Investire con gli ETF e gli ETC
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Investire con gli ETF e gli ETC

Costruire un portafoglio profittevole e a rischio contenuto

Gabriele Bellelli

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Investire con gli ETF e gli ETC

Costruire un portafoglio profittevole e a rischio contenuto

Gabriele Bellelli

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Il libro descrive in modo approfondito gli ETF (Exchange Traded Fund) e gli ETC (Exchange Traded Commodities), strumenti finanziari quotati in tempo reale che consentono di replicare, sia in positivo sia in negativo, l'andamento di un'attività finanziaria sottostante (tipicamente indici azionari, indici obbligazionari e materie prime). Nella prima parte del volume l'autore tratta in modo completo ed esauriente le varie tipologie e le principali caratteristiche degli ETF e degli ETC. Nella seconda parte illustra invece i criteri di selezione per identificare gli ETF più efficienti da utilizzare per la costruzione di un portafoglio di investimento. La parte finale è poi dedicata alle principali strategie operative che si possono utilizzare per ottenere un rendimento positivo nel medio-lungo periodo a fronte di un contenuto grado di rischio. Ogni strategia, oltre a essere oggettiva e replicabile da ogni investitore, è corredata da test statistici che consentono di verificarne la profittabilità e il grado di rischio. L'obiettivo del libro è quello di rendere il lettore in grado di costruire e di gestire un portafoglio di ETF da "buon padre di famiglia", in modo da poter essere autonomo e indipendente dai consigli forniti dalla propria banca o dal proprio promotore finanziario.

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Information

Publisher
Hoepli
Year
2020
ISBN
9788820398323
CAPITOLO 1
I fondi comuni di investimento
Secondo i più recenti dati pubblicati dall’Istat e dalla Banca d’Italia, la ricchezza netta della globalità delle famiglie italiane è pari a 9.743 miliardi di euro, mentre il patrimonio medio famigliare ammonta a circa 220 mila euro.
La maggior parte di questa ricchezza è investita in immobili, mentre la restante parte è investita in attività finanziarie, come liquidità, conti deposito, titoli di stato, obbligazioni, azioni.
Quasi il 25% della ricchezza investita in attività finanziarie (si tratta di circa 2.288 miliardi) è allocato attraverso il risparmio gestito, che in Italia è principalmente declinato nei fondi comuni di investimento; probabilmente come risparmiatore anche tu li avrai sottoscritti in modo diretto oppure indiretto, per esempio attraverso le gestioni patrimoniali, oppure le polizze finanziario-assicurative come le “unit linked”.
Fin dal 1984, anno della loro introduzione in Italia, i fondi comuni di investimento sono diventati lo strumento finanziario più consigliato da parte delle banche e dei promotori finanziari e, di conseguenza, hanno rappresentato la principale soluzione di investimento finanziario per il risparmiatore italiano.
Anche tu probabilmente hai il portafoglio pieno di fondi, magari anche solo per investire in titoli di stato italiani.
Un fondo comune di investimento è un prodotto OICR (Organismo di Investimento Collettivo del Risparmio) e rappresenta uno strumento di investimento, gestito da una SGR (Società di Gestione del Risparmio), che riunisce le somme di una molteplicità di risparmiatori e le investe come un unico patrimonio in attività finanziarie, come obbligazioni e azioni.
Il patrimonio del fondo è indiviso ma, al tempo stesso, è frazionato in singole quote (parti unitarie), che garantiscono ai possessori uguali diritti, e ogni risparmiatore può acquistare il numero di quote che desidera.
Semplificando al massimo, un fondo comune è come un portafoglio nel quale i risparmiatori versano il loro denaro, che viene preso in gestione da una SGR che a sua volta, attraverso un gestore professionista, lo investe in base alle linee guida stabilite dal regolamento, che generalmente sono “monetario”, “obbligazionario”, “bilanciato”, oppure “azionario”.
I fondi monetari investono nei prodotti finanziari tipici del mercato monetario, che sono i titoli di stato e le obbligazioni societarie con un rating “investment grade” con scadenza breve, generalmente inferiore ai 6 mesi.
I fondi obbligazionari investono in titoli di stato e in obbligazioni, mentre i fondi azionari investono in azioni.
Esistono infine i fondi bilanciati, che investono contemporaneamente sia in obbligazioni sia in azioni, con un livello di rischio crescente in funzione del maggiore peso destinato alla quota azionaria.
Ovviamente è il risparmiatore che sceglie l’ambito di investimento tra monetario, obbligazionario, bilanciato, oppure azionario, in funzione del proprio obiettivo e della propria pianificazione finanziaria.
Esistono varie tipologie di fondi, ma la distinzione principale è tra fondi aperti e fondi chiusi.
I fondi chiusi si caratterizzano per avere un numero fisso di quote di partecipazione. Alcune tipologie di fondi chiusi sono quotati su mercati regolamentati e quindi possono essere negoziate in ogni momento, ma generalmente si tratta di una forma di investimento sottoscrivibile solamente durante la fase di emissione, che si svolge prima che il fondo diventi operativo, e con la possibilità del rimborso delle quote sottoscritte solo a determinate scadenze predeterminate, che spesso coincidono con la scadenza naturale.
La scadenza dei fondi chiusi è generalmente di lungo periodo, anche 10-15 anni. Questa forma di investimento è generalmente utilizzata per investire in asset poco liquidi e che richiedono un lungo periodo di tempo per fornire risultati positivi, come per esempio il mercato immobiliare per i fondi immobiliari chiusi, oppure il settore delle società non quotate e delle start up nel caso dei fondi di private equity o di venture capital.
I fondi aperti, invece, non hanno un numero predefinito di quote di partecipazione e non hanno una scadenza predefinita, per cui gli investitori possono acquistare, vendere, incrementare o diminuire il numero di quote in portafoglio in qualsiasi momento.
Questa tipologia di fondo è la più diffusa e generalmente è utilizzata per investire in attività finanziarie quotate su mercati regolamentati, come obbligazioni e azioni.
Il valore del patrimonio complessivo di un fondo di investimento è determinato dalla somma del controvalore di tutti gli asset detenuti in portafoglio.
Al tempo stesso il valore di ogni singola quota, detto NAV (Net Asset Value), è determinato dal rapporto tra la somma del patrimonio detenuto in liquidità e del patrimonio investito con il numero delle quote del fondo.
Dal punto di vista matematico il NAV è calcolato quindi attraverso la seguente formula:
(liquidità + (quotazione dei titoli × quantità)) / numero delle quote)
Un esempio ti chiarirà ogni dubbio: immagina che un fondo comune di investimento, composto da 50.000 quote, abbia il patrimonio investito nelle seguenti attività finanziarie:
Liquidità 20.000 euro.
10.000 azioni della società Alfa, con una quotazione di mercato di 9,80 euro.
14.000 azioni della società Beta, con una quotazione di mercato di 12,50 euro.
50.000 azioni della società Gamma, con una quotazione di mercato di 2,80 euro.
Il patrimonio complessivo del fondo sarà calcolato attraverso la formula:
(20.000 + (10.000 × 9,80) + (14.000 × 12,50) + (50.000 × 2,80)) = 433.000 euro
Il valore della singola quota, invece, sarà calcolato attraverso la formula
(433.000 / 50.000) = 8,66 euro
La quotazione di un fondo di investimento è pubblicata quotidianamente, ma per i fondi di diritto italiano il valore del NAV è quello riferito a due giorni lavorativi precedenti.
Allo stesso tempo, anche gli acquisti e le vendite delle quote di un fondo sono regolati T+2, come si dice in gergo tecnico, ossia vengono regolati dal punto di vista fiscale con un ritardo di due giorni lavorativi.
Come ogni strumento finanziario, anche i fondi comuni di investimento hanno pregi e difetti.
Il primo pregio consiste nel fatto che si tratta di un prodotto finanziario di cui è semplice comprendere sia le caratteristiche sia le evoluzioni del valore dell’investimento.
Il secondo pregio consiste nella mancanza di un quantitativo minimo di sottoscrizione, dal momento che è possibile sottoscrivere anche una sola quota.
L’assenza di un taglio minimo costituisce un pregio, poiché permette di investire e di diversificare opportunamente anche un capitale di ridotte dimensioni monetarie, come quello di uno studente.
Il terzo pregio consiste nell’ampia diversificazione interna, che riduce sia la volatilità sia il rischio complessivo del portafoglio.
Il quarto pregio consiste nell’assenza del rischio default: un fondo di investimento infatti non può fallire, dal momento che il suo patrimonio è giuridicamente segregato da quello della SGR.
Questo significa che, in caso di fallimento della SGR, gli eventuali creditori non potrebbero aggredire il patrimonio del fondo.
Il quinto pregio è costituito dal fatto che un fondo è gestito da professionisti che, attraverso una gestione attiva del patrimonio, puntano a battere il mercato, ossia a realizzare una performance superiore a quella generata dal mercato e dall’asset class in cui investe il fondo.
Purtroppo, però, non mancano i difetti che, come potrai constatare di persona nelle prossime righe, hanno un peso superiore ai pregi, con la conseguenza che le criticità annullano completamente gli aspetti positivi di questo prodotto finanziario.
Il primo difetto è costituito dalla mancanza di trasparenza, dal momento che il risparmiatore non può conoscere nel dettaglio e in modo tempestivo i prodotti finanziari che costituiscono il patrimonio del fondo.
I dati che vengono diffusi, infatti, sono sempre in ritardo e sono spesso incompleti, poiché si limitano a indicare solamente le prime posizioni che compongono il patrimonio complessivo del fondo.
Il secondo difetto è costituito dalla falsa gestione attiva. Dal punto di vista operativo, infatti, devi sapere che esistono due tipologie di gestione, quella attiva e quella passiva.
La gestione attiva prevede che il gestore professionista abbia un margine di discrezionalità, che gli permette di variare l’asset allocation e i pesi delle singole attività finanziarie in base alle proprie aspettative, in modo da privilegiare i titoli che dovrebbero avere le maggiori probabilità di offrire rendimenti superiori alla media, permettendo di conseguenza al fondo di ottenere una performance migliore rispetto a quella registrata dal mercato di riferimento.
Al contrario, invece, la gestione passiva è focalizzata a replicare pedissequamente l’andamento del benchmark di riferimento, senza avere quindi l’obiettivo di realizzare una extra performance positiva.
Questo significa che, se il benchmark registra una performance positiva del 12%, anche il prodotto a gestione passiva registrerà una performance positiva esattamente del 12%.
In teoria la gestione attiva, puntando a migliorare le performance del benchmark di riferimento, andrebbe preferita rispetto a quella passiva.
Nella realtà dei fatti devi purtroppo sapere che un elevato numero di fondi dichiara di attuare una gestione attiva del portafoglio, mentre nella realtà adotta una gestione passiva.
Nella Figura 1.1 ti presento uno dei numerosi casi di fondo di investimento che dichiara di adottare una gestione attiva, mentre in realtà si limita a una replica passiva del benchmark.
Osservando la figura emerge in modo evidente come le due linee, che costituiscono rispettivamente la performance di un fondo di investimento e il suo benchmark, siano da anni perfettamente sovrapposte l’una all’altra; questo dimostra in modo incontrovertibile la gestione passiva del fondo, con quest’ultimo che replica in modo millimetrico l’andamento del benchmark di riferimento.
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FIGURA 1.1 – Un fondo con una finta gestione attiva. Fonte FIDAworkstation.
Un terzo difetto è costituito dagli elevati costi che gravano sui fondi di investimento e che sono rappresentati dalle spese necessarie per coprire i costi di gestione, compresi quelli legati alla commercializzazione e alla distribuzione...

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