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Inadatti al futuro

L'esigenza di un potenziamento morale

Ingmar Persson, Julian Savulescu

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Inadatti al futuro

L'esigenza di un potenziamento morale

Ingmar Persson, Julian Savulescu

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Per garantire il futuro della nostra specie, è urgenterealizzare un potenziamento degli aspetti moralidella natura umana. I progressi della tecnologia cipermettono di esercitare un'influenza che si estendea tutto il mondo e al lontano futuro, ma la nostrapsicologia morale è rimasta indietro, lasciandociprivi delle risorse necessarie ad affrontare le sfidedella contemporaneità. I metodi tradizionali comel'educazione morale o la riforma sociale da solidifficilmente realizzeranno questo cambiamentoin modo rapido abbastanza da evitare i disastri checomprometterebbero le condizioni per una vita degnasulla terra: serve cambiare radicalmente la spintamotivazionale della morale umana, in modo da porremaggior attenzione non solo alla comunità globale,ma anche agli interessi delle generazioni future, anchetramite l'uso delle nuove tecnologie biomediche.
Inadatti al futuro ci sfida a ripensare il nostroatteggiamento rispetto alla natura umana stessa primache sia troppo tardi.

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Information

Year
2019
ISBN
9788878857100

capitolo 1
Introduzione

Per quasi tutti i 150 000 anni di esistenza della loro specie, gli esseri umani sono vissuti in società relativamente piccole e unite, con una tecnologia primitiva che permetteva loro di influenzare solo l’ambiente più prossimo. È probabile quindi che la loro psicologia e la loro morale si siano adattate in modo da renderli adeguati a vivere in queste condizioni. Attraverso la scienza e la tecnologia, gli esseri umani hanno però cambiato radicalmente le loro condizioni di vita, mentre la loro psicologia morale è presumibilmente rimasta fondamentalmente la stessa nel corso di questo cambiamento, dato che esso è avvenuto piuttosto rapidamente (rispetto alle tempistiche evoluzionistiche), concentrandosi negli ultimi secoli. La popolazione umana sulla Terra è aumentata di un migliaio di volte dai tempi della rivoluzione agricola, quindi molti esseri umani vivono ora in società composte da milioni di persone, con una tecnologia scientifica avanzata che permette loro di esercitare un’influenza che si estende a tutto il mondo e al lontano futuro. Sosterremo che per natura gli esseri umani non sono dotati di una psicologia morale che permetta loro di affrontare i problemi morali creati da queste nuove condizioni di vita. Nemmeno il sistema politico attualmente predominante, la democrazia liberale, è in grado di superare queste inadeguatezze morali. In effetti, sosterremo che anzi la democrazia liberale acuisce alcuni di questi problemi morali.
In particolare, ci concentreremo su due problemi generati dall’esistenza della tecnologia scientifica moderna: la sfida delle armi di distruzione di massa, specialmente nelle mani di gruppi terroristici, e quella del cambiamento climatico e del degrado ambientale. Crediamo che, per poter fare i conti con il rischio di attacchi terroristici con armi di distruzione di massa, le democrazie liberali debbano diventare meno liberali, intensificando la sorveglianza dei loro cittadini e, quindi, ridimensionandone il diritto alla privacy. Ma è probabile che alle democrazie liberali risulti ancora più difficile affrontare il problema del cambiamento climatico e della distruzione dell’ambiente, perché per farlo una maggioranza di elettori deve essere favorevole all’adozione di restrizioni sul proprio stile di vita eccessivamente consumistico, e non ci sono indicazioni del fatto che si voglia fare un tale sacrificio del benessere personale per promuovere l’interesse delle generazioni future e degli animali non umani.
Sosterremo che affinché la maggioranza dei cittadini delle democrazie liberali avverta il desiderio di procedere a porre dei limiti ai propri consumi esagerati bisogna potenziarne la motivazione morale, così che prestino maggiore attenzione agli interessi delle generazioni future e degli animali non umani. Questo può essere fatto in parte con i metodi tradizionali di educazione morale, per esempio attraverso la riflessione abituale sulle motivazioni o le ragioni che rendono le azioni moralmente corrette e attraverso la vivida rappresentazione di come ci si sentirebbe se si fosse nei panni di chi subisce delle azioni sbagliate. Ma la nostra conoscenza della biologia umana, in particolare della genetica e della neurobiologia, inizia ora a fornirci i mezzi per influire direttamente sulle basi biologiche o psicologiche della motivazione umana usando, per esempio, metodi genetici o farmacologici come la selezione e l’ingegneria genetiche. Suggeriremo che, in linea di principio, non ci sono obiezioni filosofiche o morali all’uso di tali mezzi biomedici per il potenziamento morale – che chiameremo biopotenziamento morale – e che l’attuale situazione difficile dell’umanità è talmente seria che è imperativo che la ricerca scientifica esplori ogni possibilità di sviluppare dei mezzi efficaci di biopotenziamento morale complementari ai mezzi tradizionali. L’attuale situazione difficile dell’umanità è resa più seria dal fatto che gli esseri umani hanno ora a disposizione dei mezzi con cui potrebbero minare per sempre le condizioni per una vita degna sulla terra. Per esempio, l’esaurimento delle risorse naturali essenziali potrebbe innescare una devastante guerra nucleare. È auspicabile che potenzialità tecnologiche formidabili come quelle che abbiamo a disposizione ora vengano affidate solo a esseri moralmente illuminati e adeguatamente informati sui fatti rilevanti.
Si può ragionevolmente dubitare che ci sia abbastanza tempo perché gli esseri umani raggiungano il grado di potenziamento morale necessario prima che sia troppo tardi, cioè prima che mettano queste formidabili potenzialità tecnologiche al servizio di usi catastrofici. Pare che l’avanzamento morale raggiunto con i metodi di formazione tradizionali nei 2500 anni trascorsi dai primi grandi maestri, come Buddha, Confucio e Socrate, non sia all’altezza, e che non si vedano ancora all’orizzonte dei mezzi di biopotenziamento morale efficaci. C’è, inoltre, un preoccupante problema legato all’avvio del processo: i mezzi biomedici di potenziamento morale dovrebbero essere scoperti e applicati da persone che sono esse stesse moralmente inadeguate e che necessitano del potenziamento. Pertanto, c’è un rischio significativo che non ci sia un interesse sufficiente nel cercare questi mezzi e che, se li si cercasse e trovasse, li si applichi in modo scorretto, esattamente come è avvenuto con altri mezzi che la scienza ha messo nelle mani degli uomini.
Non proveremo a stimare quanto sia probabile l’avverarsi di qualcuna di queste previsioni distopiche relative alla nostra possibilità di correggere la discrepanza tra capacità tecnologiche e capacità morali. Tuttavia, è probabile che nell’esprimere un giudizio di questo genere sia meglio peccare di ottimismo che di pessimismo, perché di certo gli esseri umani non sono biologicamente o geneticamente destinati o determinati a provocare la propria fine a causa del troppo successo nello sfruttamento delle risorse naturali. È possibile sottoporre gli esseri umani a un considerevole potenziamento morale perché più di altri animali sono biologicamente o geneticamente disposti a imparare dall’esperienza, anche se non si può prevedere con certezza se siano o meno in tempo per elevare al grado richiesto il loro potenziale di miglioramento morale. Data la gravità dell’esito sfavorevole e l’incertezza che i metodi tradizionali di potenziamento riescano a portare al grande rilancio morale necessario, è importante studiare la possibilità del biopotenziamento morale e non accantonare la prospettiva di tecniche di biopotenziamento morale umano come impossibili in linea di principio o moralmente discutibili, per quanto non ci sia garanzia alcuna di scoprire per tempo tecniche efficaci di questo tipo.
Nel capitolo 2 iniziamo notando un fatto basilare delle condizioni della nostra esistenza, cioè che è più facile per noi danneggiarci reciprocamente che giovarci a vicenda. Per esempio, è più semplice per noi ucciderci che salvarci gli uni egli altri, ed è più semplice farci del male a vicenda che curarci a vicenda. Il fatto che nuocere sia più facile che giovare è particolarmente importante a motivo del fatto che, al crescere delle potenzialità degli esseri umani causato dallo sviluppo esponenziale della tecnologia scientifica, il potenziale umano di nuocere è diventato davvero enorme, al punto che siamo ora in grado di porre fine per sempre a tutta la vita degna su questo pianeta, perché la tecnologia scientifica ci ha fornito le armi di distruzione di massa. Inoltre, ci ha anche messi in grado di sfruttare le risorse naturali in modo così efficiente che siamo ora in 7 miliardi e abbiamo colonizzato l’intero pianeta e abusato dei 2/3 dei suoi più importanti ecosistemi (secondo la Valutazione dell’ecosistema del millennio delle Nazioni Unite del 2005). La grave situazione che ne risulta è un tema fondamentale di questo libro.
Il fatto che per noi nuocere sia più semplice che giovare si riflette nella nostra vita emozionale e nella nostra morale. Secondo la morale di senso comune, o le norme morali basilari della quotidianità che regolano il comportamento umano nelle diverse culture, la nostra responsabilità è per lo più basata sulla causazione, così che ci riteniamo responsabili di un certo esito quanto più grande è il nostro contributo causale a esso. Questo implica, per esempio, che intuitivamente ci sentiamo più responsabili per il male che causiamo che per il bene che non facciamo e, quindi, riteniamo di avere degli obblighi o doveri morali di non nuocere, ma non degli obblighi di giovare. Questi doveri negativi corrispondono all’esistenza di diritti negativi a non essere danneggiati e non a diritti positivi a ricevere giovamento. La nostra maggiore vulnerabilità al danno è riflessa anche nel fatto che la nostra avversione alle perdite è più forte dell’attrattiva dei guadagni corrispondenti, che l’emozione negativa di paura può essere molto più forte della sua controparte positiva – l’emozione di speranza o di desiderio –, che la rabbia verso chi ci fa del male è più forte della gratitudine verso un benefattore, e così via.
Un’altra caratteristica importante della nostra psicologia è che siamo miopi personalmente e temporalmente, nel senso che siamo disposti a occuparci di più di ciò che capita nel futuro prossimo a noi stessi e a qualche individuo a noi vicino o caro che di ciò che capita a noi stessi in un futuro più remoto o a degli estranei. Tendiamo a non prendere in considerazione il futuro più remoto e siamo capaci di provare empatia e solidarietà solo per pochi individui che ruotano attorno a noi, e non per grandi numeri di individui in misura proporzionale alla loro quantità. Anche la nostra sollecitudine a impegnarci in una reciproca cooperazione, che richiede un senso di giustizia o equità, è limitata al piccolo numero di persone di cui ci importa e di cui ci fidiamo. Gli estranei, quelli al di fuori del gruppo di individui che conosciamo personalmente, ci limitiamo a incontrarli con noncuranza e sfiducia, e la più piccola offesa si può tramutare in aperta ostilità. Questi sono i tratti della nostra psicologia morale che riteniamo di maggior rilevanza in questo contesto. Supponiamo che abbiano delle spiegazioni evoluzionistiche, ma ai fini del nostro argomento il fatto che esibiamo questi tratti conta più della loro origine.
Il capitolo 3 presenta una rapida panoramica della natura della democrazia liberale. Per democrazie liberali intendiamo paesi come quelli dell’Unione Europea, gli Stati Uniti d’America, il Canada, l’Australia, la Nuova Zelanda e il Giappone. Ci concentriamo specialmente sulla capacità di queste democrazie liberali ricche di gestire le enormi sfide delle armi di distruzione di massa e dei problemi ambientali come il cambiamento climatico, la riduzione della biodiversità, e l’esaurimento delle risorse essenziali, come petrolio, acqua e terreni coltivabili. Il motivo di questa scelta è che questi paesi sono economicamente e tecnologicamente ben equipaggiati per affrontare questi problemi ed è probabile che la maggior parte dei nostri lettori risieda in questi paesi.
Non forniremo una caratterizzazione astratta e dettagliata di che cosa sia una democrazia liberale. Tuttavia, è essenziale per il nostro argomento che una delle caratteristiche definitorie della democrazia liberale sia quella di conferire ai propri cittadini diritti civili e libertà il più ampi possibile, compatibilmente con il possesso di uguali diritti da parte di tutti i cittadini. Per inciso, osserviamo che pur sottoscrivendo l’uguaglianza nel rispetto di diritti e libertà, le democrazie liberali inglobano un considerevole livello disuguaglianza socioeconomica, che è una conseguenza inevitabile delle loro economie di mercato e delle differenze nei talenti psicofisici degli esseri umani. Quindi, sebbene tipicamente le democrazie liberali si impegnino per garantire l’uguaglianza nel senso di pari diritti e opportunità, questo impegno non si estende in toto all’uguaglianza socioeconomica e, per questo motivo, è un’uguaglianza piuttosto vacua. Ma per ottenere l’uguaglianza socioeconomica in un’economia di mercato non è sufficiente creare un’uguaglianza di opportunità sociali. Servirebbe anche un potenziamento delle capacità intellettive e pratiche degli esseri umani, per esempio attraverso metodi genetici o farmacologici, per rendere gli esseri umani più uguali sotto questi aspetti. Ciò su cui si concentra questo libro è però il potenziamento morale, vale a dire il potenziamento di specifiche disposizioni morali, e non il potenziamento delle capacità umane in generale.
Il capitolo 4 passa in rassegna le catastrofiche minacce poste dalle armi di distruzione di massa nucleari e biologiche. Le armi nucleari sono relativamente difficili da fabbricare, ma per un gruppo terroristico intraprendente sarebbe possibile realizzarle, se non oggi in un futuro prossimo. È certamente possibile per un gruppo terroristico produrre armi di distruzione di massa biologiche che, in quanto contagiose, possono essere quasi altrettanto letali. Sosteniamo che, per proteggersi dagli attacchi terroristici per mezzo di armi di distruzione di massa, le democrazie liberali debbano usare delle tecnologie moderne di sorveglianza, come il monitoraggio delle trasmissioni elettromagnetiche, la copertura degli spazi pubblici con telecamere a circuito chiuso, gli scanning corporei negli aeroporti, e così via. Molti oppositori di queste misure probabilmente obietteranno che questo renderà meno liberali le democrazie, limitando il diritto alla privacy dei cittadini. Suggeriamo che non esiste un diritto morale del genere, sebbene i cittadini possano avere un interesse per la privacy che attualmente gode di una tutela legale. È però ragionevole ridimensionare questo diritto legale perché, anche se il rischio di attacchi terroristici con armi di distruzione di massa fosse minimo, qualora si concretizzasse comporterebbe un male di enorme portata. Il multiculturalismo tipico delle democrazie liberali moderne rende la loro vulnerabilità alle attività terroristiche più alta rispetto a qu...

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