II.
LA FIABA:
DOCUMENTAZIONE E STUDIO
Quando sono nate le fiabe? Certo si possono facilmente sottoscrivere le parole di Stith Thompson:
Non sapremo mai quali storie si raccontassero attorno ai fuochi di bivacco gli assedianti di Troia o tra i marinai che portavano la regina di Saba alla corte di Salomone. Gli schiavi che costruirono le piramidi sottrassero certamente un poâ di tempo alla loro fatica per ascoltare racconti, e non vi Ăš dubbio che i preti e i sapienti dellâepoca intrattenessero i nobili e i re con la narrazione di avventure reali o immaginarie [âŠ] Ma quasi tutta la testimonianza diretta di questa attivitĂ Ăš svanita nel corso dei secoli 1.
Il fatto Ăš che ci interessa non lâesistenza di racconti in genere, ma di racconti di un tipo specifico, che siano simili a quelli che noi chiamiamo fiabe e che possano essere classificati come tali.
Il problema delle origini Ăš stato tra Ottocento e Novecento al centro dellâattenzione di antropologi e folkloristi, che si sono posti il problema del quando (piĂč o meno remota antichitĂ âŠ), del da che cosa (miti, riti âŠ), del come, del dove siano nate le fiabe. Vedremo piĂč avanti le varie teorie elaborate in passato; per ora Ăš da dire che il problema ha perso molto della sua centralitĂ , dal momento che oggi lâattenzione si Ăš spostata piuttosto sulla funzione sociale della narrazione, sul narratore e sullâambiente in cui agisce, sulla peformance. Possiamo riaffrontare lâargomento non piĂč con la pretesa di rintracciare le origini assolute, ma piĂč modestamente cercando di segnalare le piĂč antiche testimonianze di questo genere di racconti.
Quello che allo stato attuale si puĂČ dire Ăš che alcuni tipi di fiaba sono giĂ documentati in tempi piuttosto remoti.
Tra i primi esempi ci sono alcuni racconti provenienti dallâantico Egitto.
«La storia dei due fratelli» 2, che ci Ăš pervenuta su un papiro risalente alla XIX dinastia (fine sec. XIII a. C.), Ăš la prima testimonianza di un racconto che combina insieme elementi dei tipi ATU 302B «La vita che dipende da una spada», 303 «I due fratelli», e 318 «La moglie infedele». Al primo tipo appartiene il motivo della vita che risiede in qualcosa al di fuori del corpo; al secondo il motivo del segno convenuto da cui uno dei fratelli capisce che lâaltro Ăš in grave pericolo; al terzo la storia dei due fratelli, uno dei quali Ăš sposato e lâaltro vive con il fratello e la cognata, la tentata seduzione da parte di questa, e poi le vicende della seconda parte, con la narrazione delle malefatte della moglie che lo fa ripetutamente uccidere sotto le varie spoglie in cui si cela (cedro, toro, 2 alberi), cosĂŹ come avviene nella fiaba moderna, in cui la principessa dopo avere sposato lâeroe lo tradisce con un altro, cui consegna le armi magiche del marito; non solo, ma quando lâeroe si trasforma in cavallo, in albero, ecc. la moglie lo riconosce e ordina che il cavallo sia ucciso, lâalbero tagliato e cosĂŹ via.
Un altro racconto egiziano interessante Ú «Il principe predestinato» 3, compreso nel papiro Harris n. 500 del British Museum, risalente alla XX dinastia (sec. XII a. C.). Un re ha finalmente un figlio maschio, ma le sette Hathor (le divinità del destino) ne predicono la morte violenta per il morso di un serpente o di un coccodrillo o di un cane; il bambino viene fatto crescere in isolamento per evitare che si avveri la profezia, ma malgrado tutte le precauzioni il giovane verrà in contatto con gli animali che devono essere gli agenti della sua morte.
Il racconto richiama in modo chiaro il tipo ATU 410 «La bella addormentata»: anche qui câĂš la fissazione dei destini della neonata principessa, con la maledizione di una delle fate che annuncia che la fanciulla morirĂ pungendosi con uno spillo o un fuso; simile Ăš il vano tentativo di sfuggire al destino facendo crescere la bambina in modo che non possa entrare in contatto con lâoggetto pericoloso (distruzione di tutti i fusi ecc.). Quanto alla principessa posta in luogo inaccessibile e promessa a chi riuscirĂ a raggiungerla, Ăš motivo tipico di ATU 530, «La principessa sulla montagna di cristallo».
Altri racconti di origine egiziana ci sono pervenuti attraverso testi di autori dellâantichitĂ classica: la storia di Rampsinito, la storia di Rodopi, quella di Eucrate.
Erodoto (Storie, II, 121) narra la storia del faraone Rampsinito. Il racconto Ăš certamente di origine egiziana, e il faraone immaginario ha un nome che nella prima parte potrebbe rinviare a Ramses, nome di vari sovrani egiziani.
Il faraone ricchissimo si fa costruire una stanza adiacente al palazzo reale come deposito per il suo tesoro, ma lâarchitetto colloca abilmente una pietra del muro esterno in modo che si possa agevolmente spostarla per entrare. I due figli dellâarchitetto rubano ripetutamente, finchĂ© il faraone fa collocare delle trappole e uno dei due viene catturato; a questo punto egli stesso suggerisce al fratello di tagliargli la testa, in modo da non poter essere identificato, e il fratello possa cosĂŹ evitare di essere riconosciuto come complice.
Per far luce sul mistero il re fa esporre il cadavere decapitato, ordinando alle guardie di arrestare chiunque venga visto piangere; fallito questo tentativo, mette la figlia in un postribolo perchĂ© ricevendo gli uomini si faccia raccontare le loro azioni, la piĂč astuta e la piĂč empia, e possa cosĂŹ individuare il colpevole. Anche questa volta il ladro sfugge al tranello, e alla fine il faraone, ammirando la sua intelligenza, non solo non lo punisce, ma gli dĂ in moglie la figlia 1.
A distanza di sei secoli ritroviamo lo stesso racconto â o almeno la prima parte â narrato da Pausania (IX, 37), con la differenza che questa volta i protagonisti sono i mitici architetti Trofonio e Agamede; ma ci sono gli ingredienti che giĂ conosciamo: il tesoro, la pietra che si puĂČ spostare, il furto, il taglio della testa 2.
Si tratta del tipo ATU 950, «Rampsinito», che ha avuto una larghissima diffusione e una lunga vita sia nella tradizione letteraria, sia in quella orale. Per questâultima basti citare un esempio: le avventure dei due ladri Crich e Croch narrate in una fiaba raccolta nel 1869 in Monferrato da Giuseppe Ferraro e pubblicata da Domenico Comparetti 3. Anche nel caso della fiaba piemontese i due ladri compiono un furto impossibile, eludendo la stretta sorveglianza delle guardie. Il re prepara una trappola (una caldaia di olio bollente), uno dei ladri ci cade dentro e lâaltro gli taglia la testa. Per scoprire lâidentitĂ del ladro si porta il cadavere per la cittĂ , nella speranza che qualcuno pianga e cosĂŹ facendo si tradisca; inutile anche il tentativo messo in opera facendo agire la figlia del re. Alla fine il re non solo perdona il ladro, ma gli dĂ la figlia in sposa.
Non Ăš necessario insistere sulle somiglianze, che sono evidenti: câĂš perfino la figlia del re in funzione di esca, anche se il racconto in quel punto Ăš poco chiaro.
Strabone (XVII, 1, 33) tramanda la storia della cortigiana Rodopi: mentre sta facendo il bagno unâaquila le sottrae un sandalo, che trasporta a Menfi e lascia cadere sulle ginocchia del faraone; questi decide che sposerĂ colei cui appartiene il sandalo. Viene effettuata la ricerca, e Rodopi diventerĂ moglie del faraone 4.
E la prima testimonianza del motivo tipico della fiaba di Cenerentola, ATU 510A; qualcosa di analogo câĂš anche nella «Storia dei due fratelli»: in quel caso si cerca la donna cui appartiene la ciocca di capelli.
In un dialogo di Luciano di Samosata, Philopseudes («Il bugiardo», o «Lâamante della menzogna») appare per la prima volta la storia ben nota dellâapprendista stregone che tentando di imitare il maestro si caccia nei guai, perchĂ© Ăš in grado sĂŹ di dare il via allâoperazione magica, ma non sa poi come arrestarla. Il racconto appartiene al tipo ATU 325*, «Lâapprendista stregone», a molti oggi noto attraverso la storia a cartoni animati con cui Walt Disney accompagnĂČ la musica dellâApprenti sorcier di Paul Dukas nel film Fantasia, realizzato da Leopold Stokowski e dallo stesso Disney.
Il dialogo si svolge tra Tichiade e Filocle, e ha per oggetto il fatto che esistano persone che amano dire e ascoltare cose manifestamente false. Tichiade fa il nome di Eucrate, come esempio di uno che malgrado la sua barba di sessantenne incredibilmente crede e racconta assurde panzane, e riferisce quanto ha sentito in casa di costui: alcune persone riunite parlavano di spiriti, di statue che si muovono e di altre amenitĂ del genere, e di fronte allo scetticismo di Tichiade lo stesso Eucrate aveva raccontato una sua personale esperienza giovanile, a riprova che tutto ciĂČ di cui stavano parlando era effettivamente vero.
Eucrate aveva raccontato di quando aveva voluto imitare il grande mago egiziano Pancrate, animando un pestello e ordinandogli di andare a prendere dellâacqua. Solo che quando aveva voluto farlo smettere si era reso conto di non conoscere la formula adatta; aveva tentato di distruggerlo, con il risultato che ogni frammento si era messo a sua volta ad attingere acqua, finchĂ© non era arrivato il maestro, che aveva riportato tutto alla normalitĂ 5.
Nelle Metamorfosi di Apuleio (II sec. d. C.), tra il quarto e il sesto libro si racconta la storia di Amore e Psiche 6.
Lucio Ăš stato giĂ trasformato in asino per errore ed Ăš giĂ stato «rubato» dai briganti, che lo hanno portato nel loro covo; qui câĂš una fanciulla che i briganti hanno rapito, proprio nel giorno in cui dovevano celebrarsi le sue nozze. La ragazza Ăš disperata, e allora la vecchia che la custodisce per distrarla le narra una storia, una di quelle storie che conoscono le vecchiette (Sed ego te narrationibus lepidis anilibusque fabulis protinus avocabo) 7, e che costituisce la prima versione nota del tipo ATU 425, «La sposa alla ricerca dello sposo perduto», nota anche come «La bella e la bestia». La fiaba tradizionale narra del matrimonio di una donna con un animale (serpente, rospo, maiale âŠ), che in realtĂ Ăš un principe che di notte ha il suo normale aspetto di giovane bellissimo; tutto procede bene finchĂ© la donna viola un divieto (non rivelare ad alcuno il segreto, non cercare di vedere lo sposo, ecc.), e allora egli si allontana e la sposa deve cercarlo con lunga e penosa peregrinazione (si ricordino i versi del Carducci di «Davanti San Guido» â sette paia di scarpe ho consumate / di tutto ferro per te ritrovare âŠ), finchĂ© la vicenda si chiude con il ritrovarsi dei due protagonisti 8.
Certo ha ragione Fritz Graf nel sostenere che il testo di Apuleio va al di lĂ di una semplice fiaba: «dietro Amore e Psiche, personificazioni di amore e anima, e dietro la figlia di Psiche Voluptas, «piacere», ci sono rappresentazioni platonizzanti della filosofia ellenistica» 9. Ma la struttura di fiaba, che del resto Graf non nega, Ăš evidente fin dallâindeterminatezza tipica dellâincipit (Erant in quadam ci vitate rex et regina); re e regina che naturalmente hanno tre figlie, che agiscono secondo il canone che giĂ conosciamo: le prime due fanno gruppo insieme, opposte alla minore, che della vicenda Ăš la protagonista. E il motivo del palazzo incantato con i servitori invisibili avrĂ lunga vit...