Il capitalismo della sorveglianza
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Il capitalismo della sorveglianza

Il futuro dell'umanità nell'era dei nuovi poteri

Shoshana Zuboff

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Il capitalismo della sorveglianza

Il futuro dell'umanità nell'era dei nuovi poteri

Shoshana Zuboff

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“Leggendo Il capitalismo della sorveglianza ho sentito subito l’urgenza di far leggere a chiunque questo libro come atto di autodifesa digitale. Con enorme lucidità e coraggio morale, Zuboff mostra non solo come le nostre menti vengano sfruttate per ottenere dati, ma anche come questo processo le cambi in modo rapido e radicale.”
Naomi Klein
“Ogni nostra email, ogni nostra interazione, ogni nostra emozione è venduta, controllata, manipolata. Mai la società umana ha avuto una così grande concentrazione di ricchezza,conoscenza e potere in così poche mani. Non ve ne siete accorti? Leggete Shoshana Zuboff.”
Roberto Saviano
"Questo libro è Il Capitale di questa generazione"
Zadie Smith
L’era che stiamo vivendo, caratterizzata da uno sviluppo senza precedenti della tecnologia, porta con sé una grave minaccia per la natura umana: un’architettura globale di sorveglianza, ubiqua e sempre all’erta, osserva e indirizza il nostro stesso comportamento per fare gli interessi di pochissimi – coloro i quali dalla compravendita dei nostri dati personali e delle predizioni sui comportamenti futuri traggono enormi ricchezze e un potere sconfinato. È il “capitalismo della sorveglianza”, lo scenario alla base del nuovo ordine economico che sfrutta l’esperienza umana sotto forma di dati come materia prima per pratiche commerciali segrete e il movimento di potere che impone il proprio dominio sulla società sfidando la democrazia e mettendo a rischio la nostra stessa libertà. Il libro di Shoshana Zuboff, frutto di anni di ricerca, mostra la pervasività e pericolosità di questo sistema, svelando come, spesso senza rendercene conto, stiamo di fatto pagando per farci dominare. Il capitalismo della sorveglianza, un’opera già classica e un libro imprescindibile per comprendere la nostra epoca, è l’incubo in cui è necessario immergersi per poter trovare la strada che ci conduca a un futuro più giusto – una strada difficile, complessa, in parte ancora sconosciuta, ma che non può che avere origine dal nostro dire “basta!”

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Information

Year
2019
ISBN
9788861054646
Prima parte
Le basi del capitalismo della sorveglianza

Capitolo 2

9 agosto 2011: preparare il terreno
per il capitalismo della sorveglianza
I pericoli e i castighi si fecero più grandi;
e la via del ritorno era difesa da angeli
contro il poeta e il legislatore.
W.H. Auden, Sonetti dalla Cina, II
Il 9 agosto del 2011, a distanza di migliaia di chilometri l’uno dall’altro, accaddero tre eventi in grado di racchiudere i buoni auspici e gli imminenti pericoli dell’emergente civiltà dell’informazione. Il primo: Apple, la più avanzata tra le aziende della Silicon Valley, con il suo sogno digitale che prometteva nuove soluzioni ai vecchi problemi economici e sociali, riuscì finalmente a superare la Exxon Mobil e a diventare l’azienda col maggiore capitale al mondo. Il secondo: una fatale sparatoria con la polizia diede il via a una serie di rivolte per le strade di Londra, trascinando il Paese in una spirale di violente proteste. Un decennio di crescita digitale non era riuscito a stemperare l’austerità punitiva dell’economia liberale e le grandi disparità che questa aveva causato. Il terzo: i cittadini spagnoli proclamarono il loro diritto a un futuro più umano esigendo da Google “il diritto a essere dimenticati”. Era il segnale di come il sogno di un futuro digitale più equo e democratico si fosse trasformato ben presto in un incubo, presagio di un futuro nel quale le possibilità del digitale si sarebbero fuse globalmente con le ambizioni del capitalismo. Quel giorno d’agosto rivive quotidianamente, come in una favola d’altri tempi, e saremo condannati a un simile eterno ritorno fin quando l’anima della nostra civiltà dell’informazione non finirà per essere plasmata dall’azione democratica o verrà portata alla deriva dal potere privato e dall’ignoranza.
2.1 apple e la rivoluzione
Apple fece irruzione nel mondo della musica nel bel mezzo di un duello tra domanda e offerta. Da un lato c’erano i giovani, entusiasti utenti di Napster e di altri servizi di file sharing, che chiedevano un nuovo modo di consumare musica: “quel che voglio, quando, dove e come voglio”. Dall’altro c’era l’industria musicale che aveva scelto di soffocare quella domanda seminando il terrore, dando la caccia e denunciando alcuni dei maggiori utenti di Napster. Apple edificò un ponte tra le due parti con una soluzione sostenibile dal punto di vista sia legale sia commerciale, capace di tenere conto delle esigenze degli utenti e, allo stesso tempo, di collaborare con l’industria. Napster aveva hackerato il mercato musicale, ma Apple sembrò in grado di hackerare il capitalismo.
È facile dimenticare quanto sia stata dirompente la rivoluzione di Apple. Le vendite di iPod/iTunes/iPhone fecero decollare i profitti dell’azienda. Bloomberg Businessweek scrisse che gli analisti di Wall Street erano “sconcertati” dal misterioso “miracolo” di Apple. Uno di loro commentò: “Non riusciamo nemmeno a tracciare dei modelli… è una sorta di religione”.1 Anche oggi le cifre appaiono sbalorditive: tre giorni dopo il lancio della piattaforma iTunes compatibile per Windows nell’ottobre del 2003, gli ascoltatori avevano scaricato un milione di copie del software gratuito e acquistato un milione di canzoni, spingendo Steve Jobs a dichiarare: “In meno di una settimana, abbiamo infranto ogni primato e siamo diventati la più grande azienda di musica online al mondo”.2 Nel giro di un mese si arrivò a cinque milioni di download, a dieci dopo tre mesi, a venticinque dopo altri tre mesi. Quattro anni e mezzo dopo, nel gennaio del 2007, la cifra arrivò a due miliardi, e sei anni dopo, nel 2013, a 25 miliardi. Nel 2008, Apple subentrò a Walmart come più grande venditore di musica al mondo. Anche le vendite degli iPod furono spettacolari, passando da un milione di pezzi al mese dopo il lancio del music store, ai 100 milioni meno di quattro anni dopo, quando Apple incluse le funzioni dell’iPod nel suo rivoluzionario iPhone, che si rivelò un altro progresso fondamentale. Nel 2017, uno studio dei ricavati del mercato azionario ha concluso che Apple ha generato più profitti per investitore di qualunque compagnia del secolo precedente.3
Cento anni prima dell’iPod, la produzione di massa aveva segnato l’inizio di una nuova era, svelando il valore economico di un nuovo pubblico di consumatori desideroso di acquistare merci a prezzi abbordabili. Henry Ford ridusse del 60 per cento il prezzo di una singola automobile grazie a una logica industriale rivoluzionaria in grado di combinare alta produzione e basso prezzo per unità. La chiamava “produzione di massa”, racchiusa nella sua celebre massima: “Puoi avere la tua automobile di qualunque colore tu voglia, a patto che sia nera”.
In seguito, Alfred Sloan della General Motors spiegò meglio questo principio: “Quando abbiamo un prodotto da offrire [ai consumatori], dobbiamo per forza venderlo, visti gli enormi investimenti fatti per farlo giungere sul mercato”.4 Il business model dell’industria musicale era basato sul dire ai consumatori che cosa comprare, proprio come Ford e Sloan. I dirigenti avevano investito sulla produzione e sulla distribuzione dei cd, pertanto i consumatori dovevano comprare dei cd.
Con la Model T, Henry Ford fu uno dei primi a trovare una miniera d’oro nel consumo di massa. Come nel caso dell’iPod, la fabbrica di Model T fu spinta a soddisfare l’immediata esplosione della domanda. Si poteva applicare la produzione di massa a tutto, ed è proprio quel che accadde. Il contesto della produzione si diffuse in ogni branca dell’economia e in tutto il mondo, e il dominio del nuovo capitalismo della produzione di massa divenne la base per la creazione di ricchezza nel Ventesimo secolo.
Le novità rappresentate dall’iPod e dall’iTunes hanno ribaltato la vecchia logica industriale di questo secolo, facendo leva sulle nuove possibilità delle tecnologie digitali per rivoluzionare l’esperienza del consumo. Apple ha ridisegnato il rapporto tra gli ascoltatori e la loro musica con una precisa logica commerciale, che per quanto ora possa sembrarci familiare, al suo arrivo veniva considerata rivoluzionaria. Il ribaltamento operato da Apple è dipeso da determinati elementi chiave.
La digitalizzazione ha liberato alcune proprietà di valore – in questo caso, le canzoni – dagli spazi istituzionali nei quali erano intrappolate. Le costose procedure istituzionali descritte da Sloan furono eliminate e sostituite da una linea diretta con gli utenti. Nel caso del cd, ad esempio, Apple bypassò la produzione fisica del prodotto e del suo packaging, e le fasi di inventario, stoccaggio, marketing, trasporto, distribuzione e vendita al dettaglio. La combinazione dell’iPod con la piattaforma iTunes permise agli utenti di riconfigurare all’infinito le proprie playlist. Non c’erano due iPod uguali, e ogni iPod cambiava da una settimana all’altra, con gli utenti che ne ridefinivano le dinamiche. Per l’industria musicale e i suoi satelliti – grossisti e punti vendita – si trattò di un cambiamento letale, ma si trattava esattamente di quel che volevano i nuovi consumatori.
Come interpretare questo successo? Il “miracolo” di Apple in genere è attribuito al suo talento nel design e nel marketing, mentre il desiderio espresso dai consumatori di avere “quel che voglio, quando, dove e come voglio” viene considerato una prova della richiesta di un prezzo “conveniente” e spesso svilito, scambiato per narcisismo o volubilità. A mio parere, queste spiegazioni non rendono conto della grandezza dei risultati ottenuti da Apple. Per troppo tempo abbiamo accettato spiegazioni superficiali della fusione senza precedenti tra capitalismo e rivoluzione digitale operata da Apple, anziché esaminare più a fondo le forze storiche in grado di farla nascere.
Come Ford aveva attinto al nuovo consumo di massa, Apple è stata tra le prime aziende a raggiungere il successo commerciale intercettando la domanda di una forma di consumo individuale proveniente da una nuova società di individui. Un’inversione resa possibile dall’avvento dell’era digitale, che ha fornito gli strumenti per spostare l’obiettivo dal consumo di massa al consumo individuale, liberando e riconfigurando attività e beni del capitalismo. Essa prometteva qualcosa di completamente nuovo e necessario, tecnicamente impossibile al di fuori delle reti digitali; e racchiudeva in sé la promessa implicita di stare al nostro fianco, assecondando i nostri nuovi bisogni e valori, confermando il nostro innato senso di dignità e rassicurandoci sul fatto di contare qualcosa. L’era digitale ha offerto ai consumatori una via d’uscita da un mondo che non si curava dei loro bisogni individuali, e ha aperto la porta a un nuovo capitalismo razionale, in grado di collegare domanda e offerta a partire dalla nostra volontà e dalle nostre scelte.
Come spiegherò nei prossimi capitoli, le stesse condizioni storiche in grado di mandare in orbita l’iPod portarono internet nelle nostre vite, con tutte le sue promesse di liberazione e sostenendo il nostro desiderio di combattere l’ineguaglianza e l’isolamento. Quel che più conta nella nostra riflessione, però, è che le stesse condizioni ci potrebbero mettere al riparo dalla forza del capitalismo della sorveglianza. Per essere più precisi, il miracolo di Apple e il capitalismo della sorveglianza devono entrambi il proprio successo alla collisione distruttiva tra due forze storicamente in opposizione: da un lato la storia della modernizzazione e il secolare spostamento dalle masse all’individuo, dall’altro lato decenni di elaborazione e implementazione del paradigma economico neoliberista – le sue politiche economiche, la sua trasformazione della società e soprattutto la sua volontà di cambiare, sottomettere, ostacolare e perfino distruggere il bisogno individuale di autodeterminarsi e di prendere decisioni morali. Nel...

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