Breve storia delle pseudoscienze
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Marco Ciardi

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Breve storia delle pseudoscienze

Marco Ciardi

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Fake news, pseudoscienza, complottismo affrontati in una panoramica storica che restituisce un'idea chiara sul confine tra scienza e opinioni nel dibattito pubblico e politico. Giornali, settimanali, radio e televisioni dedicano da sempre ampio spazio ad argomenti quali i fenomeni paranormali, le previsioni astrologiche, i contatti con gli extraterrestri, spesso trattando tutto ciò in modo acritico, senza alcun criterio di controllo. Oggi inoltre, grazie alla rete, sono sempre più diffuse affermazioni non verificate a sostegno di terapie di non provata efficacia, leggende urbane, falsificazioni storiche e teorie complottiste. Ma come nasce una teoria pseudoscientifica? Il volume si articola in un percorso cronologico, dall'antichità ai giorni nostri, e ricostruisce il rapporto tra scienza e pseudoscienze, dall'alchimia ai continenti perduti, dal creazionismo agli antichi astronauti, mostrando come tale rapporto sia comprensibile soltanto attraverso la sua evoluzione storica.

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Information

Publisher
Hoepli
Year
2021
ISBN
9788836000142

1

Un altro mondo

Gli esseri umani hanno rivolto lo sguardo verso il cielo fin dai tempi più remoti. Non è stato quindi difficile accorgersi che le stelle conservano nel corso del tempo la loro posizione relativa sulla volta celeste. Dal momento che una delle caratteristiche dell’intelligenza umana è quella di individuare delle strutture e dare significato a segni confusi e disordinati, vennero definite, già in ere molto antiche, le prime costellazioni, che furono associate alle forme di divinità, eroi, animali, specifici oggetti, e così via. Nel corso del tempo, popoli diversi videro nella volta celeste immagini diverse, in linea con le loro convinzioni e tradizioni. Una delle figure più antiche tracciate nel cielo fu probabilmente l’Orsa (da noi definita Orsa maggiore), nota anche come “aratro”, “carro” o “grande mestolo”. Una delle interpretazioni più ricorrenti, sia da parte delle tribù euroasiatiche che americane, vedeva l’Orsa nelle quattro stelle dell’incavo del mestolo inseguita da tre cacciatori, corrispondenti alle tre stelle del manico. La maggior parte delle costellazioni adottate in Occidente furono elaborate dai popoli della Mesopotamia. Nei poemi omerici, oltre all’Orsa, viene nominato Orione, insieme agli ammassi stellari delle Pleiadi e delle Iadi, e alle stelle Sirio e Arturo. Anche i Greci inventarono molte costellazioni.
Man mano che le osservazioni del cielo progredivano, si iniziò a pensare non solo che i fenomeni celesti avessero una natura divina, ma che grazie all’esame di ciò che accadeva nella volta celeste venisse rivelata la legge degli dei. Forse gli eventi sulla Terra potevano essere meglio compresi e, addirittura, previsti, grazie ai segni astrali relativi sia ai popoli sia ai singoli individui. Nacque così l’astrologia. Già ampiamente praticata dai Babilonesi e dagli Egizi, l’astrologia ha assunto le caratteristiche a noi note attraverso l’interpretazione data dalla cultura greca, ellenistica e romana, per poi diffondersi al mondo islamico. In Europa si sviluppò enormemente dall’età medievale fino al Rinascimento, innestandosi sulla descrizione del cosmo data da Aristotele (384-322 a.C.) e quindi sulla concezione del mondo che ne derivava.
Secondo la teoria aristotelica, i pianeti ruotavano intorno alla Terra grazie al movimento di sfere concentriche sulle quali erano incastonati. Le sfere erano fatte di etere, una sostanza cristallina, inalterabile e incorruttibile. L’ultima sfera, quella delle stelle fisse, o “primo mobile”, era il limite ultimo dell’universo, concepito come chiuso e finito. Il primo mobile trasportava le stelle fisse e, dunque, tutte le costellazioni, producendo il movimento che si trasmetteva alle altre sfere. Il motore immobile, invece, rappresentava l’essere onnipotente che controllava il movimento dei cieli. La materia terrestre si riteneva composta da quattro elementi fondamentali: aria, fuoco, acqua, terra. In ambito astrologico, lo studio del movimento degli astri venne dunque impiegato non solo a scopo astronomico (per esempio, per costruire i calendari utili a determinare il ciclo delle stagioni), ma anche per stabilire i tratti generali della personalità di un individuo, le tendenze del suo comportamento e, più in generale, il suo futuro. Particolare rilevanza fu assunta dalle costellazioni disposte sullo Zodiaco, cioè il percorso del Sole nel suo viaggio apparente intorno alla Terra, lungo il quale si muovono anche la Luna e i pianeti.
L’astrologia si basava su un principio plausibile e di buon senso: se gli astri influivano in maniera evidente sui fenomeni naturali, perché non avrebbero potuto condizionare le vicende umane e determinare il carattere degli uomini? Sulla base di questo presupposto, l’interazione tra macrocosmo e microcosmo fu utilizzata anche per trovare delle corrispondenze fra i pianeti, le regioni dello Zodiaco e gli organi umani, diventando un punto di riferimento per la medicina (fig. 1). Al tempo stesso l’astrologia si legò strettamente al sapere alchemico.
Furono molte le civiltà antiche che formularono l’idea che la complessità della natura fosse riducibile a poche sostanze semplici (se non addirittura a una sola). Numerosi schemi di definizione della realtà vennero basati sulla distinzione tra gruppi di proprietà e qualità opposte. Nel pensiero cinese, il principio dell’ordine universale (Tao) era determinato dall’alternanza dello Yin e dello Yang, che nell’ordine ideale della simbologia divinatoria rappresentavano il pari e il dispari. Nel mondo sensibile tali principi costituivano rispettivamente l’ombra e la luce, il freddo e il caldo, la passività e l’attività, ed erano responsabili di tutte le mutazioni alla base dei fenomeni naturali, come l’alternarsi delle stagioni o del giorno e della notte. Tuttavia esistevano dottrine più articolate, secondo cui le sostanze materiali dovevano la loro origine alle trasformazioni di alcuni elementi fondamentali. Molte di queste concezioni costituirono la base per le varie forme di alchimia comparse nei secoli in tutto il mondo.
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FIGURA 1. Corrispondenza fra il microcosmo (il corpo umano) e il macrocosmo (lo zodiaco). Miniatura dei fratelli Limbourg da Les Très riches heures de Jean, duc de Berry (XV secolo).
L’alchimia è sempre stata contraddistinta da una duplice valenza, materiale e spirituale; da una parte ha ricoperto il ruolo di attività concreta volta al miglioramento delle tecniche relative alla preparazione delle pietre preziose, alla tintura delle stoffe e alla lavorazione dei metalli; dall’altra è stata concepita come un mezzo capace di condurre l’essere umano alla rigenerazione e alla salvezza. Tale duplicità è rappresentata in maniera emblematica dalla ricerca della pietra filosofale, una presunta sostanza dotata del potere di trasformare le sostanze vili (piombo, stagno, rame, ferro e mercurio) in metalli preziosi (oro e argento), ma capace anche di donare all’uomo l’immortalità. Per questo motivo, la pietra filosofale è stata talvolta conosciuta come elisir di lunga vita. Prima di giungere in Europa, intorno alla metà del XII secolo, l’alchimia aveva conosciuto uno sviluppo straordinario durante l’età ellenistica, presso la cultura bizantina e, soprattutto, nel mondo islamico.
Astrologia e alchimia si diffusero in Europa all’interno di un ben preciso quadro storico e cronologico. Il punto di partenza della storia era naturalmente rappresentato dagli eventi narrati nella Bibbia, che costituiva l’unica attendibile storia del mondo e degli uomini. Sulla base di un’interpretazione che risaliva ai primi secoli dopo Cristo, dai dati ricavabili da tale storia si era stabilito che l’età dell’universo (così come quella della Terra e del genere umano) fosse di circa 6000 anni e che Dio avesse scatenato il Diluvio universale intorno al 2300 a.C. Dopo la catastrofe, i discendenti dei tre figli di Noè, Sem, Cam e Jafet, ripopolarono il mondo, colonizzando rispettivamente l’Asia, l’Africa e l’Europa.
A partire dal Quattrocento alcuni umanisti cristiani cercarono di accordare fra di loro le diverse testimonianze religiose e mitologiche provenienti dall’antichità, ritenendole derivate da un’unica fonte. Secondo Marsilio Ficino (1433-1499) l’insegnamento, apparentemente contraddittorio, di numerosi sapienti pagani dimostrava in realtà come la verità, pur presentandosi nel tempo sotto forme diverse, facesse sempre capo ai primi precetti dell’unica vera religione, quella della tradizione giudaico-cristiana. Particolare importanza venne assegnata al cosiddetto Corpus Hermeticum, una raccolta di testi ritenuta antichissima (in seguito si dimostrò che era stata composta in periodo tardo-antico, intorno al II-III secolo d.C.), attribuita a Ermete Trismegisto, un personaggio mitico identificato con Thot, il fondatore della religione egizia, dio della sapienza e della medicina. Il Corpus raccoglieva scritti di difficile decifrazione concernenti l’astrologia, l’alchimia, la magia e altre discipline esoteriche. Scritti che contenevano i segreti della filosofia primordiale. Tali segreti discendevano direttamente dalla parola divina ed erano stati trasmessi ai discendenti di Adamo, i quali li avevano conservati grazie all’uso di codici segreti, che in qualche modo erano riusciti a sopravvivere dopo il Diluvio universale e la cui interpretazione era riservata a pochi eletti. Anche Isaac Newton, oltre a ritenere che il mondo avesse circa seimila anni, era convinto che fosse esistita un’antica sapienza e questo fu il motivo per cui studiò così a fondo i testi alchemici. In essi, a suo avviso, si celavano le elevatissime conoscenze dei primi saggi vissuti dopo Adamo e i precetti della religione originaria.
Questa concezione del mondo, nella quale l’astrologia, l’alchimia, il creazionismo e l’antica sapienza giocavano un ruolo fondamentale nella spiegazione dei fenomeni naturali, iniziò a essere messa in discussione tra la fine del Quattrocento e la metà del Cinquecento, grazie a un’incredibile serie di scoperte e nuove teorie. Ma si tratterà di un processo assai complesso e che non riguarderà contemporaneamente tutte le discipline.

2

La fine dell’astrologia

Il 25 maggio 1543, proprio nel giorno della morte di Niccolò Copernico, uscì un testo a suo nome destinato a produrre un effetto dirompente sulla cultura del tempo, il De revolutionibus orbium cœlestium. Oltre a collocare il Sole al centro dell’universo, Copernico ipotizzò un triplice moto per la Terra: rotazione intorno al proprio asse; rivoluzione attorno al Sole; movimento rispetto al piano dell’eclittica, cioè la linea mediana dello Zodiaco. Il cosmo di Copernico, tuttavia, era ancora fortemente legato alla tradizione aristotelica e continuò a essere rappresentato come chiuso dalla sfera delle stelle fisse. Solo successivamente, grazie anche alle rivoluzionarie osservazioni effettuate da Galileo Galilei con il cannocchiale tra l’autunno e l’inverno del 1609, poi rese pubbliche nel Sidereus Nuncius (1610), cadde la millenaria distinzione fra mondo terrestre e mondo celeste. Quest’ultimo non era costituito di etere, ma risultava formato da una materia simile a quella del nostro pianeta. Galileo determinò la morfologia della Luna (fig. 2), simile a quella della Terra, la Via Lattea come ammasso di stelle, l’esistenza dei satelliti di Giove e di stelle invisibili a occhio nudo.
L’astrologia, tuttavia, non risentì eccessivamente di queste novità, in quanto era indipendente dalla costituzione fisica del mondo alla quale faceva riferimento. Le posizioni celesti, infatti, andavano rappresentate esclusivamente come apparivano viste dalla Terra. Fin dalle prime rilevazioni, gli uomini si erano resi conto che il comportamento dei pianeti, osservato dalla superficie terrestre, è anomalo e curioso: la loro distanza sembra mutare; talvolta pare che si fermino; altre volte danno l’impressione di tornare indietro e di cambiare velocità. Per questo motivo, allo scopo di ricondurre tali anomalie all’interno del sistema aristotelico e mantenere fermo il principio della circolarità dei moti celesti, l’astronomo e geografo alessandrino Claudio Tolomeo (100 ca.-170 ca.) aveva introdotto nell’Almagesto, composto intorno al 140, una serie di modelli planetari geocentrici che facevano ricorso a complicati accorgimenti tecnici con cui calcolare e predire accuratamente le sempre mutevoli posizioni dei pianeti. Così facendo, Tolomeo aveva delineato una fondamentale distinzione tra l’astronomia, il cui scopo era quello di “salvare le apparenze celesti”,1 e la fisica, che spiegava la vera costituzione dell’universo. Dunque, che tale costituzione cambiasse non era di particolare rilevanza per i calcoli astrologici. Al contrario, proprio il fatto che le costellazioni fossero prive di consistenza fisica, non essendo le stelle poste sullo stesso piano, venne addirittura adottato come ulteriore prova del posto privilegiato dell’uomo nell’universo: la Terra era l’unico luogo nel cosmo dal quale era possibile scorgere la “verità” scritta nelle stelle. I segni zodiacali costituivano in realtà soltanto delle entità simboliche, utili a comprendere i meccanismi del vero e proprio influsso astrale esercitato sugli uomini, quello dei pianeti. Il terreno di scontro fra i sostenitori della nuova fisica e i seguaci dell’astrologia riguardò dunque le presunte influenze dovute all’azione degli astri del sistema solare sulla Terra e, conseguentemente, sugli uomini.
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FIGURA 2. Disegni della Luna nel Sidereus Nuncius (1610).
Secondo la maggior parte dei protagonisti della rivoluzione scientifica, non esisteva alcun modo per determinare tali influenze, perché erano inesistenti. Opponendosi alla teoria dei quattro elementi di Aristotele, i nuovi scienziati recuperarono le dottrine dell’antico atomismo e sostennero l’esistenza di particelle dotate di proprietà radicalmente diverse rispetto a quelle dei corpi macroscopici. Le cose non erano così come apparivano ai comuni sensi degli uomini, ma esisteva una distinzione netta tra qualità oggettive e qualità soggettive dei corpi. Le qualità soggettive erano rappresentate dai colori, i suoni, i sapori, gli odori. Le qualità oggettive, invece, avevano a che fare con una realtà totalmente diversa, inaccessibile agli organi di senso, e costituivano le proprietà fondamentali della materia; tali qualità erano la dimensione, la forma e lo stato di movimento delle particelle prime, ovvero gli atomi. Tutta la realtà, in sostanza, poteva essere spiegata sulla base di principi meccanici. Le influenze degli astrologi non erano che il retaggio della tradizione magica ed esoterica.
Questo approccio, passato sotto il nome di meccanicismo, non era però in grado di spiegare tutti i fenomeni fisici e, in particolare, proprio alcuni che erano a fondamento dell’astrologia, come il movimento delle maree, che sin dall’antichità era stato chiaramente attribuito al ciclo lunare, e dunque all’attrazione del nostro satellite sulle acque della Terra. Galileo provò a darne, senza successo, una spiegazione esclusivamente meccanica, proprio perché riteneva l’attrazione un’antica superstizione. Il passo decisivo nella risoluzione della questione degli influssi astrali venne fatto da Newton e, paradossalmente, proprio sul terreno che più era congeniale agli astrologi. Secondo Newton, il meccanicismo aveva delle grosse carenze, che a suo avviso erano anche di ordine teologico. Infatti, un universo fatto esclusivamente di atomi era vuoto, freddo, non rendeva conto della presenza divina in tutte le cose. Newton sostenne quindi che, per spiegare l’incredibile varietà dei fenomeni naturali, fosse necessario postulare l’esistenza nel mondo di un particolare “spirito”. Così facendo egli rivelò il suo debito con la tradizione magica e, soprattutto, con l’alchimia, alla quale si dedicò nel corso di tutta la sua carriera, convinto che in essa fossero conservati i segreti della religione originaria.
Nel 1687 Newton formulò la teoria della gravitazione universale, descrivendo una legge matematica relativa alle proporzioni delle forze che regolano sia il moto degli oggetti sulla Terra sia il movimento dei pianeti, unendo la fisica terrestre a quella celeste. Per Newton esisteva una forza d’attrazione universale che agiva in linea retta fra due corpi qualsiasi. Tale forza, direttamente proporzionale al prodotto delle masse e inversamente proporzionale al quadrato della distanza, appariva contemporaneamente responsabile della caduta dei corpi verso il suolo terrestre e delle orbite lungo le quali si muovevano gli astri. Nonostante i suoi studi avessero dei forti legami con la tradizione ermetica e neoplatonica, Newton affermò però che le forze a cui si riferiva erano tutt’altra cosa rispetto alle qualità occulte che tanto spazio avevano avuto nelle filosofie della natura rinascimentali.
Grazie alla teoria di Newton, finalmente l’azione esercitata dai pianeti sulla Terra e sui suoi abitanti poteva essere calcolata in maniera precisa, con una formula matematica di carattere universale. Da quel momento in poi, l’astronomia e l’astrologia presero due strade diverse: la prima continuò il suo percorso scientifico, l’altra divenne definitivamente una pseudoscienza. Tanto per fare un esempio divertente, oggi sappiamo che l’“influsso” della massa dell’ostetrica al momento del parto è infinitamente superiore a quello della forza esercitata da un lontano pianeta, che in realtà risulta del tutto trascurabile e priva di un qualsiasi possibile effetto (come, del resto, non ha comunque alcun effetto la presenza dell’ostetrica, se non ai fini di svolgere un buon parto). Per questo motivo gli astrologi non parlano più di “influenze”, ma ...

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