Atlante Rock
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Atlante Rock

Viaggio nei luoghi della musica

Ezio Guaitamacchi

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Atlante Rock

Viaggio nei luoghi della musica

Ezio Guaitamacchi

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Sulle strade del rock! La musica è associata a immagini. E le immagini a luoghi. Luoghi a volte remoti, spesso fuori dai percorsi consueti ma che sono stati testimoni di fatti, episodi, aneddoti e leggende che hanno fatto epoca. Non a caso, e ancora oggi, i loro nomi (Woodstock, Abbey Road, Carnaby Street, Haight-Ashbury, Asbury Park, Greenwich Village, Laurel Canyon, Altamont ecc.) evocano ricordi formidabili, suggestioni forti, emozioni intense a ogni vero appassionato. Attraverso una trentina d'itinerari geo-musicali, l'autore (vero "rock traveller" per passione e professione) accompagna i lettori in un viaggio, reale o virtuale, che ripercorre in modo divertente e fantasioso le tappe principali della storia del rock. I più fortunati potranno consultare questo volume come una vera e propria guida turistica, altri lo useranno per i loro tragitti sonori nella rete, altri ancora viaggeranno con la mente nello spazio e nel tempo sognando per qualche ora di essere a fianco dei loro idoli musicali. A tutti, happy trails!

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Information

Publisher
Hoepli
Year
2016
ISBN
9788820376291

1

IL DIAVOLO

SULLE MIE TRACCE

Un affascinante viaggio nel Sud degli States, alle radici del rock, attraverso sentieri folk, country, blues e soul. Si seguono le limacciose acque del potente Mississippi per poi farsi avvolgere dalle seducenti melodie di Nashville, danzare nelle vie di New Orleans prima di percorrere le caotiche strade di Chicago e quelle polverose dell’Alabama alla ricerca dei luoghi che hanno dato vita a miti e leggende della musica.

SULLE STRADE DEL

BLUES

Tra crocicchi satanici, locali malfamati, vecchie piantagioni di cotone e luoghi storici, in viaggio lungo l’autostrada del blues, la Highway 61, alla ricerca del fantasma di Robert Johnson…
L’hanno chiamata “The Great River Road” perché, nei 2.264 chilometri di percorrenza da New Orleans sino alla linea di confine tra Minnesota e Canada, segue il corso del fiume Mississippi. Aperta nel novembre del 1926, la U.S. Route 61, meglio conosciuta come Highway 61, per almeno mezzo secolo è stata un’arteria fondamentale per collegare le aree rurali del sud agli agglomerati urbani di Memphis, St. Louis e St. Paul. In particolare, negli anni ‘30 e ‘40, su questa stessa strada sono transitati moltissimi musicisti afroamericani destinati a traghettare la musica del diavolo nelle metropoli del nord come Kansas City, Detroit o Chicago là dove nascerà il blues elettrico. Già, perché nel suo tratto più suggestivo e interessante (quello che va da Natchez, Mississippi, sino a Memphis, Tennessee) la Highway 61 attraversa la zona del Delta, quella cioè che viene giustamente considerata la culla del country blues. O, come recita la scritta nella Mississippi Musicians Hall Of Fame And Museum, mezza area espositiva e mezzo ristorante all’interno dell’aeroporto di Jackson, “lo stato del Mississippi è il luogo di nascita di tutta la musica americana: il blues del Delta, la country music di Jimmie Rodgers, il rock di Ike Turner”.

“BLUES E JAZZ SONO ETERNI: COME NEW ORLEANS E IL DELTA DEL MISSISSIPPI”

Jack Nicholson

Limitata a nord proprio dalla città di Memphis, a sud da quella di Vicksburg, Mississippi, a ovest da Helena, Arkansas e a est dalle acque del fiume Yazoo, la regione del Delta è quella che ha dato i natali a Son House, Howlin’ Wolf, John Lee Hooker, Elmore James, Robert Johnson, Mississippi John Hurt, Charlie Patton, Bukka White, Muddy Waters e centinaia di altri formidabili musicisti che hanno scritto le pagine più importanti della storia del blues. Per questo la U.S. 61 è anche famosa con il nomignolo di “The Blues Highway”. E dunque il modo migliore per percorrerla è proprio quello, da sud a nord, usato dai vecchi bluesman degli anni ‘40 partendo magari da Natchez, Mississippi, per giungere a Memphis dopo aver guidato per circa 500 chilometri, seguendo un tratto di strada che all’epoca era quasi del tutto sterrato. Una buona idea, prima di inoltrarsi lungo “l’autostrada del blues”, è quella di pranzare al Mammy’s Cupboard (555 U.S. 61) proprio a sud di Natchez. Questo diner, costruito all’interno di un buffo edificio rosa (alto 9 metri), gonna di una mamie afroamericana il cui busto la sovrasta con lei che, sorridente, regge un vassoio, è uno dei landmark più famosi d’America.

HIGHWAY 61 REVISITED

Bob Dylan sull’autostrada del blues

Nel suo libro autobiografico Chronicles: Volume One Dylan descrive le affinità elettive con la strada che ha dato il titolo al suo sesto album in studio. “La Highway 61 iniziava esattamente dove vivevo io: a Duluth, Minnesota. Ho sempre pensato che avessimo tanto in comune: l’ho percorsa mille volte e ho sognato di seguirla sin laggiù, nel cuore del Delta. È sempre stata la stessa strada, piena delle stesse contraddizioni, con le stesse cittadine minuscole e gli stessi discendenti spirituali: mi ci sono talmente abituato da sentirla parte del mio Dna”. Per questo, contro il parere di manager e discografici, Bob Dylan ha insistito per chiamare Highway 61 Revisited l’album della “svolta elettrica” ma anche quello della sua dichiarazione d’amore per il blues delle radici.
Aperto nel 1940 da un’ex-guida turistica locale, il Mammy’s Cupboard ha avuto diversi proprietari ma non è mai passato di moda. Qui si mangiano deliziose torte fatte in casa e la miglior blueberry lemonade (limonata con succo di mirtillo) a sud di Memphis. Prima di immergersi in atmosfere blues, a Natchez vale la pena fare una gita tra le case antebellum: questa è una delle migliori zone d’America per visitare l’architettura neoclassica del 1800. Più a nord, transitando per Vicksburg, ci s’imbatte nella Willie Dixon Way. Nel 2004, la via è stata dedicata al grande bluesman, nato proprio a Vicksburg, e la sua musica viene costantemente onorata al Bottleneck Blues Bar.
Mammy’s Cupboard, uno dei più curiosi e conosciuti diner d’America
A Chicago, Dixon è diventato poi uno degli autori più prolifici: 29 Ways, I’m Your Hootchie Cootchie Man, Spoonful, Backdoor Man o Little Red Rooster sono solo alcuni dei suoi brani più famosi, incisi da bluesman leggendari e da stelle del rock.
Di tutt’altra natura è il Margaret’s Grocery, a nord di Vicksburg sulla Highway 61. In questo ex-negozio di alimentari, il reverendo H.D. Dennis ha fatto fede alla sua promessa: se Margaret Rogers lo avesse sposato lui avrebbe trasformato lo store di lei in un luogo di fede. E così ha fatto. Dal 1984, questo posto coloratissimo, costruito con legno, fiori artificiali, oggetti di plastica e altri articoli di poco valore, è pieno di scritte, cartelli e insegne a tema religioso: un esempio di folk art unico al mondo.
Dopo un paio d’ore d’auto si giunge a Greenville. E se oggi la centrale Walnut Street (sul cui marciapiede c’è una Walk of Fame con i nomi dei principali musicisti locali) pullula di localini e bar dove si può ancora ascoltare dell’ottimo blues, è Nelson Street il luogo dove è stata fatta la storia. Equivalente di Beale Street a Memphis, questa strada, negli anni ‘40 e ’50, era l’epicentro del music business del Delta, il posto dove i discografici venivano per mettere sotto contratto nuovi bluesman. I club più famosi dell’epoca erano il Casablanca, il Flowing Fountain e il Playboy Club. Nel 1951, Willie Love ha celebrato Greenville e la sua via musicale con Nelson Street Blues. E qui a Greenville c’è ancora quello che una volta era uno dei locali più ambiti, uno dei migliori spot del cosiddetto Chitlin’ Circuit, il network di club americani ritenuti sicuri per gli artisti afroamericani negli anni della segregazione razziale. Si chiama Southern Whispers (756 Nelson St.) e oggi è luogo ideale per apprezzare il gustoso soul food, la tipica cucina afroamericana del sud degli States.
Meglio però non prestare attenzione al colore dell’acqua: quella di Greenville, per via delle profonde radici dei numerosi cipressi cittadini, ha un colore giallo-marrone poco rassicurante, pur essendo potabile al 100%.
Bottleneck Blues Bar sulla Willie Dixon Way

SOUL KITCHEN

La cucina afroamericana

Il termine “soul food” iniziò a essere usato negli anni ‘60 quando la parola “soul” (anima) veniva spesso associata alla cultura afroamericana. In quel modo, s’identificava infatti la cucina tipica del Sud degli Stati Uniti, sorta di ideale mix tra quella tradizionale africana e quella dei Nativi d’America. Alcuni dei piatti tipici sono il fried chicken (pollo fritto), le pork ribs (costolette di maiale), gli hush-puppies (polpette di mais fritte), il cornbread (pane di mais), i black-eyed peas (fagioli dall’occhio nero, cucinati con tacchino affumicato e...

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