Regimi di verità
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Regimi di verità

Convivere con leggende e fatti alternativi

Andrea Fontana

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Regimi di verità

Convivere con leggende e fatti alternativi

Andrea Fontana

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C'era una volta la verità dei fatti. Siamo nati e cresciuti in un mondo in cui l'appello ai fatti era imperativo, il ricorso alla scienza un obbligo, la ragione delle competenze un vincolo del comportamento professionale, la vita privata un sacro segreto. Poi ci siamo ritrovati in un ambiente sociale, economico e politico completamente diverso, in cui leggende e credenze hanno la stessa credibilità di notizie e conoscenze reali e accertate. Quello che conta non è il contenuto, ma come viene raccontato. Siamo capaci di usare questa nuova forma di intelligenza narrativa, gestendo contenuti testuali e visivi di tutti i tipi, tra parole, link, hashtag, video, foto e meme? Nella fiction economy e nel mondo della post-verità, infatti, siamo noi il bottino da conquistare. Come sopravvivere nel nuovo regime di verità in cui siamo entrati? Questo libro propone alcune soluzioni.

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Information

Year
2019
ISBN
9788875788414

Parte II

Regimi di verità e storiversi

Capitolo 6

Storiverso, convinzioni e regimi di verità

Perché condividiamo leggende tra lifecasting e biographical design
Il vetro le lamiere i metalli il legno le ossa dell’essere umano e animale e l’occhio e lo spirito si controllano attraverso il riflessivo fascio magnetico catotico; sono materie viventi le immagini che hanno una temperatura, e muoiono anche due volte.
NOF4
Spesso va a finire così. Che un uomo senza un’apparente storia, diseredato dal suo passato e privato di un futuro in cui credere, cerchi di scriversene una, di storia, e che per farlo non solo se la inventi completamente, costruendosi una dignità “stellare”, ma scelga un mezzo alternativo, come una parete di grandi dimensioni, una superficie di 180 metri che altro non è che una parte di facciata di un ospedale psichiatrico. E che inizi a scrivere il suo racconto di vita – disegnandolo e graffiandolo su quella parete – ordinando pensiero, sparpagliando indizi cosmici, indicando nuove vie di pensiero tra follia e visione. Perché poi magari quell’uomo che si chiamava NOF4 aveva altri “interlocutori” con cui intrattenersi e relazionarsi, soggetti alternativi con cui dialogare, cui far vedere i propri disegni, passando le chiavi segrete del proprio «sistema mentale minerario». Sì, perché lui, NOF4 si definiva «astronautico ingegnere minerario nel sistema mentale». Era pazzo? Il sistema e la società italiana lo avevano etichettato così, internandolo per tutta una vita, mentre lui «disponeva piani e progetti per altre dimensioni» rifiutando questa vita, colma di agonia e priva di bellezza e significato (Cotoloni, 2018).
Si chiamava Oreste Ferdinando Nannetti – in arte appunto NOF4 – ed era nato a Roma la notte di capodanno del 1927, figlio di Concetta Nannetti e padre ignoto; non era un bambino comune, come tutti gli altri (cfr. http://tinyurl.com/yctjb37g).
All’età di sette anni fu affidato a un’opera di carità e poi, a dieci, fu ricoverato in una struttura per persone affette da problemi psichici. Entrò e uscì da strutture psichiatriche fino al 1948, quando fu processato per oltraggio a pubblico ufficiale, accusa dalla quale fu prosciolto il 29 settembre dello stesso anno per vizio totale di mente. Trascorse i successivi anni nell’ospedale psichiatrico di Santa Maria della Pietà a Roma, prima di essere trasferito, nel 1958, nell’ospedale psichiatrico di Volterra. Oreste arrivò nel momento peggiore, quando nella struttura vigeva ancore un regime carcerario. Le cose cominciarono a cambiare lentamente dopo il 1963, ma il clima autoritario resisté, fino all’abbandono dell’ospedale nel 1979 in seguito alla Legge Basaglia. Nel 1973 Nannetti fu dimesso e trasferito all’Istituto Bianchi. Morì a Volterra nel 1994. Questa è la cronologia di una vita triste e misera, come purtroppo ce ne sono state tante in quegli anni difficili. Ma poi c’è la sua vera storia: immaginifica; la sua vera realtà: alternativa.
Fu proprio a Volterra infatti che Oreste Nannetti lasciò il segno e divenne mito e leggenda. Negli anni di internamento incise il suo frenetico lascito: un gigantesco “libro graffito” sul muro del reparto Ferri. Lungo 180 metri per un’altezza media di 2, il graffito fu realizzato utilizzando la fibbia del panciotto (che tutti i ricoverati indossavano) per incidere l’intonaco.
In seguito Nannetti scrisse in modo simile anche sul passamano in cemento di una scala, aggiungendo altri 106 metri per 20 centimetri alla sua opera. La sua produzione conta più di 1600 altri scritti e disegni su carta, incluse diverse cartoline: queste cartoline, mai spedite e indirizzate a parenti immaginari, sono un altro tentativo di vincere le voragini di un’impensabile solitudine (http://tinyurl.com/y7oaaqmu).
Figura 6.1. Particolare del muro di Volterra inciso da Nannetti.
Figura 6.1. Particolare del muro di Volterra inciso da Nannetti.
In questa dimensione, Oreste aveva costruito uno storiverso, in cui poter essere non Oreste, ma un «astronautico ingegnere» che scava «minerario nel sistema mentale», un «santo della cellula fotoelettrica» (Trafeli, Manoni, 1984).
Nel suo storiverso si presentava con altri nomi come: Nanof, Nof, e in particolare NOF4. La sigla stava a significare “Nannetti Oreste Ferdinando” ma anche “Nucleare Orientale Francese”, oppure “Nazioni Orientali Francesi”, mentre il “4” era il numero di matricola assegnatogli all’inizio dell’internamento.
Certo lo storiverso di Oreste poteva essere pericoloso e patologico. Ma il lavoro “minerario” di NOF4 assomiglia molto al nostro stare nel content continuum contemporaneo. Da una parte la nostra povertà individuale fatta delle tante piccole cose quotidiane, della nostra voglia di fuggire, del nostro desiderio di altrove, dall’altra queste stesse cose trasformate in “graffiti” (reali e virtuali) che esaltano la nostra esistenza. Anche noi abbiamo la nostra “chiave mineraria” per combattere la nostra solitudine e accedere a una realtà alternativa a cavallo tra disagio e visione insondata.
Tutti i giorni nella on-life cerchiamo di lasciare traccia di noi e del nostro passaggio nel mondo inventando nuove realtà e scrivendo paesaggi alternativi di noi stessi e degli altri, per viaggiare – come “colonelli astrali” insieme a Pollyanna – con la mente, spesso scappando dall’alienazione e dalla paranoia.

Cosa sono gli storiversi e come sono fatti

Oggi non solo viviamo in bolle cognitive, ma abitiamo in veri e propri storiversi.
Uno storiverso è l’insieme dei contenuti – episodici o meno, inventati o reali – che costruiamo su di noi o sugli altri, in forma narrativa e in modo continuativo, che poi condividiamo nelle diverse piattaforme mediatiche che usiamo. Soprattutto, uno storiverso è un versum di contenuti, cioè una specifica direzione e destinazione di vita che i nostri contenuti possono dare di noi (Gerrig, 1993).
In sostanza è la parte visibile del nostro tecno-inconscio che prende una precisa direzione. Avete presente i profili dove tutto è rappresentato attraverso gattini e piccoli animali domestici? Nella semplicità di quella raffigurazione, si palesa uno storiverso con una precisa direzione di vita, che può rispecchiare un inconscio.
Ogni storiverso contiene più bio-fiction e rappresentazioni di vita.
NOF4 per resistere all’abbandono aveva costruito il suo storiverso su un muro e su centinaia di cartoline, perché
le narrazioni sono precisamente questo: tendenze strutturate all’azione e programmi comportamentali gestiti dalla parte più arcaica del cervello, il sistema limbico, dove paura e impulsi sessuali vengono decodificati, e altresì dove avviene l’etichettamento emozionale delle esperienze immagazzinate nella memoria. (Calabrese, 2017, p. 81)
Noi inventiamo, creiamo, scriviamo e rappresentiamo visivamente il nostro mondo su dispositivi mobili. Per scoprire il vostro storiverso dovreste recuperare gli ultimi anni di contenuti profusi on line sulle diverse piattaforme che usate e vedere che tipo di bio-fiction ne emerge, attraverso testi, immagini, memi, link, post ecc. Ogni tanto Facebook crea per noi brevi istantanee del nostro storiverso: quando per esempio ci ricorda con brevi filmati le amicizie nate all’interno della piattaforma.
Uno storiverso è contemporaneamente vero e finto, perché fatto di pensiero fantastico, immaginazione e invenzione. Oggi lo chiamiamo pensiero narrativo e contro-fattuale.
Uno storiverso è composto anche di racconti più o meno ordinati, una memoria collettiva a livello culturale, media specifici capaci di condividere quella memoria e quel set di racconti culturali. È la materia, l’informazione e l’energia con cui diamo vita alle nostre identità e relazioni.
In particolare, uno storiverso è fatto di argomentazioni e credenze condivise capaci di dare senso all’azione individuale o di gruppo, attraverso (cfr. Fontana, 2016; 2018b):
Un social setting: un preciso posizionamento tematico e sociale; perché tutti noi ci posizioniamo nel dibattito pubblico. Oreste Nannetti si definiva NOF4 e aveva una precisa collocazione esistenziale: colonnello astrale.
Una work family: una specifica comunità di individui con caratteristiche simili, quasi archetipali, (ri)uniti insieme per compiere un “lavoro” comune; basti pensare alle diverse piattaforme che frequentiamo. NOF4 creava le sue opere in specifiche comunità.
Un protagonismo individuale: ognuno di noi oggi è unico ma allo stesso tempo riconoscibile come appartenente a un gruppo sociale o psicologico di riferimento o di cui vi è la speranza/ricerca di appartenenza. Oreste nel creare il suo alter-ego NOF4 si rende protagonista di un lavoro e risultato che lo trascende.
Un esempio vicino a noi? Basta prendere Cristiano Ronaldo, noto anche come CR7, e guardare uno dei suoi profili social. Prendiamo la sua pagina Facebook, che ad oggi ha oltre 122 milioni di follower? Bene.
Apriamola e possiamo vedere come CR7 mette in luce:
un preciso posizionamento tematico di sé: il campione che si allena sempre (social setting);
una comunità di riferimento o di cui lui fa parte in modo archetipale: lo sport, la famiglia, le amicizie (work family);
un’appartenenza psicologica a un gruppo per mettersi in risalto con il proprio lavoro: il mondo calcistico (protagonismo individuale).
In questo modo – e con questo copione di vita autorappresentato – Ronaldo diventa CR7 proprio come Oreste diventava NOF4. Per ri-strutturare crede...

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