Grammatica ceca
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Grammatica ceca

Fonetica, morfologia e sintassi con esercizi e soluzioni

François Esvan, Andrea Trovesi

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Grammatica ceca

Fonetica, morfologia e sintassi con esercizi e soluzioni

François Esvan, Andrea Trovesi

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Il volume fornisce una presentazione complessiva e al tempo stesso approfondita della grammatica ceca ed è indirizzato a studenti dei livelli A2C1 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue. L'opera si compone di 15 capitoli che affrontano in modo dettagliato la descrizione di tutti i livelli del sistema linguistico del ceco: fonetica e ortografia, morfologia nominale e verbale, semantica, sintassi e formazione delle parole. Le spiegazioni sono corredate di tabelle riassuntive ed esemplificative, così come di esempi sull'uso delle costruzioni linguistiche, sempre provvisti di una traduzione in italiano e talvolta anche di una versione letterale, per permettere all'utente di cogliere più facilmente i meccanismi della lingua. Al termine di ogni capitolo si trovano i relativi esercizi, le cui soluzioni sono consultabili in fondo al volume, utili anche per lo studio da autodidatta e l'autocorrezione. Nelle appendici si trovano le tabelle riepilogative della flessione del sostantivo e quelle della coniugazione dei verbi irregolari. All'indirizzo www.hoeplieditore.it, nella pagina dedicata al volume, sono scaricabili le tracce Mp3 degli esercizi riguardanti la fonetica e la pronuncia.

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Information

Publisher
Hoepli
Year
2020
ISBN
9788836000609
1
Introduzione allo studio della lingua ceca
1.1 Il ceco tra le lingue slave
Il ceco è una lingua slava, imparentata cioè geneticamente con le lingue appartenenti al ceppo slavo, così come l’italiano, insieme allo spagnolo, al francese ecc., fa parte delle lingue neolatine o romanze. A differenza delle lingue romanze che sono derivate dal latino, per le lingue slave non esiste traccia scritta della lingua originaria comune (protoslavo).
In base alla loro maggiore o minore vicinanza genetica, le lingue slave sono tradizionalmente suddivise in tre gruppi: il gruppo orientale (russo, bielorusso e ucraino), meridionale (sloveno, serbo e croato, macedone e bulgaro) e occidentale (ceco, slovacco, polacco e serbo-lusaziano). A questo elenco va aggiunto anche il paleoslavo o antico slavo (ecclesiastico), l’antica lingua slava, prevalentemente di uso liturgico e religioso, codificata nel IX secolo d.C. dai fratelli tessalonicesi, Costantino (Cirillo) e Metodio. Il paleoslavo è dunque la prima lingua slava attestata, la quale, nonostante mostri per la sua antichità tratti assai arcaici, non deve essere in alcun modo confusa con il protoslavo.
Le lingue slave mostrano ancora oggi parecchie somiglianze dal punto di vista sia grammaticale (per esempio, lo strumentale plurale femminile: ceco ženami, polacco żonami, russo женами (ženami), serbo e croato ženama ‘donna’), sia lessicale, avendo un buon numero di parole (radici, prefissi, suffissi ecc.) comuni (per esempio: ceco led, russo лëд /lëd/, ucraino лiд /lid/, sloveno led, bulgaro лед /led/ ‘ghiaccio’).
Appartenendo al gruppo occidentale delle lingue slave, il ceco è comprensibilmente più prossimo al polacco e allo slovacco di quanto lo sia al russo o al serbo-croato. All’interno del gruppo occidentale il ceco è poi massimamente vicino allo slovacco, tanto che fino agli inizi del XX secolo ceco e slovacco erano considerati spesso due varietà di un’unica lingua (vedi §1.5).
Dal punto di vista evolutivo, il ceco occupa una posizione eccentrica, protesa verso occidente, rispetto all’area linguistica slava. Ciò ha probabilmente determinato alcuni mutamenti peculiari del ceco che lo hanno allontanato dalle altre lingue. Si osservi, per esempio, il passaggio di ae е ui quando precedute da consonante molle: così se, per esempio, in russo e in slovacco ‘via, strada’ si dice rispettivamente улица (ulica) е ulica al nominativo e улицу (ulicu) е ulicu all’accusativo, in ceco troviamo ulice e ulici. In più, i lunghi secoli a stretto contatto con il tedesco, parlato fino al 1945 in ampie zone della Boemia e della Moravia, hanno lasciato nel ceco importanti tracce. Il purismo linguistico ottocentesco e dei primi decenni del XX secolo ha epurato la lingua ceca, per quanto possibile, da tale influsso. A esclusione degli slovacchi, il ceco viene capito con difficoltà dagli altri parlanti slavi non adeguatamente istruiti circa le differenze.
1.2 Breve profilo storico della lingua ceca
Nelle Terre ceche, ossia sul territorio delle province storiche che compongono l’attuale Repubblica Ceca (Boemia, Moravia e la parte ceca della Slesia), si sono succedute e sono coesistite varie tradizioni scritte. La prima ad apparire fu il latino, portato dai monaci franchi che, a partire dall’VIII secolo, cominciarono l’evangelizzazione di questi territori che avrebbero costituito nel secolo successivo il Regno della Grande Moravia, un’entità statale che ricopriva, oltre alle Terre ceche, anche buona parte dell’attuale Slovacchia. Presto vi si sovrappose l’antico slavo (ecclesiatico) o paleoslavo, introdotto in occasione della missione di Costantino (Cirillo) e Metodio (863), inviati dall’Impero bizantino su richiesta del principe moravo Rastislav per evangelizzare il paese nella lingua autoctona e contrastare l’influenza latina dei Franchi. Questa tradizione, che rappresenta il primo tentativo ufficiale di trascrivere una lingua slava, fu interrotta dalle pressioni della Chiesa di Roma, che comportarono, nel IX secolo, l’esilio forzato verso i Balcani dei seguaci di Costantino e Metodio. Nei secoli successivi, segnati dalla fine della Grande Moravia (906) e dallo spostamento del centro politico delle Terre ceche verso la Boemia e la sua capitale Praga, si assistette a un’intensificazione della colonizzazione di popolazioni germaniche, che avrebbe segnato profondamente la storia di questi territori. Esse parteciparono intensamente allo sviluppo economico del paese, ma esercitarono anche un’influenza culturale, con la presenza alla corte dei nobili cechi di poeti tedeschi (i Minnesänger), che componevano nella loro lingua, l’alto-tedesco medio. È anche in questo periodo che si trovano le prime iscrizioni in ceco, limitate ancora a brevi frasi o a singole parole (glosse). I primi testi compiuti comparvero a partire dal XII secolo con canti religiosi (Hospodine, pomiluj ny ‘Signore, abbi pietà di noi’ e Svatý Václave ‘San Venceslao’), in seguito con poemi epici (Alessandreide, fine XIII secolo), cronache (Cronaca di Dalimil, 1314) e una prima traduzione ceca della Bibbia a partire dal latino (Bibbia di Dresda, 1360). La lingua di questi testi, detta ceco antico, presenta molti tratti peculiari che spariranno rapidamente nei secoli successivi, come la presenza di tempi semplici del passato (imperfetto e aoristo) e del duale. Si attribuisce a Jan Hus (~1371-1415), più conosciuto per la sua opera di riformatore della Chiesa, la proposta di trascrivere il ceco con dei segni diacritici (De ortographia bohemica, ~1406). A causa del lungo periodo di disordini, detto “delle guerre hussite”, che seguì alla condanna di Hus al rogo per eresia, l’influenza dell’Umanesimo si fece sentire in maniera tardiva e limitata in Boemia. Al periodo umanistico risalgono la prima grammatica ceca (Grammatica di Náměšť, 1533) e una nuova traduzione della Bibbia, questa volta a partire dal testo originale ebraico e greco, che si imporrà come modello linguistico nei secoli successivi (Bibbia di Kralice, 1579-1593). Con la sconfitta delle forze protestanti nella battaglia della Montagna Bianca (1620), iniziò la ricattolicizzazione e la germanizzazione del paese. Durante questo periodo, chiamato tradizionalmente in Boemia “epoca del buio” (doba temna), la lingua ceca perse molta della sua influenza. Alla fine del Settecento, nel periodo detto “della rinascita nazionale” (národní obrození), nacque un movimento che aspirava a riportare il ceco fra le lingue di cultura delle maggiori nazioni europee. Contribuirono a questo risveglio le opere di filologi e scrittori, in particolare la grammatica ceca di Josef Dobrovský (1809) e il grande vocabolario ceco-tedesco di Josef Jungmann (1834-1839). La loro opera e l’introduzione del ceco nelle scuole permisero alla lingua di affermarsi e di ridiventare progressivamente lo strumento di espressione del popolo ceco nella letteratura, nelle scienze e nell’amministrazione. Il conflitto linguistico del ceco con il tedesco, già ridimensionato nel 1918 con la dissoluzione dell’Impero austro-ungarico e la creazione dello Stato cecoslovacco, si spense completamente dopo l’espulsione dei tedeschi dai Sudeti in seguito alla Seconda guerra mondiale.
1.3 Aspetti sociolinguistici
La descrizione della lingua proposta da Dobrovský nella sua grammatica prendeva come modello il ceco del periodo umanistico, considerato come il periodo d’oro in opposizione alla decadenza della lingua avvenuta durante la Controriforma. Il ceco moderno, il cui impianto morfologico si basa su questa descrizione, ha quindi adottato in partenza delle forme piuttosto arcaiche, fatto questo che non è stato senza conseguenze per la situazione sociolinguistica odierna in Boemia.
La lingua insegnata nelle scuole e codificata nelle grammatiche e nei vocabolari è chiamata tradizionalmente ceco letterario (spisovná čeština), un nome che non indica la lingua della letteratura ma, per riprendere un termine impiegato a proposito dell’italiano, la lingua “standard”. Il ceco letterario viene usato in situazioni formali sia nello scritto che nell’orale. Quando non c’è necessità di essere particolarmente formali, si tendono a usare altre varianti della lingua, che possono essere diverse a seconda della provenienza regionale dei parlanti. Anche se questa grammatica ha per oggetto la descrizione del ceco letterario o “standard”, saranno segnalate anche le principali varianti colloquiali, con l’indicazione della loro diffusione geografica.
In Boemia, dove i dialetti locali sono praticamente scomparsi, si usa una variante regionale chiamata ceco comune (obecná čeština). I tratti caratteristici principali del ceco comune sono la dittongazione in ej al posto di ý (dobrej invece di dobrý ‘buono’), la trasformazione della é in ý / í (dobrý mlíko invece di dobré mléko ‘buon latte’) e la diffusione dello strumentale in -ma (těma klukama invece di těmi kluky ‘(con) quei ragazzi’). In Moravia e in Slesia i dialetti sono ancora presenti e il ceco parlato in queste zone riflette l’influenza di questo sostrato dialettale. I tratti più noti delle varianti regionali del ceco in Moravia sono, per la parte centrale e meridionale della regione, le forme della prima persona del presente del verbo být, su al posto di jsem (su z Moravy ‘sono della Moravia’), per tutta la regione e anche per la Slesia, la a al posto della e per i nomi femminili al nominativo singolare (kaša invece di kaše ‘purè, pappa’) e la u al posto della i all’accusativo singolare (kašu invece di kaši, ju invece di ji ‘la’ pron. 3a sg. f.). Il ceco comune presenta delle peculiarità rispetto alle altre varianti regionali. Il suo uso tende a diffondersi maggiormente nei confronti del ceco letterario e molte delle sue forme sono percepite dai parlanti come neutre, mentre le forme corrispondenti del ceco letterario appaiono molto formali se non libresche. Questa situazione è dovuta al fatto che, come è stato detto prima, il ceco letterario codificato nell’Ottocento aveva una base arcaica che non teneva conto dei cambiamenti avvenuti nella lingua parlata in Boemia. Il ceco comune gode, inoltre, in quanto variante usata nella capitale Praga, di una diffusione nazionale come mezzo comunemente utilizzato per stilizzare la lingua parlata, in particolare nelle traduzioni o nel doppiaggio dei film, fatto questo non sempre accolto positivamente dai parlanti delle altre regioni. In Moravia e in Slesia le varianti regionali continuano invece a essere percepite come locali e il ceco letterario si usa normalmente nelle situazioni formali e al di fuori della comunità di origine.
1.4 Instabilità del ceco letterario
Il ceco letterario è caratterizzato dalla presenza di numerose varianti morfologiche che testimoniano un’evoluzione della lingua tuttora in corso. I codificatori hanno cercato di tenere conto di questa evoluzione, ammettendo nella lingua letteraria moltissimi doppioni morfologici, che non sono sempre equivalenti. In alcuni casi una delle varianti è considerata come colloquiale senza particolare marcatura regionale, per esempio la prima persona del presente dei verbi in -ovat: kupuju rispetto a kupuji. In altri casi le varianti sono sostanzialmente intercambiabili, per esempio il genitivo singolare in -u o in -a dei maschili inanimati duri: sýra rispetto a sýru. Non di rado, infine, una delle varianti è percepita come antiquata in una regione, e come normale in un’altra, per esempio l’aggettivo possessivo rispetto a moje è comune in Moravia mentre è assai inusuale in Boemia. Questa grammatica fornisce delle indicazioni, nei limiti dello spazio di cui si dispone, intorno ai fenomeni più comuni. Per informazioni più precise, si rimanda alla banca dati online dell’Istituto per la lingua ceca dell’Accademia delle Scienze (Internetová akademická příručka; vedi Bibliografia).
1.5 Ceco e slovacco
La grande somiglianza tra ceco e slovacco è dovuta sia allo sviluppo comune per contiguità geografica, sia all’influsso che il ceco ha esercitato sullo slovacco nel corso dei secoli.
Per quanto riguarda la fonetica, la fonologia e il sistema grafico, ceco e slovacco condividono caratteristiche che li distinguono dalle altre lingue slave, per esempio il passaggio da gh (Praha ‘Praga’) e la lunghezza vocalica fonologica (ceco e slovacco dobrý ‘buono’), entrambi resi nell’ortografia. Riguardo alle differenze, invece, nell’alfabeto slovacco mancano alcune lettere del ceco, come <ř> (tři ‘tre’, slovacco tri), <ě> (běhat ‘correre’, slovacco behať) e <ů> (vůz ‘carro’, slovacco voz), mentre in quello ceco non ci sono lettere come <ä> (päť ‘cinque’, ceco pět), <ô> [ṷo] (kôň ‘cavallo’, ceco kůň), la liquida palatale <ľ> (ľubiť ‘amare’, ceco líbit) ecc. Dal punto di vista della flessione, oltre ai sei casi comuni a entrambe le lingue, il ceco conserva ancora integralmente il caso vocativo. In generale la grammatica del ceco è più arcaica e conservativa rispetto a quella slovacca, che risente in modo più marcato della tendenza alla semplificazione analogica (ceco běhám, slovacco behám ‘corro’ ma ceco nesu e slovacco nesiem ‘porto’). Tuttavia, all’infinito dei verbi lo slovacco conserva -ť, trasformatosi (per indurimento) invece in ceco in -t (ceco volat, slovacco volať ‘chiamare’).
Il lessico delle lingue ceca e slovacca è in gran parte comune, con un grado altissimo di somiglianza. Le parole possono essere del tutto identiche oppure mostrare alcune differenze per i diversi esiti dei mutamenti nelle due lingue. Non mancano tuttavia differenze maggiori. Per esempio,...

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