La banda di via Panisperna
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La banda di via Panisperna

Fermi, Majorana e i fisici che hanno cambiato la storia

Giorgio Colangelo, Massimo Temporelli

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La banda di via Panisperna

Fermi, Majorana e i fisici che hanno cambiato la storia

Giorgio Colangelo, Massimo Temporelli

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Roma, primi anni Venti. Nel vecchio istituto di fisica di Via Panisperna un gruppo di studenti, guidati da Enrico Fermi, nell'entusiasmo e nella spregiudicatezza giovanile, scoprono la chiave per violare i segreti del nucleo atomico. Quei ragazzi, tra cui Majorana, Amaldi, Pontecorvo, Segrè e Rasetti, diventeranno i protagonisti della nascita della fisica moderna e vivranno i momenti fondamentali che hanno segnato il secolo scorso: dal fascismo al boom economico, passando per la Seconda Guerra Mondiale e l'era atomica, fino ad arrivare alla Guerra Fredda. La banda di Via Panisperna non è solo il racconto di grandi scoperte scientifiche, di eventi che hanno segnato la nostra epoca, ma anche una storia di gioventù e amicizia, sogni e ambizioni, misteri e domande, a cui in alcuni casi non si è ancora trovata una risposta.

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Information

Publisher
Hoepli
Year
2013
ISBN
9788820360580
Capitolo 1
LO SGUARDO DALLA VETTA
Ogni persona è un genio. Ma se giudichi un pesce dalla sua capacità di scalare un albero, passerà tutta la vita a pensare di essere stupido.
Albert Einstein
Due amici sulle Apuane
Questa storia comincia nel 1919, tra i picchi delle Alpi Apuane e le spiagge tirreniche. Una storia che parte un giorno come tanti altri, nella pacatezza di un robusto vento autunnale.
Come spinti da quel vento, due ragazzi corrono veloci sulle loro biciclette. Il mare è a poche pedalate, ma decidono di imboccare la strada più ardua, puntando verso le montagne aguzze di roccia bianca. Quando la salita si fa più dura, i due ragazzi lasciano i pedali per mettersi sui loro passi, quelli della fatica e delle parole.
I due amici hanno da poco compiuto 18 anni, hanno i calzoni corti, le giacche di velluto, nelle bisacce poche cose da mangiare, delle corde per arrampicare e un panno per asciugarsi il sudore.
Uno dei due, Franco, mentre arrampica agile sulle rocce apuane, ogni tanto si ferma a osservare coleotteri, fossili e minerali. Ha appena trovato un insetto verde brillante e con attenzione lo osserva camminare lento su una foglia larga e poi salire leggero sul suo dito. Lo porta vicino agli occhi e avvicina il suo naso a punta e il suo mento prominente per guardarlo meglio e catalogarlo.
Da quando aveva cinque anni, aiutato dal padre che gli aveva trasmesso quella passione, aveva cominciato a raccogliere e collezionare gli insetti più diversi e con il tempo era diventato un maestro nel catalogarli. Ne aveva raccolti più di ventimila e anche se è ormai un ragazzo maturo, non sembra intenzionato a fermare la sua raccolta.
Alto e snello, Franco cammina sicuro per quei sentieri, instancabilmente raccoglie e racconta mentre saltella da una pietra all’altra, con le sue gambe slanciate, come uno di quei grilli che aveva appena osservato. Se la fortuna lo assisterà magari incontrerà un insetto diverso per la sua collezione o il fossile di qualche conchiglia rara.
Intanto parla dei suoi viaggi in paesi lontani con lo zaino in spalla, delle genti d’Africa che vivono nelle sabbie del deserto, delle avventure sui ghiacciai alpini, oppure di fiori e di piante, di quelle che ha appena visto o di quelle che vorrebbe assolutamente trovare in una giornata come quella. A volte si gira e rallenta per aspettare e incitare, con il suo vocione allegro dall’accento toscano, l’amico dietro di lui.
Enrico è più robusto e più lento: un po’ perché più affaticato, un po’ perché più taciturno, sale tra i sentieri montani in silenzio, ascoltando i racconti di Franco. Accompagna con un sorriso timido i numerosi aneddoti dell’amico e spalanca i suoi grandi occhi scuri tutte le volte che i racconti di viaggio lo trasportano in posti lontani ed esotici.
Enrico sale e si guarda intorno, rapito da quel nuovo paesaggio di roccia bianca e accarezzato dal vento che porta l’odore del mare, che ora vede in lontananza. Sono solo pochi mesi che ha lasciato Roma e tutto quello che sta vivendo gli sembra così diverso e lontano dai suoi primi 18 anni di vita in città.
Studenti a Pisa
L’amicizia tra Franco ed Enrico è nata, come tante, durante uno dei corsi che frequentavano insieme all’Università di Pisa. Enrico è iscritto alla Normale a Fisica, mentre Franco a Ingegneria, ma alcuni corsi per i due indirizzi sono comuni. Ai due ragazzi era capitato di sedersi accanto nei primi giorni di lezione e così avevano cominciato a parlare e a scambiarsi gli appunti della lezione del giorno prima. Avevano cominciato a salutarsi quando si incontravano per i corridoi e poi a vedersi il pomeriggio in biblioteca e infine anche la sera per uscire in città a divertirsi.
Franco ha scelto di studiare ingegneria suo malgrado, più per obbedire al padre – certo che il figlio avrebbe così trovato un buon lavoro – che per assecondare i suoi interessi e la sua propensione ad approfondire gli studi naturalistici. Il padre svolgeva la professione di agronomo nelle campagne toscane e credeva che il progresso e lo sviluppo della tecnica potessero portare grandi benefici ai contadini e ai proprietari terrieri, che dopo l’unità d’Italia sentivano forte il desiderio di ammodernarsi.
Enrico, invece, è arrivato alla facoltà di Fisica a Pisa dopo aver vinto l’esame di ammissione alla prestigiosa Scuola Normale Superiore. Un ingegnere, amico di famiglia, si era accorto che aveva un’intelligenza logico-matematica fuori dal comune e aveva convinto i genitori che Fisica sarebbe stata la scelta migliore per assecondare la sua naturale predisposizione. Non era stato facile per loro accettare che il figlio andasse a vivere lontano da casa, dopo che già avevano perso il il primogenito durante un’operazione chirurgica, ma il primo posto al concorso d’ammissione e le congratulazioni della commissione d’esame avevano vinto ogni loro resistenza.1
Nella prova scritta per l’ammissione alla facoltà di Fisica della Normale, Enrico aveva mostrato un’inusuale padronanza della materia. Nel suo compito descrisse le caratteristiche del suono in modo assolutamente originale e con capacità mai riscontrate prima per uno studente delle scuole superiori.
Enrico non proveniva certo da quella che oggi definiremmo una famiglia ricca, anche se da qualche tempo i Fermi avevano visto migliorare le proprie condizioni sociali ed economiche: le capacità del padre e il suo attaccamento al lavoro lo avevano fatto costantemente salire di grado presso il Ministero delle Ferrovie.2
La vittoria del concorso e il conseguente esonero al pagamento del vitto e dell’alloggio furono di grande importanza per la famiglia di Enrico, che in questo modo non dovette occuparsi di mantenerlo lontano da Roma.
Nonostante l’esiguità della borsa di studio, Enrico a Pisa riusciva a vivere dignitosamente, amando le cose semplici e considerando il denaro soltanto il mezzo per procurarsi l’essenziale; per lui ogni manifestazione di lusso era un’inutile complicazione della vita.3
Figura 1.1 – Enrico Fermi, Franco Rasetti e Nello Carrara sulle Alpi Apuane nel 1925 circa (per gentile concessione del Dipartimento di Fisica, Archivio Amaldi – Sapienza Università di Roma).
Una passione comune
Enrico è davvero uno studente geniale, ad accorgersene non è soltanto la commissione d’esame per l’ammissione alla Normale, ma anche il nuovo amico e compagno di corso, Franco, che a Pisa trascorre al suo fianco intere giornate di studio. Con mirabile sintesi e con estrema semplicità, Enrico riesce sempre a fargli capire i passaggi più difficili delle lezioni e spesso si spinge anche più in là, trattando e spiegando con la stessa disinvoltura anche gli argomenti di fisica d’avanguardia, argomenti più complessi che in quegli anni stavano sovvertendo le vecchie teorie e le certezze della fisica classica, nata proprio a Pisa con Galileo Galilei quattro secoli prima.
Sulle Apuane, i due amici continuano a camminare, Franco è sempre avanti e fa da guida, conosce bene quelle zone, che ha scoperto accompagnando il padre, titolare di una cattedra di Agricoltura all’Università di Pisa, lavoro che lo porta spesso per le campagne e per le valli a informare i proprietari terrieri su come migliorare il rendimento di quelle terre.4
Franco ed Enrico camminano per quegli stretti sentieri di montagna e, come spesso accadeva, il discorso a un tratto si focalizza sulla fisica e sulle domande che scaldavano tutte le università e i laboratori in quegli anni: “Gli scienziati – osserva Enrico – si chiedono di cosa è costituito l’atomo, quali sono gli elementi che costituiscono la materia e se ha ancora senso parlare di spazio e tempo come entità distinte. In Danimarca e in Germania pensano che non si debba più parlare di dove sia un oggetto se non con quale probabilità. E ogni giorno le nuove teorie ci fanno immaginare il mondo così diverso da come lo abbiamo sempre pensato che mi vengono le vertigini a pensare a come tutto questo può cambiare il nostro modo di vedere le cose, e forse anche il nostro modo di vivere. Siamo solo a metà strada e guarda tutto quello che già riusciamo a vedere. Immagina solo come sarà meraviglioso il paesaggio dall’alto. E forse, quando avremo saputo capire tutto questo sapremo anche capire noi stessi e sarà più chiaro quale sia il compito e il nostro ruolo di fisico, perché oggi non lo so.”5
Il vento soffia più forte, il paesaggio diventa più ampio. In lontananza si sentono le grida degli operai che fanno scivolare per i sentieri le enormi lastre di marmo, mentre Franco ed Enrico continuano a camminare e a salire verso la vetta.
Discutono, si confrontano, si confidano i segreti e le paure della loro età, si interrogano su quale sia il loro futuro e parlano di quei misteri della natura che sembrano così contro-intuitivi; discorrono di atomi, delle forze al loro interno e con audacia provano a immaginare tutto ciò che ancora restava inesplorato.
Da quando avevano cominciato a frequentarsi, il desiderio di Franco di approfondire la scienza pura era sempre più forte, tanto che da qualche mese stava pensando di cambiare facoltà, passando da Ingegneria a Fisica. Sarebbe stato difficile, forse, motivarlo a suo padre, ma sempre più spesso, specie nei momenti che passava con l’amico, aveva la certezza che era quello che voleva studiare davvero.
Mentre continuano a salire, con pazienza e lentezza, il vento della montagna si fa sempre più consistente, sopra di loro la vetta è sempre più vicina, anche se la strada da percorrere è ancora tanta. Alle loro spalle, tutta la strada percorsa e, più indietro ancora, le profondità del mare; il sole illumina i loro volti giovani e a Franco brillano gli occhi: “Sai Enrico, credo che tu abbia ragione. Forse capire la fisica è anche capire un po’ noi stessi. Studiare gli atomi significa conoscere quello di cui siamo fatti, quello che respiriamo, quello che vediamo e forse anche i misteri che da sempre ci accompagnano. Quando mi parli di tutto quello che ancora rimane ignoto mi sento così piccolo e sento dentro di me la voglia di studiare tutte queste cose. Mi infastidisce che ci siano così tante cose da comprendere e credo che sia lo studio della vera essenzialità delle cose di cui parli ciò che sto cercando, ma che non trovo, nell’ingegneria. Guarda il mare, là sotto. La fisica, oggi, è come quel mare. Profondo e vasto. Nelle tue parole mi sembra di intravedere le profondità di questo mare immenso e meraviglioso di cui a malapena riesco ora a intravedere la superficie. Voglio tuffarmi in questo mare, voglio tuffarmi dall’alto di queste montagne per raggiungerne le profondità più nascoste e provare a capirle. Studierò fisica con te e insieme ci tufferemo in questi abissi.”6
Il vento continua a soffiare robusto e anche se, per l’affanno della salita, i due amici respirano forte, nelle loro orecchie si sente solo il soffio di quel vento che scompiglia e secca i capelli sudati. La roccia è abbagliante e domina il paesaggio intorno a loro. Franco ha appena deciso di cominciare a studiare fisica; ora si sente leggero e anche per questo guarda le montagne più basse davanti a sé con un certo orgoglio. Accanto a lui c’è un nuovo amico, un compagno con cui avrebbe condiviso gli anni, le speranze, i problemi e le difficoltà di un’avventura scientifica e umana unica.
Franco, tra le sue montagne, guarda Enrico che continua a fissare l’orizzonte, forse già in cerca della prossima meta da raggiungere. Franco non rompe quel silenzio e torna a voltarsi per perdere anch’egli lo sguardo in quel paesaggio stupendo che si apre davanti ai loro occhi.
La Storia, quella con la S maiuscola, parecchi decenni dopo, avrebbe conosciuto quel ragazzo con i capelli scuri, taciturno e con il sorriso timido con il nome di Enrico Fermi, un’icona della scienza del XX secolo: l’uomo che ha violato i segreti del nucleo atomico e spalancato le porte a una nuova era per la fisica e per l’intera umanità.
Per Franco Rasetti, invece, Enrico sarebbe rimasto semplicemente l’amico e il compagno di studi e di lavoro di sempre. La loro, prima ancora che una storia di scienza, è stata una storia di amicizia, di passione e di avventura; come tutte e solo le storie più belle sanno essere.
1. Bruno Pontecorvo, Enrico Fermi. Ricordi di amici e allievi, Studio Tesi, Pordenone 1993.
2. Valeria del Gamba, Il ragazzo di via Panisperna. L’avventurosa vita del fisico Franco Rasetti, Bollati Boringhieri, Torino 2007.
3. Bruno Pontecorvo, Enrico Fermi. Ricordi di amici e allievi, Studio Tesi, Pordenone 1993.
4. C. Buttaro, A. Rossi, Franco Rasetti. Una biografia scientifica, Aracne, Roma 2007.
5. Questo dialogo è ispirato alle dichiarazioni di Franco Rasetti allo storico della scienza Thomas S. Kuhn, 1965. Intervista condotta nell’ambito del progetto “Archives for History of Quantum Physics (AHQP)”.
6. Ivi.
Capitolo 2
NATIVI QUANTISTICI
Se non sei completamente confuso dalla meccanica quantistica, allora non la stai davvero capendo.
Niel...

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