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Postmoderno e Internet: postverità e fake news nel passaggio dall’epoca dei media a quella della documedialità
Osservava Gianni Vattimo, un decennio fa, che eravamo pienamente entrati nell’epoca della inservibilità del concetto di verità: «Addio alla verità: così potremmo esprimere, in maniera più o meno paradossale, la situazione della nostra cultura attuale, sia nei suoi aspetti teorici e filosofici, sia nell’esperienza comune. Proprio riferendosi a quest’ultima, è sempre più evidente a tutti che “i media mentono”, che tutto diventa un gioco di interpretazioni non disinteressate e non necessariamente false»1. La profezia era abbastanza agevole per un pensatore protagonista del postmodernismo filosofico e culturale. Quella che poteva apparire come una provocatoria tesi per addetti ai lavori, si è rivelata in realtà una formidabile previsione su alcuni caratteri strutturali che avrebbe assunto di lì a poco il dibattito pubblico. L’Oxford University, nel 2016, si è incaricata di rendere ragione a tale profezia mediante il riconoscimento di parola dell’anno al termine post-truth.
La postverità è uno di quei casi classici in cui tematiche elaborate all’interno dei dipartimenti universitari si materializzano improvvisamente nella pratica sociale quotidiana. Le ragioni di un fenomeno sociale così complesso sono molteplici. In esso confluiscono questioni antichissime del pensiero umano, come quella della verità, accanto a problematiche assai attualissime, come quelle connesse alle potenzialità della tecnologia della Rete.
Descrivere la verità, raccontare la verità, dire la verità è tema risalente e intrigante, matassa quasi impossibile da sbrogliare, come lo “gnommero” di gaddiana2 memoria. La centralità del concetto di verità, in una società fondata sulla comunicazione globale e totale, appare cosa scontata. Il sistema dell’informazione e quello più ampio della sfera pubblica comunicativa hanno un’inferenza decisiva verso il potere politico ed economico. La manipolazione delle notizie che circolano costituisce un fattore importante di influenza nella costruzione del consenso verso determinati soggetti portatori di interessi politici o sociali. La struttura del discorso pubblico sembra oggi orientata su alcuni assiomi che enfatizzano il ruolo della comunicazione. Essi possono essere così sintetizzati: a) la modernità democratica ha portato all’identificazione (o reciproca implicazione) tra politica e sfera della comunicazione; b) i mezzi di comunicazione sono i protagonisti essenziali dell’instaurazione di questo ordine politico-comunicativo; c) le comunicazioni elettroniche e informatiche hanno creato opportunità ancora inesplorate: nuovi soggetti politici, nuove forme di partecipazione, nuove progettualità3. In questo schema il ruolo dell’argomentazione, cioè della verità e validità del discorso pubblico e politico, è apparso spesso in crisi se non trascurato4.
Eppure, come dice il poeta, se proprio nella prossimità del pericolo può sorgere anche la salvezza, si è fatta strada nella stessa opinione pubblica una forte domanda di verità. Dai dipartimenti di filosofia alla società il passo è stato breve, tanto per le fortune dei postmoderni quanto di quelle della verità. Nella sfera pubblica, nonché nelle Scienze giuridiche-politiche ed economico-sociali, il tema-verità è stato elevato in vari ambiti e in contesti inattesi5.
La tematica delle fake news, tanto attuale e dibattuta con toni talvolta emergenziali, rappresenta forse il riflesso più importante ed evidente della problematica della post verità nel mondo del diritto. Le fake news hanno conosciuto a partire dal 2016 una fortuna inedita, si sono manifestate quasi fossero il nuovo spettro che si aggira per il mondo6. A provocare l’esplosione del dibattito sulla presenza, e sui connessi effetti, di notizie non veritiere sono stati tre eventi politici, collegati all’esercizio del diritto di voto: prima il referendum sulla Brexit in Gran Bretagna (23 giugno), poi l’elezione di Trump alla Casa Bianca (8 novembre), e infine il referendum costituzionale italiano di fine anno (4 dicembre)7. In tutte e tre queste circostanze sono state sollevate, innanzitutto da parte dei soggetti politici soccombenti nelle urne, ma anche da settori professionali dell’informazione, dubbi sull’autenticità del consenso, viste le possibili influenze sugli elettori di informazioni, dati o comunque contenuti alterati e non genuini, specialmente diffusi da internet, che ne avrebbero eterodiretto la volontà.
Nelle fake news precipitano profili tradizionali del diritto dell’informazione accanto a questioni tecnologiche, socio-economiche e giuridiche assolutamente nuove. Si sta assistendo alla profonda trasformazione dell’ambiente entro cui si esperisce la libertà di espressione: il rapporto tra la notizia e il suo accreditamento presso il pubblico è mutato, e questo cambiamento ha offerto un protagonismo del tutto nuovo alla questione del falso, e quindi della verità, nell’informazione.
Si potrebbe liquidare la questione ricordando che, in fondo, non c’è nulla di nuovo. Eppure, posto che la storia dell’umanità è ricca di falsi8 e che la politica9 ha spesso costruito sulla dissimulazione (onesta?) il proprio statuto comportamentale, il fenomeno presenta oggettivamente dei motivi di interesse reale. E ha pertanto senso chiedersi in che cosa possa consistere la novità, senza prescindere troppo dai profili ideologici che sono coinvolti10.
Una prima ed essenziale risposta la troviamo nella tecnologia. La Rete e i social media sono oggi il principale fattore di trasformazione sociale. La quantità si converte in qualità, come insegnava Hegel, e così un’attività prima riservata a pochi individui rischia di apparire una pratica sociale diffusa.
Il panorama delle comunicazioni ha assunto dei profili assolutamente inediti rispetto a un decennio addietro appena. Il mondo delle comunicazioni di massa, sviluppatosi per tutto il secolo scorso, ha ceduto il passo a quello della documedialità11. Per tutto il Novecento la radio e la televisione hanno rappresentato i nuovi media destinati a sostituire il vecchio ordine fondato sulla carta stampata. Il ruolo del pubblico, oggi, è mutato passando da una situazione di soggezione, sovente solleticata da gradevole intrattenimento, a una posizione molto più attiva e partecipativa. Il semplice uso di un cellulare smartphone è in grado di trasformare chiunque in autore di contenuti audiovisivi, mediante la registrazione di fatti veri o la rappresentazione di opere di fantasia e vario ingegno. A questa facilità di produzione a bassissimo costo si è poi associata l’altrettanto agevole possibilità di «mettere in onda» tali documenti mediali, raggiungendo persino un pubblico globale. Tanti bit, tanti file, tutti destinati alla condivisione e alla diffusione praticamente senza limiti di spazio e tempo. Una bugia può correre più veloce del lampo, e può essere anche fabbricata da chiunque, spesso pure in maniera anonima.
C’è un fattore tecnico, dunque, assai rilevante, che pesa più di elementi psicologici, cioè quel fattore che ci dice “come fare” e che ci aiuta a fare qualcosa. La tecnica, sia chiaro, non è affatto “cattiva”, non introduce nella bontà naturale dell’uomo elementi di corruzione e deviazione; al massimo mostra ciò che siamo, senza moralismo12. Si raccontavano falsità nell’epoca dei papiri e le si raccontano ora coi tablet: c’è fortunatamente una certa continuità nella storia umana del falso. Più che prendercela con la tecnologia sarebbe opportuno leggere l’ambiente informativo digitale con le lenti dell’antropologia e dell’epistemologia: per scoprire che i dilemmi che ci agitano sono problemi umani e non, come l’apparenza indicherebbe, tecnologici13.
Le nuove tecnologie di comunicazione, a partire dalla rete internet sino ai dispositivi mobili di connessione, hanno condotto prepotentemente verso una sorta di mobilitazione totale della, e nella, comunicazione14: la potenzialmente perenne reperibilità, tramite notifica dei messaggi, trasforma gli individui in «destinatari permanenti». Non solo è mutata la quantità della comunicazione a cui si è esposti in senso totalizzante, ma lo è pure la qualità: alla vecchia corrispondenza tra medium e contenuto è subentrata l’esposizione totale e continua a differenti messaggi (audio, video, scritto, immagini).
Attraverso internet è sorta una nuova realtà, e anche le classiche libertà di cittadinanza assumono un nuovo profilo15. Il (dibattuto) diritto di accesso alle nuove tecnologie occupa, comunque lo si consideri16, un ruolo decisivo: l’accesso alla Rete è qualcosa di più di un mero servizio commerciale offerto da compagnie private. Esso può essere, infatti, considerato un vero e proprio diritto sociale a prestazione17, che nell’epoca della documedialità costituisce il presupposto per il godimento di essenziali diritti umani18. Le nuove tecnologie hanno oggettivamente allargato lo spazio della libertà di manifestazione del pensiero, superando, ad esempio, l’annosa questione della scarsità delle risorse trasmissive e degli alti costi di produzione dei contenuti. Sia dal lato della domanda che dell’offerta di informazione, si sono registrate aperture impensabili sino a un decennio addietro per il pluralismo: le risorse comunicative appaiono potenzialmente infinite slegate come sono da qualsiasi fattore materiale. Attraverso l’accesso alle piattaforme digitali la libertà di espressione ha assunto una prospettiva ancora più «brillante»19 rispetto a quella prospettata nell’art. 21, comma 1, della Costituzione, ogni individuo può infatti divenire content producer, cioè fonte diretta di informazione per il pubblico.
Proprio la funzione di verità nel poliforme universo della comunicazione online è oggi oggetto del dibattito, giuridico e politico, sul diritto dell’informazione nell’epoca di Internet. Si è denunciata, come si vedrà meglio in seguito, nel contrasto alla “cattiva” informazione che verrebbe veicolata specialmente tramite il web, l’insufficienza non solo della legislazione ordinaria ma anche dei principi costituzionali tradizionali in tema di libertà d’espressione20. Le fake news sono un crocevia decisivo: per giungere a considerare il falso «in sé e per sé» come meritevole di rimozione dalla sfera pubblica occorre effettuare uno strappo con il costituzionalismo moderno. Si tratta di un passaggio chiave, sul quale concordano tanto coloro che invocano provvedimenti speciali quanto coloro che li avversano.
Per provare ad affrontare tale questione, ci staccheremo un momento dalla attualità delineando un necessario percorso teorico sul rapporto tra verità e diritto, per utilizzarne poi le acquisizioni principali nella discussione critica del dibattit...