B2B Marketing Revolution
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B2B Marketing Revolution

Conquista il cuore, genera lead, domina il mercato

Alberto Di Mase, Ale Agostini

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B2B Marketing Revolution

Conquista il cuore, genera lead, domina il mercato

Alberto Di Mase, Ale Agostini

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Il digitale ha cambiato la mente delle persone, ma non il marketing B2B che tratta il cliente come semplice 'target' di strategie commerciali. In un'epoca in cui l'attenzione è merce rara e deperibile, per conquistare il cuore e raggiungere il cervello del cliente 'iperbombardato' serve molto di più! B2B Marketing Revolution è la soluzione vincente che prevede l'applicazione pratica di logiche consumer al più complesso ambito del marketing B2B. Le fasi del successo passano da un percorso strategico che parte dall'analisi del mito dell'iper razionalità nel B2B per regalare al lettore un approccio integrato (Multidimensional Integrated Marketing® o MIM) che rivoluziona a 360 gradi il media mix e il modo di fare marketing diretto alle aziende. Questo volume spiega anche come approfittare delle inevitabili tendenze della nostra società (filtrare, partecipare, velocizzare, accedere, condividere, rispondere e misurare) e come difendere l'azienda dalle FAG, le tre piattaforme digitali (Amazon, Facebook e Google) che oggi hanno tutta l'attenzione del consumatore e domani potrebbero essere potenzialmente i vostri diretti concorrenti. L'approccio è pratico e nasce dall'esperienza di un manager (Alberto) e di un imprenditore (Ale), entrambi professionisti - non teorici da scrivania - del B2B.

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Information

Publisher
Hoepli
Year
2019
ISBN
9788820392970
1
Un assaggio del MIM
di Alberto Di Mase
Executive Summary
Il MIM (Marketing Integrato Multi-dimensionale) consiste in un modello strategico evoluto che integra branding, marketing diretto e vendite.
Nel trattare la marca, il marketing B2B soffre della mancanza dell’integrazione del branding con marketing diretto e vendite.
Il marketing B2B autolimita il potenziale di marca focalizzando i messaggi alla sfera razionale.
Il MIM si basa su uno specifico ed evoluto modo di pensare la marca nel B2B.
Quando si fa marketing si sa che, dopo l’analisi, la prima cosa che bisogna costruire è la strategia. Normalmente dunque anche un libro su questa disciplina dovrebbe iniziare da lì. Però c’è un problema: la strategia, proprio per la sua posizione in testa alla catena del valore, è anche la sua parte più complessa. Racchiude in sé tutto ciò che viene dopo, marketing tattico e operativo ma non solo. È il risultato del percorso di vita di chi la elabora, dagli studi alle esperienze alle contaminazioni culturali e così via. Idealmente quindi merita di essere spiegata come il risultato di un percorso, preceduta dai principali tasselli che si sono resi necessari per arrivare a comporre il suo mosaico. Solo così, alla fine, può essere possibile anche per il lettore visualizzare la stessa immagine.
È anche vero però che questo libro è stato intitolato B2B Marketing Revolution e che potrebbe risultare frustrante per il lettore dover arrivare alla sua fine per capire quale rivoluzione propone.
È altrettanto corretto, infine, che la virtù si trova nel mezzo, concetto che in qualche modo accompagnerà tutta questa lettura.
Per queste ragioni si è deciso di partire con un assaggio del MIM, in modo da fornire al lettore una bussola, per poi mostrare nei capitoli successivi i vari tasselli del mosaico e alla fine tornare al modello strategico proposto in modo approfondito.
Prima di tutto MIM significa “Multidimensional Integrated Marketing” (o Marketing Integrato Multi-dimensionale). Un approccio strategico al marketing che quindi presuppone due importanti caratteristiche: la presenza di più dimensioni e la loro integrazione.
Ma quali sono queste dimensioni e dove si trova l’aspetto rivoluzionario della loro integrazione? Le principali dimensioni che vengono integrate in questo modello sono il branding, il marketing diretto e le vendite, operazione che di per sé costituisce un cambio di approccio a dir poco rivoluzionario rispetto al marketing che si fa nelle imprese B2B oggi. Con questo non voglio dire che nessuna impresa che offre prodotti o servizi ad altri business metta in campo strategie di branding. Voglio piuttosto affermare con grande certezza l’esistenza di due grosse mancanze:
l’assenza di integrazione strategica, tattica e operativa fra branding e marketing diretto e branding e vendite;
l’assenza di marche capaci di creare legami solidi e profondi con le persone che rappresentano i centri di acquisto delle imprese.
Parlando della prima di queste mancanze è evidente come nei pochi casi in cui il branding è presente fra le strategie e attività di marketing lo sia in modo quasi del tutto separato dalle attività di marketing diretto e vendita. Nella migliore delle ipotesi il rapporto della marca con il direct marketing si limita alla comunicazione di un insieme di linee guida riguardo la creazione di contenuti. I principali valori e benefici della marca, la color palette il layout dei contenuti (posizione logo, testi ecc.) e così via. Il marketing diretto si limita poi ad assicurarsi che i messaggi e contenuti che distribuisce tramite le proprie campagne rispettino questi standard e il gioco è fatto.
Come vedremo più avanti questo non significa sfruttare il potenziale della marca e, in ogni caso, è qualcosa che ancora raramente si verifica in imprese puramente B2B, quasi sempre ancora convinte di non avere una marca.
La seconda debolezza riguarda poi il modo in cui si costruisce la marca. Avere un brand, infatti, non è sufficiente. Anzi per dirla tutta è corretto dire che è impossibile non avere una marca. Al massimo è possibile che essa abbia una pessima reputazione o che sia poco forte e quindi invisibile e così via.
I brand B2B sono vittima del meccanismo della profezia che si autoavvera, cosa non strana visto che si tratta di uno dei fenomeni più conosciuti della psicologia sociale.
La convinzione delle imprese che operano in questo settore riguardo la centralità esclusiva della razionalità, anche quando si parla di marca, ha fatto sì che tutto ciò che gira intorno al loro mondo sia stato forzatamente strappato dal panorama delle emozioni umane. Una grande contrapposizione in essere: l’uomo non ricorda nulla di ciò che non lo emoziona ma l’azienda B2B insiste nell’affermare che tutto ciò che serve perché un prodotto o servizio venga ricordato e scelto dalle altre imprese siano le sue performance tecniche, l’assistenza e tutto ciò che di più razionale ci può essere.
Il MIM quindi non è solo un modello che integra le attività di branding con quelle di marketing diretto e vendite, ma è anche una strategia di marketing basata su uno specifico modo di concepire e costruire la marca fortemente radicato nel legame fra consumo e costruzione dell’identità della persona.
Parte fondamentale di questo modello, vero e proprio strumento di integrazione, è un nuovo modo di concepire il funnel, che infatti ho definito a sua volta “multi-dimensionale”. Un funnel utile a far visualizzare le relazioni fra le tre dimensioni principali (branding, direct marketing, vendite) prese in considerazione, far comprendere come da queste relazioni si generino ulteriori dimensioni, i benefici che ne risultano e in che modo tutto ciò prende vita nel marketing tattico e operativo.
Nei prossimi capitoli vedremo cosa abbandonare e cosa conservare del B2B delle imprese d’oggi, come costruire una marca capace di creare legami forti e profondi, come strutturare un marketing diretto potente per tornare infine al MIM in modo approfondito.
2
Cambiare le regole del B2B
di Alberto Di Mase
Executive summary
L’impresa e il marketing B2B sono da sempre vittime del mito dell’iper-razionalità secondo il quale contano solo le performance di prodotto e in generale gli aspetti razionali dell’offerta.
Il mito dell’iper-razionalità è responsabile di performance inferiori al potenziale di impresa e prodotti e, nello scenario competitivo attuale, è una minaccia alla sopravvivenza di molte imprese.
Bisogna evolvere dal punto di vista del mito dell’iper-razionalità a quello di un uomo-un cervello secondo il quale i processi cerebrali e comportamentali per l’acquisto di beni di consumo e per quello B2B sono gli stessi.
Per effettuare questo cambio di punto di vista si può adottare il processo di bilanciamento fra sfera simbolica e razionale.
Ho deciso di iniziare questo capitolo con una domanda di rottura. Una domanda necessaria per mantenere alto il livello dell’attenzione volta all’innovazione del marketing e, più in generale, dell’impresa:
Da cosa devono fuggire i professionisti e le imprese che operano nel B2B o, meglio, quali sono quei concetti, strategie, teorie, strumenti che i professionisti, i manager e le rispettive imprese che operano in questo settore devono considerare tossici ossia dannosi?
Penso che questa semplice domanda sia estremamente efficace perché utile a generare quella giusta dose di cortisolo necessaria a svegliarsi e uscire dalla zona di comfort professionale, quella coperta calda fatta da ciò che “so che funziona perché abbiamo sempre fatto così”. L’innovazione è di per sé cambiamento e come tale va ricercato, non arriva da solo, e oggi più che mai ha tutte le caratteristiche tipiche della caccia: richiede istinto, propensione al rischio calcolato, rapidità, strategia, tattica, execution, capacità di gestire imprevisti e fallimenti. Ma qual è il fattore senza cui la caccia non avrebbe ragione di esistere? La fame. A questo serve chiedersi cosa non vada più bene di quanto appreso e implementato negli anni: a risvegliare la fame. E a cosa serve la fame? Ad attivare gli sforzi mentali necessari per avviare un cambiamento, che dev’essere prima di tutto un cambio di punto di vista necessario per generare un punto di svolta, ossia una modifica reale e tangibile nel modo in cui pensiamo e dunque agiamo rispetto a qualcosa1.
E se ho iniziato con una metafora piuttosto aggressiva è perché il B2B ha bisogno di un diffuso e generale cambiamento dell’atteggiamento di tutti i professionisti, quanto meno del marketing. Non è accettabile lo stallo che caratterizza l’approccio strategico di troppe aziende in Italia e nel mondo, come se il processo evolutivo nel B2B fosse una minaccia.
Ci tengo a specificare che la tossicità dei concetti e strategie che esamineremo spesso non comporta il voltargli le spalle del tutto. È la dose che fa il veleno: come vedremo, nella giusta dose alcune cose fanno bene, anzi sono necessarie. Anche nel MIM.
Il problema da risolvere
Il mito dell’iper-razionalità
L’impresa e, in particolare, il marketing B2B sembrano quasi sempre avvolti da una coltre di nebbia che rende tutto meno definito, noioso, ingiustificatamente serio, grigio, meccanico, razionale. Ecco, razionale: credo che questa sia una parola chiave alla base della continua scomparsa di imprese del settore e del rischio di fallimento di molte altre o anche dell’incapacità di emergere rispetto ai competitor che, di fatto, è un mezzo fallimento. Si tende a pensare che il cervello umano effettui la decisione d’acquisto business grazie al raziocinio, e questo in ambito B2B è diventato negli anni un vero e proprio mantra. Ed è proprio in contrapposizione al punto di vista tossico del mito dell’iper-razionalità che è necessario muoversi verso il punto di vista un uomo-un cervello che, come vedremo, genera cambiamenti nel modo in cui si guarda ai concetti e alle strategie alla base del B2B e quindi anche al marketing tattico e operativo. È da questo primo ragionamento che è nato il Marketing Integrato Multi-dimensionale: dalla necessità di trovare un modo per riconnettere le imprese al loro essere composte da persone, con tutti i relativi meccanismi neurologici e comportamentali.
Dal mito al punto di vista un uomo-un cervello
Per muoversi efficacemente dal mito dell’iper-razionalità al punto di vista un uomo-un cervello ho costruito un semplice processo facilmente utilizzabile per qualsiasi concetto tossico o strategia tossica portati dal mito. Il processo è alla base del riassetto strategico di un’impresa B2B e si configura come il bilanciamento fra sfera simbolica e razionale indicato nella Figura 2.1.
Si tratta di una sequenza composta da cinque passaggi.
1. Individuazione. Questo primo passaggio consiste in una scansione dei concetti e strategie alla base del modo in cui si fa marketing B2B ma anche delle strategie e della visione che coinvolgono gli altri dipartimenti aziendali.
2. Identificazione. A questo punto è necessario identificare, fra gli elementi individuati durante il primo passaggio, quelli legati al mito dell’iper-razionalità per poterli decostruire, cioè per metterli in discussione partendo dal punto di vista un uomo-un cervello.
3. Ricostruzione. Il terzo passaggio consiste nella ricostruzione del concetto tossico o strategia tossica precedentemente messi in discussione, utilizzando come riferimenti i livelli più profondi di valore d’uso simbolico del prodotto o servizio.
4. Focalizzazione. In questa fase è necessario focalizzarsi sul valore da conservare del concetto o strategia tossici. Per farlo è utile porsi una domanda: quali sono gli elementi strategici o operativi utili e quindi da conservare del concetto (o strategia) legato al mito dell’iper-razionalità che ho messo in discussione?
5. Elaborazione. In fine è necessario elaborare il nuovo concetto o la nuova strategia con attenzione al mantenimento dell’equilibrio fra la rilevanza del valore d’uso simbolico del prodotto o servizio e i relativi elementi immateriali (cervello limbico) e gli attributi del prodotto o servizio connessi al mito dell’iper-razionalità e relativi elementi tangibili (neocorteccia).
Image
Figura 2.1 – Il processo di bilanciamento fra sfera simbolica e razionale nell’impresa B2B.
Ma torniamo al mito dell’iper-razionalità per approfondire meglio sia il suo significato sia quello del concetto nato in sua contrapposizione: un uomo-un cervello. Considero questo primo principio tossico – la razionalità del processo d’acquisto business – ...

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