Numeri, tendenze, previsioni
Un cambio di stagione si è compiuto, dettato in gran parte dalle innovazioni tecnologiche. Come si è scritto la radio ha un nucleo sempreverde e forse intramontabile, legato allâascolto, alla voce, alla musica, ma la tecnologia ha mutato e sta ancora mutando i modi e i termini della relazione tra chi sta dietro al microfono e chi ascolta, ha cambiato il modo in cui si partecipa, ha inserito il medium radio in un campo crossmediale1, ibrido, che a sua volta ha effetti non irrilevanti sui contenuti che si trasmettono.
Ma cosa significa? Che cosâha di diverso in concreto la radio di oggi rispetto a quella che si ascoltava una generazione fa?
Cominciamo a definire lo stato di salute della radio di questi anni. Tenderei ad essere piĂš prudente di Ian McEwan, ma al di lĂ della prudenza possiamo affermare che la radio gode di buona salute. E questo accade soprattutto perchĂŠ, come detto poco fa, la radio è coerente con lâinnovazione tecnologica, è al passo con la trasformazione, usi e consumi radiofonici mutano di continuo e pedinano i cambiamenti. Cambiamenti che sono a cascata: dalle piattaforme ai format, dai dispositivi ai linguaggi, câè un grande sforzo collettivo di parlare sia al pubblico tradizionale sia ai millennials, che hanno abitudini di fruizione molto lontane da quelle dei loro padri.
Senza ripercorrere la storia di decenni di dati dâascolto â negli anni sono piĂš volte cambiati i sistemi di rilevamento e le contestazioni dei numeri sono una caratteristica tutta italiana â credo sia sufficiente dire che dopo lâoggettiva crisi â anche dâidentitĂ â determinata dallâavvento della televisione, la radio è riuscita a ritrovare se non centralitĂ una sua solida tenuta, e a partire dalla metĂ degli anni ottanta a recuperare ascolti. Nel 2016 gli ascoltatori totali nel giorno medio sono stati 35,4 milioni2, di cui circa 15 sullâemittenza locale. Nel 2015 erano stati poco sopra ai 35 milioni, nel 2012 34,2 milioni, nel 2001 circa 35 milioni.
Nel 1955 si era poco sotto i 20 milioni di ascoltatori quotidiani e sino alla metĂ degli anni ottanta si era restati sotto ai 25 milioni, poi soprattutto a partire dagli anni novanta gli ascoltatori sono cominciati a crescere â quasi 30 milioni nel 1994 â e dagli anni duemila a oggi hanno ruotato attorno ai 35 milioni, con un picco di quasi 40 nel 2010, figlio però di un sistema di rilevamento contestato e soppresso.
Nel 2007 â sono dati Censis3 â lâutenza complessiva corrispondeva al 77,7% della popolazione, nel 2016 allâ83,9%. Se si scorpora il dato generale si scopre che nel 2017 il 59,1% ascolta da radio tradizionale (in calo del 3% rispetto al 2016), il 70,2% da autoradio, il 12,9% da lettore mp3, il 19,1% da smartphone (era il 3% dieci anni fa), il 18,6% da internet tramite pc. Seppure piĂš lentamente che in altri paesi il modo di ascoltare la radio segue i mutamenti generali del sistema mediatico. Negli ultimi dieci anni la crescita complessiva dellâutenza radio da smartphone è stata del 15,5%, quella da internet via pc o tablet dellâ11%4.
I giornali radio sono la terza fonte utilizzata dagli italiani per informarsi, dopo telegiornali e Facebook, e molte ricerche convergono sulla credibilitĂ dellâinformazione che si ascolta alla radio5.
LâItalia negli anni settanta e ottanta era col Messico il paese col piĂš alto rapporto tra numero di emittenti e numero di abitanti, anche agli inizi degli anni novanta eravamo tutto un pullulare di radio â circa 4000 domande di concessione â, poi è cominciato un processo di concentrazione, e oggi ci sono circa 2500 concessioni a trasmettere, di cui 14 nazionali.
La progressiva concentrazione negli assetti proprietari è un fenomeno comune a tutto lâOccidente, con lâassorbimento da parte dei grandi gruppi di molta piccola emittenza. Dal 2015 è particolarmente evidente nel nostro paese, con il consolidamento della societĂ RadioMediaset e il rafforzamento del gruppo Rtl 102.56.
Le fonti di finanziamento oggi si basano o su un sostegno interamente pubblico, o su sistemi misti â sostegno pubblico, abbonamenti e raccolta pubblicitaria â o ancora su base solo commerciale, tramite ricavi pubblicitari o finanziamenti privati. Il nuovo contesto sta imponendo anche un ripensamento degli assetti giuridici che regolamentano il settore. A fronte dellâingresso di migliaia di nuovi attori che trasmettono su internet, il regolatore sarĂ costretto ad aggiornare i criteri di ingresso. I paesi occidentali hanno normative diverse, quasi tutti richiedono tuttora una forma di autorizzazione, in linea di massima circa la metĂ dei paesi europei vuole la licenza per qualsiasi tipo di trasmissione, e lâaltra metĂ una semplice comunicazione. In Italia è il governo ad accordare le licenze di trasmissione terrestre e via cavo, mentre è lâAgcom a concederle per i canali satellitari.
Restiamo comunque un paese dallâetere molto confuso e affollato. E qualcosa deve avere a che fare con lâamore per la parola, la discussione, la ciacola. Come numero e percentuale di ascoltatori siamo dietro agli altri grandi paesi europei, e potrebbe venire qualche cattivo pensiero su una possibile relazione col rapporto tra chi scrive e chi legge, ma sono ipotesi piĂš impressionistiche che realmente dimostrabili. Certo, come vedremo, le trasmissioni ÂŤserieÂť da noi non occupano mai i primi posti delle classifiche di ascolto e le radio di contenuto sembrerebbero arretrare rispetto a quelle di evasione, di accompagnamento. Potrebbe essere la declinazione radiofonica del piĂš generale fenomeno della marginalizzazione delle forme ÂŤalteÂť tra i consumi culturali del nostro paese, che ha bassi tassi di lettura, sia di quotidiani sia di libri, un preoccupante analfabetismo di ritorno, e una sconfortante refrattarietĂ di fronte alla pagina scritta: lâitaliano â diceva spietato Franco Cordero ⠍è una figura dâuomo disattento ai fatti, indifferente alle avventure del pensiero, alieno dalla serietĂ tragicaâŚÂť7.
Non va inoltre taciuto che la radio occupa un posto abbastanza subalterno nel sistema dei media italiano, nel mercato dei media. Che giĂ di suo ha un mercato piĂš piccolo di quello degli altri grandi paesi europei, e allâinterno di quel mercato la radio ha una percentuale di investimenti, tra pubblicitĂ , canone e stanziamenti statali, che è in leggera crescita8 ma resta complessivamente bassa.
Si è parlato di debole carisma e di una fragile carica simbolica9. La televisione per almeno un trentennio è stata il centro e il cuore dellâimmaginario delle masse, marginalizzando il ruolo che la radio aveva invece avuto nel trentennio precedente, nel quale era stata uno strumento anche molto popolare10. Non estranea a questi esiti è stata peraltro la scelta della Rai di puntare il grosso dei propri investimenti sulla televisione, al contrario di quello che hanno fatto paesi come il Regno Unito, la Germania, la Francia, la Danimarca11.
E però, torno sul punto, la radio regge12. Regge nel mondo. A seconda delle aree geografiche le trasformazioni alle quali abbiamo accennato conoscono evoluzioni differenti e percorsi diversi, e anche i mercati sono molto variegati. Se in Occidente la radio partecipa ampiamente della metamorfosi dettata dal digitale â con una tenuta dellâascolto soprattutto nel maturo mercato anglosassone, nel Regno Unito lâ89,3% della popolazione ascolta la radio ogni settimana (era oltre il 90% nel 2013-14 ma meno allâinizio degli anni duemila), il cittadino medio ascolta 21,2 ore di radio a settimana, negli Stati Uniti gli ascoltatori dei radio shows continuano a crescere â in altre aree del mondo i modi di produzione e fruizione restano gli stessi del Novecento, e ci sono paesi in cui la radio ha una centralitĂ che in Occidente si è perduta. In alcune aree economicamente poco sviluppate è tuttâoggi il medium piĂš diffuso. Ă cosĂŹ nellâAfrica subsahariana, nelle zone interne del Brasile, nei paesi dellâIndocina.
Câè una correlazione stretta tra regimi politici e modello pubblico-privato. Nei paesi di debole libertĂ politica la radio è spesso centralizzata e controllata dai governi, gli esempi piĂš evidenti sono le autocrazie asiatiche, le teocrazie medio-orientali e Cuba. In Sud America e Nord Africa si sta assistendo a un progressivo sviluppo delle radio commerciali, cosĂŹ come sono in crescita le radio comunitarie sia in Africa sia in Medio Oriente, mentre nellâAmerica del Sud la tradizione delle comunitarie è storicamente piĂš forte. Il web e le webradio stanno comunque ridefinendo il quadro anche fuori dallâOccidente, perchĂŠ le generazioni piĂš giovani hanno stili di vita che le avvicinano a quelle occidentali. Lâincremento portato dal web rende inoltre difficile un calcolo globale del numero delle webradio â si parla di circa 50 000 emittenti attive â e indebolisce la divisione classica tra pubbliche, commerciali e comunitarie. In generale la radiofonia pubblica resiste meglio in quei paesi dove si è investito in tecnologia e contenuti tematici, mentre è piĂš debole laddove la liberalizzazione è stata selvaggia e gli investimenti nel sistema pubblico scarsi.
Abbiamo cominciato a individuare le ragioni della resilienza, ma è sullâingresso della radio nellâecosistema internet â che è il vero nodo teorico del discorso che stiamo portando avanti â che occorre soffermarsi. Anche un eremita si sarĂ accorto che tutto lâuniverso dei media sta conoscendo sin dallâinizio del XXI secolo un processo di profonda trasformazione, determinato in larga parte dal dispiegamento del digitale e appunto dallâaffermarsi del cosiddetto ecosistema comunicativo internet. Ă un processo che decolla a partire dagli anni novanta, ma che negli ultimi anni, grazie a innovazioni tecnologiche che si susseguono a un ritmo quasi ansiogeno, vive unâaccelerazione che muta di continuo il paesaggio mediale. Tutti i media ne escono profondamente cambiati, e la radio è parte di questa trasformazione, è anzi uno dei mezzi di comunicazione che piĂš ha saputo adattarsi al cambiamento, e divenire multimediale, crossmediale. Lâincontro con la rete è spesso ambivalente e difficilmente indirizzabile, ma per ora sta producendo unâibridazione fruttuosa, che inietta nel medium radio opportunitĂ e qualche rischio. Non è una novitĂ per la radiofonia. La storia dei media insegna che molto spesso un medium nuovo non cancella il vecchio, e che sono probabili forme di convivenza, filiazioni,convergenze, prestiti. Ă accaduto alla radio con lâavvento della televisione, ed è cosĂŹ anche con lâavvento, dirompente, della rete. Tutti i media stanno vivendo una mutazione nei modi di produzione e di fruizione, e nei contenuti. Ă cambiato molto anche il modo di produrre e ricevere informazioni: oggi câè la possibilitĂ di essere informati in modi differenti, da fonti differenti, usando media differenti13. Allâinterno di questo campo in mutazione il broadcasting â letteralmente ÂŤsemina largaÂť, è una parola che definisce la trasmissione circolare via etere di contenuti di interesse generale non indirizzati a un destinatario particolare ma a tutti gli apparecchi che si trovano nellâarea di ricezione â conosce dei cambiamenti specifici. Anzitutto il definitivo superamento della cosiddetta etĂ della scarsitĂ , e cioè quella fase caratterizzata da unâofferta limitata di canali e prodotti destinati a un pubblico di massa, e sul quale torneremo piĂš avanti.
Lâespressione usata dagli studiosi è ÂŤetĂ dellâabbondanza medialeÂť. In realtĂ la radio aveva conosciuto lo scoglio della scarsitĂ in forme comunque attenuate rispetto alla televisione, per ragioni di frequenze piĂš abbondanti e meno costose, di minori barriere allâingresso, e di precedente affrancamento dallâofferta dei soli servizi pubblici monopolistici. Erano state proprio queste caratteristiche a permettere alla radio di fornire unâofferta meno indifferenziata e massificata della televisione. Ma la recente accelerazione dellâevoluzione tecnologica, dovuta al passaggio dallâera analogica a quella digitale, cambia le cose, è un game changer. Lâapplicazione della matematica binaria e lâintroduzione dei microprocessori a tutti i fenomeni governati da funzioni logiche hanno consentito di superare i limiti fisici dei materiali. Nel mondo digitale ogni funzione viene virtualizzata e risolta a livello logico allâinterno delle Cpu e dei sistemi operativi, permettendo di gestire quantitĂ e varietĂ teoricamente illimitate di dati, criteri, algoritmi utilizzabili in unâinfinitĂ di applicazioni, tra cui il campo multimediale. Dal lato della sorgente e della fedele registrazione, riproduzione e conservazione del segnale audio e video, lâavvento dei sistemi di codifica e decodifica digitale come il Pcm (lineare), il capostipite usato per i cd, o lo Mpeg (compresso) usato per il video, ha reso possibile il passo fondamentale: gestire tutto sotto forma di file di dati. Allo stesso tempo lâintroduzione di tecnologie avanzate nelle reti ha permesso di incrementare la velocitĂ /quantitĂ delle comunicazioni, mentre protocolli di compressione e gestione sempre piĂš efficienti hanno determinato un aumento della densitĂ delle informazioni trasmesse.
Digitale e internet hanno contribuito poi ad arricchire le piattaforme attraverso le quali si può ascoltare la radio. Tecnicamente gli strumenti attraverso i quali è possibile lâascolto sarebbero diciotto, indichiamo qui i principali: Fm, onde medie, onde lunghe, onde corte, digitale, televisione digitale, tutti i tipi di telefoni mobili, satellite, web, social network. Una varietĂ di piattaforme che sta determinando modificazioni sensibili nel modo in cui le persone ascoltano la radio. Secondo i piĂš recenti dati britannici14, il 59% della popolazione del Regno Unito ascolta la radio via piattaforme digitali â Dab, Dyv, online, app, 9 milioni via smartphone e cuffie â, lâonline e le app da sole contano per circa lâ8% dellâascolto totale â le app, tra lâaltro, sono destinate a crescere, anche perchĂŠ si stanno moltiplicando le radio news app, che danno le ultime notizie. Nel 2017 la Bbc produrrĂ circa 400 ore di programmi originali ascoltabili solo on demand. Negli Stati Uniti i numeri sono sensibilmente piĂš alti, in particolare lâascolto della radio attraverso dispositivi digitali. In Italia si registrano dati piĂš bassi di quelli anglosassoni, ma la linea di tendenza è la stessa.
Tra i portati di maggior rilevanza della rivoluzione digitale câè senzâaltro il podcast â che è una parola figlia della fusione tra i termini iPod e broadcasting, e che indica il sistema che permette di scaricare su qualsiasi dispositivo i contenuti audio delle trasmissioni, e di ascoltarli quando si desidera. I numeri del podcast sono mutevoli ma piuttosto solidi. BbcRadio, che oggi offre 536 versioni podcast dei suoi programmi, nel 2016 contava in media piĂš di venticinque milioni di download al mese, RadioRai sta attorno ai sette, Radio France attorno ai dieci. Ă difficile prevedere se il podcast sarĂ una tecnologia che si rafforzerĂ o se è invece destinata ad essere superata. Alcuni analisti parlano di tecnologia di passaggio, e immaginano che in futuro, con la diffusione della banda larga e di dispositivi sempre piĂš efficienti, crescerĂ molto lâascolto via streaming, un sistema che permette di ascoltare i contenuti audio immediatamente o dopo pochi istanti, senza necessitĂ di scaricarli e salvarli come con il podcast15. Se si guarda agli Stati Uniti, però, il podcast è in ottima salute16. I download sono in costante crescita, Npr ha svolto un importante ruolo di Pigmalione e vettore per i produttori indipendenti di podcast, e ci sono popolarissimi aggregatori di podcast come iTunes o Stitcher, e piattaforme come Radiotopia o Gimlet o Panoply â i cosiddetti podcast network â sulle quali si possono ascoltare serie audio â Serial, una serie di enorme successo che racconta gli sviluppi investigativi di un caso di omicidio avvenuto a Baltimora nel 199...