Digital Detox
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Digital Detox

Focus & produttività per il manager nell'era delle distrazioni digitali

Alessio Carciofi

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  1. 176 pages
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Digital Detox

Focus & produttività per il manager nell'era delle distrazioni digitali

Alessio Carciofi

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Quante volte hai controllato il cellulare oggi? Ti svegli e guardi subito le email ricevute? Sei consapevole che negli ultimi dieci anni lo smartphone ha rivoluzionato le tue giornate, sfumando così i confini tra vita personale e lavorativa? Molti oramai lavorano nel digitale, ma nessuno ha mai insegnato come gestire i ritmi di un lavoro 24/7 e le notifiche che arrivano costantemente facendo perdere tempo, produttività e creatività. La cultura del 'sempre disponibili' in quanto sempre connessi sta creando problemi. È arrivato il momento di affrontarli. Questo libro, attraverso la metodologia Digital Felix, individua come equilibrare vita personale e vita professionale, rendendo il tempo più produttivo, e aumentando energia e attenzione. Eliminare il digitale dalla tua vita non è la soluzione: serve un nuovo metodo per gestire la sfera digitale così da raggiungere un equilibrio più sano, con benefici sul piano personale, interpersonale e lavorativo. Un percorso che ti porterà a modificare alcune abitudini, per porti le giuste domande con l'obiettivo di trovare un diverso equilibrio. Chiedersi cosa sia veramente essenziale è il primo passo. Ti attende un futuro in cui essere in completo controllo del tempo, dell'attenzione e della tua energia, per vivere appieno ogni momento della giornata. Cominciamo?

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Information

Publisher
Hoepli
Year
2017
ISBN
9788820379643
CAPITOLO
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DIGITAL DETOX A CHI?
La vita in formato digitale
Qual è la prima cosa che facciamo quando ci svegliamo?
Sbadigliamo? Immaginiamo come andrà la giornata? Andiamo in bagno? Ci laviamo i denti? Niente di tutto questo. Le tecnologie digitali influenzano la nostra vita più di qualsiasi altra innovazione del passato. Non è più la sveglia a destarci ma lo smartphone, con cui inviamo messaggi, email, registriamo appuntamenti, leggiamo i giornali, guardiamo video, ascoltiamo musica, facciamo e condividiamo foto. Ora interagisce pure con gli elettrodomestici di casa, ricordandoci di ordinare tramite un bottone l’alimento conservato nel frigo che sta per terminare. Se abbiamo bisogno di un’indicazione non ci rivolgiamo più a un passante dicendo “Scusi, mi sa dire dove si trova…?”, non chiediamo più aiuto per risolvere un problema: accediamo subito alla soluzione. Una ricerca di IDC Research1, condotta su un campione americano di individui tra i 18-44 anni di età, afferma che l’80% delle persone appena sveglie controlla il proprio smartphone. Quattro su cinque controllano i loro telefoni entro i primi 15 minuti dal risveglio. In Italia il Rapporto Coop 20162, che ha ripreso una ricerca di Deloitte, attesta che il 70% degli italiani si sveglia controllando lo smartphone, mentre il 63% si appresta a controllarlo prima di addormentarsi.
Con smartphone sempre più grandi svolgiamo buona parte del nostro lavoro, indipendentemente dalla natura di ciò di cui ci occupiamo. Tutto il giorno con lo smartphone in mano anche per una causa “silente” molto diffusa: per combattere il senso di solitudine che ci si insinua dentro. Ci muoviamo contemporaneamente su Facebook, WhatsApp, Instagram e Twitter per guardare che cosa fanno gli altri. “Fino a che punto viviamo in simbiosi col nostro smartphone e quanto ne siamo consapevoli?” Il giornalista Nicholas Carr descrive con queste parole gli effetti rilevati su di sé legati all’uso di Internet: “la Rete sembra distruggere le mie capacità di concentrazione e contemplazione. La mia mente si aspetta di assorbire informazioni esattamente nel modo in cui vengono distribuite dalla Rete: sotto forma di un flusso in rapido movimento di piccole particelle […]. I miei amici sostengono la stessa cosa: più utilizzano la rete, più devono faticare per concentrarsi nello scrivere brani più lunghi”.3
Il 49% di tutta la popolazione degli Stati Uniti utilizza uno smartphone. Entro il 2017, la percentuale di utenti di smartphone dovrebbe raggiungere il 68%.
Secondo il rapporto Ofcom4 gli adulti britannici impiegano una media di 8 ore e 41 minuti al giorno sugli schermi (più della media giornaliera di tempo che dovrebbe essere speso per dormire). In media, gli adulti del Regno Unito spendono 25 ore alla settimana online, nel 2005 erano solo 9. Tre quarti degli utenti del Regno Unito dicono che è importante per la vita quotidiana e il 59% afferma di essere “agganciato” sul dispositivo anche in modo inconsapevole. Questi sono alcuni dati dell’annuale rapporto sulle comunicazioni del mercato dei media e delle telecomunicazioni Ofcom5 che ha approfondito come le persone restino così tanto tempo collegate alla Rete.
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Figura 1.1 – Modi di spendere il tempo in Rete, per fascia d’età.
Il 66% dei possessori di smartphone britannici soffre di nomofobia, ovvero la paura di perdere o di sentirsi persi senza il proprio smartphone, che sfocia in un ossessivo controllo per assicurarsi di avere il telefono sempre con sé.
Un sondaggio su 1.000 persone nel mondo del lavoro ha rilevato che due terzi dei lavoratori temono di perdere il loro smartphone. Lo studio, commissionato da Secur Envoy, ha rivelato che il 41% delle persone intervistate ha due telefoni o più, nel tentativo di rimanere sempre in contatto. Il rapporto con lo smartphone non è semplice. Ci sono molti vantaggi nel trascorrere del tempo online, ma anche degli svantaggi se non c’è un equilibrio, e gli utenti iniziano ad accorgersene, quantificando il tempo che il telefono occupa nella loro vita quotidiana. Le conseguenze psichiche e sociali del digitale si rivelano in fobie, distrazioni, stress, insonnia, difficoltà relazionali, depressioni e solitudine.
Ogni giorno incontriamo “l’altro del sé”: ovunque lo incontriamo è sempre impegnato con uno smartphone, un tablet o un portatile. Tutti sono collegati al “virtuale”, in contatto con altre persone ugualmente online, ma tristemente scollegati da sé stessi. L’industria digitale è la più ricca al mondo, così come lo è la sua lobby, che ogni giorno ci fa sentire positivo, fantastico, grandioso l’essere sempre collegati. È lo stesso film che abbiamo visto un po’ di tempo fa con la lobby del tabacco.
Fermiamoci a riflettere su come è cambiata la nostra vita negli ultimi 10 anni, dall’uscita sul mercato del primo smartphone, e su come cambierà, visto che siamo all’inizio dell’Internet of Things, dove il mercato dei player delle telecomunicazioni ha virato tutto sul traffico dati.
Proviamo a rispondere brevemente, senza pensarci troppo, a queste domande.
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Sappiamo stare senza smartphone per un periodo minimo di 24 ore?
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Ci sentiamo mai male o in ansia se non riusciamo ad accedere allo smartphone?
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Stiamo dimenticando di trascorrere del tempo con i nostri cari per via dello smartphone?
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Siamo stati in difficoltà con il lavoro a causa di un uso eccessivo dello smartphone?
Abbiamo risposto sì a una o a tutte queste domande?
Il medium dell’anima
La scoperta di Gutenberg – la stampa – portò uno sconvolgimento nel pensiero e nell’anima della società. Lo stesso accade oggi con il medium digitale. Attraverso tale nuovo medium siamo riprogrammati, senza comprendere pienamente questo radicale cambiamento di paradigma che, in maniera abbastanza silenziosa, sta modificando in forma decisiva il nostro comportamento, il nostro pensiero e il nostro vivere insieme. Questa cecità è la visione dei giorni nostri. Oggi ci troviamo in una crisi, in un passaggio critico del quale sembra essere responsabile la rivoluzione digitale. Byung-Chul Han6 inizia a definire in modo molto rappresentativo il nuovo modo di raggrupparsi delle persone, che egli stesso chiama “sciame digitale”. Sottolinea l’autore: “Lo sciame digitale non è una folla, poiché non possiede un’anima, uno spirito. L’anima raduna e unisce: lo sciame digitale è composto da individui isolati”.
Questi individui isolati non dispongono più di un proprio profilo. Allo sciame digitale manca l’anima della folla o lo spirito della folla: gli individui che si uniscono in uno sciame non sviluppano un Noi. Sempre Byung-Chul Han dice:
Gli abitanti digitali della Rete non si riuniscono: manca loro la spiritualità del riunirsi, che produrrebbe un Noi; una massa senza spiritualità, senza anima o spirito. Sono principalmente individui isolati, hikikomori auto segregati che siedono soli davanti a un display.
È molto affascinante la precedente affermazione, che fotografa lo stato attuale, dove il medium digitale più che radunare, aggregare, condividere sta procedendo verso la direzione opposta: isolare, dividere, disaggregare. Non esiste una moltitudine di soggetti bensì una solitudine di persone che mercificano una parte del sé attraverso il medium digitale per esporre la propria vita come merce di un magazzino generale.
Michel Butor avvalora la precedente tesi sull’aridità dello spirito, dovuta in parte a una crisi letteraria. Butor sostiene che “in Europa c’è una crisi dello spirito, perché da dieci o venti anni non accade nulla in letteratura. C’è un profluvio di pubblicazioni, ma anche uno stallo spirituale. La causa è una crisi della comunicazione. I nuovi mezzi di comunicazione sono degni di ammirazione, ma provocano un grande frastuono”.
Mi soffermo a sottolineare il pensiero di Byung-Chul Han che maggiormente si accosta al libro – senza peccare di vanità: “Il medium dello spirito è il silenzio, che è stato chiaramente distrutto dalla comunicazione digitale”. L’additività, prodotta dal frastuono comunicativo, non è l’andatura dello spirito. Si ritiene con fermezza che il silenzio sia la presenza che dobbiamo ricercare giornalmente nelle nostre vite, perché esso nasconde il profumo della crescita, quella sostenibile, dove il medium digitale possa condurci fedelmente alla scoperta dell’Altro.
La società del copia e incolla
“Che rumore fa la felicità?” recita un pezzo di una canzone dei Negrita. Non lo sappiamo di certo, ma potremmo dire che la felicità non fa rumore e la via per accedervi è il silenzio. Lì troveremo sempre un pezzo di felicità: noi stessi. Oggi, la vita moderna o “liquida”, per dirla alla Bauman7, ci culla nel rumore e nella dipendenza di connettersi con gli altri, utilizzando dispositivi e servizi digitali che hanno influenzato ogni ambito della nostra quotidianità. Certamente la connettività digitale aumenta il nostro accesso alle informazioni e il mantenimento, in una certa misura, delle nostre relazioni personali e...

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