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Antonio Gramsci

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Antonio Gramsci

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Antonio Gramsci è una figura importantissima nel panorama culturale e politico italiano ed è importante conoscere le Lettere dal Carcere che, se è vero che si leggono come una sorta di "diario", ci permettono di ricostruire il ritratto di un protagonista dei drammatici eventi della storia italiana nella prima metà del XX secolo. E questo carattere è rafforzato dalla particolare condizione dell'autore, sottoposta all'azione di quella "lima sottile che disgrega la mente e la volontà del condannato". Le Lettere di Gramsci sono ormai un classico della letteratura italiana, tanto per popolarità, quanto per unanime giudizio critico.
L'opera di Gramsci "appartiene anche a chi è di altro o opposto partito politico", scrive Benedetto Croce all'indomani della prima uscita editoriale delle Lettere.
Sempre Croce, la cui introduzione del 1947 è riportata integralmente al termine del volume, ci parla di Gramsci come "uomo di pensiero…, di quelli che nei primi decenni del secolo in Italia attesero a formarsi una mente filosofica e storica adeguata ai problemi del presente…" E nel pensiero di Gramsci espresso nelle Lettere trova molti punti critici di contatto: "il rinnovato concetto della filosofia nella sua tradizione speculativa e dialettica e non già positivistica e classificatoria, l'ampia visione della storia, l'unione dell'erudizione col filosofare, il senso vivissimo della poesia e dell'arte nel loro carattere originale". Un testo, quindi, che testimonia un impegno e può diventare di stimolo per chi ha a cuore il rinnovamento sociale.

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Information

1.

 
Gentilissima signora,
prima di tutto, voglio domandarle scusa per i disturbi e i fastidi che le ho arrecato, i quali non entravano, in verità, nell'accordo di inquilinato. Sto abbastanza bene e sono calmo e tranquillo.
Le sarò grato se vorrà preparare un po' di biancheria e consegnarla a una brava donna, di nome Marietta Bucciarelli, se verrà a domandarla per me: non posso mandarle l'indirizzo della donna perché l'ho dimenticato.
Vorrei avere questi libri:
1° la Grammatica tedesca che era nello scaffale accanto all'ingresso;
2° il Breviario di linguistica di Bertoni e Bartoli che era nell'armadio di fronte al letto;
3° gratissimo le sarei se mi inviasse una Divina Commedia di pochi soldi, perché il mio testo lo avevo imprestato.
Se i libri sono rilegati, occorre strappare il cartone, badando che i fogli non si stacchino.
Vorrei avere notizie del bambino che era ammalato di scarlattina. Forse Marietta saprà qualche cosa.
Se la mia permanenza in questo soggiorno durasse a lungo, credo ella debba ritenere libera la stanza e disporne.
I libri può incassarli e gettar via i giornali quotidiani.
Le rinnovo le mie scuse, cara signora e tutto il mio rincrescimento, tanto piú grande quanto piú è stata grande la loro gentilezza.
Saluti al sig. Giorgio e alla signorina; coi piú sentiti ossequi
 
Antonio Gramsci

2. Roma, 20 novembre 1926

 
Mia carissima Julca,
ricordi una delle tue ultime lettere? (Era almeno l'ultima lettera che io ho ricevuto e letto). Mi scrivevi che noi due siamo ancora abbastanza giovani per poter sperare di vedere insieme crescere i nostri bambini. Occorre che ora tu ricordi fortemente questo, che tu ci pensi fortemente ogni volta che pensi a me e mi associ ai bambini. Io sono sicuro che tu sarai forte e coraggiosa, come sempre sei stata. Dovrai esserlo ancora di piú che nel passato, perché i bambini crescano bene e siano in tutto degni di te. Ho pensato molto, molto in questi giorni. Ho cercato di immaginare come si svolgerà tutta la vostra vita avvenire, perché rimarrò certamente a lungo senza vostre notizie; e ho ripensato al passato, traendone ragione di forza e di fiducia infinita. Io sono e sarò forte; ti voglio tanto bene e voglio arrivare a vedere i nostri piccoli bambini. Mi preoccupa un po' la questione materiale: potrà il tuo lavoro bastare a tutto? Penso che non sarebbe né meno degno di noi né troppo, domandare un po' di aiuti. Vorrei convincerti di ciò, perché tu mi dia retta e ti rivolga ai miei amici. Sarei piú tranquillo e piú forte, sapendoti al riparo da ogni brutta evenienza. Le mie responsabilità di genitore serio mi tormentano ancora, come vedi.
Carissima mia, non vorrei in modo alcuno turbarti; sono un po' stanco, perché dormo pochissimo, e non riesco perciò a scrivere tutto ciò che vorrei e come vorrei. Voglio farti sentire forte forte tutto il mio amore e la mia fiducia. Abbraccia tutti di casa tua; ti stringo con la piú grande tenerezza insieme ai bambini.
 
Antonio

3. Roma, 20 novembre 1926

 
Carissima mamma,
ho pensato molto a te in questi giorni. Ho pensato ai nuovi dolori che stavo per darti, alla tua età e dopo tutte le sofferenze che hai passato. Occorre che tu sia forte, nonostante tutto, come sono forte io e che mi perdoni con tutta la tenerezza del tuo immenso amore e della tua bontà. Saperti forte e paziente nella sofferenza sarà un motivo di forza anche per me: pensaci e quando mi scriverai all'indirizzo che ti manderò rassicurami.
Io sono tranquillo e sereno. Moralmente ero preparato a tutto. Cercherò di superare anche fisicamente le difficoltà che possono attendermi e di rimanere in equilibrio. Tu conosci il mio carattere e sai che c'è sempre una punta di allegro umorismo nel suo fondo: ciò mi aiuterà a vivere.
Non ti avevo ancora scritto che mi è nato un altro bambino: si chiama Giuliano, e mi scrivono che è robusto e si sviluppa bene. Invece Delio in queste ultime settimane ha avuto la scarlattina, in forma leggera, sia pure, ma in questo momento non conosco le sue condizioni di salute: so che aveva già superato la fase critica e che stava rimettendosi. Non devi avere preoccupazioni per i tuoi nipotini: la loro mamma è molto forte e col suo lavoro li tirerà su molto bene.
Carissima mamma: non ho piú la forza di continuare. Ho scritto altre lettere, ho pensato a tante cose e il non dormire mi ha un po' affaticato. Rassicura tutti: di' a tutti che non devono vergognarsi di me e devono essere superiori alla gretta e meschina moralità dei paesi. Di' a Carlo che egli specialmente ora ha il dovere di pensare a voi, di essere serio e laborioso. Grazietta e Teresina devono essere forti e serene, specialmente Teresina, se deve avere un altro figlio, come mi hai scritto. Cosí deve essere forte papà. Carissimi tutti, in questo momento specialmente mi piange il cuore nel pensare che non sempre sono stato con voi affettuoso e buono come avrei dovuto essere e come meritavate. Vogliatemi sempre bene lo stesso e ricordatevi di me.
Vi bacio tutti. E a te, cara mamma, un abbraccio e una infinità di baci.
 
Nino
 
P.S. - Un abbraccio a Paolo e che voglia sempre bene e sia sempre buono con la sua cara Teresina.
E un bacio a Edmea e a Franco.

4. Ustica, 9. XII. 926

Carissima Tatiana,
sono arrivato a Ustica il 7 e il giorno 8 ho ricevuto la tua lettera del 3. Ti descriverò in altre lettere tutte le impressioni del mio viaggio, a mano a mano che i ricordi e le emozioni diverse si andranno ordinando nel cervello e che sarò riposato dalle fatiche e dalle insonnie. A parte le condizioni speciali in cui esso si è svolto (come puoi comprendere non è molto confortevole, anche per un uomo robusto, percorrere ore e ore di treno accelerato e di piroscafo coi ferri ai polsi ed essendo legato a una catenella che ti impegna ai polsi dei vicini di viaggio), il viaggio è stato interessantissimo e ricco di motivi diversi, da quelli shakespeariani a quelli farseschi: non so se potrò riuscire, per esempio, a ricostruire una scena notturna nel transito di Napoli, in un camerone immenso, ricchissimo di esemplari zoologici fantasmagorici; credo che solo la scena del becchino nell'Amleto possa eguagliarla. Il pezzo piú difficile del viaggio è stata la traversata da Palermo a Ustica: abbiamo tentato quattro volte il passaggio e tre volte siamo dovuti rientrare nel porto di Palermo, perché il vaporetto non resisteva alla tempesta. Tuttavia, sai che sono ingrassato in questo mese? Io stesso sono stupefatto di sentirmi cosí bene e di avere tanta fame: penso che tra quindici giorni, dopo che mi sarò riposato e avrò dormito sufficientemente, sarò completamente liberato da ogni traccia di emicrania e inizierò un periodo nuovissimo della mia esistenza molecolare.
La mia impressione di Ustica è ottima sotto ogni punto di vista. L'isola è grande otto chilometri quadrati e contiene una popolazione di circa milletrecento abitanti, dei quali seicento coatti comuni, cioè criminali parecchie volte recidi. La popolazione è cortesissima. Non siamo ancora tutti accomodati: ho dormito due notti in un camerone comune con gli altri amici; oggi mi trovo già in una cameretta d'albergo e forse domani o dopodomani andrò ad abitare una casetta che stanno ammobigliando per noi: noi siamo trattati da tutti con grande correttezza.
Siamo assolutamente separati dai coatti comuni, la cui vita non saprei descriverti con brevi tratti: ricordi la novella di Kipling intitolata: Una strana cavalcata nel volume francese L'uomo che volle essere re. Mi è balzata di colpo alla memoria tanto mi sembrava di viverla. Finora siamo 15 amici. La nostra vita è tranquillissima: siamo occupati a esplorare l'isola che permette di fare passeggiate abbastanza lunghe, di circa 9-10 chilometri, con paesaggi amenissimi e visioni di marine, di albe e di tramonti maravigliosi: ogni due giorni viene il vaporetto che porta notizie, giornali, e amici nuovi, tra i quali il marito di Ortensia che ho avuto tanto piacere di incontrare. Ustica è molto piú graziosa di quanto appaia dalle cartoline illustrate che ti invierò: è una cittadina di tipo saraceno, pittoresca e piena di colore. Non puoi immaginare quanto io sia contento di girellare da un angolo all'altro del paese e dell'isola e di respirare l'aria del mare dopo questo mese di traduzioni da un carcere all'altro, ma specialmente dopo i sedici giorni di Regina Coeli passati nel piú assoluto isolamento. Penso di diventare il campione usticese nel lancio del sasso a distanza, perché ho già battuto tutti gli amici.
Ti scrivo un po' balzelloni, cosí come mi viene, perché sono ancora un po' stanco. Carissima Tatiana, non puoi immaginare la mia emozione quando a Regina Coeli ho vista la tua calligrafia sulla prima bottiglia di caffè ricevuta e ho letto il nome di Marietta; sono letteralmente ridiventato un bambino. Vedi, in questo tempo, sapendo con certezza che le mie lettere sarebbero state lette secondo le disposizioni carcerarie, mi è nato una specie di pudore: non oso scrivere intorno a certi sentimenti e se cerco di smorzarli per adeguarmi alla situazione, mi pare di fare il sacrestano. Perciò mi limiterò a scriverti alcune notizie sul mio soggiorno a R. C. in relazione a quanto tu mi domandi. Ho ricevuto la giacca di lana che mi è stata estremamente utile, e cosí le calze ecc. Avrei sofferto molto freddo senza di esse, perché sono partito col paltò leggero e, sceso al mattino prestissimo, quando abbiamo tentata la traversata Palermo-Ustica faceva un freddo cane. Ho ricevuto i piattini che mi è dispiaciuto lasciare a Roma, perché ho dovuto mettere tutto il mio bagaglio nella foderetta (che mi ha reso servizi inestimabili) ed ero sicuro di romperli. Non ho ricevuto il Cirio, né la cioccolata, né il pane di Spagna che erano proibiti: li ho visti segnati nella lista, ma con l'avvertenza che non potevano passare; cosí non ho avuto il bicchierino per il caffè, ma ho provveduto io costruendomi un servizio di mezza dozzina di gusci d'uovo montati superbamente su un piedestallo di mollica di pane. Ho visto che ti sei impressionata perché i pranzi erano quasi sempre freddi: niente di male, perché ho sempre mangiato, dopo i primi giorni, almeno il doppio di quanto mangiavo in trattoria e non ho mai sentito il piú piccolo disturbo, mentre ho saputo che tutti i miei amici hanno avuto malesseri e hanno abusato di purganti. Vado convincendomi di essere molto piú forte di quanto mai potessi credere, perché, a differenza di tutti, me la sono cavata con la semplice stanchezza. Ti assicuro che, eccettuate pochissime ore di tetraggine una sera che hanno tolto la luce dalle nostre celle, sono sempre stato allegrissimo; lo spiritello che mi porta a cogliere il lato comico e caricaturale di tutte le scene era sempre attivo in me e mi ha mantenuto giocondo nonostante tutto. Ho letto sempre, o quasi, riviste illustrate e giornali sportivi e mi stavo rifacendo una biblioteca. Qui ho stabilito questo programma: 1° star bene per stare sempre meglio di salute; 2° studiare la lingua tedesca e russa con metodo e continuità; 3° studiare economia e storia. Tra noi faremo della ginnastica razionale, ecc. ecc. È necessario che in questi primi giorni, fino a sistemazione ultimata, ti dia degli incarichi di lavoro. Vorrei avere un sacco da viaggio che sia però sicuro come serratura o lucchetto: è migliore di ogni valigia o cassetta, nell'ipotesi non esclusa di ulteriori miei movimenti nelle isole o verso la terra ferma. Cosí avrei bisogno di tutte quelle piccole cose, come il rasoio di sicurezza con lamette di ricambio, le forbicine per le unghie, la limetta ecc. ecc. che servono sempre e che qui non sono in vendita; vorrei qualche tubetto di aspirina per il caso che i venti fortissimi mi diano flussioni ai denti. Per il vestito, il cappotto e la biancheria rimasta credo che tu farai bene. Mandami subito, se puoi, la grammatica tedesca e una grammatica russa; il dizionarietto ted. it. e it. ted. e qualche libro (Max und Moritz — e la storia della letteratura it. del Vossler, se riesci a scovarla tra i libri). Mandami quel volumone di articoli e studi sul risorgimento italiano che è intitolato, mi pare, Storia politica del secolo XIX e un libro intitolato: R. Ciasca, La formazione del programma dell'unità nazionale, o qualcosa di simile. D'altronde vedi tu stessa e decidi arbitralmente. Per questa volta, scrivi tu a Giulia: non riesco a vincere quel senso di pudore di cui ti ho parlato dianzi: sono rimasto molto felice di sapere le buone notizie su Delio e Giuliano; aspetto le fotografie. L'indirizzo da te usato è ottimo, come hai visto: qui la posta funziona semplicemente, perché io vado allo sportello a domandare come alle fermo in posta e a Ustica esiste un solo ufficio postale. A proposito dei telegrammi inviati, quello di Roma annunziante la mia partenza sapevo con quasi certezza sarebbe arrivato tardissimo, ma volevo far sapere la notizia e non escludevo che potesse essere utile per un colloquio nel caso che il ricevente avesse saputo che era possibile venire fino alle 11 di notte. Di cinque partenti, il solo Molinelli, che ha viaggiato sempre con me, ha ricevuto la visita della moglie alle 11 precise: gli altri nulla.
Carissima Tatiana, se non ti avevo ancora scritto, non devi credere che ti abbia neppure per un momento dimenticata e non abbia pensato a te; la tua espressione è esatta, perché ogni cosa che ricevevo e in cui vedevo in rilievo il segno delle tue care mani era piú che un saluto, ma anche una carezza affettuosa. Avrei voluto avere l'indirizzo della Marietta; forse vorrei scrivere anche alla Nilde; che te ne pare? Si ricorderà di me e gradirà il mio saluto? Scrivere e ricevere lettere è diventato per me uno dei momenti piú intensi di vita.
Carissi...

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