La fiaba di tradizione orale
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La fiaba di tradizione orale

Giuseppe Gatto

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La fiaba di tradizione orale

Giuseppe Gatto

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L'opera vuole essere una introduzione allo studio scientifico della fiaba di tradizione orale. Si articola in tre sezioni: la prima ("Aspetti della fiaba") ha carattere sistematico-descrittivo; in essa vengono esposti i caratteri della fiaba, la classificazione con i problemi relativi, le modalità di esecuzione, le difficoltà e i limiti della trascrizione. La seconda sezione ("La fiaba: documentazione e studio") inizia con l'esame dei testi che provengono dalla documentazione occasionale nell'Antichità, nel Medioevo e in età moderna, per proseguire poi con lo studio scientifico e la raccolta sistematica inaugurati dai Grimm, le teorie sulle origini prospettate nell'Ottocento, i metodi di studio elaborati nel Novecento: dalla scuola finnica alle interpretazioni psicanalitiche, alle analisi strutturali (Propp, Dundes, Bremond, Greimas, Meletinskij, Maranda.), alle indagini centrate sulla performance, fino alla sistemazione teorica di Bengt Holbek (1987). La terza sezione ("Testi") è costituita da una serie di testi con funzione di supporto alla trattazione.

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Information

II.
LA FIABA:
DOCUMENTAZIONE E STUDIO

Quando sono nate le fiabe? Certo si possono facilmente sottoscrivere le parole di Stith Thompson:
Non sapremo mai quali storie si raccontassero attorno ai fuochi di bivacco gli assedianti di Troia o tra i marinai che portavano la regina di Saba alla corte di Salomone. Gli schiavi che costruirono le piramidi sottrassero certamente un po’ di tempo alla loro fatica per ascoltare racconti, e non vi è dubbio che i preti e i sapienti dell’epoca intrattenessero i nobili e i re con la narrazione di avventure reali o immaginarie […] Ma quasi tutta la testimonianza diretta di questa attività è svanita nel corso dei secoli 1.
Il fatto è che ci interessa non l’esistenza di racconti in genere, ma di racconti di un tipo specifico, che siano simili a quelli che noi chiamiamo fiabe e che possano essere classificati come tali.
Il problema delle origini è stato tra Ottocento e Novecento al centro dell’attenzione di antropologi e folkloristi, che si sono posti il problema del quando (più o meno remota antichità …), del da che cosa (miti, riti …), del come, del dove siano nate le fiabe. Vedremo più avanti le varie teorie elaborate in passato; per ora è da dire che il problema ha perso molto della sua centralità, dal momento che oggi l’attenzione si è spostata piuttosto sulla funzione sociale della narrazione, sul narratore e sull’ambiente in cui agisce, sulla peformance. Possiamo riaffrontare l’argomento non più con la pretesa di rintracciare le origini assolute, ma più modestamente cercando di segnalare le più antiche testimonianze di questo genere di racconti.
Quello che allo stato attuale si può dire è che alcuni tipi di fiaba sono già documentati in tempi piuttosto remoti.
1 Stith Thompson, The Folktale, New York, Dryden Press, 1946; trad. it. La fiaba nella tradizione popolare, Milano, Il Saggiatore, 1967, p. 381.

1.
L’ANTICO EGITTO

Tra i primi esempi ci sono alcuni racconti provenienti dall’antico Egitto.
«La storia dei due fratelli» 2, che ci è pervenuta su un papiro risalente alla XIX dinastia (fine sec. XIII a. C.), è la prima testimonianza di un racconto che combina insieme elementi dei tipi ATU 302B «La vita che dipende da una spada», 303 «I due fratelli», e 318 «La moglie infedele». Al primo tipo appartiene il motivo della vita che risiede in qualcosa al di fuori del corpo; al secondo il motivo del segno convenuto da cui uno dei fratelli capisce che l’altro è in grave pericolo; al terzo la storia dei due fratelli, uno dei quali è sposato e l’altro vive con il fratello e la cognata, la tentata seduzione da parte di questa, e poi le vicende della seconda parte, con la narrazione delle malefatte della moglie che lo fa ripetutamente uccidere sotto le varie spoglie in cui si cela (cedro, toro, 2 alberi), così come avviene nella fiaba moderna, in cui la principessa dopo avere sposato l’eroe lo tradisce con un altro, cui consegna le armi magiche del marito; non solo, ma quando l’eroe si trasforma in cavallo, in albero, ecc. la moglie lo riconosce e ordina che il cavallo sia ucciso, l’albero tagliato e così via.
Un altro racconto egiziano interessante è «Il principe predestinato» 3, compreso nel papiro Harris n. 500 del British Museum, risalente alla XX dinastia (sec. XII a. C.). Un re ha finalmente un figlio maschio, ma le sette Hathor (le divinità del destino) ne predicono la morte violenta per il morso di un serpente o di un coccodrillo o di un cane; il bambino viene fatto crescere in isolamento per evitare che si avveri la profezia, ma malgrado tutte le precauzioni il giovane verrà in contatto con gli animali che devono essere gli agenti della sua morte.
Il racconto richiama in modo chiaro il tipo ATU 410 «La bella addormentata»: anche qui c’è la fissazione dei destini della neonata principessa, con la maledizione di una delle fate che annuncia che la fanciulla morirà pungendosi con uno spillo o un fuso; simile è il vano tentativo di sfuggire al destino facendo crescere la bambina in modo che non possa entrare in contatto con l’oggetto pericoloso (distruzione di tutti i fusi ecc.). Quanto alla principessa posta in luogo inaccessibile e promessa a chi riuscirà a raggiungerla, è motivo tipico di ATU 530, «La principessa sulla montagna di cristallo».
Altri racconti di origine egiziana ci sono pervenuti attraverso testi di autori dell’antichità classica: la storia di Rampsinito, la storia di Rodopi, quella di Eucrate.
2 Testo n. 1.
3 Testo n. 2.

2.
GRECIA E ROMA

Erodoto (Storie, II, 121) narra la storia del faraone Rampsinito. Il racconto è certamente di origine egiziana, e il faraone immaginario ha un nome che nella prima parte potrebbe rinviare a Ramses, nome di vari sovrani egiziani.
Il faraone ricchissimo si fa costruire una stanza adiacente al palazzo reale come deposito per il suo tesoro, ma l’architetto colloca abilmente una pietra del muro esterno in modo che si possa agevolmente spostarla per entrare. I due figli dell’architetto rubano ripetutamente, finché il faraone fa collocare delle trappole e uno dei due viene catturato; a questo punto egli stesso suggerisce al fratello di tagliargli la testa, in modo da non poter essere identificato, e il fratello possa così evitare di essere riconosciuto come complice.
Per far luce sul mistero il re fa esporre il cadavere decapitato, ordinando alle guardie di arrestare chiunque venga visto piangere; fallito questo tentativo, mette la figlia in un postribolo perché ricevendo gli uomini si faccia raccontare le loro azioni, la più astuta e la più empia, e possa così individuare il colpevole. Anche questa volta il ladro sfugge al tranello, e alla fine il faraone, ammirando la sua intelligenza, non solo non lo punisce, ma gli dà in moglie la figlia 1.
A distanza di sei secoli ritroviamo lo stesso racconto — o almeno la prima parte — narrato da Pausania (IX, 37), con la differenza che questa volta i protagonisti sono i mitici architetti Trofonio e Agamede; ma ci sono gli ingredienti che già conosciamo: il tesoro, la pietra che si può spostare, il furto, il taglio della testa 2.
Si tratta del tipo ATU 950, «Rampsinito», che ha avuto una larghissima diffusione e una lunga vita sia nella tradizione letteraria, sia in quella orale. Per quest’ultima basti citare un esempio: le avventure dei due ladri Crich e Croch narrate in una fiaba raccolta nel 1869 in Monferrato da Giuseppe Ferraro e pubblicata da Domenico Comparetti 3. Anche nel caso della fiaba piemontese i due ladri compiono un furto impossibile, eludendo la stretta sorveglianza delle guardie. Il re prepara una trappola (una caldaia di olio bollente), uno dei ladri ci cade dentro e l’altro gli taglia la testa. Per scoprire l’identità del ladro si porta il cadavere per la città, nella speranza che qualcuno pianga e così facendo si tradisca; inutile anche il tentativo messo in opera facendo agire la figlia del re. Alla fine il re non solo perdona il ladro, ma gli dà la figlia in sposa.
Non è necessario insistere sulle somiglianze, che sono evidenti: c’è perfino la figlia del re in funzione di esca, anche se il racconto in quel punto è poco chiaro.
Strabone (XVII, 1, 33) tramanda la storia della cortigiana Rodopi: mentre sta facendo il bagno un’aquila le sottrae un sandalo, che trasporta a Menfi e lascia cadere sulle ginocchia del faraone; questi decide che sposerà colei cui appartiene il sandalo. Viene effettuata la ricerca, e Rodopi diventerà moglie del faraone 4.
E la prima testimonianza del motivo tipico della fiaba di Cenerentola, ATU 510A; qualcosa di analogo c’è anche nella «Storia dei due fratelli»: in quel caso si cerca la donna cui appartiene la ciocca di capelli.
In un dialogo di Luciano di Samosata, Philopseudes («Il bugiardo», o «L’amante della menzogna») appare per la prima volta la storia ben nota dell’apprendista stregone che tentando di imitare il maestro si caccia nei guai, perché è in grado sì di dare il via all’operazione magica, ma non sa poi come arrestarla. Il racconto appartiene al tipo ATU 325*, «L’apprendista stregone», a molti oggi noto attraverso la storia a cartoni animati con cui Walt Disney accompagnò la musica dell’Apprenti sorcier di Paul Dukas nel film Fantasia, realizzato da Leopold Stokowski e dallo stesso Disney.
Il dialogo si svolge tra Tichiade e Filocle, e ha per oggetto il fatto che esistano persone che amano dire e ascoltare cose manifestamente false. Tichiade fa il nome di Eucrate, come esempio di uno che malgrado la sua barba di sessantenne incredibilmente crede e racconta assurde panzane, e riferisce quanto ha sentito in casa di costui: alcune persone riunite parlavano di spiriti, di statue che si muovono e di altre amenità del genere, e di fronte allo scetticismo di Tichiade lo stesso Eucrate aveva raccontato una sua personale esperienza giovanile, a riprova che tutto ciò di cui stavano parlando era effettivamente vero.
Eucrate aveva raccontato di quando aveva voluto imitare il grande mago egiziano Pancrate, animando un pestello e ordinandogli di andare a prendere dell’acqua. Solo che quando aveva voluto farlo smettere si era reso conto di non conoscere la formula adatta; aveva tentato di distruggerlo, con il risultato che ogni frammento si era messo a sua volta ad attingere acqua, finché non era arrivato il maestro, che aveva riportato tutto alla normalità 5.
Nelle Metamorfosi di Apuleio (II sec. d. C.), tra il quarto e il sesto libro si racconta la storia di Amore e Psiche 6.
Lucio è stato già trasformato in asino per errore ed è già stato «rubato» dai briganti, che lo hanno portato nel loro covo; qui c’è una fanciulla che i briganti hanno rapito, proprio nel giorno in cui dovevano celebrarsi le sue nozze. La ragazza è disperata, e allora la vecchia che la custodisce per distrarla le narra una storia, una di quelle storie che conoscono le vecchiette (Sed ego te narrationibus lepidis anilibusque fabulis protinus avocabo) 7, e che costituisce la prima versione nota del tipo ATU 425, «La sposa alla ricerca dello sposo perduto», nota anche come «La bella e la bestia». La fiaba tradizionale narra del matrimonio di una donna con un animale (serpente, rospo, maiale …), che in realtà è un principe che di notte ha il suo normale aspetto di giovane bellissimo; tutto procede bene finché la donna viola un divieto (non rivelare ad alcuno il segreto, non cercare di vedere lo sposo, ecc.), e allora egli si allontana e la sposa deve cercarlo con lunga e penosa peregrinazione (si ricordino i versi del Carducci di «Davanti San Guido» — sette paia di scarpe ho consumate / di tutto ferro per te ritrovare …), finché la vicenda si chiude con il ritrovarsi dei due protagonisti 8.
Certo ha ragione Fritz Graf nel sostenere che il testo di Apuleio va al di là di una semplice fiaba: «dietro Amore e Psiche, personificazioni di amore e anima, e dietro la figlia di Psiche Voluptas, «piacere», ci sono rappresentazioni platonizzanti della filosofia ellenistica» 9. Ma la struttura di fiaba, che del resto Graf non nega, è evidente fin dall’indeterminatezza tipica dell’incipit (Erant in quadam ci vitate rex et regina); re e regina che naturalmente hanno tre figlie, che agiscono secondo il canone che già conosciamo: le prime due fanno gruppo insieme, opposte alla minore, che della vicenda è la protagonista. E il motivo del palazzo incantato con i servitori invisibili avrà lunga vit...

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