Il futuro della salute
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Il futuro della salute

Come la tecnologia digitale sta rivoluzionando la medicina (e la nostra vita)

Roberto Ascione

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Il futuro della salute

Come la tecnologia digitale sta rivoluzionando la medicina (e la nostra vita)

Roberto Ascione

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La tecnologia sta cambiando ogni aspetto della nostra vita (a partire dai nostri comportamenti). Come impatterà sull'universo salute? Come cambieranno i nostri modi di pensarla e soprattutto gli automatismi che abbiamo ereditato dai nostri genitori? Per prenderci cura di noi stessi e dei nostri cari, già oggi, occorre un radicale cambiamento di mentalità. Cosa serve imparare? Cosa ci aspetta? Controlli a distanza tramite smartphone, non più code per gli esami, app al posto dei medicinali... anche l'Intelligenza Artificiale entrerà prepotentemente nel campo della salute, arrivando in alcuni casi a definire vere e proprie 'terapie digitali'. Il cambiamento non potrebbe essere più dirompente. La rivoluzione digitale sta per stravolgere il rapporto medico-paziente e dovremo tutti imparare a gestire comportamenti nuovi. Perché la nuova medicina sarà improntata a evitare l'insorgenza di una malattia piuttosto che a intervenire quando questa è insorta. Ma quanto è lontano questo futuro? Questo libro è l'anteprima della più importante trasformazione che l'evoluzione tecnologica abbia mai portato all'umanità. E Roberto Ascione la descrive attraverso l'uso di tanti esempi pratici di applicazione, di aziende o startup che hanno cambiato, stanno cambiando e cambieranno per sempre il nostro rapporto con la salute.

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Information

Publisher
Hoepli
Year
2018
ISBN
9788820384944
PARTE I
Riflessioni digitali
CAPITOLO 1
Device
DALL’INDOSSABILE ALL’INGOIABILE
Forse il caso più eclatante, da un punto di vista mediatico, è stato il lancio dell’Apple Watch, il 9 settembre 2014. In realtà il mercato dei dispositivi indossabili e connessi alla rete era già in piedi da tempo, soprattutto nel settore sportivo: i “braccialetti intelligenti” in grado di calcolare i passi compiuti in una giornata, le calorie consumate, la quantità e la qualità del sonno e tutta una serie di altri dati, erano già sul mercato ben prima che Apple si lanciasse nell’impresa.
Secondo Forbes il mercato dei “wearable” nel 2016 è valso circa 12 miliardi di euro: nel gruppo sono compresi smartwatch, fitness tracker, braccialetti e tutti quegli oggetti indossabili che controllano l’attività fisica o altri parametri vitali. E questo valore, secondo le stime, è destinato a crescere nei prossimi anni. Lo sviluppo tecnologico sta portando a una progressiva miniaturizzazione dei componenti, a tal punto che sono già disponibili, in ambito medico professionale, dispositivi basati su nanotecnologie, ossia su strutture tecnologiche inferiori a un nanometro (un miliardesimo di metro), che consentono un’analisi diagnostica più precisa e meno invasiva, o addirittura realizzano terapie d’intervento a livello molecolare. Come spesso accade nel campo della tecnologia, se da un lato gli strumenti prodotti diventano via via più potenti e complessi, dall’altro il loro costo di produzione diminuisce sempre più rendendo i vari dispositivi accessibili a una fascia di consumatori sempre più ampia. L’enorme duttilità dei materiali prodotti permette d’integrare processori e sensori in quasi ogni oggetto di uso quotidiano: scarpe, magliette, elettrodomestici, giocattoli, palloni, racchette… tutto può essere reso “smart” e connesso al costo di pochi euro. E nel campo della salute? L’adozione di device digitali è un processo naturale e inevitabile. La possibilità di monitorare a distanza i vari dispositivi connessi alla rete, la miniaturizzazione dei componenti e l’evoluzione dei vari sensori, sempre più precisi e affidabili, consentono la realizzazione di dispositivi indossabili in grado di tracciare diversi parametri vitali senza risultare scomodi per chi li indossa. In questo modo si riduce (o addirittura si azzera) la necessità di un paziente di recarsi in ospedale o da un medico per eseguire controlli costanti. Per esempio un medico può monitorare le condizioni di salute di un paziente da remoto, accedendo in tempo reale ai dati trasmessi da un pacemaker (o da un qualsiasi analogo strumento di monitoring digitale, in relazione alla patologia) collegato al suo cellulare. Ma sono tantissime le altre declinazioni possibili in campo medico. Proteus Digital Health, per esempio, per aiutare il paziente a seguire la terapia che gli è stata prescritta, ha messo a punto una pillola con un micro-sensore incorporato: ingoiata la pillola, il microcircuito invia segnali a un cerotto sulla pelle del paziente, che a sua volta li invia allo smartphone e all’app dedicata. Ed è un’invenzione tutta italiana quella del PD-Watch (Parkinson’s Disease Watch), una sorta di orologio “controlla vibrazioni” da impiegare per supportare la diagnosi della malattia di Parkinson in soggetti a rischio monitorandone il decorso temporale e quantificandone gli effetti terapeutici del piano di cura in atto.
LA VISIONE DI ROBERTO
Siamo passati dal portare con noi pesantissimi e costosissimi laptop dalla potenza di calcolo oggi ridicola, ai computer palmari, agli smartphone, ai tablet, ai dispositivi indossabili… e il processo sta continuando con la miniaturizzazione e l’economia di questi dispositivi, fino ad arrivare ai casi nei quali sono addirittura ingeribili. La diffusione di questi strumenti permette di raccogliere una quantità d’informazioni prima impossibile. E queste informazioni, via via che si accumulano e che impariamo ad elaborarle traendone delle conseguenze, cominciano ad assumere un valore sempre più alto dal punto di vista medico. Assistiamo, così, a un’ampia diffusione di strumenti di tracciamento, nati nel mondo wellness o sportivo, che stanno trovando una nuova vita e una nuova applicazione in altri ambiti. Si stanno infatti analizzando grandi quantità di dati con algoritmi più potenti di quelli iniziali, e si stanno creando delle correlazioni tra le patologie più diffuse e i dati che sono raccolti in grandissime quantità. Su queste basi è nata una nuova categoria di marcatori chiamati Digital biomarkers, che si cominciano a studiare esattamente come si studiano le normali analisi del sangue. S’iniziano cioè a monitorare quei segnali che possono essere correlati a particolari disturbi e a validarli con l’idea di avere in futuro dei marcatori di particolari patologie nati digitalmente: per i disturbi dell’attenzione e l’Alzheimer esistono già applicazioni di questo tipo ora in fase di studio clinico. Naturalmente si può parlare di trasformazione di alcuni normali processi come li conosciamo oggi, solo nel momento in cui si individui un marcatore digitale effettivamente valido e scientificamente sostenibile. Un esempio: esiste una sperimentazione che si occupa di capire se un certo tipo di elettrocardiogramma continuo, fatto con sensori a bassissimo costo che potrebbero essere in futuro incorporati all’interno di normali t-shirt, sia predittivo di eventi cardiaci maggiori, come per esempio un infarto. Immaginiamo che ciò accada, che la sperimentazione prosegua e che nei prossimi anni i sensori siano così a basso costo che qualsiasi t-shirt possa fare questo tipo di predizione. Allora la gestione di un avvenimento molto critico come l’infarto (che richiede un intervento laddove avviene e nel minore tempo possibile, perché in correlazione con l’esito), potrebbe diventare un’operazione routinaria di angioplastica. Il sensore sarebbe infatti in grado di segnalare la probabilità di sviluppare una determinata patologia, e quindi spingere l’individuo a prenotare una visita specialistica. Questo cambierebbe completamente la gestione e la cura di una patologia così come ce la immaginiamo oggi. Sono in atto delle trasformazioni importanti che riguardano la gestione dei dati personali di ognuno di noi: basti pensare alle ultime versioni dei sistemi operativi iOS e Android, nelle quali sono state introdotte delle vere e proprie cartelle cliniche informatizzate dedicate al consumatore/paziente. Il “diario dei sintomi” è un’app già incorporata nei sistemi operativi che permette di raccogliere una grande quantità d’informazioni in modo strutturato e quindi successivamente elaborabile. Un numero considerevole di sperimentazioni cliniche ha già accesso a una base dati molto più ampia di prima: si tratta di dati generati dai partecipanti proprio grazie alla presenza di queste applicazioni integrate su gran parte degli smartphone.
QARDIO
Qardio è uno strumento wireless per il rilevamento della pressione arteriosa sistolica e diastolica, della frequenza cardiaca e dei battiti cardiaci irregolari. E fin qui sembrerebbe una delle tante “macchinette” misura pressione presenti sul mercato. Quel che rende Qardio uno strumento molto utile e interessante per chi abbia problemi cardiaci (o per chi voglia monitorare le proprie attività, in relazione a determinate patologie o per la loro prevenzione) è l’integrazione dell’app Qardio con Apple Salute e Apple Watch. Ciò permette di avere una visione panoramica estremamente facile e intuitiva dei dati. Permette anche di condividerli automaticamente con amici e familiari, o d’inviarli direttamente al proprio medico via email. In particolare quest’ultima integrazione, è una scorciatoia importante nella filiera della comunicazione medico-paziente e permette di rendere più efficiente il processo informativo, a tutto vantaggio della salute dell’utilizzatore di Qardio. Tutte le misurazioni registrate dal dispositivo sono memorizzate automaticamente in un apposito spazio cloud, e rese disponibili per la consultazione tramite grafici e tabelle di facile lettura: in questo modo si ha a disposizione uno storico sempre aggiornato dell’andamento delle misurazioni, delle anomalie e dei momenti di “sofferenza” cardiaca.
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Figura 1.1 – Qardio, Il monitor intelligente per la misurazione della pressione arteriosa
(credits: www.qardio.com).
PROTEUS DIGITAL HEALTH
La Proteus Digital Health, azienda americana fondata nel 2001 con sede a Redwood City in California, si era data un obiettivo ambizioso: ideare e creare farmaci “digitali”. Per raggiungere questo scopo si è concentrata sullo sviluppo di prodotti, servizi e sistemi di dati basati sull’integrazione di farmaci ingeribili e cloud computing. All’inizio del 2017, in collaborazione con Otsuka Pharmaceutical, Proteus ha messo a punto una pillola chiamata “Abilify MyCite” che incorpora al suo interno un micro-sensore grande come un granello di sabbia, contenente rame, silicio e magnesio, che è eliminato senza problemi attraverso l’intestino. È stata la prima “pasticca digitale” a ricevere l’ok della Food and drug administration (Fda), l’autorità americana che si occupa di nuovi farmaci e trattamenti medici. È un prodotto anti-psicotico a base di “aripiprazolo”, una molecola utilizzata nella cura di disordini bipolari e di schizofrenia. La versione digitale messa a punto dalla Proteus contiene al suo interno un sensore attivato dagli acidi gastrici nello stomaco in grado d’inviare un messaggio a un cerotto applicato alla pelle del paziente, sulla cassa toracica. Il messaggio a sua volta è inviato a uno smartphone. A questi dato possono accedere, previo consenso, il medico, i familiari o addirittura gli amici. Non è un caso che la prima applicazione della pillola digitale riguardi le malattie mentali, dove la mancata aderenza alla terapia è spesso un problema serio. Secondo gli esperti, la cosiddetta “non-aderenza” ai trattamenti ordinati dai medici (ossia non prendere le medicine o non farlo a sufficienza) costerebbe, solo negli Stati Uniti, circa 100 milioni di dollari.
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Figura 1.2 – Il primo farmaco “intelligente” che contiene un sensore per il monitoraggio della corretta assunzione delle dosi
(credits: www.abilifymycite.com).
APPLE WATCH
Apple Watch non è stato certo il primo strumento sul mercato tra gli “indossabili”. Tuttavia è stato in questo campo una delle chiavi di volta nella rivoluzione sanitaria. Non solo per le funzioni integrate, ma anche per gli scenari che apre, proponendosi come interfaccia comune a numerose app dedicate alla salute che con esso possono comunicare. Ecco quindi che l’Apple watch si rivela strumento importantissimo per aumentare l’aderenza alla cura da parte di un paziente. Infatti, app specifiche (o altri strumenti wireless, come nel caso di “Abilify MyCite”, la pasticca digitale citata nel capitolo precedente) possono inviare alert per ricordare di assumere un determinato medicinale, oppure usare la rete di sensori dell’Apple watch per elaborare previsioni su determinate patologie e consigliare controlli medici specifici.
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Figura 1.3 – L’app Cardiogram
(credits: www.cardiogr.am).
Tra le tante app che svolgono questa funzione possiamo citare Cardiogram: un recente studio condotto su oltre 6.000 partecipanti ha dimostrato come questa app, sfruttando i sensori dell’Apple Watch, sia stata in grado di rilevare l’apnea nel sonno su 1.016 partecipanti e l’ipertensione su 2.230 persone. Gli sviluppatori dell’app Cardiogram hanno spiegato di aver usato le reti neurali per interpretare i dati e per fornire risposte adeguate in caso di problemi legati all’ipertensione e all’apnea nel sonno. Il sistema, denominato DeepHeart, è gestito tramite una serie di stringhe di dati cardiaci catturati monitorando l’utente in modo continuo. I responsabili dello studio hanno così dimostrato come l’Apple Watch possa essere usato per monitorare costantemente la salute delle persone, avvisandole in caso di problemi.
THYNC
Thync è un piccolo dispositivo che si appoggia sul collo e che, gestito via app per smartphone, permette di scegliere uno dei due programmi disponibili mirati a ridurre l’ansia e ad assicurare un sonno piacevole. Negli Statu Uniti si dà molta importanza al pericolo derivante dallo stress, in particolare, secondo gli studi del’American Psychological Association, è in questi momenti che si registra il numero più elevato di stati ansiosi nella storia della popolazione americana. Thync è stato sviluppato da un team di neuroscienziati del MIT (Massachusetts Institute of Technology) ed è passato attraverso 5 anni di sperimentazioni e migliaia di sessioni di test. Lo strumento messo a punto sfrutta l’elettrostimolazione per alterare lo stato del cervello e aiutare a scaricare stress e ansia senza per forza ricorrere all’uso di medicinali ansiolitici. Il dispositivo triangolare va posizionato sul collo, nella parte posteriore della testa, o sulla fronte, e poi attivato: Thync, tramite delle piccole scariche elettriche, “interagisce” con il sistema nervoso aiutando chi lo indossa a recuperare l’equilibrio psicofisico e a migliorare la salute. “La neurostimolazione si fonda sul collegamento tra i nervi presenti nella parte posteriore del collo e due aree del cervello, che vanno a influenzare stress e sonno” – come spiega lo stesso Isy Goldwasser, Ceo dell’azienda. Ma i ricercatori vogliono spingere Thync oltre i confini della sua progettazione, verso obiettivi ancora più ambiziosi. Sono partiti dal presupposto che nella letteratura scientifica sempre più spesso si evidenzia il ruolo importante che il sistema nervoso svolge nella regolazione della risposta immunitaria in malattie come la psoriasi, il lupus, l’IBD e l’artrite reumatoide. Ciò ha portato, nel 2017, alla prima sperimentazione di Tynch nella cura proprio della psoriasi.
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Figura 1.4 – Thync
(credits: www.thync.com).
Nello studio in cieco, 28 soggetti hanno seguito un programma di trattamento (o un programma placebo) ogni giorno per 10 minuti nell’arco di 4 settimane. Dopo questo tempo, 15 dei 18 soggetti nel gruppo di trattamento (l’83% del totale) hanno riportato almeno una riduzione del 50% dei sintomi della psoriasi. Mentre 6 soggetti su 18 hanno mostrato una riduzione di più del 75% di questi sintomi. In confronto, solo 2 soggetti su 10 (il 20% del totale) nel gruppo di controllo con il programma placebo, hanno evidenziato una riduzione del 50% dei sintomi e nessuno un miglioramento del 75% (p = 0.0005). Attualmente Thync, in collaborazione con l’università di San Francisco, sta conducendo studi clinici per validare ulteriormente la modulazione non invasiva come trattamento per la psoriasi a placche.
IL PERSONAGGIO
MARC BERREBI
CEO DI eDEVICE
eDevice ha iniziato a occuparsi dell’Internet of Things nel 1999. Molto in anticipo rispetto ai tempi. Troppo. Per questo motivo l’azienda è stata sul punto di chiudere i battenti nel 2008: a volte arrivare per primi non è un vantaggio.
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Figura 1.5 – Marc Berrebi, cofondatore e CEO di eDevice (a destra) con Alex Vieux, Publisher e CEO di Red Herring
(credits: eDevice).
“La nostra visione doveva essere capita, proponevamo una tecnologia attraente ma il mercato non era ancora in grado di capire il valore di oggetti che comunicano e trasmettono dati tra di loro... Poi finalmente abbiamo risposto con un oggetto che funzionava davvero e che avevamo sviluppato direttamente in Francia, a Mérignac: a quel punto, quando l’Internet of Things stava per esplodere, eravamo molto avanti rispetto ai nostri competitor che erano ancora fermi alla fase di progettazione”. eDevice produce HealthGO, un hub di sensori medici in grado di acquisire, monit...

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