Frammenti di sipario
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Frammenti di sipario

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Tratteggiare il limite tra tragedia, commedia, dramma e melodramma è il filo rosso che collega ogni capitolo di questo volume: da Voltaire, che colora il passaggio dalla tragedia al dramma, a Victor Hugo, che mette in scena una peculiare idea di teatro antimelodrammatico; da Victorien Sardou, che spinge ai vertici il melodramma, alla commedia di Eduardo, fino a Romeo Castellucci, che disegna una forma del tutto rinnovata di tragedia. Un percorso attraverso le evoluzioni del teatro, le sue riforme, le sue poetiche e i suoi protagonisti.

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Information





Presentazione
Il volume è una raccolta di saggi sul teatro, su opere o autori che coprono un lasso di tempo che va dal Settecento ai giorni nostri. Alcune riflessioni si sviluppano a partire da suggestioni di amici e colleghi con cui condivido passioni comuni (Pina De Luca, Gabriella Cambiaghi, Gianfranco Mormino, Salvatore Tedesco), altre nascono da interessi scientifici personali. Nella vita si cammina su sentieri dove si transita per lungo tempo e che poi vengono abbandonati per essere, però, ripercorsi più avanti negli anni, con nuove consapevolezze e nuove incertezze. Saggi come quello su Le roi s’amuse o sulla Traviata hanno questa impronta. Altri, invece, sorgono da riflessioni collettive (convegni, incontri) come il saggio sull’Edipo di Voltaire e quelli su Sardou, Eduardo e Castellucci.
Nonostante la matrice diversa, i saggi hanno tutti un’impronta fortemente unitaria: indagare le influenze reciproche e le profonde differenze tra tragedia, dramma, melodramma e commedia e tratteggiare i limiti estetici della rappresentazione nel momento in cui, soprattutto nella nostra contemporaneità, tali limiti si espandono.
Tutti i drammaturghi o registi che vengono presi in considerazione sono emblematici in quanto scrivono e lavorano in periodi di forte cambiamento della cultura teatrale: Voltaire durante il passaggio dalla tragedia al dramma borghese, che egli stesso aiuta a preparare, forse non del tutto coscientemente; Victor Hugo negli anni che segnano, grazie alla sua opera, la nascita del dramma di contro alla tragedia; Victorien Sardou mentre si fa esplicita la crisi del melodramma che ha ormai raggiunto le sue vette più alte; Romeo Castellucci nel momento del ritorno di una forma del tutto rinnovata di tragedia che la sua opera porta a compimento.
Il volume vuole quindi essere una riflessione sui generi teatrali e sull’estetica del melodrammatico che, accettata o respinta, è un orizzonte da cui nessun artista, dal Settecento in poi, può prescindere.
L’Œdipe di Voltaire
tra tragedia e dramma
I personaggi
Il primo elemento che colpisce chi si accinge a leggere il testo di Voltaire, anche a digiuno della moltitudine di “Edipo” che sono stati scritti nel corso dei secoli1, è non tanto la moltiplicazione dei personaggi, elemento del tutto usuale, quanto la loro varietà tipologica. Œdipe, Jocaste ce li aspettiamo2; ma Philoctète? E il grand prêtre? E ancora: Araspe, confidente di Œdipe; Égine, confidente di Jocaste; Dimas, amico di Philoctète. Per quanto riguarda Phorbas, vecchio tebano, e Icare, vecchio di Corinto, sebbene non manchino le varianti, siamo vicini al testo sofocleo, così come per il coro dei tebani (che, ad esempio, Corneille non aveva inserito nel suo Œdipe del 1659)3. Più che riprendere il modello greco, il coro è una sorta di eco che dà voce al dolore, al risentimento e all’angoscia del popolo tebano, sottolineando la sua terribile condizione4. Se Sofocle esalta una coralità tragica che ricorda le ragioni della giustizia, mentre gli uomini appaiono strumenti del volere degli dei, il teatro del Settecento si rivolge alle ragioni del cuore, tanto che perfino il coro dei tebani assume tale funzione. Voce della città, il coro diventa personaggio fortemente patetico, al quale Voltaire non è disposto a rinunciare. È il grido di un dolore che si placherà solo quando la vicenda giungerà al suo tragico epilogo.
Œdipe, sulla scia di Seneca, si presenta fin da subito profondamente commosso, amareggiato, afflitto dalla tragedia che ha colpito la sua città5. Ma ancora prima della sua entrata in scena, il coro dei tebani invoca gli dei affinché pongano fine alle loro sofferenze con una morte veloce6. «I tebani sono i primi coinvolti nel soggetto della mia tragedia; si tratta della loro morte o della loro vita; e non è scorretto far apparire a volte sulla scena chi ha maggior interesse di ritrovarvisi»7. In una lettera a padre Porée, Voltaire afferma di aver lavorato «pressappoco come se fosse stato ad Atene. Chiesi consiglio a Dacier, che era del luogo: mi consigliò di mettere un coro in tutte le scene come facevano i Greci»8.
Il primo e forse l’unico vero “eroe” che viene subito incontro allo spettatore9 è anche il personaggio più discusso, discutibile e nello stesso tempo interessante, sia dal punto di vista drammaturgico, sia per la sua collocazione all’interno di un sistema estetico-categoriale: Philoctète.
Egli ritorna a Tebe, dopo anni di assenza, per orga­nizzare i funerali di Hercule, l’eroe con cui ha condiviso grandi imprese. Incontra quindi l’amico e confidente Dimas al quale racconta, espediente abusato, il passato amore per Jocaste, una grande passione che come ogni eroe (e sta qui appunto l’eroismo di matrice melodrammatica) ha saputo e sa dominare. Philoctète, costretto anni prima a rinunciare all’amore corrisposto per Jocaste, a sua volta obbligata a sposare Laïus, si era allontanato da Tebe per seguire Hercule nelle sue gesta virili ed eroiche. La virtù, acquisita accanto al grande eroe, lo rende saggio e gli consente di dominare la prima e più potente tiranna dell’uomo: la passione.
Eppure la grandezza del personaggio s’incrina decisamente ...

Table of contents

  1. Presentazione
  2. L’Œdipe di Voltaire tra tragedia e dramma
  3. L’antimelodramma di Victor Hugo: la vendetta di Triboulet
  4. Il riconoscimento: amore e sacrificio Suggestioni leggendo il libretto de La Traviata
  5. «…il sipario scende lentamente» Estremizzazione del melodramma: la Théodora di Sardou
  6. Filosoficamente… appunti sulla poetica di Eduardo
  7. Prima del Concetto di volto