Parte II. Orizzonti teorici e prospettive sociali Capitolo 5
Decisioni libere e giudizi morali: la mente conta
di Filippo Tempia
Introduzione
Il libero arbitrio si può definire come la possibilitĂ di un soggetto di operare, almeno in alcune situazioni, scelte che nascano dalla propria volontĂ e che non siano quindi predeterminate dagli antecedenti fisici. Il punto critico è il processo con cui una scelta cosciente viene operata mentalmente e trasformata in azione. Molte critiche allâesistenza del libero arbitrio nascono dallâosservazione che, per la scienza, nulla nellâuniverso può sfuggire alle leggi della fisica, che dunque determinerebbero tutto, compresa lâattivitĂ cerebrale e lâattivitĂ mentale. In effetti, le neuroscienze degli ultimi decenni hanno dimostrato una relazione molto stretta tra lâattivitĂ cerebrale e tutti gli eventi mentali1. Questa relazione comprende le percezioni sensoriali come il dolore, il tatto, la vista, lâudito, il gusto, lâolfatto, le sensazioni vestibolari. In questo caso uno stimolo proveniente dal mondo esterno, fisico o chimico (in realtĂ la chimica può essere ricondotta a fenomeni fisici), tramite i recettori sensoriali e il sistema nervoso genera lâevento mentale della percezione sensoriale. Un secondo tipo di eventi mentali, come ad esempio i pensieri e i ricordi, non è in relazione diretta con il mondo esterno presente. Infine, un terzo tipo di eventi mentali agisce sul mondo esterno tramite le connessioni del sistema nervoso con lâapparato motorio, che ci permette di spostarci e di agire sullâambiente in cui viviamo. Nel primo caso, della percezione, la libertĂ non è messa in discussione, perchĂŠ gli eventi mentali vengono evocati da stimoli fisici che producono unâattivazione cerebrale che a sua volta sarebbe responsabile della sensazione cosciente. Nel secondo caso, dei pensieri e dei ricordi, è possibile ipotizzare o negare la loro libertĂ dal determinismo della fisica, ma è difficile sottoporre la questione a una verifica sperimentale. Il caso della libera azione eseguita dal sistema motorio è stato finora lâunico in cui i risultati sperimentali hanno messo in dubbio la libertĂ umana.
La relazione mente-cervello nel movimento volontario
Gli esperimenti che hanno piĂš direttamente influenzato la concezione della libertĂ di decisione dellâuomo sono quelli in cui sono state studiate lâattivitĂ mentale e lâattivazione cerebrale che precedono il movimento volontario. Nella concezione comune, lâevento mentale della volontà è la causa che genera lâevento fisico del movimento. In realtĂ , il passaggio critico è quello dalla volontĂ del soggetto, che è un evento mentale appartenente alla sfera dei fenomeni coscienti, allâattivazione fisica dei neuroni, che appartiene agli eventi fisici del mondo indagabili con il metodo scientifico. Una volta che è cominciata una prima attivitĂ neuronale, questa può tranquillamente seguire le leggi della fisica fino a dare luogo ai segnali nervosi e muscolari che mettono in atto lâazione motoria.
Negli anni Sessanta il gruppo di ricerca di Hans H. Kornhuber cercò di identificare lâarea cerebrale che si attiva per prima nella preparazione dei segnali nervosi necessari per comandare il movimento volontario (Kornhuber e Deecke, 1965). Lâidea alla base di questo esperimento è che la prima area ad attivarsi non può avere ricevuto segnali da altri centri nervosi, ma la sua attivazione può solo derivare dallâevento mentale della volontĂ del soggetto. La concezione alla base invece è un dualismo in cui la causa (mentale) deve precedere lâeffetto (fisico o piĂš precisamente cerebrale). La tecnica che Kornhuber utilizzò per rilevare lâattivitĂ cerebrale è lâelettroencefalografia (EEG), che permette di temporizzare in modo molto preciso i segnali misurati. Per questo esperimento Kornhuber scelse un movimento molto semplice e riproducibile come la flessione di un dito che preme un tasto, che il soggetto doveva eseguire volontariamente, senza nessun segnale precedente. Il tracciato elettroencefalografico fu analizzato a ritroso partendo dallâistante in cui iniziava il movimento, per evidenziare lâattivitĂ cerebrale che lo precedeva. Kornhuber trovò unâattivazione cerebrale che chiamò potenziale di preparazione (Bereitschaftspotential, in seguito piĂš comunemente noto come potenziale di prontezza), che nella regione del vertice del cranio precedeva di quasi un secondo (circa 800 ms) lâinizio del movimento volontario.
Si trattava della regione cerebrale detta area supplementare motoria (SMA), che anatomicamente si trova allâinterno della scissura interemisferica, nel lobo frontale, area 6 di Brodmann.
Questâarea è strettamente connessa con la generazione dei movimenti volontari, come è dimostrato dal fatto che, quando viene sperimentalmente stimolata da una corrente elettrica o da un intenso campo magnetico, ne risultano movimenti, detti evocati, che insorgono in modo involontario. Nei movimenti evocati, il soggetto ha la sensazione che il movimento sia comandato da una qualche forza a lui estranea. Il coinvolgimento della SMA nei comandi motori volontari è confermato dal fatto che i pazienti con lesioni cerebrali di questa regione presentano deficit di programmazione e di esecuzione dei movimenti volontari e una particolare difficoltĂ a organizzare sequenze di movimenti. La diminuzione dei movimenti spontanei coinvolge sia il linguaggio, sotto forma di una riduzione dellâeloquio spontaneo, sia i movimenti degli arti, per i quali si osserva una generale riduzione dellâiniziativa motoria volizionale. Ă quindi ampiamente dimostrato che la SMA svolga un ruolo importante nella generazione dei movimenti volontari. Se questa è lâarea cerebrale che si attiva piĂš precocemente prima di un movimento volontario, ci si può ora chiedere da che cosa a sua volta tragga origine la sua attivazione. Unâipotesi è che essa sia generata dallâevento non fisico ma mentale della volontĂ di compiere il movimento.
Negli anni successivi alla pubblicazione dei risultati di Kornhuber, molti ricercatori si chiesero quanto tempo intercorresse tra lâevento mentale della volontĂ di eseguire un movimento e la prima attivazione cerebrale, localizzata nella SMA. Si aspettavano che, come molti altri processi fisiologici, lâattivazione cerebrale dovesse seguire con una determinata latenza la volontĂ di agire che ne era la causa. Il problema sperimentale, che per alcuni anni rimase irrisolto, era quello di temporizzare lâevento mentale della decisione volontaria di compiere il movimento. Solo una ventina di anni piĂš tardi, un ricercatore statunitense, Benjamin Libet, risolse questo problema tecnico (Libet et al., 1983; vedi Introduzione in questo volume). Sorprendentemente, il tempo riportato dal soggetto corrispondeva a soli 200 ms prima dellâinizio del movimento. Il potenziale di prontezza cominciava sempre prima, e non dopo come ci si aspettava, rispetto allâistante della presa di coscienza della volontĂ di agire. La latenza del movimento rispetto allâinizio del potenziale di prontezza poteva variare da 800-1000 ms, nei casi in cui il soggetto riportava di avere in qualche modo pianificato lâazione prima di agire, a circa 550 ms quando il soggetto riferiva di aver deciso ed eseguito istantaneamente il movimento. Quindi il potenziale di prontezza anticipava di almeno 350 ms lâistante della presa di coscienza del soggetto.
Questo risultato inatteso, che lâattivazione cerebrale preceda la decisione cosciente che ne dovrebbe essere la causa, portò molti a pensare che in realtĂ a decidere fosse lâattivitĂ non conscia del cervello e non lâevento mentale della volontĂ del soggetto (Wegner, 2002; Wegner in questo volume). Molti studiosi sostengono ancora oggi che la sensazione di essere gli arbitri delle proprie azioni sia soltanto unâillusione generata dal cervello subito dopo aver dato il via al comando motorio2. Secondo questa prospettiva, la sensazione di essere gli agenti delle nostre azioni dovrebbe essere considerata alla stregua di una percezione, simile alle percezioni sensoriali come il dolore o la vista. Quindi, il soggetto che decide sarebbe un organo, il cervello, che è soggetto alle leggi della fisica ed è quindi completamente determinato a priori dalla propria struttura e dalle leggi che la governano. Secondo questa concezione, non esisterebbe libertĂ nellâuniverso (sempre escluso il compatibilismo). Ă interessante notare che lo stesso Libet non si arrese mai a questâinterpretazione, e cercò di offrire una teoria, lâipotesi del veto cosciente, che salvaguardasse la libertĂ dellâazione (Libet, 2004, pp. 141-144 trad. it.): la mente potrebbe impedire che lâazione, programmata in modo non conscio dal cervello, venga compiuta.
Un recente studio del gruppo di ricerca di John-Dylan Haynes, basato sulla tecnica della risonanza magnetica funzionale (fMRI), ha confermato ed esteso il concetto che lâattivazione cerebrale precede la presa di coscienza della volontĂ di compiere un movimento (Soon et al., 2008; Haynes in questo volume). Ă bene notare che i risultati mostrati in questo studio non sono semplici misurazioni del segnale BOLD dellâattivitĂ cerebrale, ma sono il risultato di una decodifica degli schemi di variazione locale dei segnali BOLD ottenuta mediante tecniche statistiche di riconoscimento3. Per ogni soggetto, il programma di decodifica veniva ottimizzato ai fini della predizione della decisione motoria, mediante il riconoscimento del particolare schema di attivazione cerebrale locale associato a ogni scelta. Il primo risultato mostrato in questo studio consiste nel fatto che nella SMA è possibile decodificare lâistante in cui inizierĂ il movimento giĂ 5 secondi prima che abbia inizio, spostando indietro nel tempo, rispetto alle osservazioni di Libet, il presunto inizio dellâattivitĂ cerebrale responsabile del movimento. Il secondo risultato è che, in unâarea prefrontale detta frontopolare, contenuta nellâarea 10 di Brodmann, la decisione se premere il tasto destro o quello sinistro è decodificabile addirittura 10 secondi prima dellâazione. Ă un tempo che anticipa di circa 9 secondi la consapevolezza della scelta. In questo lasso temporale il cervello avrebbe giĂ deciso, ma la percezione soggettiva di essere lâagente della scelta verrebbe generata solo un secondo prima dellâesecuzione motoria. Quindi, solo 9 secondi dopo la decisione cerebrale la coscienza verrebbe informata dellâesito di tale scelta, generando allo stesso tempo la sensazione di esserne la libera autrice.
Vorrei ancora rimarcare che queste attivitĂ cerebrali cosĂŹ precoci non sono visualizzabili direttamente, ma la loro presenza è inferita dallâesito di unâanalisi molto complessa che utilizza paradigmi statistici di previsione degli eventi (decodifica multivariata di schemi locali di attivitĂ ). Per una corretta comprensione di questo risultato, bisogna aggiungere che Haynes si propone, come fine ultimo delle sue ricerche, di arrivare a una âlettura del pensieroâ mediante la fMRI cerebrale (Haynes in questo volume). Questo spiega lâutilizzo, insolito nelle procedure scientifiche, di algoritmi che non operano una semplice deconvoluzione o un altro genere di miglioramento della qualitĂ del segnale, ma che sono progettati per inferire qualunque tipo di codifica predittiva dellâesito che viene misurato. Rimane sorprendente il fatto che il potere di predizione dellâesito di unâattivitĂ cerebrale che precede di cosĂŹ tanto tempo la presa di coscienza e lâesecuzione dellâatto motorio riesca a essere statisticamente significativo.
Bisogna tuttavia precisare che lâaccuratezza della predizione è ben lungi dallâessere perfetta. Ad esempio, nelle scelte destra/sinistra, i successi dovuti al caso hanno una correttezza del 50%, come quando si deve indovinare se una moneta lanciata darĂ testa o croce: la complessa analisi di Haynes, nella regione frontopolare in cui la predizione è massima, raggiunge a stento unâaccuratezza del 60%. Questo significa che, oltre al 50% di risposte esatte azzeccate per caso, il sistema aggiunge uno striminzito 10%; ovvero che, del 50% di risposte che a caso vengono date in modo errato, il 40% di errori persiste anche nellâanalisi di Haynes. Il valore scientifico della predizione di Haynes risiede quindi nella significativitĂ statistica, espressa come p < 0,05, che certifica che 60% è un valore veramente piĂš alto di 50% e la loro differenza non è attribuibile al caso. Un valore di p < 0,05 significa che, se si ripete lâesperimento 20 volte, potrĂ accadere che al massimo una sola volta (1 volta su 20! 0,05) il risultato venga significativo solo per caso, senza che vi sia un reale effetto. Questo livello di sicurezza (di 19 su 20) viene comunemente accettato per suffragare un dato scientifico. Ă chiaro che siamo molto lontani da una lettura del pensiero e da unâapplicabilitĂ per prevedere le decisioni di un soggetto cosciente.
Riflessioni sugli esperimenti di temporizzazione dei movimenti volontari
Dal punto di vista neuroscientifico è bene porsi alcune domande prima di accettare qualunque conclusione conseguente ai dati scientifici che indicano unâattivazione cerebrale precedente alla presa di coscienza, da parte del soggetto, della propria volontĂ di agire o della propria scelta.
Il tempo mentale
Il primo fattore da considerare è la temporizzazione della prima consapevolezza della volontĂ di agire, che viene annotata mentalmente durante ogni decisione di compiere il movimento e che viene riportata retrospettivamente dal soggetto non appena terminata lâesecuzione dellâatto motorio prescritto dallo sperimentatore. Fu proprio questa strategia sperimentale che permise a Libet di superare il problema della temporizzazione dellâevento mentale della volontĂ . Si tratta quindi del tempo vissuto in prima persona dal soggetto. Dunque, occorre innanzitutto approfondire le proprietĂ di tale tempo mentale, soprattutto quando deve essere messo in relazione con il tempo misurato tramite metodi fisici. Si tratta in definitiva di valutare lâaffidabilitĂ della temporizzazione dellâistante in cui avviene lâevento mentale della presa di coscienza della volontĂ di agire. A questo fine è utile passare in rassegna le situazioni in cui è stata dimostrata una differenza tra il tempo soggettivo rispetto al tempo misurato con metodi fisici.
Il tempo mentale: il fenomeno della cronostasi
Quando fissiamo unâimmagine, gli occhi non rimangono fermi, ma compiono continui movimenti rapidi, detti saccadi o movimenti saccadici, che ci permettono di spostare lo sguardo da un punto a un altro dellâimmagine, in modo da analizzarne tutti i dettagli con lâarea centrale della retina (la fovea), che possiede la massima acuitĂ visiva. Durante i movimenti saccadici, la visione rileverebbe un rapido scivolamento delle immagini sulla retina, che darebbe unâimmagine offuscata. Per evitare la formazione di immagini offuscate, per tutta la durata del movimento saccadico i segnali visivi sono inibiti da determinati centri nervosi che generano un segnale in grado di bloccare il flusso di informazioni visive che dagli occhi sta viaggiando verso lâarea visiva primaria della corteccia cerebrale. Pertanto i segnali visivi, nei brevi periodi di tempo in cui gli occhi stanno eseguendo un movimento saccadico, non raggiungono la corteccia cerebrale e di conseguenza non arrivano a livello cosciente. In altre parole, abbiamo episodi di cecitĂ temporanea. Ă interessante notare che non siamo coscienti di tali periodi di cecitĂ .
Quale esperienza visiva abbiamo in sostituzione della cecitĂ ? Nel 2001 il gruppo di ricerca di Kielan Yarrow dimostrò che, durante il breve episodio di cecitĂ che accompagna il movimento saccadico, abbiamo la percezione visiva dellâimmagine acquisita alla fine del movimento oculare, quando la visione ricomincia a raggiungere il livello di coscienza (Yarrow et al., 2001). Ciò produce unâillusione temporale: il tempo speso dallo sguardo sul punto di arrivo ci appare piĂš lungo di quanto sia realmente. Nellâesperimento di Yarrow e colleghi, i soggetti estendevano lâistante, in cui pensavano dâaver iniziato a vedere lâimmagine, indietro nel tempo a circa 50 ms prima dellâinizio del movimento oculare. Nel caso di un movimento saccadico di 55° di rotazione oculare, per ottenere una percezione temporale della durata soggettiva di un secondo, lâimmagine doveva essere presentata per soli 811 millise...