I Cosattini
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I Cosattini

Una famiglia antifascista di Udine

Sandro Gerbi

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I Cosattini

Una famiglia antifascista di Udine

Sandro Gerbi

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Questa non è una biografia, bensì la storia di una famiglia di Udine - I Cosattini, per l'appunto - ricostruita seguendo le vicende di due generazioni sullo sfondo della prima metà del Novecento. Da un lato, il 'capostipite', l'avvocato Giovanni Cosattini (1878-1954), deputato socialista amico di Giacomo Matteotti, oppositore del fascismo, sindaco della Liberazione e infine senatore della Repubblica. Dall'altro, i cinque figli (due maschi e tre femmine), nati dal matrimonio con Renza Cuoghi, ciascuno protagonista di avventure meritevoli di essere conosciute. Il figlio maggiore, Luigi, docente di diritto civile, fu tra i fondatori del Partito d'Azione veneto; deportato a Buchenwald, trovò la morte in Germania durante un tragico tentativo di fuga. L'altro figlio Alberto, avvocato e anch'egli militante del PdA, diventerà il braccio destro di Ferruccio Parri a Milano nel cruciale periodo 1944-45 e poi suo segretario particolare durante il primo governo post Liberazione. Le tre figlie ebbero come mariti personaggi notevoli della galassia antifascista: Emilia sposò Gustavo Volterra, funzionario della Ras, figlio del matematico Vito Volterra, uno dei pochissimi docenti universitari che nel '31 rifiutarono il giuramento di fedeltà imposto dal regime; Giovanna si unì all'ingegnere torinese Enrico Carrara, figlio del professor Mario Carrara (genero di Lombroso), altro docente 'non-giurante'; Emma infine fu moglie di Giovanni Enriques - figlio del matematico Federigo -, dirigente dell'Olivetti, attivo nella Resistenza. Forse un caso, tre mariti di origine ebraica. Come accadrà molto più tardi anche con la moglie di Alberto, Graziella Jacchia, figlia di un musicista veneziano, Mario Jacchia, la cui carriera fu stroncata nel '38 dalle «leggi razziali». Nell'insieme, un'esemplare miscela cattolico-ebraica, cementata dai comuni sentimenti antifascisti.

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Information

Parte prima
GIOVANNI COSATTINI
(1878-1954)

Capitolo primo

Il figlio del pretore

1. «Cosattini» è un cognome tipicamente friulano. Lo attesta anche il più recente dizionario sull’argomento 1, secondo cui sin dal Seicento diverse famiglie si chiamavano così a Pasiàn di Prato, alle porte di Udine, oltre che nel capoluogo stesso (dove molti con quel cognome saranno avvocati, notai o magistrati). E fin qui ci siamo perché, tra «Cosatto», «Cosatti» e «Cosattini», il comune di Pasiàn di Prato registra ancor oggi cinquantaquattro presenze, mentre a Udine l’elenco dei telefoni fissi (Pagine bianche) comprende quindici «Cosattini».
Meno certa è invece l’etimologia, sempre secondo il succitato dizionario: «Diminutivo di cosàt che, come cosàn, dovrebbe significare “oriundo della valle del Cosa” o “del villaggio di Cosa”, in comune di San Giorgio della Richinvelda [provincia di Pordenone]. Non escludiamo cossàt, “bracciante, giornaliero, contadino povero”» 2. Viceversa, sul sito del comune di Pasiàn di Prato, in Rete, si legge: «Deriva dal friulano cos, paniere di vimini, oppure dalla voce slava kos, merlo». A questo punto, poiché come tutti sanno un merlo non fa primavera, ci rassegniamo a rimanere nel vago, almeno sull’etimo.
Più concretamente, il primo protagonista di questa storia familiare – Giovanni Cosattini – era… abruzzese, essendo nato il 5 gennaio del 1878 a Cittaducale, pittoresco paesotto, all’epoca con 4 mila anime, in provincia dell’Aquila (poi, dal 1927, di Rieti, nel Lazio). Un puro caso, un’appartenenza non rivendicata, probabilmente un luogo mai rivisitato da Giovanni. Il quale ebbe i natali in quella località solo a causa degli spostamenti del padre Gerolamo, a lungo magistrato itinerante prima di tornare nel Friuli dei propri avi.
2. Di Giovanni Cosattini, dalla pubertà sino all’inizio degli studi universitari a Padova, non si sa in pratica nulla: non tanto delle scuole frequentate – il ginnasio al «Parini» di Milano 3 e il liceo classico ad Aosta, dal 1894 al 1897 4 – quanto piuttosto di letture, hobby, amicizie o di eventuali precoci interessi politici; e neppure dei rapporti con i genitori e con i quattro tra fratelli e sorelle, tutti nati dopo di lui 5. In assenza di carteggi privati, il suo pur attento biografo ufficiale, Paolo Alatri, è costretto a sorvolare, dedicando a tutto ciò meno di una pagina. Solo poco più avanti, in una nota al testo, fa un cenno di grande interesse che aiuta a capire qualcosa del carattere di Cosattini. Racconta infatti di un episodio tramandato in famiglia, secondo cui nel 1896 il diciottenne Giovanni sarebbe stato espulso dal territorio austriaco (dove forse si trovava in visita ai parenti della madre) «“per propaganda sovversiva”, e più precisamente per aver turbato la pace religiosa [!] e aver parlato male dell’imperatore Francesco Giuseppe» 6.
Il che dimostra una ben precoce propensione alla polemica!
Comunque, noi possiamo parzialmente rimediare alla carenza di notizie compulsando il grosso faldone (500 fogli) del Ministero della Giustizia dedicato a Gerolamo, che si conserva – come quelli di tutti i magistrati italiani, dall’Unità in poi – all’Archivio Centrale dello Stato di Roma. Faldone accompagnato da un utilissimo «Prospetto di matricola», che riassume i suoi numerosi spostamenti di sede (si chiamavano «tramutamenti»), gli avanzamenti di grado e gli scatti di stipendio.
Gerolamo era nato il 31 luglio 1847 a Legnago (Verona), all’epoca in Austria-Ungheria, probabilmente per le stesse ragioni per cui Giovanni aveva visto la luce a Cittaducale. Infatti, anche il padre di Gerolamo – Giovanni sr, morto nel 1876 – era stato magistrato (dell’impero asburgico) e quindi si era sottoposto alla normale trafila dei cambiamenti di sede, arrivando a fine carriera al grado di vicepresidente di Tribunale, a Udine. Nel 1866, in seguito alla terza guerra d’indipendenza, il Veneto – con il Friuli centrale e occidentale – passò sotto la monarchia sabauda. Pochi anni dopo, ormai suddito di Vittorio Emanuele II, Gerolamo si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova, laureandosi il 13 marzo 1872. Fece poi il «praticante» presso lo studio dell’avvocato Alessandro Delfino di Udine, finché nel luglio del 1874 – già «avvocato» – venne nominato vicepretore a Udine, abbandonando la professione forense.
Ecco ora in sintesi il suo cursus honorum, che ci dà anche l’idea delle varie residenze di Giovanni. Prima due sedi disagiate: pretore a Cittaducale dal 1877 al 1879; «tramutato» a Pratola Peligna (L’Aquila) fino al 1883. Poi destinato al Nord, brevemente a Loreo (Rovigo) e Palmanova (Udine); quindi dal 1884 al 1889 a Mirandola (Modena). Seguono cinque anni a Gorgonzola (Milano) sino al primo tardivo scatto nel marzo 1894, con la nomina a «giudice al Tribunale di Aosta»; nell’agosto 1897 è a Belluno e due anni dopo finalmente a Udine, dove muore in servizio il 2 aprile 1904, all’età di cinquantasei anni 7.
Quello stesso giorno, sui principali quotidiani del capoluogo («Il Friuli», liberalprogressista, il «Giornale di Udine», liberalconservatore, e «La Patria del Friuli», espressione della Sinistra Storica) usciva il seguente necrologio:
Questa mattina alle ore 8,22 cessava di vivere l’Avv. Gerolamo Cosattini, Giudice del Tribunale di Udine.
La vedova Emilia Cosattini nata Cosattini, i figli dott. Giovanni, Augusto, Eugenia, Antonietta, Emilio ed i parenti tutti, con l’animo straziato, danno il doloroso annuncio, pregando di essere dispensati da visite.
Per espressa volontà del defunto il trasporto funebre avrà luogo un’ora avanti giorno, senza ceri e senza fiori lunedì mattina 4 aprile corr. 8
Il 4 aprile compariva sul «Friuli» un breve trafiletto di cronaca, che conferma alcuni tratti ignoti della personalità di Gerolamo, già accennati nel necrologio:
I funerali dell’avv. Gerolamo Cosattini seguirono – per espresso volere dell’estinto – ieri mattina prima dell’alba, senza preti, senza fiori, senza ceri, senza discorsi, ma in compenso fra cordoglio vero, fra compianto unanime.
Seguivano il feretro i parenti, gli amici, una rappresentanza del Segretariato dell’emigrazione e del Circolo Socialista 9.
Alla famiglia rinnoviamo i sensi delle nostre condoglianze più sentite 10.
Dal che si deducono sia il naturale riserbo del defunto (esequie «prima dell’alba») sia il suo laicismo di stampo risorgimentale («senza preti» e «senza ceri»): un orientamento, quest’ultimo, che probabilmente trasmise al figlio primogenito. Il che peraltro non bastò a creare una vera empatia fra i due. Tanto è vero che, nelle conversazioni con i familiari, Giovanni eviterà sempre di parlare del padre. E i due figli maschi – le altre tre saranno femmine – li chiamerà Luigi e Alberto, non Gerolamo.
3. Venendo alla storia professionale di Gerolamo, dall’esame completo del suo faldone all’Archivio Centrale dello Stato si trae la netta impressione che non sia stato un magistrato particolarmente brillante (anche se, nelle note caratteristiche, i suoi superiori lo valutano «discreto» per cultura e «ottimo» per moralità). In genere, fu trasferito non per sua volontà, ma più spesso per motivi di ordine disciplinare, legati a beghe locali. Faticò infatti molto per rientrare a Udine, sua massima ambizione, riuscendovi solo negli ultimi cinque anni di vita: quando, anche per motivi di salute (emiplegia), gli sarebbe stato impossibile svolgere adeguatamente il proprio lavoro 11.
Non una carriera folgorante, quindi, in un periodo, quello post-unitario, in cui l’«ordine» giudiziario continuava a dipendere fortemente dall’«esecutivo», mentre a poco a poco si accentuava l’osmosi tra leader politici e magistrati di grado elevato, a volte addirittura nominati Guardasigilli. Era la cosiddetta «alta magistratura», che si distingueva da quella «bassa» per i più facili avanzamenti, la minore mobilità e soprattutto per gli stipendi assai elevati 12. Gerolamo Cosattini, invece, a quanto pare soprattutto per i limiti professionali di cui si è fatto cenno, apparteneva alla fascia più «bassa» della magistratura. Doveva quindi rassegnarsi a spostamenti frequenti e a irrilevanti miglioramenti di stipendio. Nel 1902, due anni prima della morte, non arrivava a guadagnare più di 3900 lire lorde all’anno 13. Una miseria, con cinque bocche da sfamare, oltre a se stesso e alla moglie.
Cinquant’anni dopo (1951), divenuto senatore della Repubblica, Giovanni ne farà un garbato cenno in aula, sostenendo la necessità di un adeguato trattamento economico per i giudici: «Sono figlio di magistrato e, se ho un ricordo penoso della mia giovinezza, questo è per le condizioni di penuria, di indigenza in cui la mia famiglia era allora costretta a vivere» 14.
A riprova di uno status socio-economico modesto – piccolo-medio borghese, nonostante il prestigio della toga – il fascicolo di Giovanni Cosattini all’Università di Padova conserva numerose istanze del padre per ottenere l’esenzione dal pagamento delle tasse accademiche del figlio. A volte ci riesce, a volte no, magari perché la media dei voti – pur buona – sfiora, ma non raggiunge per un soffio quella minima richiesta (ad esempio, al terz’anno, per colpa di un 21 in Diritto romano). Sempre, però, il magistrato ricorda il mancato possesso di beni immobiliari (se non per irrilevanti briciole) 15, il basso stipendio e i numerosi figli a carico, tutti minorenni.
In un caso, proprio alla fine del ciclo di studi di Giovanni (1902), aggiunge una nota patetica sulla terza figlia, Eugenia: la quale non va più a scuola, perché «aiuta la propria madre nella gestione della famiglia» 16.
4. Tornando alle vicende scolastiche di Giovanni, da quanto si è detto appare evidente che sia stato uno studente girovago, al seguito del padre. Non è quindi esatto – alla luce di quanto risulta dal sopra citato «Prospetto di matricola» di Gerolamo – quanto scrive Alatri, e cioè che dall’età di cinque anni avrebbe fatto un ritorno permanente in Friuli. E nemmeno che frequentò il liceo classico a Udine. Anzi, per quanto riguarda le scuole superiori, diversi documenti universitari di Giovanni confermano quanto anticipato, e cioè che quel ciclo di studi fu compiuto ad Aosta 17. Il che, del resto, quadra con i movimenti di Gerolamo e con la data dell’iscrizione del figlio alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova (la stessa del padre): autunno del 1897 18.
La Facoltà vantava una reputazione consolidata, per qualità dei docenti e varietà dei corsi, mantenendo «un suo profilo ben definito di ponte fra la tradizione del diritto romano ed i più moderni studi di statistica, economia e scienza delle finanze» 19. Non solo. In quello scorcio di secolo, l’Università di Padova era in piena espansione, tanto è vero che a fine Ottocento, con i suoi 1600 iscritti nelle quattro facoltà esistenti (Medicina, Giurisprudenza, Lettere e Filosofia, Scienze), era diventato il quarto Ateneo italiano, dopo Napoli, Torino e Roma. Giurisprudenza – con i suoi 350 iscritti – era preceduta solo da Medicina. Sempre nel periodo in cui Giovanni vi studiò (tra il 1897 e il 1902, andando fuori corso di un anno per via del servizio militare), i professori ordinari erano una dozzina, cui si aggiungevano un professore str...

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