Capitolo 1
LO SGUARDO DALLA VETTA
Ogni persona Ăš un genio. Ma se giudichi un pesce dalla sua capacitĂ di scalare un albero, passerĂ tutta la vita a pensare di essere stupido.
Albert Einstein
Due amici sulle Apuane
Questa storia comincia nel 1919, tra i picchi delle Alpi Apuane e le spiagge tirreniche. Una storia che parte un giorno come tanti altri, nella pacatezza di un robusto vento autunnale.
Come spinti da quel vento, due ragazzi corrono veloci sulle loro biciclette. Il mare Ăš a poche pedalate, ma decidono di imboccare la strada piĂč ardua, puntando verso le montagne aguzze di roccia bianca. Quando la salita si fa piĂč dura, i due ragazzi lasciano i pedali per mettersi sui loro passi, quelli della fatica e delle parole.
I due amici hanno da poco compiuto 18 anni, hanno i calzoni corti, le giacche di velluto, nelle bisacce poche cose da mangiare, delle corde per arrampicare e un panno per asciugarsi il sudore.
Uno dei due, Franco, mentre arrampica agile sulle rocce apuane, ogni tanto si ferma a osservare coleotteri, fossili e minerali. Ha appena trovato un insetto verde brillante e con attenzione lo osserva camminare lento su una foglia larga e poi salire leggero sul suo dito. Lo porta vicino agli occhi e avvicina il suo naso a punta e il suo mento prominente per guardarlo meglio e catalogarlo.
Da quando aveva cinque anni, aiutato dal padre che gli aveva trasmesso quella passione, aveva cominciato a raccogliere e collezionare gli insetti piĂč diversi e con il tempo era diventato un maestro nel catalogarli. Ne aveva raccolti piĂč di ventimila e anche se Ăš ormai un ragazzo maturo, non sembra intenzionato a fermare la sua raccolta.
Alto e snello, Franco cammina sicuro per quei sentieri, instancabilmente raccoglie e racconta mentre saltella da una pietra allâaltra, con le sue gambe slanciate, come uno di quei grilli che aveva appena osservato. Se la fortuna lo assisterĂ magari incontrerĂ un insetto diverso per la sua collezione o il fossile di qualche conchiglia rara.
Intanto parla dei suoi viaggi in paesi lontani con lo zaino in spalla, delle genti dâAfrica che vivono nelle sabbie del deserto, delle avventure sui ghiacciai alpini, oppure di fiori e di piante, di quelle che ha appena visto o di quelle che vorrebbe assolutamente trovare in una giornata come quella. A volte si gira e rallenta per aspettare e incitare, con il suo vocione allegro dallâaccento toscano, lâamico dietro di lui.
Enrico Ăš piĂč robusto e piĂč lento: un poâ perchĂ© piĂč affaticato, un poâ perchĂ© piĂč taciturno, sale tra i sentieri montani in silenzio, ascoltando i racconti di Franco. Accompagna con un sorriso timido i numerosi aneddoti dellâamico e spalanca i suoi grandi occhi scuri tutte le volte che i racconti di viaggio lo trasportano in posti lontani ed esotici.
Enrico sale e si guarda intorno, rapito da quel nuovo paesaggio di roccia bianca e accarezzato dal vento che porta lâodore del mare, che ora vede in lontananza. Sono solo pochi mesi che ha lasciato Roma e tutto quello che sta vivendo gli sembra cosĂŹ diverso e lontano dai suoi primi 18 anni di vita in cittĂ .
Studenti a Pisa
Lâamicizia tra Franco ed Enrico Ăš nata, come tante, durante uno dei corsi che frequentavano insieme allâUniversitĂ di Pisa. Enrico Ăš iscritto alla Normale a Fisica, mentre Franco a Ingegneria, ma alcuni corsi per i due indirizzi sono comuni. Ai due ragazzi era capitato di sedersi accanto nei primi giorni di lezione e cosĂŹ avevano cominciato a parlare e a scambiarsi gli appunti della lezione del giorno prima. Avevano cominciato a salutarsi quando si incontravano per i corridoi e poi a vedersi il pomeriggio in biblioteca e infine anche la sera per uscire in cittĂ a divertirsi.
Franco ha scelto di studiare ingegneria suo malgrado, piĂč per obbedire al padre â certo che il figlio avrebbe cosĂŹ trovato un buon lavoro â che per assecondare i suoi interessi e la sua propensione ad approfondire gli studi naturalistici. Il padre svolgeva la professione di agronomo nelle campagne toscane e credeva che il progresso e lo sviluppo della tecnica potessero portare grandi benefici ai contadini e ai proprietari terrieri, che dopo lâunitĂ dâItalia sentivano forte il desiderio di ammodernarsi.
Enrico, invece, Ăš arrivato alla facoltĂ di Fisica a Pisa dopo aver vinto lâesame di ammissione alla prestigiosa Scuola Normale Superiore. Un ingegnere, amico di famiglia, si era accorto che aveva unâintelligenza logico-matematica fuori dal comune e aveva convinto i genitori che Fisica sarebbe stata la scelta migliore per assecondare la sua naturale predisposizione. Non era stato facile per loro accettare che il figlio andasse a vivere lontano da casa, dopo che giĂ avevano perso il il primogenito durante unâoperazione chirurgica, ma il primo posto al concorso dâammissione e le congratulazioni della commissione dâesame avevano vinto ogni loro resistenza.1
Nella prova scritta per lâammissione alla facoltĂ di Fisica della Normale, Enrico aveva mostrato unâinusuale padronanza della materia. Nel suo compito descrisse le caratteristiche del suono in modo assolutamente originale e con capacitĂ mai riscontrate prima per uno studente delle scuole superiori.
Enrico non proveniva certo da quella che oggi definiremmo una famiglia ricca, anche se da qualche tempo i Fermi avevano visto migliorare le proprie condizioni sociali ed economiche: le capacitĂ del padre e il suo attaccamento al lavoro lo avevano fatto costantemente salire di grado presso il Ministero delle Ferrovie.2
La vittoria del concorso e il conseguente esonero al pagamento del vitto e dellâalloggio furono di grande importanza per la famiglia di Enrico, che in questo modo non dovette occuparsi di mantenerlo lontano da Roma.
Nonostante lâesiguitĂ della borsa di studio, Enrico a Pisa riusciva a vivere dignitosamente, amando le cose semplici e considerando il denaro soltanto il mezzo per procurarsi lâessenziale; per lui ogni manifestazione di lusso era unâinutile complicazione della vita.3
Figura 1.1 â Enrico Fermi, Franco Rasetti e Nello Carrara sulle Alpi Apuane nel 1925 circa (per gentile concessione del Dipartimento di Fisica, Archivio Amaldi â Sapienza UniversitĂ di Roma).
Una passione comune
Enrico Ăš davvero uno studente geniale, ad accorgersene non Ăš soltanto la commissione dâesame per lâammissione alla Normale, ma anche il nuovo amico e compagno di corso, Franco, che a Pisa trascorre al suo fianco intere giornate di studio. Con mirabile sintesi e con estrema semplicitĂ , Enrico riesce sempre a fargli capire i passaggi piĂč difficili delle lezioni e spesso si spinge anche piĂč in lĂ , trattando e spiegando con la stessa disinvoltura anche gli argomenti di fisica dâavanguardia, argomenti piĂč complessi che in quegli anni stavano sovvertendo le vecchie teorie e le certezze della fisica classica, nata proprio a Pisa con Galileo Galilei quattro secoli prima.
Sulle Apuane, i due amici continuano a camminare, Franco Ăš sempre avanti e fa da guida, conosce bene quelle zone, che ha scoperto accompagnando il padre, titolare di una cattedra di Agricoltura allâUniversitĂ di Pisa, lavoro che lo porta spesso per le campagne e per le valli a informare i proprietari terrieri su come migliorare il rendimento di quelle terre.4
Franco ed Enrico camminano per quegli stretti sentieri di montagna e, come spesso accadeva, il discorso a un tratto si focalizza sulla fisica e sulle domande che scaldavano tutte le universitĂ e i laboratori in quegli anni: âGli scienziati â osserva Enrico â si chiedono di cosa Ăš costituito lâatomo, quali sono gli elementi che costituiscono la materia e se ha ancora senso parlare di spazio e tempo come entitĂ distinte. In Danimarca e in Germania pensano che non si debba piĂč parlare di dove sia un oggetto se non con quale probabilitĂ . E ogni giorno le nuove teorie ci fanno immaginare il mondo cosĂŹ diverso da come lo abbiamo sempre pensato che mi vengono le vertigini a pensare a come tutto questo puĂČ cambiare il nostro modo di vedere le cose, e forse anche il nostro modo di vivere. Siamo solo a metĂ strada e guarda tutto quello che giĂ riusciamo a vedere. Immagina solo come sarĂ meraviglioso il paesaggio dallâalto. E forse, quando avremo saputo capire tutto questo sapremo anche capire noi stessi e sarĂ piĂč chiaro quale sia il compito e il nostro ruolo di fisico, perchĂ© oggi non lo so.â5
Il vento soffia piĂč forte, il paesaggio diventa piĂč ampio. In lontananza si sentono le grida degli operai che fanno scivolare per i sentieri le enormi lastre di marmo, mentre Franco ed Enrico continuano a camminare e a salire verso la vetta.
Discutono, si confrontano, si confidano i segreti e le paure della loro etĂ , si interrogano su quale sia il loro futuro e parlano di quei misteri della natura che sembrano cosĂŹ contro-intuitivi; discorrono di atomi, delle forze al loro interno e con audacia provano a immaginare tutto ciĂČ che ancora restava inesplorato.
Da quando avevano cominciato a frequentarsi, il desiderio di Franco di approfondire la scienza pura era sempre piĂč forte, tanto che da qualche mese stava pensando di cambiare facoltĂ , passando da Ingegneria a Fisica. Sarebbe stato difficile, forse, motivarlo a suo padre, ma sempre piĂč spesso, specie nei momenti che passava con lâamico, aveva la certezza che era quello che voleva studiare davvero.
Mentre continuano a salire, con pazienza e lentezza, il vento della montagna si fa sempre piĂč consistente, sopra di loro la vetta Ăš sempre piĂč vicina, anche se la strada da percorrere Ăš ancora tanta. Alle loro spalle, tutta la strada percorsa e, piĂč indietro ancora, le profonditĂ del mare; il sole illumina i loro volti giovani e a Franco brillano gli occhi: âSai Enrico, credo che tu abbia ragione. Forse capire la fisica Ăš anche capire un poâ noi stessi. Studiare gli atomi significa conoscere quello di cui siamo fatti, quello che respiriamo, quello che vediamo e forse anche i misteri che da sempre ci accompagnano. Quando mi parli di tutto quello che ancora rimane ignoto mi sento cosĂŹ piccolo e sento dentro di me la voglia di studiare tutte queste cose. Mi infastidisce che ci siano cosĂŹ tante cose da comprendere e credo che sia lo studio della vera essenzialitĂ delle cose di cui parli ciĂČ che sto cercando, ma che non trovo, nellâingegneria. Guarda il mare, lĂ sotto. La fisica, oggi, Ăš come quel mare. Profondo e vasto. Nelle tue parole mi sembra di intravedere le profonditĂ di questo mare immenso e meraviglioso di cui a malapena riesco ora a intravedere la superficie. Voglio tuffarmi in questo mare, voglio tuffarmi dallâalto di queste montagne per raggiungerne le profonditĂ piĂč nascoste e provare a capirle. StudierĂČ fisica con te e insieme ci tufferemo in questi abissi.â6
Il vento continua a soffiare robusto e anche se, per lâaffanno della salita, i due amici respirano forte, nelle loro orecchie si sente solo il soffio di quel vento che scompiglia e secca i capelli sudati. La roccia Ăš abbagliante e domina il paesaggio intorno a loro. Franco ha appena deciso di cominciare a studiare fisica; ora si sente leggero e anche per questo guarda le montagne piĂč basse davanti a sĂ© con un certo orgoglio. Accanto a lui câĂš un nuovo amico, un compagno con cui avrebbe condiviso gli anni, le speranze, i problemi e le difficoltĂ di unâavventura scientifica e umana unica.
Franco, tra le sue montagne, guarda Enrico che continua a fissare lâorizzonte, forse giĂ in cerca della prossima meta da raggiungere. Franco non rompe quel silenzio e torna a voltarsi per perdere anchâegli lo sguardo in quel paesaggio stupendo che si apre davanti ai loro occhi.
La Storia, quella con la S maiuscola, parecchi decenni dopo, avrebbe conosciuto quel ragazzo con i capelli scuri, taciturno e con il sorriso timido con il nome di Enrico Fermi, unâicona della scienza del XX secolo: lâuomo che ha violato i segreti del nucleo atomico e spalancato le porte a una nuova era per la fisica e per lâintera umanitĂ .
Per Franco Rasetti, invece, Enrico sarebbe rimasto semplicemente lâamico e il compagno di studi e di lavoro di sempre. La loro, prima ancora che una storia di scienza, Ăš stata una storia di amicizia, di passione e di avventura; come tutte e solo le storie piĂč belle sanno essere.
Capitolo 2
NATIVI QUANTISTICI
Se non sei completamente confuso dalla meccanica quantistica, allora non la stai davvero capendo.
Niel...