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Mille e non più mille
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«La vicenda di Mille e non più mille si svolge a Pavia dalla prima estate alla fine dell'anno 999 dopo Cristo. Proprio intorno al Mille, il mondo cambia sotto le spinte di nuove esigenze sociali, subito comprese e abilmente sfruttate dalla Chiesa. Per una sorta di fenomeno ciclico, diremmo anzi per una legge storica tuttora da precisare sotto l'aspetto scientifico, quando una comunità si corrompe e declina, gli individui che ne fanno parte sono presuntuosamente indotti a estendere il fenomeno molto al di là dei propri confini: da qui la ricorrente convinzione che non un mondo particolare ma l'intero orbe terracqueo debba sparire». (G.B.)
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Information
Subtopic
Teatro1° QUADRO
( musica e voci di preti predicanti l’apocalisse )
1° PREDICATORE - Per quem caeli ardentes solventur et elementa ardore ignis tabescunt...
UNA DONNA - Ma cus’è che l’ha ditt?
1° PREDICATORE - Si dissolvono i cieli, ecco si consumano gli elementi bruciando nel fuoco... oh bestia.
Tali orrende parole concludono il vaticinio di Simone Pietro: con le medesime parole do inizio alla predica dedicata ai santi Gervasio e Protasio, in questo mese di giugno dell’anno 999.
UNA DONNA - Ah mi vo a ca, quel ch’al dis am fa paüra.
( galline)
2° PREDICATORE - Nuovi cieli e una nuova terra aspettiamo, nei quali risieda la giustizia.
POPOLO - Giusto, giusto.
2° PREDICATORE - Promessa dilettosa e insieme spaventevole.
POPOLO - Perché?
2° PREDICATORE - Ricordate e tremate: mille e non più mille! Per i nostri peccati, per i vostri peccati, per i tuoi peccati, un diluvio di fuoco distruggerà questa volta il vecchio mondo sopravvissuto al diluvio equoreo!
( musica)
UN UOMO - A me, ma proprio a me!
ALTRO UOMO - Fa così per dire.
3° PREDICATORE - Per la corrottissima vita della città di Pavia, novella Sodoma... Aperta ai vizi di tutto il mondo... Ai mali exempli di tutti gli stranieri in essa ospitati... Giudei uccisori di Cristo... Mussulmani dispregiatori della sua fede. O nostra città di Pavia, dedita ai mali commerci... alle pratiche immonde, alle spogliazioni simoniache... Su questo abominevole inferno si dissolvono i cieli, si consumano gli elementi bruciando nel fuoco. Nell’ardore del fuoco periremo tutti.
( musica)
DAVIDE - ( alzandosi e andando verso lo scheletro di Prosdocimo) Vulgari eloquio dicam vobis hodie de parte corporis humani quae ultima currumpitur, idest de osteis. ( si mette a rollare il maglio di Carlino oltre la porta di Carona - Davide si interrompe un attimo: si ferma il maglio, prende a stridere forte una lima) Sissignori: vulgari eloquio: una concessione a voi, chierici lombardi, e a me stesso che sono più lombardo di voi. Barbari non ne vedo, e neppure Latini di Provenza e Borgogna. Ahimè: l’inclita Schola Papiensis non habet satis Philosophiae: questo si direbbe: che abbiamo insegnato al vento. La superstizione e la paura hanno prevalso. Mille e non più mille! Si proclama da tutti i pulpiti. Anche un predicatore di sesquipedale ignoranza può atterrirvi con le parole di Santo Giovanni. Montate dunque con me sui quattro spaventosi cavalli: galoppiamo insieme alla valle di Giosafat, e se conoscete Lucrezio tanto peggio. Si capisce che il mondo perirà: ( accennando a Prosdocimo) anche questo miserabile uomo è perito: ( rolla di nuovo il maglio e Davide si interrompe) sicuro, anima efflavit: è bastato uno spintoncino, eh, Prosdocimo? ( mettendo fuori la lingua) gnaff: uno stranguglione decisivo: tre o quattro osceni sussulti: l’osso del collo - o epistrofeo - è stato spezzato dallo stesso peso del corpo: tendini e muscoli - cucullari, sterno-cleido-mastoidei - hanno retto l’immondo cadavere che poi abbiamo dissecato insieme. Ora dimmi tu ( punta il dito a un allievo immaginario): no no, tu, che ti nascondi con quasi comico orrore: osteum denominavi de isto corpore: quale? ( una scampanellata: Davide si interrompe e aspetta la voce del servo, traverso una sorta di canale o cappa)
REGISTA-BASSANI - In verità finiva a Pavia e in tutta la vecchia Europa un mondo ormai privo di fede e di ideali: non poteva perire il mondo che i liberi artigiani di Milano stavano edificando con tanto fervore. Non è che tutti fossero convinti di questa realtà nuova. Io stesso, assumendo le vesti di Davide Bassani, ho avuto occasione di rendermene conto quando la comunità ebraica, della quale faccio parte, mi ha chiamato perché insieme ai suoi maggiorenti esaminassi la situazione. Sono con me il Rabbino Giuseppe Levi, il banchiere Melchisedek da Venezia e il commerciante Abramo Ansperti.
RABBINO - La comunità è ansiosa di conoscere cosa l’aspetta. L’intera città sembra vivere alla giornata.
MELCHISEDEK - La situazione è tale che non basta il nostro consiglio.
ABRAMO - Come tu non hai veduto scolari d’oltralpe, così noi non vediamo acquirenti per la merce stivata da mesi. Si è reso indispensabile un tuo intervento presso il Conte Camerario Ottone.
RABBINO - Benché le Scritture non concordino, il popolo teme la fine del mondo.
MELCHISEDEK - Si predica e si minaccia l’Apocalisse.
RABBINO - Sul conto dell’Apocalisse imminente si mettono i commerci sospesi, la nostra moneta non più tanto richiesta, la penuria di spezie e il disagio dei conservatori di grano.
ABRAMO - Il Conte Camerario, se vuole...
DAVIDE - Il conte Camerario Ottone rappresenta il Sacro Romano Imperatore: percepisce prebende e balzelli: si inquieta solo se sono modesti.
RABBINO - Ma se il denaro non corre...
DAVIDE - Non è certo il Conte Camerario a poter decidere che il commercio fiorisca.
RABBINO - Questa città, da tempo immemorabile, esercita gli scambi con l’Oriente: da tutta Europa scendono ad acquistare; le città più potenti hanno diritto di riva e fondachi a Pavia.
DAVIDE - Conservano il diritto di riva, ma non la voglia di arricchire noi soli, come hanno fatto - questo è vero, hai ragione - da tempo immemorabile.
ABRAMO - Tutto perché i gojin cristiani si aspettano...
DAVIDE - Il mondo finisce! il mondo rovina: e grazie! Cosa avete fatto, cosa fate perché non abbia a finire il vostro mondo? Non avete sentito l’editto di Ariberto? Chi sa lavorare è un uomo libero! Quanti che sanno lavorare sono liberi tra di voi? Vorrei io stesso mettermi a battere e limare: il mondo è di chi sa produrre.
RABBINO - Davide Bassani parla per convinzione che chiamerò ereditaria. I Bassani hanno sempre sostenuto, in comunità, che dovessimo via via ridurre le pratiche commerciali a vantaggio delle arti produttive.
ABRAMO - Ah, venerabile rabbino dove siamo arrivati mai.
MELCHISEDEK - Sovversivi e bastardi, venditori troppo astuti e servi bravi che fuggono a Milano: a lavorare duro, a spremere sudore e sangue.
DAVIDE - Sissignore, però per sé, per i loro figli!
MELCHISEDEK - E magari per Ariberto e i suoi feudatari minori.
DAVIDE - Si capisce che nessuno si muove per nulla. Solo i pavesi lo pretenderebbero: dagli altri ben inteso.
RABBINO - Io ti sollecito, Davide Bassani, a visitare il Conte Camerario e a segnalargli il nostro grave disagio: anzi, il nostro fondato timore di rappresaglie e di lutti. Ahimè l’insano timore della fine del mondo opprime le coscienze, non tutti sanno distinguere il bene dal male, il tenebroso dal candido.
DAVIDE - La sensazione della fine imminente vien su pian piano dal fondo nero dell’animo: è la nostra fine, non d’altri che la nostra, ma torna comodo vederci la fine di tutti.
( si riodono campane, voci allarmistiche di preti in predica e trombe)
REGISTA-BASSANI - Mentre ero a colloquio con i membri influenti della comunità ebraica, dal convento, dove si trovava per istruzione, è rientrata, inattesa, mia nipote Marianna Bellisomi, figlia di Marco e della mia povera sorella Noemi, che avevo salutato un anno prima, quand’era appena diciassettenne. Marianna non ascolta mia madre e scende sventatamente nel mio studio, che è un sotterraneo fra le cantine della nostra vecchia casa e la riva di un torrente coperto a nome Carona. I miei interessi non sono pochi e qui se ne ha la prova. Per esempio vicino al caminone, che accendo quando fa freddo, c’è un crogiolo da alchimista; sul tavolo da lavoro, c’è un falco impagliato, un pellegrino splendido, e poi ancora tenaglie martelli, vasi da speziale, pagliericci sui quali potersi buttare quando si è stanchi. Ma il pezzo più pregiato e importante non solo per la mia professione, bensì anche per la vicenda, che stiamo vivendo, è lo scheletro di Prosdocimo, famoso ruffiano del borgo, che andava nelle province alte a comprare donne per i Beccaria: feminae pro exercitubus ( risatina). Ha ucciso la nuora sentendosi truffato dal consuocero. Lo hanno impiccato a Pasqua. Le sue belle ossa bianche sono tenute insieme da lamine di acciaio che consentono movimenti assai ampi e molleggiati. Lo scheletro lo abbiamo rimontato, con fini didattici, io e il mio amico Carlino Vittadini, capo fabbro mio e di mio cognato Bellisomi. Carlino ha ventisette anni. Sta lavorando, in gran segreto, nella nostra fucina nascosta in riva a Carona. Quando Marianna, stordita com’è, è entrata correndo nel mio studio, una mano inopinata si è posata su una parte piuttosto intima di lei. Era la mano molleggiata di Prosdocimo. Marianna se n’è molto spaventata ( urla). Ma il suo spavento è diventato terrore quando Marianna ha veduto muoversi non solo Prosdocimo, bensì anche la parete della fucina segreta. ( porta)
Era Carlino. ( Beh? Sa gh’è, i matt?) Non appena ne sente la voce, Marianna si precipita atterrita incontro a lui e l’abbraccia stretto.
CARLINO: Sa gh’è, i matt? ( Marianna scoppia a piangere) E tu chi sei, cosa sei venuta a fare? O Madonna Signor! Vuoi dirmi chi sei, sei della famiglia? ( Marianna scrolla la testa ma non molla Carlino) Fa’ ’n po’ vèd la tò faccia? Eh: capelli biondi molto fini, puliti, e il faccino bianco e rosso di una che è uscita di quaresima da un bel pezzo. E senti che quarti! ( tastata a quel modo Marianna dà un balzo e si stacca da lui, ma vede entrare qualcuno che subito riconosce e torna ad aggrapparsi a Carlino con un gemito)
MARIANNA - Le mani a posto, neh!
( didascalia: e proprio in questo momento rientro io)
DAVIDE - Ah, bene! Un tenero abbraccio. Vedo che Prosdocimo funziona sempre: questo significa essere immortali!
CARLINO - Mah, dice che è della famiglia: io non l’ho mai vista: senti un po’ tu...
MARIANNA - ( tendendogli le braccia irrigidita, a occhi chiusi, con un brivido di orrore) Zio Davide...
DAVIDE - ( accogliendola sorpreso) Marianna! Cara la mia nevoda!
MARIANNA - ( aggrappandosi a lui) Che spavento, zio!
DAVIDE - Normale: non dicevi che ero un orco? Bene: questo è l’antro.
CARLINO - ( tossicchiando) Ben, duttur, mi vò a finì.
DAVIDE - Sta’ sta’, Carlino, se vuoi saperlo, hai abbracciato...
MARIANNA - ( animosa) Che hai abbracciato! Se mai, sono stata io...
CARLINO - Ecco: molte grazie, che hai messo a posto le cose.
DAVIDE - Ma come? Ti dispiace?
CARLINO - Neanche un po’. Però lo sento ora che è tua nipote.
MARIANNA - ( mettendo una mano sulla bocca di zio Davide) Non sapevi che ha delle nipoti, il dottor ottimo?
CARLINO - So che suo cognato Bellisomi ha una figlia...
MARIANNA - E ti piace?
CARLINO - L’ho vista ch’ l’era piccola. Sono sicuro che non mi piace neanche un po’.
MARIANNA - ( intrigata) - Perché?
CARLINO - Parché l’è no par mi.
DAVIDE - ( vedendo agitarsi Carlino) Carlèi: questa è la mia nipote prediletta: anzi, se vuoi proprio saperlo non ne esistono altre.
CARLINO - Oh l’è la Bellisomi!
DAVIDE - Ed è più che mia figlia. Marianna: qui c’è Carlino Vittadini, capo della bottega dei fabbri nel quartiere Bellisomi, mio vecchio e nuovo socio. Marianna, la tua è stata un’imprudenza, la tua, di venire qui. Ma qui sei capitata e da quella porta è uscito Carlino.
CARLINO - Perché lei strillava.
DAVIDE - Appunto: Prosdocimo ha finto di spaventarla.
MARIANNA - Ma come ha “finto”?
DAVIDE - Aspetta, aspetta: sei entrata, hai visto il mio antro, poi t’è caduto l’occhio su Prosdocimo...
MARIANNA - Altro che occhio: m’ha dato una palpata! ( si tocca dove).
CARLINO - ( scoppia a ridere) È l’acciaio che serve per le molle: molto elastico.
MARIANNA - Cosa dice, qui, il maestro?
DAVIDE - Come al solito, dice giusto. Prosdocimo era in pezzi quando è uscito dal bagno di calce: Carlino ed io lo abbiamo rimontato: muscoli e nervi sono stati sostituiti dal ferro duro che serve per le molle.
MARIANNA - E le molle cosa sono?
CARLINO - Sarà la tua nipotina quasi più che una figlia però che nasustona.
MARIANNA - Insomma, zio: ho scoperto tutto di voi; so che lavorate di nascondone, che lui è il maestro di bot...
Table of contents
- Copertina
- MILLE E NON PIÙ MILLE
- Indice
- Intro
- IL TEATRO E GIANNI BRERA
- PREMESSA DELL’AUTORE
- MILLE E NON PIÙ MILLE
- 1° QUADRO
- 2° QUADRO
- Ringraziamenti