La radio nella rete
eBook - ePub

La radio nella rete

La conversazione e l'arte dell'ascolto nel tempo della disattenzione

Giorgio Zanchini

Share book
  1. Italian
  2. ePUB (mobile friendly)
  3. Available on iOS & Android
eBook - ePub

La radio nella rete

La conversazione e l'arte dell'ascolto nel tempo della disattenzione

Giorgio Zanchini

Book details
Book preview
Table of contents
Citations

About This Book

«La rivoluzione digitale è stata ed è per la radio una sfida radicale. Per ora la risposta è stata all'altezza: si sono moltiplicati gli strumenti che ci permettono di ascoltarla, è diventata ancora più interstiziale, si è ibridata con i social, si è adattata ai tempi febbrili e distratti della contemporaneità. È dunque cambiata molto, nelle sue forme e nei contenuti che veicola. E però non ha perso certe sue caratteristiche legate all'attivazione dell'ascolto, alla voce, alla musica».La radio, ovvero la conversazione, la conduzione: mai come in questi anni si sta dimostrando un mezzo non soltanto resistente, ma persino il più adatto all'età dei social media. Oltre a essere agile, elastica, economica e assai più semplice di altri media, la radio è per sua natura multimediale, partecipativa, relazionale, e perciò particolarmente consona all'ecosistema internet. La sua vera forza deriva dal suo nucleo, il suo cuore, ciò che la definisce e distingue: la parola e l'ascolto, la voce e l'udito. Anche nel caotico, straripante mondo della rivoluzione digitale, in cui siamo investiti dalle in formazioni a ciclo continuo, abbiamo bisogno di quest'esperienza quasi primaria, moderna eredità di una pratica eterna: un gruppo di persone che parlano e si ascoltano; che conversano, si scambiano idee, informazioni, ragionamenti. Il paesaggio contemporaneo pone però anche sfide insidiose per la radio. La frammentazione, la velocità, il mondo-flusso delle notifiche sugli smartphone lasciano spazio per una radio di ascolto serio, per il confronto approfondito, per una civile discussione? Queste pagine costituiscono un viaggio nell'arte della conversazione radiofonica, e nel mondo dei conduttori, di ieri e di oggi, attraverso cambiamenti e innovazioni tecnologiche, forme, stili, ritmi, canali, programmi, paesi. Un racconto affidato a una voce nota del nostro sistema della comunicazione, conduttore da anni dei più diversi programmi di informazione e di approfondimento, dai giornali radio e le trasmissioni storiche di Radio1 – a cominciare da Radio Anch'io – ai dialoghi a due di Radio3, dagli audiodocumentari ai reportage. La radio si scopre così un mezzo resistente e adattabile, che nella rete non solo sta bene, ma può persino prosperare.

Frequently asked questions

How do I cancel my subscription?
Simply head over to the account section in settings and click on “Cancel Subscription” - it’s as simple as that. After you cancel, your membership will stay active for the remainder of the time you’ve paid for. Learn more here.
Can/how do I download books?
At the moment all of our mobile-responsive ePub books are available to download via the app. Most of our PDFs are also available to download and we're working on making the final remaining ones downloadable now. Learn more here.
What is the difference between the pricing plans?
Both plans give you full access to the library and all of Perlego’s features. The only differences are the price and subscription period: With the annual plan you’ll save around 30% compared to 12 months on the monthly plan.
What is Perlego?
We are an online textbook subscription service, where you can get access to an entire online library for less than the price of a single book per month. With over 1 million books across 1000+ topics, we’ve got you covered! Learn more here.
Do you support text-to-speech?
Look out for the read-aloud symbol on your next book to see if you can listen to it. The read-aloud tool reads text aloud for you, highlighting the text as it is being read. You can pause it, speed it up and slow it down. Learn more here.
Is La radio nella rete an online PDF/ePUB?
Yes, you can access La radio nella rete by Giorgio Zanchini in PDF and/or ePUB format, as well as other popular books in Mezzi di comunicazione e arti performative & Radio. We have over one million books available in our catalogue for you to explore.

Information

Numeri, tendenze, previsioni

Un cambio di stagione si è compiuto, dettato in gran parte dalle innovazioni tecnologiche. Come si è scritto la radio ha un nucleo sempreverde e forse intramontabile, legato all’ascolto, alla voce, alla musica, ma la tecnologia ha mutato e sta ancora mutando i modi e i termini della relazione tra chi sta dietro al microfono e chi ascolta, ha cambiato il modo in cui si partecipa, ha inserito il medium radio in un campo crossmediale1, ibrido, che a sua volta ha effetti non irrilevanti sui contenuti che si trasmettono.
Ma cosa significa? Che cos’ha di diverso in concreto la radio di oggi rispetto a quella che si ascoltava una generazione fa?
Cominciamo a definire lo stato di salute della radio di questi anni. Tenderei ad essere più prudente di Ian McEwan, ma al di là della prudenza possiamo affermare che la radio gode di buona salute. E questo accade soprattutto perché, come detto poco fa, la radio è coerente con l’innovazione tecnologica, è al passo con la trasformazione, usi e consumi radiofonici mutano di continuo e pedinano i cambiamenti. Cambiamenti che sono a cascata: dalle piattaforme ai format, dai dispositivi ai linguaggi, c’è un grande sforzo collettivo di parlare sia al pubblico tradizionale sia ai millennials, che hanno abitudini di fruizione molto lontane da quelle dei loro padri.
Senza ripercorrere la storia di decenni di dati d’ascolto – negli anni sono più volte cambiati i sistemi di rilevamento e le contestazioni dei numeri sono una caratteristica tutta italiana – credo sia sufficiente dire che dopo l’oggettiva crisi – anche d’identità – determinata dall’avvento della televisione, la radio è riuscita a ritrovare se non centralità una sua solida tenuta, e a partire dalla metà degli anni ottanta a recuperare ascolti. Nel 2016 gli ascoltatori totali nel giorno medio sono stati 35,4 milioni2, di cui circa 15 sull’emittenza locale. Nel 2015 erano stati poco sopra ai 35 milioni, nel 2012 34,2 milioni, nel 2001 circa 35 milioni.
Nel 1955 si era poco sotto i 20 milioni di ascoltatori quotidiani e sino alla metà degli anni ottanta si era restati sotto ai 25 milioni, poi soprattutto a partire dagli anni novanta gli ascoltatori sono cominciati a crescere – quasi 30 milioni nel 1994 – e dagli anni duemila a oggi hanno ruotato attorno ai 35 milioni, con un picco di quasi 40 nel 2010, figlio però di un sistema di rilevamento contestato e soppresso.
Nel 2007 – sono dati Censis3 – l’utenza complessiva corrispondeva al 77,7% della popolazione, nel 2016 all’83,9%. Se si scorpora il dato generale si scopre che nel 2017 il 59,1% ascolta da radio tradizionale (in calo del 3% rispetto al 2016), il 70,2% da autoradio, il 12,9% da lettore mp3, il 19,1% da smartphone (era il 3% dieci anni fa), il 18,6% da internet tramite pc. Seppure più lentamente che in altri paesi il modo di ascoltare la radio segue i mutamenti generali del sistema mediatico. Negli ultimi dieci anni la crescita complessiva dell’utenza radio da smartphone è stata del 15,5%, quella da internet via pc o tablet dell’11%4.
I giornali radio sono la terza fonte utilizzata dagli italiani per informarsi, dopo telegiornali e Facebook, e molte ricerche convergono sulla credibilità dell’informazione che si ascolta alla radio5.
L’Italia negli anni settanta e ottanta era col Messico il paese col più alto rapporto tra numero di emittenti e numero di abitanti, anche agli inizi degli anni novanta eravamo tutto un pullulare di radio – circa 4000 domande di concessione –, poi è cominciato un processo di concentrazione, e oggi ci sono circa 2500 concessioni a trasmettere, di cui 14 nazionali.
La progressiva concentrazione negli assetti proprietari è un fenomeno comune a tutto l’Occidente, con l’assorbimento da parte dei grandi gruppi di molta piccola emittenza. Dal 2015 è particolarmente evidente nel nostro paese, con il consolidamento della società RadioMediaset e il rafforzamento del gruppo Rtl 102.56.
Le fonti di finanziamento oggi si basano o su un sostegno interamente pubblico, o su sistemi misti – sostegno pubblico, abbonamenti e raccolta pubblicitaria – o ancora su base solo commerciale, tramite ricavi pubblicitari o finanziamenti privati. Il nuovo contesto sta imponendo anche un ripensamento degli assetti giuridici che regolamentano il settore. A fronte dell’ingresso di migliaia di nuovi attori che trasmettono su internet, il regolatore sarà costretto ad aggiornare i criteri di ingresso. I paesi occidentali hanno normative diverse, quasi tutti richiedono tuttora una forma di autorizzazione, in linea di massima circa la metà dei paesi europei vuole la licenza per qualsiasi tipo di trasmissione, e l’altra metà una semplice comunicazione. In Italia è il governo ad accordare le licenze di trasmissione terrestre e via cavo, mentre è l’Agcom a concederle per i canali satellitari.
Restiamo comunque un paese dall’etere molto confuso e affollato. E qualcosa deve avere a che fare con l’amore per la parola, la discussione, la ciacola. Come numero e percentuale di ascoltatori siamo dietro agli altri grandi paesi europei, e potrebbe venire qualche cattivo pensiero su una possibile relazione col rapporto tra chi scrive e chi legge, ma sono ipotesi più impressionistiche che realmente dimostrabili. Certo, come vedremo, le trasmissioni «serie» da noi non occupano mai i primi posti delle classifiche di ascolto e le radio di contenuto sembrerebbero arretrare rispetto a quelle di evasione, di accompagnamento. Potrebbe essere la declinazione radiofonica del più generale fenomeno della marginalizzazione delle forme «alte» tra i consumi culturali del nostro paese, che ha bassi tassi di lettura, sia di quotidiani sia di libri, un preoccupante analfabetismo di ritorno, e una sconfortante refrattarietà di fronte alla pagina scritta: l’italiano – diceva spietato Franco Cordero – «è una figura d’uomo disattento ai fatti, indifferente alle avventure del pensiero, alieno dalla serietà tragica…»7.
Non va inoltre taciuto che la radio occupa un posto abbastanza subalterno nel sistema dei media italiano, nel mercato dei media. Che già di suo ha un mercato più piccolo di quello degli altri grandi paesi europei, e all’interno di quel mercato la radio ha una percentuale di investimenti, tra pubblicità, canone e stanziamenti statali, che è in leggera crescita8 ma resta complessivamente bassa.
Si è parlato di debole carisma e di una fragile carica simbolica9. La televisione per almeno un trentennio è stata il centro e il cuore dell’immaginario delle masse, marginalizzando il ruolo che la radio aveva invece avuto nel trentennio precedente, nel quale era stata uno strumento anche molto popolare10. Non estranea a questi esiti è stata peraltro la scelta della Rai di puntare il grosso dei propri investimenti sulla televisione, al contrario di quello che hanno fatto paesi come il Regno Unito, la Germania, la Francia, la Danimarca11.
E però, torno sul punto, la radio regge12. Regge nel mondo. A seconda delle aree geografiche le trasformazioni alle quali abbiamo accennato conoscono evoluzioni differenti e percorsi diversi, e anche i mercati sono molto variegati. Se in Occidente la radio partecipa ampiamente della metamorfosi dettata dal digitale – con una tenuta dell’ascolto soprattutto nel maturo mercato anglosassone, nel Regno Unito l’89,3% della popolazione ascolta la radio ogni settimana (era oltre il 90% nel 2013-14 ma meno all’inizio degli anni duemila), il cittadino medio ascolta 21,2 ore di radio a settimana, negli Stati Uniti gli ascoltatori dei radio shows continuano a crescere – in altre aree del mondo i modi di produzione e fruizione restano gli stessi del Novecento, e ci sono paesi in cui la radio ha una centralità che in Occidente si è perduta. In alcune aree economicamente poco sviluppate è tutt’oggi il medium più diffuso. È così nell’Africa subsahariana, nelle zone interne del Brasile, nei paesi dell’Indocina.
C’è una correlazione stretta tra regimi politici e modello pubblico-privato. Nei paesi di debole libertà politica la radio è spesso centralizzata e controllata dai governi, gli esempi più evidenti sono le autocrazie asiatiche, le teocrazie medio-orientali e Cuba. In Sud America e Nord Africa si sta assistendo a un progressivo sviluppo delle radio commerciali, così come sono in crescita le radio comunitarie sia in Africa sia in Medio Oriente, mentre nell’America del Sud la tradizione delle comunitarie è storicamente più forte. Il web e le webradio stanno comunque ridefinendo il quadro anche fuori dall’Occidente, perché le generazioni più giovani hanno stili di vita che le avvicinano a quelle occidentali. L’incremento portato dal web rende inoltre difficile un calcolo globale del numero delle webradio – si parla di circa 50 000 emittenti attive – e indebolisce la divisione classica tra pubbliche, commerciali e comunitarie. In generale la radiofonia pubblica resiste meglio in quei paesi dove si è investito in tecnologia e contenuti tematici, mentre è più debole laddove la liberalizzazione è stata selvaggia e gli investimenti nel sistema pubblico scarsi.
Abbiamo cominciato a individuare le ragioni della resilienza, ma è sull’ingresso della radio nell’ecosistema internet – che è il vero nodo teorico del discorso che stiamo portando avanti – che occorre soffermarsi. Anche un eremita si sarà accorto che tutto l’universo dei media sta conoscendo sin dall’inizio del XXI secolo un processo di profonda trasformazione, determinato in larga parte dal dispiegamento del digitale e appunto dall’affermarsi del cosiddetto ecosistema comunicativo internet. È un processo che decolla a partire dagli anni novanta, ma che negli ultimi anni, grazie a innovazioni tecnologiche che si susseguono a un ritmo quasi ansiogeno, vive un’accelerazione che muta di continuo il paesaggio mediale. Tutti i media ne escono profondamente cambiati, e la radio è parte di questa trasformazione, è anzi uno dei mezzi di comunicazione che più ha saputo adattarsi al cambiamento, e divenire multimediale, crossmediale. L’incontro con la rete è spesso ambivalente e difficilmente indirizzabile, ma per ora sta producendo un’ibridazione fruttuosa, che inietta nel medium radio opportunità e qualche rischio. Non è una novità per la radiofonia. La storia dei media insegna che molto spesso un medium nuovo non cancella il vecchio, e che sono probabili forme di convivenza, filiazioni,convergenze, prestiti. È accaduto alla radio con l’avvento della televisione, ed è così anche con l’avvento, dirompente, della rete. Tutti i media stanno vivendo una mutazione nei modi di produzione e di fruizione, e nei contenuti. È cambiato molto anche il modo di produrre e ricevere informazioni: oggi c’è la possibilità di essere informati in modi differenti, da fonti differenti, usando media differenti13. All’interno di questo campo in mutazione il broadcasting – letteralmente «semina larga», è una parola che definisce la trasmissione circolare via etere di contenuti di interesse generale non indirizzati a un destinatario particolare ma a tutti gli apparecchi che si trovano nell’area di ricezione – conosce dei cambiamenti specifici. Anzitutto il definitivo superamento della cosiddetta età della scarsità, e cioè quella fase caratterizzata da un’offerta limitata di canali e prodotti destinati a un pubblico di massa, e sul quale torneremo più avanti.
L’espressione usata dagli studiosi è «età dell’abbondanza mediale». In realtà la radio aveva conosciuto lo scoglio della scarsità in forme comunque attenuate rispetto alla televisione, per ragioni di frequenze più abbondanti e meno costose, di minori barriere all’ingresso, e di precedente affrancamento dall’offerta dei soli servizi pubblici monopolistici. Erano state proprio queste caratteristiche a permettere alla radio di fornire un’offerta meno indifferenziata e massificata della televisione. Ma la recente accelerazione dell’evoluzione tecnologica, dovuta al passaggio dall’era analogica a quella digitale, cambia le cose, è un game changer. L’applicazione della matematica binaria e l’introduzione dei microprocessori a tutti i fenomeni governati da funzioni logiche hanno consentito di superare i limiti fisici dei materiali. Nel mondo digitale ogni funzione viene virtualizzata e risolta a livello logico all’interno delle Cpu e dei sistemi operativi, permettendo di gestire quantità e varietà teoricamente illimitate di dati, criteri, algoritmi utilizzabili in un’infinità di applicazioni, tra cui il campo multimediale. Dal lato della sorgente e della fedele registrazione, riproduzione e conservazione del segnale audio e video, l’avvento dei sistemi di codifica e decodifica digitale come il Pcm (lineare), il capostipite usato per i cd, o lo Mpeg (compresso) usato per il video, ha reso possibile il passo fondamentale: gestire tutto sotto forma di file di dati. Allo stesso tempo l’introduzione di tecnologie avanzate nelle reti ha permesso di incrementare la velocità/quantità delle comunicazioni, mentre protocolli di compressione e gestione sempre più efficienti hanno determinato un aumento della densità delle informazioni trasmesse.
Digitale e internet hanno contribuito poi ad arricchire le piattaforme attraverso le quali si può ascoltare la radio. Tecnicamente gli strumenti attraverso i quali è possibile l’ascolto sarebbero diciotto, indichiamo qui i principali: Fm, onde medie, onde lunghe, onde corte, digitale, televisione digitale, tutti i tipi di telefoni mobili, satellite, web, social network. Una varietà di piattaforme che sta determinando modificazioni sensibili nel modo in cui le persone ascoltano la radio. Secondo i più recenti dati britannici14, il 59% della popolazione del Regno Unito ascolta la radio via piattaforme digitali – Dab, Dyv, online, app, 9 milioni via smartphone e cuffie –, l’online e le app da sole contano per circa l’8% dell’ascolto totale – le app, tra l’altro, sono destinate a crescere, anche perché si stanno moltiplicando le radio news app, che danno le ultime notizie. Nel 2017 la Bbc produrrà circa 400 ore di programmi originali ascoltabili solo on demand. Negli Stati Uniti i numeri sono sensibilmente più alti, in particolare l’ascolto della radio attraverso dispositivi digitali. In Italia si registrano dati più bassi di quelli anglosassoni, ma la linea di tendenza è la stessa.
Tra i portati di maggior rilevanza della rivoluzione digitale c’è senz’altro il podcast – che è una parola figlia della fusione tra i termini iPod e broadcasting, e che indica il sistema che permette di scaricare su qualsiasi dispositivo i contenuti audio delle trasmissioni, e di ascoltarli quando si desidera. I numeri del podcast sono mutevoli ma piuttosto solidi. BbcRadio, che oggi offre 536 versioni podcast dei suoi programmi, nel 2016 contava in media più di venticinque milioni di download al mese, RadioRai sta attorno ai sette, Radio France attorno ai dieci. È difficile prevedere se il podcast sarà una tecnologia che si rafforzerà o se è invece destinata ad essere superata. Alcuni analisti parlano di tecnologia di passaggio, e immaginano che in futuro, con la diffusione della banda larga e di dispositivi sempre più efficienti, crescerà molto l’ascolto via streaming, un sistema che permette di ascoltare i contenuti audio immediatamente o dopo pochi istanti, senza necessità di scaricarli e salvarli come con il podcast15. Se si guarda agli Stati Uniti, però, il podcast è in ottima salute16. I download sono in costante crescita, Npr ha svolto un importante ruolo di Pigmalione e vettore per i produttori indipendenti di podcast, e ci sono popolarissimi aggregatori di podcast come iTunes o Stitcher, e piattaforme come Radiotopia o Gimlet o Panoply – i cosiddetti podcast network – sulle quali si possono ascoltare serie audio – Serial, una serie di enorme successo che racconta gli sviluppi investigativi di un caso di omicidio avvenuto a Baltimora nel 199...

Table of contents