I tre termini che compaiono nel titolo - soggetti, reti di relazioni, comunità - sono presenti da sempre nel dibattito sociologico classico e contemporaneo. Sono riproposti in questa sede e in sequenza in quanto, accanto alla loro specifica accezione terminologica, esiste un filo rosso, rilevante sotto il profilo sociale, che li congiunge ed è rappresentato dai legami sociali.
Infatti i soggetti si collocano nel sociale non solo e non tanto per corrispondere a un ruolo sociale di parsonsiana memoria, ma mediante i legami sociali che instaurano con altri. Cogliere ciò che tali legami generano tra le persone, nei territori e nel sociale, consente di realizzare una sintesi tra processi di attribuzione di senso soggettivi e intersoggettivi e a volte, attraverso di essi, di generare innovazione sociale.
L’attenzione ai processi di attribuzione di senso individuali o collettivi, vale a dire a un insieme concatenato di modi di pensare, di sentire e di agire, appresi e condivisi da una pluralità di soggetti, consente di osservare i fenomeni sociali, di conoscerli e di comprenderli, ricercandone la specifica dimensione culturale. Occorre, in altri termini, non fermarsi all’osservazione di ciò che è concreto, tangibile, materiale, bensì di giungere alle motivazioni valoriali, di carattere immateriale, che stanno a fondamento di ciò che è empiricamente e fattualmente osservabile. In altri termini, la prospettiva riflessiva della sociologia connette materiale e immateriale, agire soggettivo e intersoggettivo mediante il riconoscimento di significati circolanti nel sociale che qualificano, in modo distintivo, il vivere delle comunità, siano esse di dimensioni limitate o estese.
Si tratta di una prospettiva “contro-intuitiva”, non ovvia, dal momento che nella società contemporanea tende a prevalere, sia dal punto di vista conoscitivo sia dal punto di vista operativo, la dimensione individuale/soggettivistica rispetto a quella comunitaria/intersoggettiva: tale prospettiva, tuttavia, consente un avanzamento non convenzionale della conoscenza, esplicitando, come direbbe Merton, l’ignoranza, ciò che sprona a continuare nella ricerca.
In particolare, le tre categorie di riferimento qui oggetto di attenzione - soggetti, reti di relazioni e comunità - consentono di riflettere sullo stato dei legami sociali nella società contemporanea.
Detto altrimenti: le relazioni interpersonali, e le loro tre semantiche (la connessione, l’attribuzione di significati e la generatività sociale individuata dalla teoria relazionale di P. Donati1), hanno ancora un valore aggiunto che le rende insostituibili nel costituire reti sociali e comunità vitali?
Sarà possibile, seguendo il filo di Arianna delle relazioni sociali trovare qualcosa di propositivo, di costruttivo? Una reciprocità supportiva e talvolta innovativa?
In particolare, il contenuto distintivo della generatività sociale, risiede sia nel dare origine a un effetto positivo e propositivo, sia nel farlo attivando una dimensione intersoggettiva, la dimensione del “noi” che travalica ed eccede quella individuale, dell’io.
Nella società contemporanea prevalgono le interpretazioni che sottolineano l’evanescenza dei legami sociali, come nella fortunata definizione offerta da Bauman2 di “società liquida”, a proposito del modo odierno di vivere in società. In tali interpretazioni l’idea della liquidità appare come il tratto univoco e distintivo della dinamica sociale odierna.
Tali letture possono far sovra-rappresentare la "liquidità" impedendo di vedere l'esistenza di una componente irriducibile del sociale, costituita dai legami sociali generativi, quelle relazioni che attribuiscono senso e sostanza al vivere in società e consentono di realizzare progetti e attività impossibili da perseguire individualmente.
Sono specifiche relazioni sociali, solidali, reciproche e fiduciarie che immettono una cultura pro-attiva e pro-sociale entro forme organizzate specifiche, quali sono le reti di relazioni, i network e le varie forme di comunità.
Si fanno strada, oggi, pur nell’ambito della nostra ipercomplessa quotidianità, nuove modalità di condivisione di porzioni di vita e di esperienze che esprimono, in forma adeguata alla contemporaneità, il persistere di legami comunitari.
Come già sosteneva, profeticamente, Granovetter oltre 30 anni fa «gli attori non si comportano o decidono come atomi al di fuori del contesto sociale, e nemmeno aderiscono come schiavi ad uno script tracciato per loro dalla particolare intersezione di categorie sociali che accade loro di occupare. I loro tentativi di azione finalizzata sono invece incorporati in sistemi concreti e continui di relazioni sociali»3.
Certo le relazioni non sono immuni dal rischio dell’ambivalenza: essa appare «quando i dilemmi e la polarizzazione di sentimenti, opinioni, azioni e le contraddizioni nelle relazioni sociali e nei contesti sociali, vengono interpretati come fondamentalmente inconciliabili»4. C’è una funzione drammatica dell’ambivalenza dovuta al fatto che non è possibile conoscere a priori l’esito delle relazioni che è imprevedibile: le relazioni potranno implodere, nel caso in cui prevalgano le tensioni oppure potranno evolvere, nell’eventualità risultino dominanti gli elementi connettivi e accomunanti.
Ma, l’imprevedibile spesso si coniuga con la dimensione della libertà del soggetto: si tratta di un compito impegnativo cui spesso l’uomo contemporaneo tenta di sottrarsi poiché richiede l’assunzione del rischio e il mettersi alla prova.
Al contrario, fronteggiare l’ambivalenza nelle relazioni e valorizzare la sfida della novità imprevedibile, può consentire alla cultura di trovare nei legami sociali e nello stare insieme ciò che valorizza qualitativamente le differenze.
La pandemia legata alla diffusione del Coronavirus ha inequivocabilmente portato alla luce la centralità dei legami e delle relazioni sociali: quando, forzosamente, le nostre società hanno dovuto mettere in atto il distanziamento sociale, interrompere le forme di socialità tradizionali ed emergenti, restringere entro circoscritti confini familiari e abitativi le relazioni familiari, ognuno si è reso conto dell’importanza delle relazioni sociali, del loro costituire la trama dell’agire quotidiano, del loro significato culturale che orienta, come una bussola, le scelte personali e intersoggettive.
Per vivere, quindi, ciascuno di noi agisce ed esperisce relazioni sociali di cui ricerca o auspica, la solidità. Tale esperienza di relazione, laddove fondata solidamente, dà origine a reticoli e network che costituiscono la trama di supporto e di attribuzione di senso dei contesti comunitari e più, ampiamente, societari.
In questa direzione trovano spazio sia la promozione dell’autonomia e della responsabilità dei soggetti sociali, della loro capacità di autogoverno e di autosviluppo, sia la capacitazione degli individui nella risposta alle esigenze di cui sono portatori5.
Si apre una prospettiva osservativa delle dinamiche sociali fondata sul coinvolgimento relazionale di più attori sociali6, nella quale la concettualizzazione e la prassi - a livello macro - di un welfare plurale consente una visibilità sociale alle organizzazioni a minore strutturazione e al tempo stesso, una valorizzazione delle diverse identità sociali7.
In proposito Wagner parla di «sfera di transazione», definita come un «insieme di network di carattere istituzionale»8 e che identifica la compresenza di diversi soggetti e organizzazioni, eroganti vari servizi in una ottica complementare e sinergica.
È possibile ravvisare un’analogia tra questo concetto e quello di network e in alcuni casi specifici, quello di partnership. Questi sono processi relazionali - alleanze - che assumono un’importanza crescente nell’ambito degli assetti di welfare contemporanei, a motivo della capacità sia di interloquire i multiformi bisogni contemporanei, sia di introdurre una innovazione nell’offerta di servizi, finalizzata a rendere adeguata ed efficace la risposta a bisogni di sempre maggiore complessità.
La collaborazione tra più soggetti appare, infatti, una modalità di operare in linea con i mutamenti del contesto odierno, caratterizzato da una complessità sempre crescente, da bisogni multidimensionali, da una pluralità di attori e di punti di vista e da una conseguente insostenibilità dell’autoreferenzialità.
Non si tratta solo di “collaborazione tra più entità”, ma è qualcosa che va oltre e che mette in relazione, oltre ai know-how specifici dei vari soggetti sociali, anche le loro identità9. Essa fonda lo stare insieme dei diversi soggetti e attori sociali su di un contesto di fiducia e di reciprocità che permette la finalizzazione delle relazioni verso azioni sociali specifiche, ben oltre quindi la sola presenza di uno scopo strumentale.
Infine, un accenno al terzo termine del trinomio soggetti-reti di relazione-comunità: la comunità può essere identificata come un contesto societario morfologicamente relazionale di livello meso, che si genera e si rigenera mediante le relazioni intersoggettive e personali tra i diversi soggetti sociali che in essa vivono e operano.
Considerare la comunità con tale accezione consente di rappresentarne adeguatamente la complessità senza eccessiva enfasi, al fine di consentire una comprensione adeguata dei fenomeni e dei processi sociali che in essa avvengono. A livello empirico, tale prospettiva consente di osservare le dinamiche intersoggettive e di promuovere interventi sociali considerando sia le esigenze di appartenenza del singolo (dimensione micro), sia la necessità di connettersi con la dimensione istituzionale del sociale (livello macro), sia la reticolarità potenziale o reale agita nei contesti intersoggettivi (livello meso).
La sociologia ha ampiamente riflettuto attorno al concetto di comunità10: tra i molti contributi offerti, si riporta qui la distinzione operata d...