SESTA PARTE
49. PROJECT MANAGEMENT: STRUMENTO DI INNOVAZIONE
50. DA UN’IDEA ALLA REALTÀ ATTRAVERSO UN PROCESSO DI DEFINIZIONE
51. IL CHARTER: COME DEFINIRE UN PROGETTO CON UNA SOLA PAGINA
52. SAPER CREARE UNA WBS (WORK BREAKDOWN STRUCTURE)
53. REALIZZARE UN CRONOPROGRAMMA (SCHEDULE)
54. CAPIRE IL SIGNIFICATO DI PROCESSO
55. MIGLIORARE CONTINUAMENTE: SIX SIGMA
56. RISK MANAGEMENT
57. CREARE UN BUSINESS PLAN SEGUENDO UNA GUIDA: LA METODOLOGIA DEI 7 STEP
58. PRESENTARE UN PIANO DI BUSINESS IN DUE PAGINE: L’EXECUTIVE SUMMARY
59. SWOT: LA FOTOGRAFIA DELL’IMPRESA
60. L’ANALISI PESTLE
61. COMPETITIVITÀ: LE CINQUE FORZE DI MICHAEL PORTER
62. ACQUISTI E INVENTARI
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PROJECT MANAGEMENT: STRUMENTO DI INNOVAZIONE
Il processo di sviluppo continuo, necessario per rispondere al dinamico ambiente globalizzato nel quale opera oggi l’impresa, deve essere supportato oltre che dalle competenze tecnico-manageriali anche da quelle metodologiche e di processo, che permettono di riconoscere quali idee hanno potenzialità economiche attraverso un ciclo di valutazione, pianificazione ed esecuzione.
Tecniche di project management aiutano a rendere fluido questo processo di identificazione, pianificazione ed esecuzione per creare prodotti e servizi di successo, portando valore aggiunto in termini di redditività sia per l’organizzazione sia per l’individuo.
Per l’organizzazione: il project management è un processo che permette di rispondere rapidamente ai cambiamenti di mercato e di raggiungere risultati con costi minori. Inoltre, dà visibilità a iniziative che possono essere valutate in fase di definizione e di pianificazione come non sostenibili o senza valore aggiunto, evitando quindi perdite finanziarie.
Per l’individuo: il project management sicuramente fa crescere la persona singola a livello di pensiero strategico, aiuta a creare strumenti di analisi e di pianificazione, apre orizzonti permettendo di valutare gli investimenti da realizzare fin dall’inizio. Non da ultimo, è uno strumento per preparare e accelerare le competenze tecniche e manageriali e di leadership.
Perché ci sono tante organizzazioni sempre più orientate a gestire le attività attraverso progetti? Perché essere un project manager è diventata una professione così popolare?
Prima si gestivano le attività ordinarie e qualche progetto, oggi si gestiscono una miriade di progetti e le attività ordinarie.
Perché questo mutamento? Viviamo in un mondo in cui i cambiamenti sono una costante da tenere in considerazione e, per sopravvivere, qualsiasi organizzazione deve continuamente migliorarsi attraverso nuove idee, o trovando la soluzione repentina dei problemi o cogliendo opportunità con estremo tempismo. Tutti questi sono aspetti importanti in un progetto e l’abilità nel saperli gestire è un fattore fondamentale. In questo mondo sempre più rapido, l’approccio al project management ha creato benefici facilmente tangibili e misurabili come la velocità nel completamento (elemento critico, per esempio, per il lancio di un prodotto) o l’efficienza nell’esecuzione, che si avvale dello sforzo della pianificazione, riducendo rischi e costi. Questi sono tutti fattori a favore del risultato e che a volte costituiscono la chiave per affrontare la competizione e soddisfare i bisogni del consumatore. Fino al 1990 il project management veniva adottato principalmente per singoli progetti e veniva lo stesso considerato quasi come un’anomalia, o comunque una cosa a parte nell’ambito dell’organizzazione. Anche le più grandi aziende di costruzioni per infrastrutture, pur avendo più progetti in corso, si limitavano ad assumere un buon project manager per ogni singolo progetto, sviluppandolo con procedure e linguaggi individuali, invece di applicare un approccio volto a costruire standard a livello generale.
Tutto ciò ha subito un radicale cambiamento a metà degli anni Novanta. Con il rapido evolversi dell’informatica e dell’innovazione, molte organizzazioni si sono viste obbligate a lanciare progetti innovativi con la creazione di standard e metodologie utilizzabili e comprensibili da tutti i componenti della stessa. È nata così l’Enterprise Project Management (EPM), cioè imprese e organizzazioni hanno istituzionalizzato l’uso dei principi del project management a livello corporativo.
Sono sempre più frequenti i casi in cui la EPM crea un dipartimento chiamato Project Management Office (PMO) con la responsabilità di definire, sviluppare e mantenere standard che rispecchiano questi principi. Viene creata una vera e propria libreria (ormai elettronica) accessibile a tutta l’organizzazione, contenente le linee guida per gestire un progetto: documentazione, formati, software, procedure, sistemi di misurazione, uniformando il linguaggio e il sistema di gestione.
In tale panoramica di innovazione e crescita, è importante avere in mano e seguire una metodologia che aiuti ad analizzare la fattibilità delle idee, pianificarle ed eseguirle sia in fase iniziale, come start-up, sia nelle fasi di crescita e sviluppo.
La Figura 6.1 riporta una tecnica secondo gli standard internazionali ed espone la metodologia dei 12 step (A. Bove, Project Management: la metodologia dei 12 step, Hoepli, Milano 2008) nell’attività di sviluppo di un progetto. Vengono messe in evidenza le prime due fasi della definizione e della pianificazione, dall’idea al lancio definitivo del progetto, per poi affrontare l’esecuzione dopo essere passati attraverso un’attenta analisi, come evidenziato di seguito.
Figura 6.1 Project management: la metodologia dei 12 step. © Antonello Bove, 2008.
Nella fase della definizione
1. Sviluppo dell’idea.
2. Analisi del triple constraints (le tre costrizioni) di un progetto (prima definizione dello scopo, dei tempi e dei costi).
3. Analisi degli stakeholder, intesi come portatori di interesse nel progetto.
4. Individuazione e coinvolgimento del leader del progetto.
5. Creazione del charter, quale primo documento di definizione e guida per lo sviluppo della fase di pianificazione
Nella fase della pianificazione
1. Creazione del WBS (Work Breakdown Structure), inteso come divisione delle attività da svolgere in task e sub-task.
2. Formazione del team di progetto.
3. Creazione e sviluppo dei tempi.
4. Creazione e sviluppo del budget.
5. Analisi dei rischi e sistema di gestione.
6. Definizione del piano di comunicazione.
7. Lancio del progetto e approvazione del documento finale di definizione e pianificazione.
Queste tecniche sono il futuro di molte organizzazioni e devono essere considerate in ogni strategia. Da esse deriva il successo dei progetti e sono essenziali e vitali per poter rispondere alla velocità dell’innovazione e alla competizione globale. La loro applicazione dipende dalla capacità delle organizzazioni di adottare principi di project management (capacità di definire, pianificare ed eseguire) come vantaggio competitivo.
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DA UN’IDEA ALLA REALTÀ ATTRAVERSO UN PROCESSO DI DEFINIZIONE
Trasformare un’idea in realtà, a tutti i livelli, è un processo dinamico e complesso, ed è caratterizzato da un avvio puramente mentale, che viene in un secondo momento definito e pianificato preferibilmente con l’aiuto di un team o con persone addette ai lavori. Non esistono formule segrete per attuare questo passaggio, dipende soprattutto dalla consistenza del contenuto dell’idea rispetto all’ambiente in cui si sviluppa e dalla determinazione delle persone che intendono perseguire con tenacia il percorso.
Il passaggio è estremamente netto: la prima è la parte creativa, che fa riferimento alla fase mentale di intuizione e di intensa attività cerebrale e di pensiero, nella quale si definisce la cosa migliore da fare, ed è il focus principale del top management, dell’imprenditore o di un governatore. Si analizza che cosa fare per rendere le organizzazioni vincenti. La seconda è la parte di implementazione, che si riferisce alla fase materiale nella quale si mette in pratica ciò che si è pensato, traducendo la creatività in un piano di azioni.
Molte volte il processo è naturale e fluido. Quando le idee si ingrandiscono gli scenari cambiano e, in assenza di un metodo che definisce la fattibilità dell’idea, risulta molto difficile passare dalla prima fase alla realtà. È qui che molte idee restano nella nebbia con obiettivi deboli e incerti. La prima fase è sicuramente a livello cerebrale, poi cresce, si struttura e assume la sua forma. È a questo punto che si aprono una serie di domande sulla fattibilità, chiedendosi “il perché?”. Per esempio, se la mia idea è quella di creare un sito Internet, le prime domande che mi devo porre sono: perché voglio un sito Internet? Quale problema mi risolve? Che opportunità mi dà? Voglio creare un sito Internet per vendere il mio prodotto? Perché non utilizzo un differente canale di distribuzione o vendo attraverso il sito di qualcuno più specializzato?
Questo processo aiuta a scoprire fattori nascosti e determina il valore dell’idea che la stessa genera a favore dell’impresa. Spesso succede che l’idea parte senza prendere in considerazione questi elementari aspetti, oppure qualche volta dietro vi sono solo deboli considerazioni del tipo “vogliamo vendere via Internet perché tutti fanno così”.
Di seguito riporto una lista di domande che è bene porsi nel momento in cui viene analizzata un’id...